Mi dici che bevo e divento cattivo: è sabato sera e ho lo sfratto esecutivo.
Pubblicato il 17/09/2013 da TVB
piramide
Perché se danno a me della «scimmia» penso che mi stiano dando dello stupido e se danno della «scimmia» ad un negro pensa che gli stiano dando del negro?
Questo l’interrogativo che mi attanaglia mentre sfoglio annoiato il malloppo di pagine dalla dicitura sinistra («Atti Giudiziari») che può esser sintetizzato, con quella proprietà di linguaggio tanto invisa ai giuristi molisani, in sfratto esecutivo per morosità. Ma se c’è una cosa che ho imparato dalle tragedie che costellano l’arco doloroso di quella che i monoteisti amano definire “vita terrena”, è che è inutile piangere versandosi il latte in testa, e così inizio a prepararmi ad una battaglia legale estremamente complessa e giocata sul filo del rasoio (rivolgermi all’avvocato più quotato dai disperati del mio palazzo oppure lanciare sampietrini dalla finestra declamando una quarta di copertina di John Grisham), ed al suo esito in stile prettamente Europeo (la sconfitta).
Allora muggisco come Benjamin Compson.
Esco per le strade fantasma, nella desolazione completa, dove gli unici suoni sono le bottiglie che si sfiorano ed il frinire delle cicale, e l’unica presenza quella, impalpabile, di Kikka & Ketty, che stanno colonizzando l’architettura del quartiere con la loro strabiliante amicizia – ed ogni muro, ogni saracinesca, ogni furgone abbandonato è lì rimarcare che Kikka & Ketty sono le mejo, che sono le + fike, che sono amike 4 ever, che hanno alzato coppe da Bressanone a Modica, Kikka & Ketty solo lame, Kikka e Ketty ed il loro orologio fermo sempre e solo sulle 13:12, mentre in me si fa largo la consapevolezza che la mia vita somiglia troppo ad un filmato analogico di un cane che salta su un tappeto elastico mandato in onda da Paperissima con relativo doppiaggio romanesco fuori sincrono e forse ora sarebbe il momento giusto per fare un bilancio della mia esistenza, ma poi evito accuratamente la cosa, perché tanto finirebbe come a scuola, quando le valutazioni tendevano sempre, inesorabilmente, alla gag principe de I Ragazzi della Terza C («Sacchi? Grande Serbia»), e preferisco dunque concentrarmi su ulteriori interrogativi esistenziali, tipo: perché se lanci delle banane a me ringrazio e faccio pranzo e se lanci delle banane a un negro quello ti denuncia?
Allora piango come Benjamin Compson.
Il grande colpo di scena è che l’avvocato più quotato dai disperati del mio palazzo, oltre ad essere un nano acondroplastico travestito da De Niro in Angel Heart (spoiler: De Niro è Lucifero), è un coglione. Uno che ti risponde serafico: «paga».
«Io non ho ricevuto nessuna comunicazione in merito», dico.
«Qui ci sono dieci pagine di fotocopie di raccomandate.»
«Sì ma io non le ho ritirate.»
«Scusi, non hanno provato a recapitarle?»
«Non lo so, qui non si apre a nessuno.»
«Perché?»
«Recupero crediti.»
«Certo, stando così le cose…»
«Ha mica un libro di John Grisham?»
«Ehm, no. L’ascensore è in fondo?»
«Scusa come cazzo sei salito allora?»
Ma io dico, ma se la gente cominciasse a pagare affitti e finanziarie, ma dove cazzo finirebbe ‘sto paese? Ma ti pare che uno deve pagare pure per avere una cucina in cui piangere? Ma che cazzo di pretese ha ‘sta gente?
Con il mondo mi vendico dunque nei modi più meschini, tipo facendo altri spoiler (I soliti sospetti – Keyser Söze è Kevin Spacey, Sons of Anarchy, Stagione 6 - Tara si suicida, Indovina chi viene a cena? – un negro), perché sai chi altro vuole essere pagato, ora?
(spoiler:)
Lucifero.
Mi aspetta un bel weekend di merda, credo.
Allora stringo il cuscino come Benjamin Compson.
Le lunghe riflessioni a questo punto sono inevitabili e brutali interrogativi sul futuro mi assalgono, e alla fine realizzo che la mia unica ambizione è quella di diventare un ospite in studio a La Malaeducaxxxion, che non mi frega un cazzo di niente se non di partecipare alle loro discussioni creepy, prendere parte alla mitomania imperante, discorrere di fregna in linguaggi astrusi, rispondere alle loro domande imbarazzanti.
(«Cosa pensi mentre stai per raggiungere l’orgasmo?»
«Odio Liverpool.»
«Qual è la tua fantasia erotica? Intendo qualcosa di particolare…»
«Uhm, ok, lei sta suonando il piano. Lei è Nigella. Io arrivo indossando una camicia da notte da bambina. Lei smette di suonare. Io la indico. Lei mi sorride. Le dico “tu morirai” e le piscio addosso.»
«Altro? Che non includa Nigella, intendo.»
«Uhm… ok, io e lei stiamo facendo dolcemente l’amore. Lei è Nigella. Le tocco una… il seno e assumo un’espressione turbata.»
«E poi?»
«Beh, poi mi chiede che c’è che non va.»
«Eh.»
«Beh, poi le dico che ho trovato un linfonodo.»
«Perché?»
«Perché un attimo prima è lì che magari sta per venire, e l’attimo dopo, bam!, pensa che ha il cancro al seno.»
«Perché dovresti fare una cosa del genere?»
«Perché in questo programma dovete trasformare le scopate in lezioni di vita, e questa è la mia lezione: il massimo a cui un uomo può ambire nella sua esistenza è prendere parte alla costruzione di una piramide, ossia un ciclopico, ermetico monumento alla morte e all’immortalità del proprio sovrano.»
«Ooook…. penso sia meglio passare a Sookie, che ci hai detto, Sookie, che tu riesci a provare piacere soltanto con cazzi morti o di licantropi, spiegaci un po’…»)
Ed eccoci di nuovo nelle strade, le strade di Kikka & Ketty, le strade dove siamo cresciuti, con la Peroni in mano e Jesus’ Tod nel cuore, e passi davanti ad una vecchia che tossisce, sputa, ed hanno aperto un’altra SNAI e lì fuori un vecchio al telefono che urla qualcosa sul rivolgersi ad un avvocato pure lui, gesticolando, con quattro gratta e vinci in mano, e poi un altro vecchio incollato ad un Postamat che ha scambiato per un videopoker, e tra una SNAI e l’altra i bar, e ogni bar con la sua cricca di ubriaconi che si smezzano Peroni sotto le svastiche di Kikka & Ketty e non esistono ufficiali giudiziari e guardie che possono mandarci via da qui perché siamo le + fike e odiamo Liverpool e ci piacciono solo le cucine e gli incendi e le piramidi che custodiscono in eterno i segreti della Morte.
Allora mi ubriaco e guardo il fuoco come Benjamin Compson, e Benjamin Compson è il senso ultimo di quella che i monoteisti amano definire “vita terrena”, ovvero che perderemo chi e cosa amiamo ma non perderemo nulla perché di chi e cosa amiamo ricorderemo solo la perdita, e la luce del fuoco avrà «sempre la stessa forma raggiante del sonno».
La birra è finita ma c’è ancora un po’ di latte, e anche se è inutile sappiamo cosa fare.