Apro il topic soprattutto per i lettori occasionali ed in particolar modo per quelli, maschi o femmine, che sono genitori.
Questo è quello che sta accadendo in Germania, avallato
dalle FEMMINISTE . Questo è quello che faranno (in alcuni casi stanno già facendo) IN ITALIA.
RIGUARDERA' I VOSTRI FIGLI. Se siete favorevoli a queste porcate, è meglio che non ne parlate con uno come me perchè valete meno della merda di cane.
Se , invece, queste cose vi fanno rabbrividire e PENSARE, allora vale la pena sapere CHI appoggia queste porcate e TENER PRESENTE I LORO VOLTI.
http://www.ilgiornale.it/news/cultura/fiabe-troppo-normali-uccise-dai-killer-stato-996288.htmlLe fiabe troppo "normali" uccise dai killer di Stato
Le linee guida ministeriali toccano anche le vecchie favole: basta Principi Azzurri e Biancaneve perché condizionano i bambini e impongono famiglie tradizionali
Gianfranco de Turris - Mer, 26/02/2014 - 08:43
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Maxima debetur puero reverentia diceva Giovenale, ma il Dipartimento pari opportunità lo ignora e si appresta a uccidere l'immaginario infantile sin dalla più tenera età. Comportandosi come gli «ingegneri dell'anima» della Russia leninista e stalinista.
Dopo le linee-guida per i giornalisti, lo Stato italiano attraverso l'Unar-Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che fa parte del Dipartimento pari opportunità, ha emanato le linee-guida per il personale scolastico (dagli insegnanti ai bidelli). Lo scopo ufficiale è prevenire sin da piccoli il bullismo e le discriminazioni sessuali, lo scopo non detto, subdolo e strisciante è invece imporre dall'alto, d'autorità, la «ideologia gender» che ci viene dagli Stati Uniti, vale a dire il concetto che - come ben spiega Unisex di Marletta e Perrucchetti (Arianna) - il sesso non si acquista alla nascita, ma ci viene inculcato dalla società e dalla cultura. Non solo, ma che l'omosessualità maschile e femminile rientra nella norma naturale, e non è un disordine genetico. Il passo seguente è far considerare «normale» e vvio anche una coppia o un matrimonio omosx maschio/maschio e femmina/femmina. E indurre i bambini a pensare così attraverso il mondo della fantasia manipolato assume l'aspetto di un crimine etico.
Per ottenere questo scopo gli opuscoli Educare alla diversità a scuola distribuiti dall'Unar e realizzati da un certo Istituto A.T. Beck, hanno lo scopo di preparare il terremo sin all'infanzia, dagli asili nido e dalle elementari, facendo apprendere ai giovanissimi una vera «visione del mondo» capovolta, diversa da quella abituale, della realtà e dei rapporti tra i sessi. Come? Manipolando le favole tradizionali e le fiabe moderne. Anche questo un crimine culturale, che va molto oltre la loro modernizzazione da tempo praticata e contro cui si scagliò, ad esempio, Michael Ende, l'autore de La storia infinita. Qui è assai diverso. Qui le favole si censurano e si cancellano dato che - questa l'ideologia di partenza - si ritiene che quelle in cui si presentano re e regine, principi e principesse, inducano i piccolissimi a entrare nello stereotipo secondo cui devono attendere da adulti il loro Principe azzurro o la loro Biancaneve. E in tal modo diventando dei disturbati e dei deviati. Il che è assurdo dato che queste suggestioni, se pure s'installano, avvengono soltanto in casi assai rari, come per quei bambini che si identificano in Superman e si gettano dalla finestra pesando di poter volare. Non per questo si censurano i fumetti.
Dietro a questo però c'è qualcosa di assai più grave: le favole tra l'altro abituano i più piccoli a pensare che all'orizzonte esista una famiglia tradizionale con marito e moglie, padre e madre, figli e figlie. E invece no! Esistono - dicono i volumetti dell'
Unar e dell'Istituto Beck - anche le famiglie con due padri o due madri, o semplicemente Genitore 1 e Genitore 2, e sono «normali» e a esse ci si deve abituare, ritenendo ovvio un possibile matrimonio omosex. Lo si dice esplicitamente: «Al bambino è chiaro da subito che se è maschio deve innamorarsi di una principessa, se femmina di un principe. Non gli sono proposte fiabe con indicazioni diverse». Perché il principe non potrebbe innamorarsi del paggetto di corte? Questa dunque la colpa che si deve emendare con le nuove fiabe omosessuali di Stato. Sicché nelle scuole gli insegnanti sarebbero obbligati a «non usare analogie che facciano riferimento ad una prospettiva eteronormativa». Da intendersi: l'eterosessualità è la norma. Perché? Perché, spiega lo Stato italiano ai suoi insegnanti, «tale punto di vista può tradursi nell'assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà». Pensate che cosa disdicevole! Mentre invece potrebbe innamorarsi di un altro uomo e, date le prospettive, «sposarlo» lo stesso.
Questa non è lotta al bullismo e alla discriminazione, ma propaganda pro omosessuali, compiuta su una psiche ancora in formazione. Nessuno si è posto il problema che un bimbo potrebbe considerare allora «normale» cedere a un pedofilo? Dalla lotta alla discriminazione sessuale, si è passati alla esaltazione della diversità sessuale minoritaria. Poiché l'«ideologia gender» ritiene che il sesso non ce lo dà la Natura ma l'orienta la Società, plasmiamo dunque i bimbi in tenerissima età verso una tendenza filo omosessuale... Tanto più che una docente di Psicologia della educazione dell'Università La Sapienza ha affermato: «Gli studi ci dicono che già a tre anni i bambini hanno dei pregiudizi di ordine sessuale». E se lo dice la scienza siano autorizzati a scardinare questi presunti «pregiudizi», ma creandone degli altri peggiori: ad esempio contro la famiglia «tradizionale»... E questo attraverso la censura e la riscrittura delle favole classiche, o creando fiabe omosessuali appositamente. Ed è proprio questo tentativo messo in pratica dalle autorità politiche locali negli asili e nelle elementari di Venezia e dell'Umbria che ha scatenato polemiche e spinto molti genitori a minacciare di toglie i figli dalle scuole statali. Al punto che il viceministro del Lavoro del governo Letta,
Maria Cecilia Guerra è stata costretta a difendersi: «Non ho autorizzato io la diffusione del materiale didattico per l'educazione alle diversità nelle scuole. Sono contraria alla imposizione di un punto di vista»! Ma allora che senso ha spendere decine di migliaia di euro per commissionare e stampare gli opuscoli Unar-Beck se poi non si vuole «imporre un punto di vista» statale?
Giustamente due psicologhe e psicoterapeute, Maria Rita Parsi e Silvia Vegetti Finzi si sono opposte a una simile manipolazione delle favole e delle menti infantili. La Finzi ha affermato: «Vedo un rovesciamento di centralità: fino a qualche tempo fa le forme familiari diverse da quella tradizionale erano messe al bando. Ora hanno una eccessiva attenzione. Non si tiene conto che si tratta pur sempre di una realtà minoritaria». La psicoterapeuta rivendica il diritto del bambino «a riconoscersi in una famiglia naturale» e contesta la «centralità che si tenta di attribuire a modelli familiari minoritari che nuoccino a una psicologia in evoluzione che cresce in un contesto tradizionale». In altre parole le nuove fiabe omosex instillano subdolamente nella psiche infantile dei dubbi sulla propria identità sessuale che potrebbe non essere quella che appare, deviandola. Secondo certi «cattivi maestri» l'individualità e identità dell'essere umano può venire messa in dubbio e manipolata in una Europa che si preoccupa invece di proteggere l'identità - per esempio - del lupo selvatico proibendo gli incroci con i cani domestici! Tutto ciò per arrivare alla dittatura della minoranza Lgbt (lesbiche gay bisessuali transessuali) promossa dall'ideologia progressista globalizzata con la scusa di difenderla.
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/germania-lezione-gender-bimbi-svengono-scuola-e-chi-protesta-1067842.htmlBimbi che si sentono male in classe, vanno in iperventilazione, svengono. Genitori in carcere per non aver obbligato i figli a partecipare ai corsi sul gender.
Succede nella Germania del 2014, dove chi osa anche solo dissentire dall'ideologia imperante del gender viene perseguito con determinazione, e a norma di legge. Al punto da rischiare di ritrovarsi la polizia sul pianerottolo di casa.
A Borken, vicino a Munster, sei bimbi sono dovuti rimanere a casa da scuola per essersi sentiti male dopo che in classe erano state mostrate loro immagini esplicite a sfondo sessuale, nell'ambito di un progetto di educazione alla "diversità di genere". Dopo che un primo bambino ha dato segni di avere problemi di circolazione, si è scatenata una reazione a catena, con altri piccoli studenti che sono andati in iperventilazione e un alunno che è quasi svenuto, rendendo necessario l'intervento dell'ambulanza. La polizia ha minimizzato l'episodio sostenendo che "non fosse successo niente" e che si trattasse di immagini e disegni "assolutamente normali". Le autorità mediche hanno comunque disposto le analisi del sangue per uno dei bimbi che si sono sentiti male.
Negli stessi giorni a Eslohe, 170 chilometri a sudest di Borken, è scoppiato un caso analogo che sta letteralmente spaccando in due l'opinione pubblica in tutto il Paese: due coniugi di 37 anni, Eugen e Luise Martens, sono stati incarcerati per quaranta giorni perché la figlia, iscritta alle scuole elementari, si era rifiutata di partecipare ai corsi di educazione sessuale previsti dall'istituto. Eugen, che con sua moglie ha altri otto figli, era già stato arrestato l'anno scorso con la medesima accusa: in quell'occasione a Luise era stata risparmiato il carcere solo perché incinta.
In tutta la Germania si stanno formando movimenti e comitati di solidarietà in appoggio ai coniugi Martens, per esprimere il dissenso contro una scuola che obbliga i bambini di sei anni a frequentare regolarmente lezioni di ideologia gender. In Germania i genitori dei bimbi che saltano la scuola possono essere denunciati dall'istituto e processati dal tribunale, anche se lo studente abbandona la lezione di propria iniziativa, come è stato nel caso della figlia dei Martens.
"Il contenuto delle lezioni è perverso - spiega a Tempi Mathias Ebert, fondatore dell'associazione "Besorgte Eltern" ("Genitori preoccupati") - Non solo si mostra ai bimbi come funziona il sesso dei maschi e delle femmine, ma li si mette davanti alle varie pratiche sessuali: sesso orale, sesso anale molto altro. Si dice anche ai bambini, sin dalle elementari, che il loro genere non è determinato e che non possono sapere se sono maschietti o femminucce, che devono pensarci su."
Ebert racconta anche che in Germania c'è molta paura a denunciare episodi come questo, perché "in questo Paese non appena si viene puniti si viene considerati dei criminali": "Chiediamo solo che non vengano turbati i sentimenti dei bambini. Non è giusto. È una violenza nei loro confronti."
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/comune-venezia-distribuisce-fiabe-gay-negli-asili-e-nelle-989961.htmlL'iniziativa è di Camilla Seibezzi, la delegata del sindaco, che ha fatto già parlare di sé per la proposta di sostituzione delle parole "mamma" e "papà" con "genitore"
Luisa De Montis - Ven, 07/02/2014 - 09:10
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Un'iniziativa che farà discutere: 46 fiabe "gay" per contrastare la discriminazione e l'omofobia.
Come racconta il Corriere della Sera, l'iniziativa è di
Camilla Seibezzi, la delegata del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, la stessa Seibezzi che tempo fa fece parlare di sé per la proposta di sostituzione delle parole "mamma" e "papà" con "genitore". Adesso, la delegato del sindaco ha selezionato i libri di favole da distribuire in dieci asili nido e in 36 scuole dell'infanzia. Nei testi si parla delle diverse forme familiari: da quella con due papà a quella con due mamme, passando per "E con tango siamo in tre", la storia di due pinguini maschi che covano un uovo.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/moduli-lasilo-genitore-posto-mamma-e-pap-946657.htmlLe parole, specie su un atto pubblico, pesano e Camilla Seibezzi, consigliera comunale, delegata per il sindaco di Venezia ai diritti civili e alle politiche contro le discriminazioni, si è trovata in una bufera scatenata dalla sua proposta di far sparire le definizioni «mamma» e «papà» dalle carte per le iscrizioni dei figli all'asilo per sostituirle con il termine «genitore».
E spiega: «Nei Paesi del Nord Europa c'è già l'indicazione genitore. Si dà una definizione onnicomprensiva che evita di dire se il bimbo ha un genitore solo o se sono entrambi dello stesso sesso».
http://www.tempi.it/chi-e-ulrike-lunacek-l-eurodeputata-lgbt-che-non-si-fa-problemi-a-proporre-l-educazione-sessuale-interattiva-per-i-bimbi-di-4-anni#.VGZjbjSG9N0La controversa “relazione Lunacek“, presentata come una «tabella di marcia dell’Ue contro l’omofobia e la discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere», è stata approvata ieri dal Parlamento Europeo nonostante le proteste.
EDUCAZIONE GENDER. Di fronte a un testo che mette a repentaglio la libertà di pensiero e impone agli Stati il matrimonio e le adozioni omosessuali, insieme all’educazione “gender” obbligatoria sin dall’infanzia, più di 200 mila cittadini avevano firmato una petizione che era arrivata sugli scranni di Bruxelles. Per paura di perdere anche questa battaglia, come accadde alla sua collega Edite Estrela,
Ulrike Lunacek, eurodeputata austriaca dei Verdi, lesbica e attivista Lgbt, aveva inviato una lettera ai suoi colleghi per cercare di confutare la tesi dell’appello.
«BIGOTTI DI DESTRA». Ma chi è Ulrike Lunacek?
La deputata verde nel 2013 tentò di legittimare la pedofilia, proponendo un emendamento che invocava la necessità di una «educazione sessuale interattiva e libera da tabù» per i bambini maggiori di 4 anni. A quanti la criticarono, votando contro la proposta, la Lunacek rispose per le rime, accusandoli di essere dei «bigotti di destra».In un’intervista al quotidiano europeo West nel 2011, in occasione dell’Europride di Roma, disse: «Dare più diritti ha un effetto sul comportamento della società, perché se “l’autorità”, “lo Stato” accetta (pari) diritti per le persone Lgbt allora i cittadini tenderanno ad essere d’accordo con quelli e a cambiare il loro atteggiamento».
FRA LE FEMMINISTE AL CAIRO. Dopo aver studiato un anno negli Stati Uniti, tornò in Austria e, all’età di 23 anni, fece “outing” dichiarando la propria omosessualità. Tre anni dopo, alla fine dell’università, la neolaureata in lingue sedeva fra i responsabili della Frauensolidarität (Solidarity among Women), la ong femminista fondata a Vienna nel 1982. E nel 1994 fu mandata come sua rappresentante alla Conferenza del Cairo, la prima in cui furono lentamente introdotti nel diritto internazionale le istanze Lgbt. La conferenza divenne famosa anche per l’azione scorretta con cui le femministe riuscirono a imporre la loro agenda contro la maggioranza delle presenti, rimandando le votazioni più importanti nel pomeriggio dell’ultimo giorno appena dopo la partenza delle donne africane contrarie alle loro idee. Vennero poi presentate le denunce di chi scoprì che le proprie dichiarazioni di dissenso durante i meeting non erano mai state inserite nei rapporti ufficiali, nonostante fosse stato assicurato il contrario.
LE POLEMICHE UNGHERESI. Qualche mese dopo il ritorno dal Cairo, Lunacek divenne la rappresentante politica di punta dell’Austrian Lesbian ad Gay Forum, candidandosi all’interno del partito austriaco dei Verdi. E dopo una militanza di dieci anni sul territorio, nel 1999, divenne la prima politica lesbica del Parlamento austriaco. Quando fu eletta al Parlamento europeo, nel 2009, entrò a far parte della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, continuando a sponsorizzare la piena parità delle coppie omosessuali anche in Europa. Qui, oltre alle polemiche sorte per via delle sue idee sui diritti sessuali dei bambini e e degli omosessuali, l’eurodeputata balzò alle cronache nel 2012 per le dichiarazioni rilasciate dopo la Marcia per la Vita ungherese. Aveva messo agli atti la presenza di slogan e cartelli antisemiti di cui non si trovarono prove. Ma evidentemente per Lunacek non erano necessarie. Solo l’anno dopo mirava a far diventare l’aborto un diritto umano e ad abolire l’obiezione di coscienza «per consentire alle donne di non essere ferite o uccise a causa della mancanza di accesso sicuro all’aborto».
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Buona lettura.