Autore Topic: Cinema, uomini, e rabbia: "L'Età barbarica"(L'Agè des Tenebrès aka Days of Darkn  (Letto 2994 volte)

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Cinema, uomini, e rabbia:
"L'Età barbarica"
[L'Agè des Tenebrès aka Days of Darkness], Commedia satirica, fantastico, grottesco, Denys Arcand, Canada, [2007]

"L'Età barbarica" (2007) di Denys Arcand, ultimo capitolo della trilogia iniziata nel 1986 con "Il Declino dell'Impero Americano" e proseguita nel 1993 con "Le Invasioni barbariche" si intitola nell'originale anglofono "Days of Darkness (L'Agè dès Tenebrès nel titolo francofono)" e difatti ci mostra quanto questi giorni così oscuri siano arrivati, qui in mezzo a noi, e non solo come il titolo di un film.

Arcand è sicuramente un regista che ha dimostrato molti slanci geniali non soltanto per il cinema Quebècois del quale è uno dei massimi rappresentanti, vincendo sia i Jutra (i secondi premi nazionali dell'industria cinematografica canadese,e quelli specifici per il cinema del Quebèc) che a e Cannes diversi premi ed essendo stato ben quattro volte candidato all'Oscar per il Miglior Film non Americano, vincendolo una volta.

L'ultima opera -anch'essa girata in francese- di Arcand sarebbe complessivamente anche una parziale delusione rispetto alle due opere precedenti componenti la trilogia, ma si compensa con l'irresisitibile piglio d'assalto che lo compone nel tratteggiare con un tono sardonico ma anche molto drammatico un distopico Quebèc futuribile ma neppure troppo, dominato da una mostruosa società che si è data un ordinamento perbenista e ovviamente, femminista, restituitaci quindi in tutta l'arguzia e la saggezza che sono proprie del linguaggio filmico ed espressivo di Arcand, e della sua grande abilità nel saper coniugare il sacro e il profano della società quebècois con risultati comunque di qualità. "L'Età barbarica"(Days of Darkness) è un film molto provocatorio che raccoglie seppur vagamente quanto era rimasto ancora fuori da "Le Invasioni barbariche"

Il distopico di Arcand trattiene di tanto in tanto ancora quello che era nei film precedenti, e non c'è da stupirsi se per questo suo ardito mèlange abbia incontrato delle difficoltà d'accoglienza al Festival di Cannes dove fu presentato in anteprima ufficiale a maggio, e al Filmfest Toronto nel settembre dello stesso anno 2007, quando venne ri-presentato in una versione raccorciata con alcune delle scene più disorientanti per il pubblico delle preview, abbreviate.

"L'Agè des Tenebrès" anche così resta un'opera affascinante, a volte provocatoria in altri passaggi. Raccogliendo soltanto in apparenza svagamente tutto quel che di scorretto e ferocemente satirico sulle donne, sul femminismo, motivo del suo interesse per noi molto vicino,  e del Québec, come detto che era ancora rimasto fuori da "Le Invasioni barbariche".

Ci troviamo immersi in una società come detto distopica, un incubo eco del "1984" di George Orwell. Con il famoso Expò 1968 della città di Montreal ormai proprietà di Washington, le vaste infrastutture dello Stadio Olimpico che adesso ospitano agenzie governative che trattano i senzatetto, gli indifesi, i deboli e i vinti con la crudele indifferenza mista agli immancabili pasticci burocratici.

Come nella società totalitaria e perbenistica degli Stati Uniti del 2013 già p.v. di "Fuga da Los Angeles" di Carpenter, Il fumo è divenuto un odioso crimine, le parolacce sono bandite dal vocabolario. Ma al contempo traffico di Montreal è fuori da ogni controllo. Il crimine si sta diffondendo. L'assistenza medica è caotica. Le piaghe dilagano. E se c'è un orwelliano "Grande Fratello" a tutto vedere e controllare, esso è sicuramente un grande idiota.

Tutto ciò è molto affascinante, anche se presentato senza troppe sottigliezze. Ci sono anche lunghi tratti, soprattutto della stupidità umana simboleggiata in alcuni sogni ambientati nel Rinascimento, che sono sconcertanti o ridicoli. Il ritorno metaforico dei "secoli bui" della civiltà europea medievale presente nel secondo atto è infatti non proprio catastrofico, ma purtroppo risolto abbastanza goffamente.

Nel terzo atto, il film diventa un sogno bucolico che rafforza i valori rurali tradizionali.

Come sbucciare le mele o mettere su le conserve.Questa narrazione irregolare, i bruschi cambiamenti di tonalità e la risoluzione tutto sommato abbastanza ingenua del conflitto rovinano un pò il film.

Al suo centro, la storia ci parla di un innocente funzionario del governo  (Marc Labreche). Il quale giustamente odia il suo lavoro nel suo cubicolo al grande "O" , dove per metà deve ascoltare i " clienti" venuti a chiedergli aiuto per poi congedarli con appena un sussurro di simpatia.

Tra i casi di rigore è l'attore politicizzata Pierre Curzi. Arcand, che ha scritto e diretto il proprio film come tutti i suoi altri, sta attraverso lui facendo dichiarazioni contemporanee sulla sua città e lo Stato del Quebèc.

Labreche, come il nostro patetico eroe, odia la moglie, il broker immobiliare (una Sylvie Leonard da uccidere). Lei infatti gli nega il sesso. I suoi figli lo ignorano. In più e' angosciato dalle condizioni della madre morente.

Labreche fugge la noia attraverso alcuni sogni sessualizzati che vediamo realizzati sullo schermo. Egli fantastica su una star del cinema (la splendida Diane Kruger), che lo adora e gli fornisce tutto il glamour e lo stato di considerazione che del tutto gli manca.

Altre amanti fantasma vanno da una collega lesbica disposta a cambiare sponda solo per lui, al suo capo di sesso femminile, una vera cagna ma frigida sul lavoro, all'occorrenza però vera S & M di una Fantasilandia del Bondage.

Il film barcolla da questi sogni egotico erotici alla dura realtà, fino ai tempi medievali che arrivano, tramite una datazione veloce di collegamento. Labreche aggancia una dama rinascimentale che lo ossessiona e che lo ispira come nessun'altra (Macha Grenon) affamato di sesso com'è il nostro eroe, a giostrare la sua mano e il corpo.

Il saldo sogno-realtà è risolto un pò troppo di colpo. Al che Arcand perde la presa, e non riesce più a riafferrarla fino alla fine del film.

Questo non è colpa degli attori - Labreche è eccellente come "uomo della strada" e l'intero gruppo di comprimari, che comprende anche Rufus Wainwright come un lirico principe d'orato espresso dalla voce della fantasia, è buono. Così come la fotografia luminosa di Guy Dufaux.

Eppure nessuna di queste qualità risulta alla fine in grado di far nel complesso superare la visione un pò frammentaria di Arcand e la sua esecuzione piuttosto casuale.

TorsoloMarioVanni
Intervista a Denys Arcand in occasione della presentazione de "L'Età barbarica":

Denys Arcand è il più famoso regista del Quebec della sua generazione, adesso superato solo dal bravissimo di Denis Villeneuve di "Incendies", "La Donna che canta", il suo ultimo primo film americano "Prisoners"(2013) risucitissimo, ecc.,, [...] e il suo ingresso al Toronto International Film Festival di quest'anno è senza dubbio l'atto seguito con più attenzione mai visto nella storia del cinema canadese. Il suo ultimo film, dopo tutto, era stato "Le Invasioni barbariche", la storia memorabile di un uomo che sta per morire e che ha portato  Arcand (e il suo produttore e moglie Denise Robert) ha vincere un Oscar per il miglior film straniero nel 2005.

"Invasioni" era il sequel di "Le Déclin de l'impero américain" (Il Declino dell'impero americano), il film di Arcand del 1986 che ebbe il merito di spostare i ruoli di genere e dei costumi sessuali nella generazione del baby boom del Quebec. Il film fece ottenere ad Arcand la sua prima nomination all'Oscar, ed è stata seguita da quello che ancora oggi  molti considerano la sua opera più compiuta, "Jesus de Montreal", (1989, anch'esso candidato all'Oscar). Arcand si è dunque certamente guadagnato il suo posto come un acuto e ben distinto osservatore della società del Quebec, espressione di una cultura che ha visto cambiamenti rapidi e radicali nel corso della sua rivoluzione silenziosa nel corso degli anni sessanta . A quel tempo, il Quebec era una nazione in cerca di uno stato che flirtava con l'idea di separarsi dal Canada, ma alla fine non lo fece. Le meditazioni di Arcand sulla sua terra natale sono a volte inquietanti, però sempre oneste.

Ma Arcand ha conosciuto anche il fallimento. Ha sofferto per anni di vacche magre, quando un certo numero di suoi film - in particolare le sue imprese cinematografiche in lingua inglese cinema - furono criticate e dei fallimenti box-office, tra cui "Amore e altri resti umani" (1993) e "Stardom" (2000).
Il suo più recente lavoro è dunque questo "L'Âge des ténèbres (Days of Darkness)", il capitolo finale della sua trilogia iniziata con "Le Déclin" e scioltasi con "Invasioni". Nel film, il popolare attore Québécois Marc Labreche interpreta un burocrate intrappolato in un lavoro che distrugge l'anima, svolto dentro l'ex Stadio Olimpico di Montreal. Ci sono nel film diversi fendenti esilaranti alla classe agiata del Quebec, con Arcand che lamenta tutte le grandi cose che il coraggioso e sfacciato "Quebec Inc." ha portato alla provincia. Mentre il film prosegue e va avanti, Labreche si perde nella fantasia, immaginando la sua vita come una pop star, e di cui il sesso ne è l'auspicabile perno. Arcand si sedette a chiacchierare al Toronto International Film Festival, dove "Days of Darkness" ebbe la sua anteprima nordamericana.

D: "Questo è un film molto cupo, il più cupo nella tua trilogia. Esso getta anche un'ombra piuttosto scura sopra il Québec contemporaneo. "

A: "Penso che potrebbe essere stato ambientato in mucchio di posti. Uno di questi era il luogo in cui sarebbe in gran parte dovuto svolgere. Ho deciso di girare il film dentro lo Stadio Olimpico. Si tratta di un edificio che ci è costato un miliardo di dollari. E il prezzo è ancora destinato a salire. Il tetto ha bisogno a tutt'oggi  di essere fissato. E questo edificio non ci serve in alcun modo. Non ci si può giocare una partita di baseball decente o una partita di calcio decente. Hanno fatto uno studio e hanno scoperto che non si può più davvero demolirlo. Costerebbe infatti un altro miliardo di dollari per potercene soltanto sbarazzare, perché è fatto di cemento armato. Ci vorrebbe probabilmente un ordigno nucleare, e non credo che le persone che vivono nel quartiere apprezzerebbero tutto questo. Quindi noi stiamo vivendo in una società che sta cadendo. I nostri ponti crollano, i nostri laghi sono inquinati e le strade di Montreal sono come le strade di Beirut. Non abbiamo mai riparato le fognature o i corsi d'acqua per anni, perché abbiamo dovuto fare prima l'Expo, poi le Olimpiadi, i Giochi per i Gay, o quello cheerano  Ci sono dei laghi in Quebec, dove non si può nuotare, non si può nemmeno lasciare che il vostro cane prendere ne prenda da essi un sorso o morirebbe. Sembra la fine del mondo che sta arrivando e nessuno sta ovviamente facendo nulla. Ecco da dove ho tratto il titolo, "Days of Darkness", i quali stanno arrivando.

Q: "E' interessante, perché quello che hai descritto è molto specifico per il Quebec. Come molti dei tuoi film, è molto molto quebècois, ma in esso vi è pure un'atmosfera universale."


R: "Cerco di essere il più profondamente locale possibile. Alla fine, attraverso lo scavo, diventerà però universale. Nessuno è più svedese che [Ingmar] Bergman. E' si potrebbe dire lo svedese finale, ma è anche ossessionato dalla morte e da Dio come quasi tutti."

D: "Quindi l'ispirazione era il malessere che la società del Quebèc deve affrontare?"

A: "E' stato anche il tour promozionale che abbiamo fatto per "Le Invasioni barbariche". Ho fatto centinaia e centinaia di interviste per quel film. Un giorno, ero seduto in una limousine e ho pensato a me, 'Chi vorrebbe essere nei miei panni?' Ho iniziato a pensare a questo tizio oscuro, che nessuno ascolta. Non la moglie, non le sue figlie, non il suo capo. E lui ha questa vita di fantasia dove ha amanti sexy, e vince premi e così via. Ho trascorso l'anno in cui ho fatto promozione per "Le Invasioni" pensando a questo. Non ho avuto tempo di scrivere, ma mi stavo facendo degli appunti mentali per tutto il tempo."

D: "Questo è il terzo film di una trilogia iniziata con "Il Declino dell'impero americano" e proseguita con "Le invasioni". Ti senti un senso di averla chiusa, adesso? "

R: "In un certo senso. Ho sempre detto che questo era il mio secondo-ma ultimo film della serie. Volevo finire la trilogia e poi vorrei fare il mio "Fanny e Alexander". Voglio fare un film sui ricordi ora, qualcosa di completamente diverso da quello che ho fatto negli ultimi film. Questo è il prossimo obiettivo."

D: "Il primo film della trilogia è stato nominato per un Oscar, il secondo ha vinto un Oscar. Devi sentire una certa pressione con "Days of Darkness", e per come arriverà ad essere recepito.

A: "No, non alla mia età. Ho vinto un Oscar. Che cosa, vuoi che ne vinca un altro? Tutto qui. Ne ho vinto uno. Adesso è l'esatto opposto della pressione, davvero. Quella vittoria insieme con la mia età mi ha dato un senso di libertà. Mi sento come se ora posso fare davvero quello che mi piace. Quindi lasciatemi solo. Mi limiterò a divertirmi, la ripresa di scene alla Tarantino con persone a cui viene tagliata la testa in sequenze splatter- è stata molto divertente da girare. Quando sei sui 45, e vuoi riuscire a garantire il finanziamento per il tuo prossimo film, allora quella è la vera pressione. Quando ho fatto "Il Declino dell'impero americano, che era il mio primo film in 12 anni. La pressione fu allora - se non avesse funzionato, sarei stato condannato all'inferno della televisione per sempre. Anche prima de "Le Invasioni barbariche - non avevo avuto un film di successo per bel un po' di tempo, quindi non c'era poi tutta quella pressione per ottenere quel lavoro.

D: "Sono molto impressionato dall'interpretazione di Marc Labreche in "Days of Darkness". Egli cattura davvero ogni uomo perfettamente. E 'molto più difficile da interpretare che il solito personaggio che va adesso nel cinema americano come quello dell'handicappato ecc., e in più lo fa con una grande apertura. "

A: "Assolutamente. Non solo e' stata la mia prima scelta, ho scritto gran parte del film con lui in mente. Avevo scritto per circa sei mesi, e poi Marc e io abbiamo dovuto lavorare insieme su un altro progetto. Mi è stato chiesto di fare un po' di brainstorming su un altro progetto, e mi è stato chiesto da mia moglie, quindi non ho potuto dire di no. Così Marc ed io abbiamo lavorato insieme, e improvvisamente mi resi conto che stavamo ridendo a molte delle stesse barzellette. Così gli ho chiesto di riservarsi il tempo di pochi mesi e quindi abbiamo potuto lavorare insieme sulla pellicola."

D: "Hai avuto un rapporto spinoso con la stampa del Quebec. "

A: "E' strano. Non so cosa sia, dovresti chiedere a loro. Così è. A volte va bene, altre volte va male. E' difficile individuare i perchè, davvero. Con "Le nvasioni barbariche", erano tutti molto apprezzativi, e molto orgogliosi. Ma forse poi fin troppo. Forse hanno ritenuto che fosse il momento di tagliare un pò questo rapporto. Non è mai stato discusso in particolare, quindi non lo so."
D: "Il tuo discorso agli Oscar e' stato così breve. Ci hai lasciato con la voglia di sentire di più."

A: "Sono un pessimo improvvisatore. Ma si sa, non è il mio ruolo. Io sono un regista, non uno scrittore di discorsi."

Directors Guild of Canada Anno 2008
Nominato
al DGC Team Award    come Lungometraggio
Francois Seguìn(Scenografo)
Guy Pigeon (Direzione Artistica)

Genie Awards Anno 2008
Nominato
al Genius    come Miglior film
Denise Robert
Daniel Louis

Migliore Interpretazione di un Attore in un ruolo principale
Marc Labrèche

Miglior Regia
Denys Arcand

Miglior Sceneggiatura, Original e
Denys Arcand

Jutra Awards Anno 2008
Ha Vinto
il Jutra    per il Miglior Make-Up (Meilleur Maquillage)
Diane Simard

Nominato
al Jutra    Miglior Contributo alla Regia (Meilleure Réalisation)
Denys Arcand

come Miglior film (Meilleur Film)
Denise Robert
Daniel Louis

Migliore Interpretazione di un Attore in un ruolo principale (Meilleur Acteur)
Marc Labrèche

Migliore attrice non Protagonista (Meilleure Actrice)
Sylvie Lèonard

Miglior Sceneggiatura (Meilleur scenario)
Denys Arcand

Presentato ufficialmente dal Canada per il miglior film straniero agli 80' Annuali Academy Awards (2008).

http://images.movieplayer.it/2008/03/25/l-eta-barbarica-clip-720.jpg

http://www.schermaglie.it/images/426.jpg

http://4.bp.blogspot.com/_3_-l2Ho4jjM/R5kKU5Flk5I/AAAAAAAADD4/R2uNH_-SbTY/s400/L-eta-barbarica-3.JPG

http://www.antoniogenna.net/doppiaggio/film1/letabarbarica.jpg

http://3.bp.blogspot.com/_3_-l2Ho4jjM/R5kKUpFlk3I/AAAAAAAADDo/_SAL0-g4oFw/s400/L-eta-barbarica-1.JPG

http://isaac.guidasicilia.it/foto/news/cinema/eta_barbarica_N.jpg

http://www.lalineadellocchio.it/wp-content/uploads/L-eta-barbarica-2.JPG

http://img132.imageshack.us/img132/1726/arcand2zk7.jpg

http://pad.mymovies.it/cinemanews/2007/2762/1.jpg
Neil McCauley/Robert DE Niro [ultime parole]:- "Visto che non ci torno in prigione?"
Vincent Hanna/Al Pacino :-"Già."
Noodles:"I vincenti si riconoscono alla partenza. Riconosci i vincenti e i brocchi.Chi avrebbe puntato su di me?"
Fat Moe:"Io avrei puntato tutto su di te."
Noodles:E avresti perso.

Offline Vicus

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Eccola la Questione Maschile, in un guscio di noce: i temi ci sono tutti, dal femminismo al degrado della vita familiare fino alla condizione dei padri separati, con un registro satirico attissimo a ritrarre la scena contemporanea.
Non mancano accenni esilaranti all’interferenza dello Stato nella vita dei cittadini, fino alla grottesca regolamentazione del linguaggio e a un'ipertrofica burocrazia, allegoricamente descritta come una proliferazione di regolamenti e corridoi dove il cittadino si perde.
Corrosivo nei confronti del politicamente corretto, questo film non concede nulla ai luoghi comuni mediatici del femminismo e all'idealizzazione della donna: l'ossessione per la carriera, il rifiuto di occuparsi della famiglia, il materialismo e le assurde pretese di donne che non meritano un secondo sguardo sono tutte lì, senza concessioni al romanticismo sciropposo di Hollywood.
Un film tutto da gustare, da vedere e far vedere agli amici ma soprattutto alle donne!
Il video qui sotto mostra le scene più belle, 15 minuti che si assaporano d'un fiato.

« Ultima modifica: Agosto 09, 2022, 22:52:30 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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"...donne che non meritano un secondo sguardo."

Molto bella questa definizione acre...E' tua...? Per il resto, che sia un film che possa valere la pena fare vedere alle donne, o con cui vedere....Penso sia un po' la classica speranza e aspettativa davvero mal riposta.
Neil McCauley/Robert DE Niro [ultime parole]:- "Visto che non ci torno in prigione?"
Vincent Hanna/Al Pacino :-"Già."
Noodles:"I vincenti si riconoscono alla partenza. Riconosci i vincenti e i brocchi.Chi avrebbe puntato su di me?"
Fat Moe:"Io avrei puntato tutto su di te."
Noodles:E avresti perso.

Offline Vicus

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Molto bella questa definizione acre...E' tua...? Per il resto, che sia un film che possa valere la pena fare vedere alle donne, o con cui vedere....Penso sia un po' la classica speranza e aspettativa davvero mal riposta.
Che io sappia sì, ma le parole sono nell'aria e scopri sempre che altri hanno detto la medesima cosa.
Il suggerimento di farlo vedere alle donne è ironico, una su dieci si indignerebbe e le altre nove non capirebbero. :lol:
« Ultima modifica: Aprile 23, 2014, 14:21:27 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.