Estratto:
1.2 Il movimento femminista sponsorizza il gender
Il termine genere è nato nell’ambito della sessuologia ma è stato
divulgato con il femminismo. Il movimento femminista non è stato
infatti un blocco monolitico, bensì un terreno fertile attraverso il
quale hanno avuto corso diverse battaglie. Si possono osservare tre
fasi, corrispondenti ad alcune date storicamente significative:
– 1848: anno di grandi trasformazioni: moti carbonari e insurrezioni
in tutta Europa;
– 1968: anno che inaugura le proteste studentesche e la cosiddetta
“rivoluzione sessuale”;
– 1989: anno dell’abbattimento del muro di Berlino e fine della
Guerra Fredda.
La prima fase del movimento, detta anche femminismo emancipatorio,
si batteva per l’uguaglianza e la conquista di pari diritti civili
da parte delle donne; si costituisce formalmente nella seconda metà
dell’Ottocento, anche se le sue basi risalgano all’Illuminismo e alla
Rivoluzione Francese.
Il passaggio dalle suffragette alla rivoluzione sessuale avviene durante
le contestazioni del Sessantotto, quando le donne hanno iniziato
a mettere pantaloni e jeans cercando di omologarsi anche nell’abbigliamento
al modello maschile. Simone de Beauvoir in Secondo Sesso,
ancora nel 1949, tracciava un manifesto su come farsi spazio in
un mondo maschilista. La seconda ondata del movimento femminista
aveva infatti l’obiettivo di eliminare l’ostacolo della maternità
per avere pari possibilità di carriera e di lavoro rispetto agli uomini;
è così che in vari paesi vengono portate avanti leggi e misure per la
legalizzazione del divorzio e dell’aborto. Negli anni ottanta si sviluppa
il “pensiero della differenza”, un filone filosofico interno al
movimento femminista che si rifaceva ai contributi di Luce Irigaray.
Il dibattito in quegli anni ruotava intorno all’amletica domanda:
uguali o diverse?
Negli anni Novanta Judith Butler inaugura una nuova stagione del
femminismo, criticando alle precedenti teorizzazioni di Beauvoir e
Irigaray l’errore di aver ri-confermato di fatto la differenza binaria.
è quest’ultima ad entrare nel mirino: le femministe secondo Butler
dovrebbero scegliere orientamenti di genere non conformi, il lesbismo
per esempio, per spezzare il dominio maschile stabilito dalla
“società eteronormativa”. Il femminismo post-moderno in questo
senso porta a compimento la battaglia iniziale contro gli ostacoli
biologici (come la maternità) che – a detta delle attiviste – discriminano
la donna. La lotta di classe si trasforma in lotta di genere
contro le strutture di potere stabilite dal desiderio sessuale a cui occorrerebbe
ribellarsi con scelte identitarie alternative che si rifanno
al un nuovo paradigma queer. Affrontiamo questi passaggi più nello
specifico: dalla costruzione alla decostruzione del genere.