Autore Topic: Il mito del potere maschile - Warren Farrell (estratto)  (Letto 5379 volte)

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Il mito del potere maschile - Warren Farrell (estratto)
« il: Agosto 21, 2016, 11:28:34 am »
Estratto tratto da http://www.veja.it/2012/06/23/il-mito-del-potere-maschile-tesi-politicamente-scorrette/



di Warren Farrell.

 

UNA VISIONE COMPLESSIVA. QUANDO UN SESSO SOLTANTO VINCE,  ENTRAMBI  I  SESSI PERDONO.

Nell’ Ottocento, negli Stati Uniti, se a commettere un delitto era una donna, chi andava in prigione era il marito. E per la legge inglese, se una famiglia contraeva dei debiti, era il marito a essere rinchiuso nella prigione per debitori. Nelle questioni maschio-femmina, l’ inconscio legiferare degli uomini era programmato in modo da proteggere le donne. Quasi sempre le leggi erano fatte dagli uomini, ma non per gli uomini.

In questo capitolo scopriremo che in un’ epoca di pretesa indipendenza femminile le leggi, una dopo l’ altra, finirono per essere fatte tenendo talmente conto della necessita’ di proteggere le donne che, qualora i diritti costituzionali di un uomo entrino in conflitto con la protezione di una donna, nella maggior parte dei casi tali diritti non verranno rispettati.

Questo è ciò che accade legalmente. Ma ciò che accade legalmente quasi sempre riflette ciò che accade a un livello psicologico più profondo. Come vedremo, se il divorzio lasciava la donna priva del marito-salvatore, molte donne si cercavano sostituti salvatori; e se il divorzio lasciava l’uomo senza una fonte di amore, gli uomini gareggiavano per ottenere l’amore di una donna, trovando modi nuovi per salvare le donne.


La ricerca del salvatore e la competizione per fare il salvatore si presentavano sotto vari aspetti. Le donne della New Age passavano dal padre al marito al guru; gli uomini facevano a gara per diventare il loro guru. Le donne tradizionali passavano dal padre al marito a «Dio Padre»; gli uomini facevano a gara per essere i loro «padri» (preti, ministri del culto, sacerdoti, rabbini). Le femministe passavano dal padre al marito a varie alternative: l’alternativa di provvedere a se stesse o di rivolgersi al massimo salvatore – il governo come surrogato del marito; gli uomini fecero a gara per trasformare il governo nel surrogato del marito.

I divorzi fecero nascere sodalizi di uomini (detti legislature) che proteggevano collettivamente le donne quando altri uomini (detti mariti) non proteggevano più le donne individualmente. Ciò significò un appesantimento del carico fiscale, soprattutto su altri uomini, al fine di trovare denaro soprattutto per le donne. Quando il divorzio priva le donne di un marito che le protegge, l’inconscio collettivo continua però a volerle proteggere.

E l’inconscio collettivo femminile tuttora vuole protezione. Per esempio, un poliziotto di San Diego sta attualmente scontando una pena di cinquantasei anni di prigione per aver violentato delle donne sulle spiagge locali; la moglie è in causa con il dipartimento di polizia per ottenere le entrate che il marito non può più assicurarle… si aspetta che il governo sia il surrogato del marito. Ha intentato causa al dipartimento anche per averlo assunto, tanto per cominciare… si aspetta che il governo giudichi il carattere del marito meglio di quanto non avesse saputo fare lei.

Queste leggi fatte dagli uomini riflettono dei valori maschili? In parte. I valori maschili consistono in parte nel proteggere le donne più ancora che se stessi. Queste leggi sono forse fatte nell’interesse degli uomini? In un certo sento. Gli uomini che vogliono l’amore di una donna imparano a preoccuparsi degli interessi delle donne più che dei propri.

Il fatto che quasi tutti i legislatori siano uomini prova forse che gli uomini sono i responsabili e possono scegliere quando tener conto e quando non tener conto degli interessi femminili? In teoria è così. Ma in pratica il sistema legale americano non può prescindere dall’elettore. E alle elezioni presidenziali del 1992 il 54 per cento dei votanti era costituito da donne, il 46 per cento da uomini. (Le donne rappresentano oltre 7 milioni di voti in più rispetto agli uomini.)

Nell’insieme, il legislatore è per un elettore quello che l’autista è per il datore di lavoro – entrambi hanno un incarico, ma entrambi possono essere licenziati se non vanno dove viene loro detto di andare. Quando sembra che i legislatori non proteggano le donne, quasi sempre è perché le donne hanno una diversa idea della protezione. (Per esempio, le donne divisero equamente i loro voti tra repubblicani e democratici nelle quattro elezioni presidenziali, prese nel loro complesso, precedenti la nomina di Clinton.)

Vedremo come la propensione della legge alla speciale protezione delle donne ha cominciato a scricchiolare pericolosamente di fronte alla garanzia, sancita dalia Costituzione, di pari protezione. Come negli Anni Ottanta, per esempio, avessimo due definizioni dell’autodifesa: una per gli uomini e una per le donne; e due definizioni di omicidio di primo grado – a seconda del sesso. Vedremo come, negli Anni Novanta, dodici possibilità di difesa erano potenzialmente a disposizione di una donna che aveva ucciso ma non dell’uomo che aveva ucciso. Come, in molte università, una donna poteva far espellere un uomo incolpandolo di violenza – anche se aveva deciso lei di bere e di dire di «sì» mentre beveva.

Nei capitoli seguenti troveremo la spiegazione della legislazione riguardante molestie sessuali e violenze; e avremo un’idea dei dilemmi che tutto ciò procurerà nel lavoro, al governo, alla legge e in ultima analisi alle donne stesse nel ventunesimo secolo; e infine verranno esaminate le misure che potremmo prendere prima dì ritrovarci alle corde.

Considereremo in che modo l’originaria posizione femminista contro la discriminazione legale basata sulle differenze biologiche si sia trasformata in quella che consiste nel favorire l’uso delle differenze biologiche se estendono i diritti delle donne – per esempio il diritto di portare avanti una gravidanza anche se il padre non è d’accordo, o di citare poi in giudizio il padre affinché mantenga il figlio per diciotto anni.

Prenderemo in esame il dilemma davanti al quale si trovano i datori di lavoro, i quali devono garantire diritti speciali alle donne e nel contempo devono trattarle con pari rispetto. Per esempio, il supporto femminista al diritto speciale riservato a una donna incinta di ricevere una paga d’invalidità ha fatto sì che la gravidanza diventasse sul lavoro l’unica «invalidità» che, pur essendo considerata tale, non si può certo definire un incidente sul lavoro, e l’unica che un’impiegata si procura intenzionalmente.

Queste leggi per la «protezione della donna» sono già state messe in pratica in quella che è forse stata la rivoluzione legale più pacifica della storia. Nel 1970 non si era mai sentito parlare della dottrina giuridica femminista. Attualmente, da una recente bibliografia su donne e dottrina giuridica, risulta che per la maggior parte i libri e gli articoli sono scritti da studiose di diritto femministe. Nessuno studioso importante ha criticato il femminismo sulle riviste legali specializzate. Quando gli fu chiesto come mai ciò non fosse accaduto, il professor Geoffrey Hazard della Yale Law School spiegò che nell’atmosfera «politicamente corretta» delle università lo studioso che esprimesse un qualche dissenso sarebbe tacciato di antifemminismo.

Comunque, ancora non abbiamo provato che il sistema effettivamente protegge le donne. Ovvero, che realmente esistono due leggi – la legge maschile e la legge femminile.

SESSO CON IL CONTAGOCCE, STILE OPEC

Spesso riteniamo che i paesi che impongono alle donne di indossare il velo lo facciano per mantenerle sottomesse. Nei paesi musulmani, il purdah nasconde la bellezza femminile, che può essere mostrata solamente a pochi eletti, invariabilmente individui pronti a mettere generosamente mano al portafogli. Ciò impedisce all’uomo medio perfino di guardare la donna media finché non promette di proteggere e mantenere lei e i suoi figli per tutta la vita (vedi matrimonio). E fino a quel momento l’uomo è privato della presenza femminile durante i pasti, i viaggi, le preghiere eccetera. L’amore della donna, l’affetto, il conforto, persino il suo sorriso sono concessi solo a patto che lui dimostri la precisa volontà di provvedere, proteggere e rischiare la vita per lei. Di conseguenza, quasi tutte le donne, e non solamente le più belle, sono protette da qualcuno.

In Medio Oriente, il sesso e la bellezza femminili rappresentano per quei popoli ciò che petrolio e gas rappresentano per gli americani: più scarseggiano, più aumenta il prezzo. Più numerose sono le donne che «si concedono» gratuitamente, o per poche lire, e più cala il valore della singola donna… Questo è il motivo per cui la prostituzione, la violazione del purdah (togliere il velo) e la pornografia sono messi al bando e condannati, specie tra le donne. Ecco perché i genitori dicono alle figlie: «Non concederti a buon mercato». Il sesso «a buon mercato» inflaziona il mercato.

Proviamo a immaginare il contrario: se le donne dovessero promettere di mantenere un uomo per tutta la vita prima che questi si tolga il velo e mostri loro il suo sorriso, la considereremmo una forma di privilegio femminile?

Tuttora, quando diciamo che qualcuno offre i suoi favori sessuali, non parliamo mai dei favori sessuali dell’uomo; pertanto, solamente le donne si aspettano qualcosa in cambio. Ogni anno gli uomini spendono miliardi di dollari per svelare il corpo femminile, mentre gli uomini che si spogliano finiscono in prigione. Una donna mostra le sue beltà; un uomo, invece, è un esibizionista; a lei diamo denaro, a lui la galera. Il potere sessuale femminile significava pagamenti per le prestazioni. L’uomo apprese a guadagnare di più per pagare di più; rimase pertanto di stucco quando si sentì dire che il bisogno di guadagnare di più era un riflesso del suo più ampio potere.

SESSO IN ALTALENA, STILE AMERICANO

Negli Stati Uniti, sul finire degli Anni Sessanta, quando le femministe credevano che l’indipendenza economica delle donne avrebbe portato la ricchezza economica alle donne, esse sostennero e difesero la libertà sessuale. Allorché si scoprì che il divorzio creava obblighi a livello economico, femministe, fondamentalisti e riviste femminili fecero fronte comune per dare un taglio alla libertà sessuale. Titolava Cosmopolitan, ben prima del flagello dell’herpes: «Sesso: fateglielo guadagnare». Un’attenta analisi del declino della rivoluzione sessuale ci aiuta a capire perché, se non fosse stato per l’herpes e per l’AIDS, sarebbe intervenuto qualcos’altro.

Il bisogno di sicurezza economica che precede l’apertura sessuale delle donne è probabilmente inconsciamente rafforzato dalla nostra tradizione, che impone all’uomo per primo d’invitare una donna a cena fuori. E più la donna è tradizionale, più saranno numerose le cene e meno lei si sentirà sessualmente aperta se prima il partner non le paleserà il suo impegno – in sostanza, l’impegno a mantenerla a vita.

DAVVERO GLI UOMINI HANNO OPPRESSO LE DONNE?

Gli uomini hanno trattato le donne come una proprietà?

Soltanto comprendendo che l’esistenza degli uomini era subordinata alla proprietà potremo conciliare lo status misto delle donne, al tempo stesso paragonabili a una proprietà e messe «su un piedistallo». Quando si dice che gli uomini trattavano le donne come una proprietà, raramente si dice anche che gli uomini erano tenuti a morire affinché la loro proprietà non venisse danneggiata – che l’esistenza degli uomini era fondamentalmente subordinata alla proprietà. Persino nell’America del diciannovesimo secolo la legge federale stabiliva che se una moglie commetteva un delitto, sarebbe stato processato per quel crimine il marito, e lui sarebbe andato in prigione se fosse stata dimostrata la di lei colpevolezza. Analogamente, se la famiglia era morosa, lui soltanto sarebbe finito nella prigione per debitori.

Nel corso della storia, gli esponenti di entrambi i sessi sono stati proprietà in modi vari. I giovani maya si legavano con un contratto ai suoceri; in epoca biblica, Giacobbe si legò allo zio Labano; in America, Johnny si è legato allo zio Sam… In quasi tutte le società costrette a difendere il loro territorio, i giovani morivano per questo e, prima che facessero in tempo a capire qualcosa di più, venivano istruiti in modo da essere fieri di morire.

In America, decine di migliaia di immigranti si guadagnarono il permesso di entrare nel paese come indentured servants. Oltre il 90 per cento di quei servi era costituito da uomini. All’inizio assumevano uno status molto simile a quello degli schiavi, per un periodo di sette anni. Alcuni erano scapoli che speravano di guadagnare abbastanza da diventare un buon partito e finalmente accasarsi. Altri avevano lasciato le mogli in Europa. Pensateci un momento. Quale più grande dimostrazione d’amore di quella di un uomo che si rendeva schiavo per una donna, senza poter godere della sua cucina, delle sue cure o della sua affettuosa compagnia? Solamente gli uomini – il «sesso poco romantico» -facevano questo… per le donne. Ma…

Molti uomini prolungarono il contratto che li legava oltre il periodo stabilito, anche per tutta la vita, per poter richiamare le famiglie. In pratica, questi uomini diventarono degli schiavi.

In Europa, ai tempi dell’Impero Romano e fino al Medioevo, era normale che gli uomini avessero bisogno di una protezione economica, e così si vendevano ai signori. Con una speciale cerimonia il vassallo prendeva i voti: il conte chiedeva se il vassallo desiderava diventare «il suo uomo» e con un bacio suggellava il patto. Il vassallo era tenuto a fare per il padrone una cosa che raramente le donne facevano per i mariti: considerare come un onore morire per proteggerlo.

Se gli uomini non avevano il potere, come mai spesso la proprietà passava in eredità agli uomini? Perché gli uomini avevano la responsabilità di provvedere alla proprietà. La proprietà era uno degli attributi che facevano dell’uomo un buon partito, così come la fertilità era tra gli attributi della donna. Gli uomini avevano diritti sulla proprietà per assumersene la responsabilità. La pressione sociale indusse gli uomini a fornire alla moglie una proprietà pari alla loro; e il tabù del divorzio evitò alle donne di perdere la proprietà, se a perderla non era il marito.

Le donne erano pertanto pari per proprietà, e più che pari agli uomini: e, quindi, «su un piedistallo».

POTERE NETTO

«L’U.S. Census Bureau rileva che le donne capifamiglia hanno un’entrata netta che è il 141 per cento di quella degli uomini capifamiglia.»

(Il valore delle statistiche sul netto è che ci consentono di valutare che cosa a lui e a lei resta una volta adempiuti i rispettivi obblighi finanziari. Il netto medio delle donne è di 13.885 dollari, quello degli uomini di 9883 dollari. Ciò accade perché, sebbene i capifamiglia maschi abbiano entrate lorde più elevate, hanno anche obblighi economici molto più pesanti. È più probabile che siano loro a mantenere la moglie, o la ex moglie, e non le mogli a mantenere loro, e pertanto con le entrate devono provvedere a sé, alla moglie e ai figli – non solamente al cibo e alla casa, ma anche all’istruzione, le assicurazioni e le vacanze. Il divorzio spesso significa che la donna ottiene la casa, che l’uomo paga, e anche la custodia dei figli, che l’uomo mantiene. L’obbligo per la donna di passare più tempo con i figli fa sì che guadagni meno, mentre l’uomo guadagna di più ma spende anche di più.)

«In quell’1,6 per cento di persone ricchissime che fanno parte della popolazione americana (quelle con disponibilità di 500.000 dollari e oltre), il patrimonio netto delle donne è superiore a quello degli uomini.»

Com’è possibile che tante delle persone più ricche siano donne, se poi le donne non occupano nessun posto chiave nelle società? In parte perché scelgono gli uomini che quei posti occupano, e a loro sopravvivono. E in parte perché possono spendere di più e hanno meno obblighi finanziari…

IL POTERE DI SPENDERE

Uno studio sui grandi centri di vendita (compresi i negozi di abbigliamento maschile e di articoli sportivi) ha rilevato che lo spazio riservato agli articoli femminili è in genere sette volte superiore a quello riservato agli uomini. Entrambi i sessi comprano di più per le donne. La chiave della ricchezza non è quanto si guadagna, ma piuttosto quanto si spende per sé, a propria discrezione – o quanto viene speso per noi, su nostro suggerimento.

Nell’insieme, le donne controllano i consumi con ampio margine e quasi in ogni settore. Con il potere di spendere arrivano altre forme di potere. Il controllo sulla spesa da parte delle donne dà loro il controllo sui programmi televisivi, perché la TV dipende dagli sponsor. Quando a ciò si aggiunge il fatto che le donne guardano di più la TV in tutti i momenti liberi, è chiaro che gli spettacoli non possono permettersi di mordere la mano che li nutre. Le donne sono per la televisione quello che i boss sono per i dipendenti. Il risultato? La metà dei 250 film girati per la televisione nel 1991 mostrava le donne come vittime – sottoposte a «una qualche forma di maltrattamento fisico o psicologico».

IL «GAP NEGLI ONERI FINANZIARI»

Al ristorante, gli uomini pagano per le donne all’incirca dieci volte più spesso di quanto non tocchi alle donne, e più il ristorante è costoso più di frequente è l’uomo a pagare. Capita spesso che una donna dica: «In fondo, gli uomini guadagnano di più». Ma quando due donne vanno insieme al ristorante, nessuna delle due dà per scontato che sarà quella che guadagna di più a pagare il conto. L’aspettativa che gli uomini spendano di più per le donne crea il «gap negli oneri finanziari».

Ho avuto una prima avvisaglia di questo gap ripensando al mio primo appuntamento. Quando ero un teenager, mi piaceva fare il baby-sitter. (Amavo davvero i bambini, e inoltre era l’unico modo per essere pagato per svuotare il frigorifero!) Ma poi arrivò l’età dei primi appuntamenti. Purtroppo, come baby-sitter mi pagavano solamente 50 cent l’ora. Per tagliare l’erba, invece, si guadagnavano 2 dollari l’ora, ma io detestavo tagliare l’erba. (Vivevo nel New Jersey, dove le cimici, l’umidità e il sole di mezzogiorno rendevano quest’operazione decisamente molto meno gradevole della razzia di un frigorifero.) Ma non appena passai ai primi appuntamenti, cominciai anche a dedicarmi al taglio dell’erba.

Per i ragazzi, tagliare l’erba è una metafora del fatto che dobbiamo imparare presto a fare i lavori che ci piacciono meno solo perché rendono di più. Negli anni del ginnasio, i ragazzi cominciano a reprimere l’interesse per le lingue straniere, per la letteratura, la storia dell’arte, la sociologia e l’antropologia perché sanno che un laureato in storia dell’arte guadagna meno di un ingegnere. In parte a causa della prospettiva di futuri obblighi finanziari (con buone probabilità dovrà mantenere una donna, mentre non può aspettarsi di essere mantenuto da una donna), negli Stati Uniti 1′85 per cento degli studenti che frequentano la facoltà di ingegneria è costituito da maschi; oltre l’80 per cento degli studenti della facoltà di storia dell’arte sono invece femmine.

La differenza di stipendio tra una insegnante di storia dell’arte femmina e un ingegnere maschio sembra una forma di discriminazione, mentre in realtà entrambi i sessi sanno già in anticipo che una laurea in ingegneria rende di più. In effetti, la donna ingegnere che comincia a lavorare senza avere alcuna esperienza, guadagna mediamente 571 dollari all’anno in più della controparte maschile.

In breve, gli impegni finanziari che inducono un uomo a scegliere una carriera che gli piace di meno ma rende di più sono un segno di impotenza e non di potere. Ma quando s’impegna in quel lavoro, spesso le donne danno per scontato che pagherà lui perché «dopo tutto, guadagna di più». Pertanto, le aspettative di entrambi i sessi rafforzano la sua impotenza.

IL POTERE DELLA VITA

«Negli Stati Uniti, nel 1920, le donne vivevano un anno più degli uomini. Attualmente le donne vivono sette anni di più. Il gap nella speranza di vita tra uomini e donne è aumentato del 600 per cento.»

Riconosciamo che il fenomeno dei neri che muoiono sei anni prima dei bianchi riflette l’impotenza dei neri nella società americana. Ma il fatto che gli uomini muoiano sette anni prima delle donne raramente viene considerato un riflesso dell’impotenza degli uomini nella società americana.

E biologico quel gap di sette anni? Se così fosse, non sarebbe stato di un anno soltanto nel 1920.

Se fossero gli uomini a vivere sette anni di più, le femministe ci avrebbero aiutato a capire che la speranza di vita è il metro migliore per misurare il potere. E avrebbero perfettamente ragione. Potere è capacità di controllare la propria vita. La morte tende a ridurre il controllo. La speranza di vita è la linea di demarcazione – il rapporto tra gli stress e le gratificazioni.

Se potere significa avere il controllo della propria vita, allora, forse, per valutare l’impatto dei ruoli sessuali e del razzismo sul potere sulle nostre vite non esiste metro migliore che la speranza di vita. Ecco il quadro della situazione:

SPERANZA DI VITA ALLA NASCITA COME INDICE PER STABILIRE CHI HA IL POTERE

Donne (bianche) 79

Donne (nere) 74

Maschi (bianchi) 72

Maschi (neri) 65

La donna bianca vive quasi quattordici anni più del maschio nero. Provate a immaginare quali sarebbero le reazioni se una quarantanovenne dovesse presumibilmente morire prima di un sessantaduenne.

SUICIDIO COME IMPOTENZA

Così come la speranza di vita è uno dei migliori indici del potere, il suicidio è uno dei migliori indici dell’impotenza.

«Fino ai 9 anni, la percentuale di suicidi tra bambini e bambine è identico;

• dai 10 ai 14 anni la percentuale per i ragazzi è il doppio rispetto alle ragazze;

• dai 15 ai 19 anni è quattro volte superiore; e

• dai 20 ai 24 anni è sei volte più alto.»

«Sottoposti alle pressioni del ruolo maschile, nei ragazzi i suicidi aumentano del 25.000 per cento.»

«Il tasso di suicidi tra gli ultraottantacinquenni è 1350 volte superiore rispetto a quello rilevato tra le donne dello stesso gruppo d’età.»

IL FATTORE INDUSTRIALIZZAZIONE

«Più una società diventa industrializzata, più la speranza di vita dei due sessi aumenta. Ma l’industrializzazione accresce la speranza di vita delle donne in misura quasi doppia rispetto a quella degli uomini.»

Nelle società preindustriali (per esempio, l’Italia e l’Irlanda nel diciannovesimo secolo), era normale uno scarto di un anno o due soltanto tra la durata dell’esistenza delle donne e quella degli uomini. Allorché Robert Kennedy Jr. prese in esame i suoi precedenti famigliari, scoprì che le contadine irlandesi all’inizio del secolo avevano una speranza di vita alla nascita inferiore a quella degli uomini. Le donne che vivevano in campagna morivano più di frequente degli uomini di tubercolosi, difterite, polmonite, morbillo, malattie di cuore, ustioni, scottature. Quando le donne si trasferirono in città, come accadde in Inghilterra all’inizio dell’Ottocento, il tasso di mortalità decrebbe di oltre un terzo. Che cos’era accaduto?

Quando donne e uomini hanno all’incirca la stessa speranza di vita, pare che ciò sia dovuto al fatto che le donne muoiono non soltanto di parto (meno spesso di quanto si pensi), ma in misura quasi uguale di malattie contagiose, parassitiche; per scarsa igiene e mancanza d’acqua; per le cure inadeguate, per le malattie provocate dalla denutrizione. Nelle società industrializzate, i decessi prematuri sono prevalentemente causati da malattie scatenate dallo stress che indebolisce il sistema immunitario. Da quando lo stress è diventato il fattore principale, gli uomini hanno cominciato a morire molto prima delle donne.

IL DOPPIO STANDARD DELL’INDUSTRIALIZZAZIONE

L’industrializzazione strappò gli uomini alla campagna e alla famiglia e li catapultò in fabbrica, allontanandoli dalla fonte degli affetti. L’industrializzazione consentì alle donne di restare legate alla famiglia e, come già osservato, con un sempre minor numero di figli e più comodità, un maggior controllo sulle nascite, meno probabilità di morire di parto e di quasi tutte le altre malattie. Combinandosi, questi fattori fecero sì che le donne vivessero un’esistenza di circa il 50 per cento più lunga nel 1990, rispetto al 1920. Quello che abbiamo voluto chiamare potere maschile, quindi, ha in realtà prodotto il potere femminile. Ha letteralmente dato la vita alle donne. Fu un club quasi esclusivamente femminile che prese il primo treno che portava dalla Rivoluzione Industriale alla Rivoluzione dell’Appagamento.

Il nuovo ruolo degli uomini – che operano lontano da casa – è di per sé sufficiente a indurre entrambi i sessi a far uso della droga, a ricorrere al suicidio e a provocare incidenti. Il risultato è riecheggiato dalla canzone Only the Good Die Young (ovvero, muore giovane chi è buono). Quali sono le due cose che quanti morirono giovani avevano in comune?

Pensate a Jim Morrison, Jim Croce, Jimi Hendrix, John Belushi, Janis Joplin, Buddy Holly, Charlie Parker, Patsy Cline, Elvis, Martin Luther King e i Kennedy. Erano tutti buoni esecutori, e tutti passarono la maggior parte della loro esistenza lontano da casa – distaccati dal loro centro, dalla loro fonte d’amore. In un modo o nell’altro, questo li ha uccisi.

L’industrializzazione fece del lavoro lontano da casa un ruolo maschile. Il fatto che membri di entrambi i sessi che lavorarono lontano da casa furono vulnerabili, ci spiega l’impatto del ruolo sulla biologia.

Forse che oggi le donne non lavorano lontano da casa? Certo, ma con la nascita del primo figlio i due terzi delle donne che lavorano non riprendono il lavoro per almeno un anno. D’improvviso al marito tocca mantenere tre persone invece che una sola. Inoltre, le donne, con quarantatré probabilità in più rispetto agli uomini, abbandonano il posto di lavoro per sei o più mesi per ragioni di famiglia. Ecco le scelte che consentono a una donna di adattare il suo ruolo alla sua personalità, mentre il mandato dell’uomo – lavorare a tempo pieno – non gli offre quella flessibilità necessaria a dare spazio alla sua personalità. Nelle sue aspettative deve darsi da fare e indossare un certo abito, non necessariamente tagliato su misura per lui.

Come mai il gap tra donne e uomini si è leggermente ridotto (da otto a sette anni) tra il 1975 e il 1990? In parte perché le abitudini igieniche degli uomini stanno diventando più costruttive, quelle delle donne più distruttive. Così le donne muoiono più spesso a causa di quella che i cinesi chiamano «la malattia dell’opulenza» – il cancro al seno. Ma le donne lavorano anche più di frequente lontano da casa e soffrono delle malattie connesse allo stress.

D’altro canto, come mai il gap non è diminuito ancora di più? Perché il marito della donna che lavora a tempo pieno lavora tuttora 9 ore la settimana di più fuori casa e negli spostamenti perde 2 ore di più la settimana. Il carico di lavoro offre comunque alla donna un miglior equilibrio tra lavoro e casa. Se il marito è sufficientemente «arrivato», lei può trovare un certo equilibrio non soltanto per la sua personalità ma anche per la fase esistenziale in cui si trova. Le maggiori possibilità di scelta, il maggior equilibrio e la più stretta connessione con la famiglia la tengono in vita sette anni di più.

Pertanto, l’industrializzazione ha ampliato la gamma delle opzioni femminili e isolato di più gli uomini. Con la sua attività da prestigiatore, lei è sempre in stretto contatto con tutto; con la sua attività sempre più intensa, lui perde il contatto con l’amore. Entrambi stanno meglio di prima, ma per lei la connessione crea vita, per lui la separazione crea morte.

«Fare strage» alla Borsa divenne quindi la versione aggiornata del killer-protettore: lui continua a mietere vittime, lei a essere protetta. Ovvero, per essere più precisi, lui protegge meglio entrambi, ma protegge la donna meglio di quanto non protegga se stesso.

LE PROFESSIONI MORTALI: LA PIÙ GRANDE «CELLA DI VETRO» DEGLI UOMINI

«Nel 94 per cento degli incidenti mortali sul lavoro sono coinvolti gli uomini.»

«Negli Stati Uniti il tasso di mortalità maschile sul lavoro è dalle tre alle quattro volte superiore a quello del Giappone. Se negli USA il tasso fosse quello giapponese, salveremmo ogni anno la vita di circa 6000 uomini e 400 donne.»

«Negli Stati Uniti c’è un solo ispettore che controlla la sicurezza delle condizioni di lavoro per ogni sei addetti al controllo della pesca e della caccia.»

«Negli Stati Uniti la sicurezza sul lavoro non è ancora uno dei corsi richiesti per conseguire un master in economia.»

«Nel corso di ogni ora lavorativa, un operaio edile perde la vita negli Stati Uniti.»

«Più un mestiere è pericoloso più è massiccia la presenza di uomini. Alcuni esempi:

Occupazioni pericolose:

Pompieri 99% maschi

Taglialegna 98% maschi

Camionisti 98% maschi

Operai edili 98% maschi

Minatori 97% maschi

Occupazioni sicure:

Segretari 99% femmine

Receptionist 97% femmine

Uno dei motivi per cui i mestieri svolti dagli uomini sono meglio pagati, è che sono anche più pericolosi. Il supplemento di paga potrebbe essere definito «indennità per la professione mortale». E, nell’ambito di una data professione mortale, quanto più un incarico è pericoloso tanto più probabilmente sarà affidato a un uomo.

Entrambi i sessi contribuiscono a creare quelle invisibili barriere che poi tutti e due sperimentano. Esattamente come il «soffitto di vetro» descrive l’invisibile barriera che tiene le donne lontane dai mestieri meglio pagati, così la «cella dì vetro» descrive l’invisibile barriera che costringe gli uomini ai mestieri più pericolosi.

Il popolo delle celle di vetro sta attorno a noi. Ma poiché sono i nostri uomini di seconda scelta, li rendiamo invisibili. (Quante volte abbiamo sentito dire a una donna: «Ho conosciuto un dottore…» ma mai: «Ho conosciuto uno spazzino…»)

SONO PIÙ GLI UOMINI A UCCIDERE LE DONNE, O PIÙ LE DONNE A UCCIDERE GLI UOMINI? I SEI PARAOCCHI

II dipartimento della Giustizia ci informa che gli uomini uccidono il doppio delle donne, rispetto al numero di uomini ucciso dalle donne. Ma diamo un’occhiata un po’ più da vicino. Sicuramente è più probabile che degli uomini uccidano un certo numero di donne. Quasi sempre questi omicidi seguono un modello, e a un certo punto l’uomo viene catturato. Pertanto le statistiche del dipartimento della Giustizia riflettono questa realtà. Altri delitti commessi dagli uomini costituiscono una chiara prova: l’uomo involontariamente spara alla moglie o a un’amica, e poi si punta la rivoltella alla testa. La prova è sul pavimento.

Peraltro, sei paraocchi ci impediscono di vedere i metodi di omicidio femminili. Innanzitutto, è più facile che una donna avveleni un uomo, invece di sparargli, e l’avvelenamento viene spesso registrato come infarto o incidente. Così Bianche Taylor More (il caso Arsenico e vecchi merletti) per un quarto di secolo poté continuare a uccidere prima di essere scoperta. E dei delitti all’Excedrin di Stella Nickell furono ritenuti responsabili dei vandali.

Anche l’omicidio su commissione è meno identificabile perché e premeditato, e spesso affidato a un professionista. Quando viene scoperto, il dipartimento della Giustizia lo registra come «delitto con molteplici colpevoli» – non viene mai registrato come uccisione di un uomo da parte di una donna. Ciò crea un secondo paraocchi.

Gli uomini che uccidono le donne di solito appartengono a classi socioeconomiche inferiori, mentre le donne che uccidono il marito o l’amante sono in genere di livello sociale più elevato. Ecco dunque il terzo paraocchi: il fattore denaro. Per esempio,

Jean Harris (che uccise l’autore di La dieta Scarsdale) era stata preside di una scuola privata; Elizabeth Broderick era stata un’insegnante/elementare e, sposandosi, era entrata a far parte dell’alta società; Pamela Smart faceva la maestra nel New Hampshire. Con il denaro si possono assumere i migliori avvocati e si ottengono più assoluzioni e diminuisce così il numero di donne assassine che rientrano nelle statistiche del dipartimento della Giustizia.

Probabilmente i paraocchi più importanti sono il «fattore Cavalleria» e il «fattore Donna Innocente» che, tanto per cominciare, evitano a molte donne di essere seriamente sospettate. Per giunta, la difesa basata sulle attenuanti talvolta porta al ritiro delle accuse. Per esempio, quando una donna assolda un minore o un uomo, amante o professionista che sia.

Quando si combinano i Sei Paraocchi – l’avvelenamento mascherato, gli omicidi su commissione camuffati da incidenti e registrati come omicidi con molteplici colpevoli, il fattore denaro, il «fattore Cavalleria», il «fattore Donna Innocente» e la difesa basata sulle attenuanti – possiamo facilmente renderci conto che, consciamente e inconsciamente, siamo stati ciechi rifiutando di vedere delle donne che uccidono degli uomini.

Dai Sei Paraocchi deriva una distorsione delle statistiche. Ma una distorsione della percezione deriva dalla tendenza dei media a dare risalto alla notizia quando sono gli uomini a uccidere le donne (l’assassino dell’università di Montreal, gli strangolatori di Hillside e di Boston).

In breve, è impossibile sapere in quale misura i sessi si ammazzano tra loro. L’unica cosa che sappiamo per certo è che entrambi i sessi uccidono più uomini che donne.

VERSO UNA SOLUZIONE

NESSUNO S’IMPEGNA A PROPRIO SVANTAGGIO

Le leggi che rendono un sesso più potente dell’altro si ritorcono come un boomerang contro entrambi i sessi – nessuno s’impegna a proprio svantaggio. E quando un sesso non s’impegna, entrambi i sessi perdono l’amore. Come sta accadendo in Australia, per esempio, dove nella definizione di violenza domestica ora è incluso anche l’uomo che alza la voce con la moglie – «la norma del decibel domestico». Ma se è la donna ad alzare la voce con il marito, ciò rientra nelle comprensibili difese contro il predominio maschile. Questo doppio metro di valutazione fa sì che in Australia gli uomini abbiano una gran paura del matrimonio.

E le femministe australiane stanno cercando di ottenere che le leggi del matrimonio siano applicabili anche ai conviventi. Leggi simili finiscono per separare i sessi.

Come ridurre violenza e delitti in futuro?

Se una donna uccide il marito perché si sente indifesa e impotente, forse anche l’uomo che picchia la moglie si sente impotente. Per entrambi i sessi, la violenza nasce non dal potere ma dall’impotenza. La violenza è una temporanea esibizione di potere che emerge di solito da sentimenti di impotenza e di sconfitta.

La soluzione contro la violenza non consiste perciò nel creare divisioni artificiali tra la violenza fisica e la violenza emotiva, ma nell’educare i due sessi ad ascoltare in modi nuovi – modi che per lo più i nostri genitori non si sono mai potuti permettere il lusso di apprendere. Così i due sessi potranno scegliere partner abbastanza sicuri da ascoltare prima di attaccare, e abbastanza sicuri da andarsene se gli attacchi – verbali o fisici – si ripetono.

Nulla garantisce la sicurezza dell’esistenza, ma la soluzione consiste nell’evitare le zone pericolose di una città, invece che scegliere quelle pericolose e uccidere le persone che ci fanno temere per la nostra vita.

La soluzione arriva esigendo la comunicazione nelle scuole, nel non trovare giustificazioni all’omicidio nel matrimonio.

In breve, le soluzioni alla violenza cominciano con la riflessione e non con l’uccisione, con i due sessi che sanno come proteggersi, e non con un sesso soltanto che può permettersi di usare il governo come protettore.

DIFESA PER OMICIDI IN APPALTO… DIFENDERSI ASSALTANDO QUALCUNO.

L’OMICIDIO IN APPALTO È UN METODO PRETTAMENTE FEMMINILE?

Quando per la prima volta consultai i miei archivi per preparare questa sezione sull’omicidio in appalto, rimasi colpito da alcuni modelli affascinanti. Innanzitutto, tutte queste donne assoldavano ragazzi o uomini. In secondo luogo, il loro bersaglio era di solito il marito, l’ex marito o il padre – uomini che un tempo avevano amato. Terzo, di solito l’uomo da colpire aveva una polizza assicurativa notevolmente più elevata del suo reddito negli ultimi cinque anni. Quarto, le donne spesso non venivano mai seriamente sospettate finché qualche coincidenza non smascherava il loro complotto. Quinto, per uccidere di solito la donna sceglieva uno di questi tre metodi:

1) convinceva il fidanzato a uccidere (in stile Svengali al contrario);

2) assoldava ragazzi sfavoriti dalla sorte per cifre modeste;

3) assumeva un killer professionista, usando così, per ucciderlo, il denaro guadagnato dal marito.

«Dixie Dyson rimboccò le coperte al marito prima della sua ultima notte di sonno. Aveva predisposto tutto: un vecchio amico e un amante avrebbero fatto finta di ‘introdursi in casa scassinando la porta’, di ‘stuprarla’, uccidere il marito e ‘fuggire’. Lei avrebbe riscosso il denaro dell’assicurazione.

«All’ultimo momento il vecchio amico si ritirò, ma l’amante e Dixie riuscirono a uccidere il marito con ventisette pugnalate. Furono presi. Dixie riuscì a negoziare una riduzione della sua pena denunciando l’amante e l’amico. L’amico che si era rifiutato fu condannato a venticinque anni di carcere per complotto. »

«Deborah Ann Werner aveva diritto a un terzo delle proprietà paterne. Chiese alla figlia di trovare qualche ragazzo disposto a uccidere il padre piantandogli un coltello nel collo.»

«Diana Bogdanoff fece in modo di trovarsi con il marito in una zona appartata di una spiaggia nudista.

«Diana aveva assoldato due giovanotti che lo avrebbero ucciso mentre lei stava a guardare. Gli spararono alla testa e lei denunciò i killer, ma senza presentare giustificazioni per l’omicidio – non era stato rubato nulla e lei non aveva subito molestie sessuali.

«Diana diventò sospetta soltanto quando un anonimo si mise in contatto con la speciale linea telefonica che in tutto il territorio nazionale raccoglie denunce per fatti criminosi. Per puro caso quell’individuo aveva sentito parlare, alla radio, dell’omicidio e si era rammentato di un amico che gli aveva raccontato di essere stato contattato e di essersi rifiutato di uccidere un uomo… su una spiaggia isolata per nudisti, mentre una donna di nome Diana sarebbe stata a guardare. Senza questa segnalazione, Diana non sarebbe mai stata sospettata.»

«Roberta Pearce, insegnante, offrì 50.000 dollari a testa a due suoi studenti quindicenni – e anche sesso e una macchina – se avessero fatto una cosa sola: ucciso il marito. Roberta avrebbe ottenuto la casa per la cui proprietà lei e il marito stavano litigando, e 200.000 dollari di assicurazione.»

«Mary Kay Cassidy e il suo giovanissimo amante uccisero il marito di Mary Kay. Sebbene l’uomo avesse confidato ad amici il timore che la moglie tentasse di ucciderlo, sulla donna non furono fatte particolari indagini. Lei e il giovanissimo amante ‘piansero’ la morte del marito e per mesi continuarono la relazione, ottenendo tutta la comprensione e la simpatia degli abitanti di Monongahela, in Pennsylvania.

«Casualmente i parenti del marito, pulendo la casa, scoprirono un registratore collegato al telefono: sul nastro era incisa una conversazione tra Mary Kay e l’amante mentre stavano complottando per uccidere l’uomo. Evidentemente lui aveva cominciato a tenere sotto controllo il telefono soltanto alcune ore prima di essere ucciso, e non aveva neppure potuto ascoltare la conversazione. Soltanto quando fu messa a confronto con il nastro Mary Kay confessò.»

«Pamela Smart, un’insegnante del New Hampshire, convinse il giovanissimo amante a uccidere il marito. I due cercarono di coinvolgere nell’omicidio anche una ragazza. Quando quest’ultima consegnò alla polizia il nastro con la conversazione avuta con Pamela Smart, che stava preparando l’omicidio, la donna assunse un killer per ucciderla. Pamela non accusò mai il marito di violenze. II suo movente? Il marito era un agente delle assicurazioni. Eppure nessuno dei 500 articoli comparsi sui giornali citò come possibile movente il denaro dell’ assicurazione.

«La reazione? Fu appoggiata da un club internazionale di fan chiamato Friends of Pamela Smart. Quando organizzarono una veglia davanti alla prigione in cui era rinchiusa, i funzionari le consentirono di rivolgersi a una folla di oltre 400 persone con un telefono collegato ad altoparlanti stereo.»

Personalmente non conosco nessun esempio di club di fan a favore di un uomo che ha ucciso una donna – soprattutto una donna che mai aveva commesso una violenza contro di lui.

Forse l’aspetto più spaventoso negli omicidi su commissione eseguiti da non professionisti è il ricorso, da parte di molte di queste donne, a ragazzi assai giovani – di solito poveri e sfortunati. Queste donne, oltre a commettere un omicidio, sono anche responsabili dello stupro psicologico di un ragazzo. Qualsiasi uomo adulto, se avesse assoldato una quindicenne per uccidere la moglie, sarebbe nella cella della morte, in attesa di esecuzione. Soprattutto se con quella ragazza avesse anche fatto del sesso.

Quando invece vengono assoldati dei killer di professione, le risorse economiche necessarie per pagare un professionista implicano un’appartenenza alla classe media. Le donne che assumono dei professionisti sono spesso donne della classe media che uccidono i mariti con il denaro guadagnato da questi ultimi. Per esempio, Constantina Branco ritirò dal conto in banca del marito la somma necessaria per assoldare un uomo che lo uccidesse.

La donna povera che cosa ha in comune con la donna della classe media? Tendenzialmente nessuna delle due uccide il marito il cui stipendio la protegge, a meno che l’ammontare dell’assicurazione non superi complessivamente lo stipendio degli ultimi anni. In sostanza, queste donne non uccidono la loro fonte di reddito, ma uccidono per crearsi un reddito.

L’omicidio su commissione offre uno spunto per analizzare a fondo la differenza tra lo stile femminile e lo stile maschile adottato per uccidere persone un tempo amate. L’uomo uccide di sua mano. La donna assume un altro uomo. In genere, quando un uomo ammazza una donna, lo fa in un accesso di collera. Egli «perde il controllo.» L’omicidio su commissione è premeditato. Quando un uomo ha premeditato un delitto, spesso uccide la moglie, i figli e poi se stesso. La donna di rado si uccide.

Capita qualche volta che degli uomini assoldino dei killer per uccidere delle donne? Capita, ma poi subentra qualche ostacolo. Il killer non se la sente di uccidere una donna e denuncia alla polizia l’uomo che l’ha assoldato per farlo! (Anche il killer pagato ha un istinto protettivo quando si tratta di una donna.) Pertanto, non è che gli uomini rifiutino del tutto di usare il metodo dell’omicidio su commissione, ma quando vi ricorrono quasi invariabilmente si ritorce contro di loro.

SE ESISTESSERO DIFESE PER SOLI UOMINI, COME SAREBBERO?

Non esiste una difesa prettamente maschile per giustificare l’omicidio di una donna. Né deve esserci. Ma se ci fosse, l’equivalente maschile della «difesa al progesterone» delle donne sarebbe la «difesa al testosterone», l’equivalente della «difesa della donna innocente» sarebbe la «difesa dell’uomo razionale» – la concezione parimenti sessista che un uomo non commetterebbe un delitto se non avesse un motivo razionale per farlo; ci sarebbero difese per i padri, sindromi dell’uomo maltrattato, e speciali difese per gli oneri del ruolo maschile… per esempio, la «difesa delia guardia del corpo».

LA DIFESA DELLA GUARDIA DEL CORPO

Vi rammentate di quando il figlio di Marlon Brando, Christian, s’infuriò tanto con il ragazzo della sorellastra Cheyenne -schiaffeggiata e maltrattata – da prendere la rivoltella? Nel corpo a corpo che seguì, gli sparò e lo uccise. Disse che il colpo era partito accidentalmente.

Brando avrebbe potuto appellarsi alla «difesa della guardia del corpo»? Per quale motivo? Se una donna uccide un uomo che le ha fatto violenza e poi resta in libertà, perché mai un altro uomo non potrebbe uccidere un uomo che fa violenza a una donna e restare a sua volta in libertà?

Ecco come alle singole donne è dato più potere di uccidere che a tutto il governo degli Stati Uniti

Nel loro complesso, le dodici difese per sole donne permettono quasi a ogni donna di «eseguire una condanna a morte». Paradossalmente, consideriamo ora persino liberal favorire la donna che decreta la pena di morte e opporci al governo che ricorre alla pena capitale. Il governo non può assolutamente prima uccidere una persona e poi dichiararla colpevole di violenze: soltanto una donna può permetterselo… ai danni di un uomo. Ma forse è ancor più sorprendente il fatto che il rifiuto del giusto processo è detto «liberal» se è una donna che lo nega a un uomo, «totalitario» se qualcuno rifiuta il debito processo a una donna.

 

Fonte: Il mito del potere maschile di Warren Farrell

Offline Damocle

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Re:Il mito del potere maschile di Warren Farrell (estratto)
« Risposta #1 il: Agosto 21, 2016, 11:35:27 am »
Nota: Il libro è stato tradotto ed edito in italiano nel 1994 (1993 l'anno di uscita dell'edizione in lingua originale) dalla Frassinelli, ora è fuori catalogo, quasi introvabile anche usato. E' facilmente reperibile in lingua originale (The Myth Of Male Power) su amazon, sia nuovo che usato o come ebook: https://www.amazon.com/Myth-Male-Power-Warren-Farrell/dp/0425181448/

In ogni caso, "Il mito del potere maschile" era l'unico libro di questo autore ad essere stato tradotto in italiano, tra i suoi libri non tradotti ci sono "Women Can't Hear What Men Don't Say: Destroying Myths, Creating Love." (2000) o "Why Men Earn More: The Startling Truth Behind The Pay Gap—And What Women Can Do About It." (2005) o "Does Feminism Discriminate Against Men?: A Debate." (2008).