Autore Topic: Silvio Altarelli : Il Femminismo del Gender e le istituzioni internazionali .  (Letto 838 volte)

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Il Femminismo del Gender e le istituzioni internazionali. di Silvio Altarelli
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Il Femminismo del Gender e le istituzioni internazionali. di Silvio Altarelli
09/02/2014 - 17.03
Non è raro leggere sulla stampa che l’ONU sarebbe contro il condiviso, oppure che l’ONU adotti un'atteggiamento distaccato sul problema della protezione dei bambini dall’alienazione genitoriale, oppure ancora che il c.d. femminicidio sia un crimine di stato. 
A dirlo sono le organizzazioni femministe impiantatesi nell’ONU come parte di un fenomeno più ampio, e cioè settori significativi dell’ONU e di altre organizzazioni internazionali che hanno adottato l’ideologia del gender.
Molte delle femministe dietro a questa ideologia sono passate per ospedali psichiatrici, si sono espresse a favore della pedofilia omosessuale, alcune hanno tentato di ammazzare uomini.
Come è possibile che il loro pensiero si sia impiantato in organizzazioni internazionali che producono convenzioni ratificate da paesi come l’Italia?
È un effetto secondario della situazione degli anni 60-70. Erano anni in cui si temeva che il boom demografico diventasse incontrollabile, in cui avevano credito previsioni catastrofiste sul prossimo esaurirsi delle risorse planetarie.
Lo studio più noto è il “Rapporto sui limiti dello sviluppo” (1972): crisi delle risorse non rinnovabili, crisi petrolifera, crisi dell’inquinamento, crisi alimentare, crisi da erosione, crisi da costi, crisi multipla. La dittatura cinese impose l’aborto di stato. Nelle democrazie occorreva agire in modo diverso. In anni di guerra fredda fra capitalismo e comunismo, anni in cui malumori estremisti si diffondevano nei paesi occidentali, la paura era anche che la proliferazione incontrollata del proletariato potesse portare alla povertà diffusa ed all’espandersi delle dittature comuniste. Ripetendo la strategia dell’industria del tabacco, che aveva convinto le donne che fumare era un modo di affermare la loro libertà, il capitalismo fece piovere valanghe di sovvenzioni sulle femministe peggiori: quelle che vedono la maternità come un un orrore, quelle che odiano gli uomini e la famiglia e vogliono abortire i bambini.
Bisognava convincere le donne che abortire i figli è un modo di affermare la loro libertà. La prima cattedra USA di “studi femministi” fu finanziata dalla fondazione Ford, seguita negli anni dalle fondazioni Rockfeller, Carnegie, Turner, McArthur, Bush, Gates, Kellogg, Hitachi, Soros e molte altre. Cristina Hoff Sommers nel libro «Chi ha rubato il femminismo?» racconta come questo femminismo dell’odio e della menzogna proliferò grazie agli enormi fondi ricevuti, e soppiantò il femminismo buono che si estinse: «Il femminismo dell’eguaglianza è semplicemente il credere all’eguaglianza morale e legale dei due sessi. Vuole per le donne e per tutti: trattamento giusto, nessuna discriminazione. Il femminismo del gender è una ideologia che pretende di coprire tutto, sostenendo che la donna è oppressa da un sistema patriarcale». La Sommers chiama “Femminismo del gender” quello cattivo. Il nome è corretto, in quanto tale femminismo segue l’ideologia “del gender”.
Oggi questo femminismo cattivo viene più frequentemente chiamato “nazi-femminismo”, o semplicemente “femminismo” visto che è l’unico che è rimasto. Il femminismo del gender ebbe fondi e porte aperte per impiantare la sua ideologia nelle cattedrali del potere internazionale. La storia di tale processo è stata ricostruita dal Giudice Francisco Serrano Castro nel libro «La dittatura di genere», da cui estraiamo ampi stralci.
Nel 1975 in Messico venne organizzata la “Prima Conferenza Mondiale sulla Donna” per aprire l’ONU alle organizzazioni femministe: venne fondato l’UNIFEM (Fondo di Sviluppo Nazioni Unite per la Donna) e l’INSTRAW (Istituto Internazionale per la Promozione della Donna).
Nel dicembre 1979 venne fondato il CEDAW. Nella sua fase iniziale vi furono guerre interne fra le femministe occidentali che volevano usarlo per «modificare i comportamenti socio-culturali stereotipati di donne e uomini» e le donne che volevano «maternità come funzione sociale e il riconoscimento delle responsabilità comuni di donne e uomini nell’educazione dei figli». La guerra fu vinta dalle femministe, che alla terza conferenza del 1985 a Nairobi eliminarono le frasi sulla famiglia e ridefinirono la maternità come diritto individuale della donna.
Nella guerra fredda il mondo occidentale ha finanziato dittature militari o religiose in funzione anti-comunista. Fanatici dell’odio sfuggiti al controllo, come Osama Bin Laden e Saddam Hussein, sono stati poi fermati. Il femminismo è un’altro di questi fanatismi finanziati e andato fuori controllo. Infatti, finanziando il femminismo, il capitalismo ottenne anche di sviare pericolosi estremisti dalla lotta di classe alla lotta di genere, avviando il percorso di addomesticamento che ha portato alla sinistra attuale.
Il grande evento in tal senso fu l’improvvisa caduta delle dittature comuniste e la fine della guerra fredda. Per i dirigenti socialisti/comunisti occidentali fu come la fine del mondo. Amavano le comodità ed i privilegi del potere economico capitalista, ma non era più possibile continuare ad essere leader di una lotta di classe. Tante persone intolleranti, ideologiche e propense all’odio si ritrovarono senza una causa e senza un lavoro. Alcuni si riciclarono nell’ambientalismo, inquinandolo con la pianificazione economica.
Altri nell’anti-razzismo, trasformandolo in odiosa political correctness. Altri ancora ripiegarono sulle rivendicazioni del femminismo appoggiandosi a Friederich Engels per trasformarlo in “femminismo socialista”: “Il primo antagonismo di classe della storia coincide con lo sviluppo dell’antagonismo fra uomo e donna, uniti nel matrimonio monogamo, e la prima oppressione di una classe sull’altra, quella del sesso femminile ad opera di quello maschile” Friederich Engels, “Origine di famiglia, proprietà, stato” L’ideologia del gender è l’ideologia Marxista riscritta levando i lavoratori dal ruolo di classe sottomessa e mettendo al loro posto la donna. Attribuirono al genere femminile una superiorità morale e un carattere permanente di “vittima” dovuto all’“oppressione patriarcale e storica subita”.
“Per eliminare le classi sessuali si richiede che la classe sottomessa (le donne) facciano una rivoluzione e si approprino del controllo della riproduzione” Shulamith Firestone, La Dialettica del Sesso Femministe occidentali sostenute dal capitalismo venivano promosse in posti di potere nella burocrazia internazionale solo perché erano donne e va di moda la quota rosa.
Dentro l’ONU degli uomini, che si occupa di conflitti internazionali, nacque una entità separata (ignorata dagli uomini in quanto “roba da donne”) e costituita solo apparentemente da donne. Che in realtà sono femministe dedite alla lotta politica contro gli uomini secondo i metodi del comunismo: la falsificazione totale della realtà per piegarla alla loro folle ideologia della “violenza di genere”. Fingendo di combattere il sessismo ed i ruoli di genere, hanno sfruttato il ruolo di genere dell’uomo come protettore della donna per far passare leggi sessiste contro gli uomini.
E così il 20/12/1993 l’assemblea generale delle Nazioni Unite cadde nell’ideologia femminista, adottando la falsa dottrina secondo cui «la violenza sulle donne è una manifestazione di relazioni di potere storicamente diseguali … è uno dei meccanismi sociali fondamentali con cui si forza la donna in una situazione di subordinazione … per violenza contro la donna si intende ogni atto di violenza che causi o possa causare un danno fisico, sessuale, psicologico».
Non sono più deliri di una odiatrice di uomini, ma documenti internazionali che hanno portato ad assurde condanne di uomini. Un uomo spagnolo che aveva scoreggiato davanti alla moglie è stato denunciato e condannato: la scoreggia “può causare un danno psicologico” come scrive l’ONU, quindi è stata considerata “violenza di genere”. Al di là di questo caso estremo da barzelletta, è il principio che ha portato a condanne ed incarcerazioni di uomini calunniati.
Tutto è violenza di genere. L’ONU capitolò al femminismo del gender nel corso della più polemica conferenza mondiale mai vista, tenutasi a Pechino nel 1995 su “Eguaglianza, sviluppo e pace”. Le delegate dei paesi capitalisti, adepte dell’ideologia del gender, non parlavano di eguaglianza, né di sviluppo, né di pace: per loro il diritto che doveva essere garantito era l’aborto! Le delegate dei paesi in via di sviluppo protestarono: «Non è una conferenza per fare una rivoluzione sessuale. Se le europee vogliono parlare di questo, organizzino un’altra conferenza».
Quando le femministe occidentali vollero introdurre nei documenti ONU l’ideologia del gender, la maggioranza delle delegazioni si opposero. Vinsero le femministe occidentali con il metodo del vittimismo calunnioso: «le richieste di numerosi stati membri di evitare il termine “genere” rimpiazzandolo con “sesso” è un tentativo insultante e degradante di negare i diritti della donna di intimidirci». Davanti a questa falsa accusa, nessuno ebbe il coraggio di opporsi.
D’altronde è solo roba da donne: il tipico politico o funzionario illuminato considera giusto che abbiano i loro grassi stipendi e che giochino a fare qualcosa, ma si dedica a cose serie come i conflitti internazionali senza prestare attenzione a dettagli come scrivere “genere” invece di “sesso”. Dopo il nazismo abbiamo gli anticorpi per prevenire quel tipo di pericoli: basta una dichiarazione razzista di un politico e l’ONU si attiva. Senza notare che nel frattempo si stava installando indisturbato dentro l’ONU il femminismo del gender: una ideologia dell’odio basata non sulla razza ma sul sesso. Da quel momento è partito un vero e proprio assalto alle istituzioni internazionali da parte del femminismo del gender: via ogni sostegno alla famiglia ed alla maternità, migliaia di miliardi spesi per promuovere l’aborto (venduto come difesa contro la “violenza di genere”), la “confidenzialità” (cioè le bambine possono abortire all’insaputa dei genitori), un proliferare di organismi internazionali femministi (GEAR, DAW, OSAGI, UN WOMEN…).
L’ONU e molte organizzazioni umanitarie vengono usati per imporre nei paesi poveri, che già hanno gravi problemi, l’ideologia femminista del gender. A tal fine i soldi dei paesi occidentali vengono usati come strumento di ingegneria sociale sessista: pozzi in Africa solo per donne, lavori per donne afgane per “liberarle” dai mariti, fondi per trasformare carceri per sole donne in luoghi accoglienti… Addirittura discriminazioni fra bambini: Terres des Hommes ha lanciato la campagna “InDifesa” solo per le bambine; l’ONU ha indotto la giornata internazionale delle bambine, con lo slogan “L’innocenza dell’infanzia rosa merita dei diritti”.
Cercando il termine “gender” sul sito web della Banca Mondiale si trovano 31932 contratti e 1484 accordi di credito: soldi nostri prestati a paesi del terzo mondo, in maniera di forzarli ad adottare politiche di genere. Avendo fatto mettere la parola magica “gender” in trattati internazionali, alle organizzazioni femministe basta scrivere «Mezzi di genere per l’acqua-coltura in Cambogia» per ottenere fondi usati per promuovere la propria ideologia, non per insegnare l’allevamento dei pesci.
Addirittura, l’ONU sfrutta i disastri naturali, in base al principio che “il controllo della donna sulla risorse in seguito ai disastri fornisce potere alla donna”. [United Nations Department of Economic and Social Affairs, Division for the Advancement of Women]. Ad esempio, dopo il terremoto di Haiti, l’ONU distribuiva cibo solo alle donne. Sicuramente gran parte delle donne usano con responsabilità il potere di vita e di morte sugli uomini che le femministe dell’ONU mettono nelle loro mani. Anche così, un uomo senza una parente donna può crepare di fame: Johnny Sanon Stevenson chiede “e io? Non mi hanno dato nulla. Ho bisogno di cibo”. E ancora, dopo l’uragano Mitch (il più mortale uragano Atlantico del secolo che nel 1998 aveva devastato il centro-America uccidendo quasi 20 mila persone), il cibo veniva dato alle donne, mentre gli uomini venivano messi al lavoro per ricostruire le case, la cui proprietà veniva però poi intestata alle donne. Sarah Henshaw (World Food Program) testimonia che questo ha creato tensioni: “molti uomini dicevano che il loro salario veniva dato alle donne e non capivano perché”, commentando che focalizzare gli aiuti solo sulle donne ha un impatto negativo sulla comunità.
Alexandra Cohen, che ha rappresentato il Belgio presso l’ONU, indignata ha denunciato i meccanismi con cui le femministe usano l’ONU per imporre la propria ideologia. La Cohen narra che a queste riunioni in realtà partecipano una “pletora di istituiti per le pari opportunità ed organizzazioni, tutte mantenute e che non rendono conto a nessuno. Nel nome dell’impadronimento del potere della donna erano primariamente preoccupate per la continuazione dell’attenzione e dei fondi per le proprie attività”. [The Brussels Journal, 22/3/2010]. Nel 2000 le femministe del CEDAW hanno attaccato la Bielorussia: “il CEDAW lamenta il perdurare di stereotipi di genere e la reintroduzione di simboli come la Festa della Mamma”. Simili attacchi sono poi toccati all’Armenia ed al Lussemburgo.
In questa guerra femminista contro la mamma che invece di lavorare si prende cura dei figli, la Slovacchia è stata accusata perché “solo il 30% dei bambini vanno all’asilo”. L’Austria è stata chiamata ad includere “la teoria del gender e la ricerca femminista nelle università”. Due delegate CEDAW vengono etichettate su numerosi siti internet dei loro paesi come “nazi-femministe”: la delegata indiana e quella isrealiana. La Coalizione per i Bambini e le Famiglie ha presentato questa formale richiesta di impeachment nei confronti della delegata israeliana: «lavora per ridicolizzare gli uomini, perpetuare stereotipi sessisti, privare i bambini dei loro papà, ridurre i papà a visitatori un’ora a settimana [...] è una delle più vocali oppositrici dell’affido condiviso. Attivamente invita ad usare i bambini per estorcere denaro dai padri. [...] Non ha problemi ad invitare le donne ad impedire i contatti con i papà come ricatto per ottenere più mantenimenti. Sostiene che il matrimonio è oppressione contro le donne che devono divorziare per “ottenere potere” e godere dei mantenimenti degli ex. [...] Incoraggia le donne a fare false accuse di violenza domestica. Per il bene di decine di migliaia di bambini privati dei loro papà – che questa femminista conta come “vittorie” – vi chiediamo di porre termine al suo incarico.»
Tale denuncia è stato apparentemente ignorata dall’avvocata Rashida Manjoo, relatrice CEDAW, nota per aver così attaccato l’Italia: «Femmicidio e femminicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni … Ulteriore violenza perpetuata contro le donne è il regime dell’affidamento condiviso in seguito alla dissoluzione del matrimonio».
Un paese serio la avrebbe sbattuta fuori annullando la ratifica della convenzione CEDAW. D’altronde non ratificare il CEDAW è stata la scelta degli USA, grazie alle Concerned Women for America che avevano avvertito del pericolo: «CEDAW smantella la famiglia e obbliga le donne a modellarsi all’ideale del femminismo globale» e grazie alle femministe di NOW che scrivevano esplicitamente: “Femministe prendiamoci il CEDAW nelle nostre mani”.

Fonte: http://it.avoiceformen.com/nazi-femminismo/come-il-femminismo-si-e-impadronito-delle-istituzioni-internazionali/

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