Nel Gennaio 2013 la blogger Emanuela Valente sul blog “In quanto donna” pubblicava le foto con tanto di nomi e cognomi, di uomini che erano stati condannati per “femminicidio”.
Noi abbiamo da subito stigmatizzato questa iniziativa (vedi qui), non solo perchè oscena ma anche perchè avevamo l’esperienza del gruppo FAS (Femmiste a Sud) di Fikasicula: con loro avevamo discusso per anni di femminicidio, loro stesse avevano un osservatorio sul femminicidio che all’inizio conteggiava solo gli omicidi di donne da parte di uomini, in seguito anche grazie alla discussione con noi decisero di conteggiare tutti gli omicidi di genere, anche quelli nei quali era la donna ad ammazzare l’uomo, la donna o il bambino.
La gogna mediatica è un piatto ghiotto per i media italioti cosicchè TG3 e Corriere della Sera riprendevano l’iniziativa nei loro servizi, con difese d’ufficio allucinanti del lavoro della Valente (vedi qui il nostro commento all’articolo di Gian Antonio Stella nel quale si parla direttamente del nostro forum e veniamo definiti “maschi inveleniti”).
Ma la Valente non si è ritenuta soddisfatta del successo della sua iniziativa: al contrario l’unica critica che ha ricevuto, la nostra appunto, l’ha mandata in bestia (invelenita verrebbe da dire).
In
generale le persone da poco reagiscono male alle critiche, se poi sono
davvero dappoco vanno a piangere dalla mamma: così ha fatto la Valente,
la quale ci ha denunciati per diffamazione e minacce (vedi qui ).
Denuncia
ovviamente del tutto infondata: per quel che riguarda la diffamazione
in udienza la Valente ha sostenuto che è diffamatorio sostenere che il
suo sito fosse misandrico. Dopo anni di confronto con le femministe
siciliane questa proprio non ce l’aspettavamo: appare evidente anche ad
un bambino che selezionare gli omicidi di genere in base al sesso della
vittima e mettere alla gogna l’assassino è uno schieramento di genere, e
che quando il sesso selezionato è solo quello maschile, l’atteggiamento
relativo in italiano si chiama, appunto, misandrico.
La
seconda accusa è ancora più incredibile. La signora dice che dopo aver
letto queste minacciose minacce “non uscivo mai dal palazzo con i
bambini”, “il giorno dopo avevo proprio un convegno in Veneto e mi ha
scortato la Polfer in borghese perchè andavo proprio nelle zone
(frequentate dal Tomaselli ndr)”. E questa minacciosa minaccia consiste
nell’offrire 500 euro a chi riuscisse “a far ragionare la Valente e a
farle chiudere il sito misandrico con le dovute scuse”? Cioè, se fai
ragionare una donna la minacci? Se una donna si scusa per un errore, lo
fa perchè altrimenti la ammazzano? Una donna non può ragionare e
convincersi di aver fatto un errore se non costretta dalla forza bruta?
Una donna è dunque del tutto insensibile alla forza della ragione,
l’unica forza alla quale noi attribuiamo (noi maschilisti oscurantisti)
il potere di far ragionare?
A questo si aggiunge il ragionamento
paradossale per il quale la Valente riteneva che il fatto che l’identità
dell’autore delle critiche di cui sopra fosse nota, dimostrasse che si
trattava di una persona senza scrupoli! Leggere per credere! Secondo il
suo ragionamento, i veri delinquenti prima di rubare o ammazzare
qualcuno, lo preannunciano sui giornali con nome, cognome e indirizzo.
Leggere per credere!
Ad ogni modo, per quanto assurde fossero le affermazioni della Valente, un qualche PM le ha ritenute degne di considerazione e il processo si è tenuto in quel di Roma.
Sulle rive del Tevere, tuttavia, le cose non sono andate come si auspicava la blogger: “condanna alla pena di mesi quattro di reclusione e 7000 euro di multa, risarcimento dei danni e nota spese”, queste le richieste del PM.
Invece abbiamo avuto l’assoluzione con formula piena perché il fatto non costituisce reato. Nella motivazione leggiamo: “Come peraltro ribadito dallo stesso imputato, numerose erano state le critiche rivolte alla Valente, evidenziando in particolare come il suo modo di agire potesse nuocere all’immagine degli uomini che, come era accaduto in più occasioni, poi erano stati ritenuti innocenti.”
Prosegue la sentenza: “Quanto alla diffamazione appare evidente come “la frase in imputazione [“farla ragionare] non appaia in grado di ledere la reputazione della donna, inserendosi in un contesto di critica e di non condivisione dell’approccio ai femminicidi, e risolvendosi al più in un invito a rivedere le proprie posizioni.
E’ chiaro come tale auspicio non abbia i connotati dell’offesa e pertanto non risulta sufficiente per integrare l’elemento oggettivo della contestata diffamazione. […]
Quanto
alla minaccia di cui al capo B, anche in questo caso non si ravvisa la
sussistenza degli elementi integrativi della fattispecie, non rinvenendosi nella frase incriminata e sottolineata dalla stessa parte offesa, alcuna prospettazione di un male ingiusto. […]
Si impone l’anticipata assoluzione.”
Di
questa assoluzione dobbiamo ringraziare certo il giudice, ma rimane un
po’ di amaro in bocca. Viaggi da Venezia a Roma, giornate di lavoro
perse, parcelle di avvocati, eccetera. Tutto perchè? Perchè tanto
denunciare non costa niente.
Ma almeno una soddisfazione ce
l’abbiamo. Dobbiamo prendere atto del fatto che sul blog della Valente
c’erano delle foto. Al momento non ci sono più, il blog è scomparso: al
suo indirizzo appare l’avviso “Sito in manutenzione”. Ci auguriamo che
si tratti di una lunga manutenzione.