Il problema delle quote rosa riguarda solo poche donne privilegiate. Così le femministe si sono ritrovate a difendere delle élites …
Per esempio: sono circondata da amici e conoscenti che hanno perso il lavoro, o che lavorano senza prospettive e sottopagati. Per nessuno di loro le nozze omosessuali sono tra le priorità più urgenti. Anche quelli che sono d’accordo le metterebbero al massimo al numero seicentotredici della lista delle cose da fare …
Comunque, lo stesso è successo con le battaglie a favore delle donne. Chiedevano il diritto al voto, allo studio, alla libertà. Cose sacrosante. A ben vedere le donne non chiedevano altro che rispetto, o forse, in fondo, quello che desidera ogni donna (e, in modo diverso, ogni uomo), cioè di essere guardate con amore. Una battaglia meravigliosa …
Un punto di vista, poi, ampio, per le donne che conosco, colleghe, amiche, mamme di amici o compagni di scuola, catechismo, sport, tutto moltiplicato per quattro figli. Inoltre ho ricevuto ormai migliaia di lettere e messaggi da lettrici dei miei libri, e il fatto di averne vendute sessantamila copie mi fa pensare che quello che scrivo sia abbastanza condiviso, almeno non solo da me e dal mio amico immaginario. Le donne di questo campione non si sentono rappresentate dalle “Se non ora quando”, non credono che la soluzione ai loro problemi sia il bonus bebè per mettere i figli al nido, né gli asili aziendali, né l’allungamento dell’orario scolastico. Perché il vero problema, quello che impedirà alle quote rosa di funzionare bene, quello che toglierà le donne migliori dal mondo del lavoro, non è il problema femminile, ma il problema della maternità. Le donne il più delle volte non vengono discriminate in quanto femmine: per esempio nel mio mondo del lavoro, il giornalismo, sono ormai la maggioranza a occhio e croce. Quello che discrimina è la difficoltà oggettiva di tenere insieme tutto, e fino a che il mondo del lavoro non diventerà a misura di figli (congedi pagati, flessibilità, telelavoro, part time obbligatorio a richiesta) le donne si tireranno indietro da sole – almeno per un periodo – quando diventeranno madri, semplicemente perché women can’t have it all…
La buona Costanza inizia bene ma finisce male.
Inizia Bene quando identifica la pressione economica delle elites dominanti nel motore del femminismo.
Finisce male quando comunque arriva a ipotizzare che le storture del mondo possano essere corrette reclamando diritti da chissà chi: congedi pagati, flessibilità, telelavoro, part time obbligatorio a richiesta (!) e via elencando (chè con un po’ di fantasia la lista si allunga) sono cose che costano. E allora la domanda è una sola: chi paga?
Perchè se il prezzo delle politiche femminili/iste lo devono pagare le donne, avranno ben poco respiro. Nel giro di poco tempo le donne ringrazieranno e si tireranno indietro.
Se lo devono pagare gli uomini, il processo di cui dice la Costanza può solo peggiorare: prima con uno stipendio si manteneva una famiglia, oggi servono due stipendi, domani ne serviranno tre.
Ma io ho sentito dire che c’è un tale che paga all’ex moglie un assegno di mantenimento giornaliero superiore a quello che la maggioranza degli italiani prende in un anno: ecco, se i diritti reclamati dalle donne li pagasse lui e la sua ex moglie, a me andrebbe bene. Ma il lauto mantenimento è una conquista della ex moglie in quanto donna, è un diritto femminile acquisito grazie alle battaglie femministe e proporzionale al posto occupato nella scala sociale. Può un diritto femminile essere messo in discussione per garantire altri diritti femminili?
Ci dica la Costanza il suo punto di vista, anche se proprio non vedo in quale altro modo si dovrebbe concludere il di lei ragionamento: se la donna patisce una ingiustizia e una discriminazione (su questo mi pare che Costanza, femministe e snoq siano d’accordo) chi altri dovrebbe risponderne se non gli uomini?
Pare strano che la Costanza sia così allineata con coloro che d’altronde acutamente critica, eppure è così. Per sganciarsi avrebbe dovuto fare ben altro ragionamento e cioè avrebbe dovuto partire dalla constatazione che noi non siamo in paradiso e ciò che ci separa da esso, ciò che fa della terra una valle di lacrime, non è un qualche complotto maschilista, ma la natura stessa delle cose. Non ha nessun senso attribuire agli uomini ogni disagio sopportato dalle donne, dalla maternità alla menopausa.
È vero che per questa strada si rischia di arrivare facilmente al quietismo para islamico: Inshallah. Ok, va bene, ma ci vuole buon senso perbacco! Ci sono tante cose che non vanno bene a questo mondo perchè alcuni traggono a sè e approfittano di ciò che è destinato a tutti. Ma ci sono anche tante cose che sono come sono e ribellarsi è stupido.
Le femministe hanno intrapreso questa china da sempre, il loro apice consiste nella negazione della predeterminazione del sesso quando ciascuno sceglie il sesso che preferisce. Bene, vadano per la loro strada e l’errore le conduca diritte al dolore, affare loro.
Ma la Costanza che del femminismo vorrebbe liberarsi, come lo può fare se non ne identifica la radice malsana?
Perciò, noi uomini, lo ripetiamo, senza acrimonia e senza voler attaccare o ferire nessuno: care donne, ci dispiace tanto che la vita con voi sia così matrigna, ma non è colpa nostra. Potremmo fare a gara a coloro i quali sono i figliastri più trascurati, ma non porterebbe da alcuna parte. Resta il fatto che, se non è colpa nostra, perchè dovremmo pagare noi?