VND,
Condivido appieno il tuo intervento.
Lo stato ("esse" minuscola) è l'unico che può arrogarsi il diritto di usare la forza in quanto ad esso è deputata la funzione di amministrare giustizia. Cioè, l'uso esclusivo della forza, non è un diritto che discende per investitura divina.
Giurisprudenzialmente è quindi un contratto sociale tra i cittadini e lo stato.
Ma qualora lo stato cessi la sua funzione di amministrare giustizia (in qualsiasi modo esso avvenga), il contratto perde la sua efficacia venendo meno il suo presupposto fondante che, APPUNTO, è quello di amministrare giustizia, e con esso arrogarsi l'uso esclusivo della forza (vabbè, scritto in termini molto semplicistici, ma è per dare il senso).
Bisogna però spezzare una lancia in favore degli agenti. La loro, NON INFREQUENTE, inadeguatezza se può essere imputata
nel caso specifico alla singola persona, nel contesto generale va imputata ESCLUSIVAMENTE ai quadri di selezione e formazione del personale ASSOLUTAMENTE INCAPACE di far assimilare alla forza operante il concetto che il loro agire è quello dello stato, perciò commisurato, proporzionato e modulato, e non un loro potere personale soggetto ad umoralitÃ
simil-uterine.
E' nella dirigenza che va posto rimedio, non nei sottoposti che altra scelta non hanno che "adeguarsi" agli "usi e consuetudini",
proprio perchè sottoposti e quindi elemento più debole.
Ed proprio questa inadeguatezza dirigenziale che squalifica gli elementi che invece sarebbero degni di nota positiva (la maggioranza) e non permette che venga assegnata "più libertà di mano" laddove proprio occorre, è necessario ed anzi indispensabile.
Il risultato è che abbiamo spesso una polizia con le "mani legate" laddove occorra veramente avere più "libertà di mano",
appiattendo tutto verso il livello dei più "bassi", ottima scorciatoia per liberarsi da ogni responsabilità dirigenziale.