Non sono da giustificare, però non siamo tutti uguali e di maniaci e pervertiti ce ne sono fin troppi al giorno d'oggi. Se qualcuno diventa come il maniaco di Firenze, non venissero a romperci i coglioni dicendo che tutti gli uomini sono uguali! Primo perchè NON E' VERO, secondo perchè se noi uomini siamo tutti cosi', allora è altrettanto vero che le donne sono tutte baldracche (queste minorenni lo dimostrano in maniera INEQUIVOCABILE), terzo perchè se la sono voluta!
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http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/squillo_minorenni_prostituivano_droga_roma_ladispoli/notizie/681842.shtmlNuovo scandalo di baby squillo. Tre minorenni si prostituivano per comprarsi la drogaNuovo caso baby squillo, scoperto un altro giro. L’inchiesta a una svolta: tre minorenni per mesi sul marciapiede in cerca di uomini a cui vendersi per una paghetta, ma anche per la droga. Le ragazzine di Ladispoli spiegano perché l’hanno fatto e forse continuano a farlo: «Non ho i soldi per andare in discoteca», «non ho la paghetta», «non posso comprare il cellulare». Cose così, «tanto, chi se ne frega!», tagliano corto come se la storia non fosse la loro. Del caso è a conoscenza il tribunale dei Minori. Gli investigatori avrebbero tra le mani una lista dei clienti più o meno abituali delle ragazzine e sarebbero sulle tracce di un’organizzazione dedita all’induzione e allo sfruttamento della prostituzione minorile oltre che allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Una birra al bar della stazione, a volte bastava così poco. Qualche euro, quasi un’elemosina, ma lei non chiedeva altro, il cliente s’allontanava e la ragazzina tornava in strada, gli occhi pesanti di trucco per non tradire l’età. Avanti il prossimo, un altro e un altro ancora, salire e scendere dalle macchine o appartarsi in un angolo del parcheggio. A volte bastava la ricarica per il cellulare o un po’ di droga, a volte chiedevano soldi, mai più di qualche decina di euro. Lei e le sue due amiche, tra i 15 e 16 anni, per mesi sul marciapiede in cerca di uomini a cui vendersi per poco più di niente. Le baby squillo di Ladispoli spiegano perché l’hanno fatto e forse continuano a farlo: «non ho i soldi per andare i discoteca», «non ho la paghetta», «non posso comprare il cellulare». Cose così, «tanto, chi se ne frega!», tagliano corto come se la storia non fosse la loro. Del caso è conoscenza il tribunale dei Minori, la Procura di Roma avrebbe aperto un fascicolo al momento contro ignoti, l’indagine è affidata ai carabinieri di Ladispoli. Gli investigatori avrebbero tra le mani una lista dei clienti più o meno abituali delle ragazzine e sarebbero sulle tracce di un’organizzazione dedita all’induzione e allo sfruttamento della prostituzione minorile oltre che allo spaccio di sostanze stupefacenti in un territorio vasto, tra Ladispoli, Cerveteri, Campo di Mare e Civitavecchia.
L’INCHIESTA
Tutto comincia nell’autunno scorso e non è detto che sia finito. A far partire l’indagine è la mamma di una delle tre ragazzine (due hanno 15 anni e l’altra 16). È preoccupata perché la figlia ha una vita da grande, entra ed esce quando vuole, a volte torna ubriaca e alte volte non torna proprio. Finché un giorno Paola (tutti i nomi sono di fantasia) scompare. Ma qualcosa già si sospettava, erano stati i servizi sociali a segnalare alle forze dell’ordine e al sindaco di Ladispoli Crescenzo Paliotta «comportamenti ad alto rischio tra minori che utilizzano il proprio corpo in cambio di soldi, ricariche telefoniche, droghe». L’allarme delle assistenti sociali era scattato in seguito ad alcune segnalazioni di un istituto scolastico.
DRAMMA IN FAMIGLIA
Paola, Deborah, Silvia si sono conosciute a scuola, in due l’hanno già lasciata. Hanno famiglie fragili, una di loro - Deborah - non ce l’ha affatto, abbandonata in una casa famiglia a cinque anni. Un’altra è figlia di separati, la madre ha un altro compagno e una nuova vita e a lei non riesce a star dietro, troppa libertà e troppa solitudine per un’adolescente. Ignorate e povere. Diventano amiche e dividono pomeriggi vuoti a raccontarsi quello che non hanno e non possono nemmeno chiedere, tanto soldi in casa non ce ne sono, e nemmeno parole. Cominciano con internet, su Facebook hanno profili con nomi d’arte, foto e frasi che suonano anche come richieste d’aiuto, «ho visto amici trasformarsi in infami», scrive Deborah. Piercing, tatuaggi, tagli di capelli asimmetrici, come vanno adesso, labbra laccate di rosso e sguardi segnati dal nero dell’eye-liner. Non ci sono borse griffate, letti o appartamenti, in questa storia, come per le baby-squillo dei Parioli.
Arrivano i primi clienti, con il passaparola il giro si allarga. Prendono contatti sul social-network, a volte aspettano anche in strada. Le tre amiche si vendono per pochi euro: nei parcheggi, in macchina, nei bagni della discoteca o all’uscita dei locali, nel piazzale della stazione ferroviaria. Agli incontri si presentano sballate, prendono la droga per rendere tutto più facile e lontano. «Tanto che importa!», rispondono loro, e si danno via anche per una birra.