Fonte :
http://www.agerecontra.it/public/press40/?p=7668Boldrini Laura insopportabile comunistona al caviale superscortata
Segnalazione di Maurizio-G. Ruggiero
boldriniLa scorta della Boldrini ci costa un milione l’anno Ecco quanto spendiamo per il piccolo esercito che vigila sulla «Regina della Camera»
È la donna più scortata d’Italia, quindi d’Europa e, forse, del mondo. Un paradosso per chi, subito dopo la sua elezione alla terza carica dello Stato, aveva dichiarato lapidaria: «Ho chiesto di non avere la scorta. Non ho paura di camminare per Roma. Non ho paura di andare da casa in ufficio.
Può accadere qualsiasi cosa in qualsiasi momento, ma questo vale per chiunque». Lei, evidentemente, non è «chiunque». E ha cambiato presto idea. Quattro mesi dopo, infatti, Laura Boldrini aveva a sua disposizione l’apparato di sicurezza più massiccio mai visto prima nella «felice Penisola delle auto blu». Ai 12 poliziotti che le fanno da scorta, si devono aggiungere gli 11 del posto fisso sotto la sua abitazione. E il sistema di protezione si estende al compagno e, quando si trova nel Belpaese, alla figlia che studia all’estero. Facendo un calcolo per difetto, il tutto costa allo Stato, cioè a noi contribuenti, un milione e centomila euro l’anno.
Vediamo come, stando al computo dei sindacati di polizia. La presidente dei deputati dispone di 12 uomini (10 agenti e 2 ispettori divisi per turno), che la seguono ovunque. Gli angeli custodi si muovono su auto blindate (sei Audi6 parliamo di quasi 400 mila euro a macchina) oppure «ordinarie» (e scendiamo a 150 mila), beneficiano di «indennità Camera» e, quando necessario, vanno in missione con la loro «protetta», di conseguenza dormono in albergo e pranzano al ristorante. In totale, quindi, «stralciando» vitto e alloggio durante le trasferte, il costo di questo personale supera i 948 mila euro in 12 mesi. Ma non basta. La «Papessa» Boldrini, come la definisce Travaglio, a differenza di molti suoi predecessori, non ha voluto usufruire dell’alloggio a Montecitorio e risiede nella sua abitazione di Trastevere, dove c’è un posto fisso di controllo. Si tratta di due agenti per ogni turno di 6 ore e 40 minuti, quindi 10 nel giro delle 24, ai quali se ne aggiunge uno di notte. La somma fa 23, che moltiplicato per 41 mila euro annuali tra stipendi lordi, straordinari, superfestivi, servizi esterni, domeniche e indennità, ci fa arrivare a quasi un milione di euro l’anno (948.290). Per non contare i quattro agenti della Polstrada che si occupano dei cosiddetti «anticipi», i servizi di «staffetta viabilità» che consentono al corteo su ruote di spostarsi.
Tutto qui? Neanche per idea, visto che (anche questo un fatto inedito) a disporre di scorte sono anche il compagno e la figlia dell’ex portavoce Unhcr. Lui ha quattro uomini a disposizione da metà marzo; lei altri quattro da metà aprile. Quelli dell’uomo sono in forza ogni giorno del mese e ci costano circa 140.000 euro annuali. Quelli della ragazza, che studia in Inghilterra, si «mobilitano» solo quando torna a trovare la madre, quindi per un paio di mesi l’anno. Il che fa all’incirca 24.000 euro. Fino a qualche tempo fa, inoltre, sei agenti della polizia postale erano distaccati a Montecitorio per vigilare sugli attacchi cibernetici alla «presidentissima», molto sensibile (per usare un eufemismo) al sarcasmo online.
La Laura più scortata del pianeta, dunque, può disporre di 27 uomini, senza contare il quartetto full time del «fidanzato» e l’altro part time della figlia ventenne. Un piccolo esercito, tenendo presente che il commissariato di Genzano ha in forza 37 uomini e quello di Porta Pia non arriva a 40. Infine, c’è un «operatore» che deve provvedere alla «logistica», cioè elaborare un piano di turni, ferie, sostituzioni-malattia e spostamenti vari. E sono altri euro che se ne vanno. Un sacco di soldi, insomma. Senza dimenticare l’incidenza di missioni, vacanze, in una parola tutti i movimenti privati o istituzionali in Italia o all’estero della presidente. Certo, la Boldrini ha ricevuto molte minacce ed è comprensibile che tema per sé e per i propri cari, tanto è vero che, almeno in due occasioni, ha chiesto ad un agente (donna, ovviamente) di passare la notte a casa sua. Certo, chi rappresenta lo Stato deve essere tutelato. E, come ha detto lei, offesa per la polemica, «l’auto blindata mi è stata imposta dopo la sparatorio davanti a Palazzo Chigi. Avere una scorta non è un privilegio, ma un enorme sacrificio e una fortissima limitazione della libertà». E niente battute. Gli italiani vittime della spending review sono avvertiti: «Farci dell’ironia – ha ribadito la “regina” di Montecitorio – è inaccettabile».
Maurizio Gallo
IL CASO
Laura e le «minacce» su internet. Un plotone di agenti tutto per lei. Chi tocca la terza carica dello Stato è perquisito. Chi denuncia offese archiviato
Scrivere, «comunicare», fare ironia su internet è lecito. Scrivere, «comunicare» e fare ironia sulla terza carica dello Stato, il presidente della Camera Laura Boldrini, invece è reato. Tanto, che è stata messa in piedi per mesi una vera e propria squadra di 007 informatici della Polizia Postale per monitorare e, semmai, perseguire chi si permette di pubblicare frasi e immagini che potrebbero offendere Boldrini. Il presidente della Camera dei deputati, infatti, da tempo si sta facendo «scortare» anche sulla Grande Rete da sei agenti della Postale per combattere chi pubblica sul web offese alla sua persona. Per ben 46 giorni hanno lavorato per Boldrini. Questi poliziotti, che lavoravano presso Montecitorio proprio per difendere soltanto la terza carica dello Stato, tornano da oggi nei loro uffici. E, secondo fonti della polizia, continueranno però a scandagliare internet per conto della Boldrini. Quindi, non tornerebbero a lavorare per gli italiani, ma solamente per il presidente della Camera.
Tutto ha inizio quando vennero pubblicate sul social network più famoso al mondo, Facebook, le immagini ritoccate di una donna nuda con il volto della Boldrini, che nell’arco di poche ore sono state condivise e sparse a macchia d’olio in tutta la rete. Apriti cielo. In men che non si dica il presidente della Camera ha subito allertato le forze dell’ordine per rimuovere quelle immagini, scatenando un inferno. Si trattava di una donna senza costume in spiaggia che chiaramente non era la Boldrini ma che sulla Rete veniva spacciata come tale. In questo caso la polizia è subito intervenuta, ma si sarebbe trattato, secondo la presidente della Camera, di un intervento tardivo, tanto da mandare a casa il dirigente Gautiero Truzzi, dirigente dell’ispettorato di polizia della Camera, e il suo vice, Luigi Carnevale. Il motivo? Non si sarebbero mobilitati in tempo per far sparire da internet il fotomontaggio. E in tempi rapidissimi ecco scendere in campo, invece, la procura di Roma, che ha aperto un fascicolo sulle minacce subite dal presidente della Camera e il pm Luca Palamara ha avviato l’indagine per minacce, diffamazione e violazione della privacy. Gli accertamenti hanno puntato subito a individuare l’autore del fotomontaggio e dei messaggi postati sul web. E sul registro degli indagati è finito Antonio Mattia, «presunto colpevole» di aver pubblicato il fotomontaggio della Boldrini nuda. Sarebbe stato lui, per i pm romani, a diffondere sul web l’immagine incriminata, il fake che ha mandato su tutte le furie il presidente della Camera. Fu anche perquisito. L’iscrizione sul registro degli indagati di Mattia è avvenuta «alla luce delle normative esistente che consente l’identificazione di coloro che, travalicando i limiti della corretta informazione, oltrepassano il legittimo diritto di cronaca e di critica giornalistica». In quell’occasione la Boldrini era tornata a parlare di donne. Nel suo mirino sono finiti poi gli spot pubblicitari, colpevoli di strumentalizzare l’immagine femminile. «È necessario porre limiti all’utilizzo del corpo delle donne nella comunicazione. È inaccettabile che ogni prodotto venga veicolato attraverso il fisico femminile. Le multinazionali fanno queste pubblicità con le donne solo in Italia e non in altri Paesi. Una donna oggettivizzata, resa cioè oggetto, la si tratta come si vuole e la relativa violenza è a un passo», aveva detto la terza carica dello Stato.
All’epoca della pubblicazione del fake della Boldrini, furono «allegati» numerosi commenti, molti dei quali di minacce e di insulti. E così lei chiese regole più severe per questo tipo di reati online. Detto, fatto. Una task force a sua disposizione per monitorare il web e per difenderla, quindi, da attacchi su internet di qualsiasi tipo. Si tratta di un’attività che però, secondo quanto accaduto ad altri utenti minacciati e sbeffeggiati su internet, non varrebbe per tutti. Come ad esempio, ciò che è accaduto a Simona Cenni, presidente dell’associazione «Prima difesa», che denunciò le offese che le furono rivolte dopo aver difeso due agenti coinvolti nella morte di Federico Aldrovandi a Ferrara. Il suo esposto, infatti, per la procura di Roma, doveva finire in archivio. A differenza, all’epoca dei fatti, di quella del presidente della Camera, che invece aveva messo in campo una squadra di agenti per difendere la sua persona e la sua carica istituzionale. «Alla luce del contesto nel quale sono inseriti, appaiono privi di carica offensiva», aveva scritto la procura di Roma in riferimento alle minacce alla Cenni. Contro la presidente dell’associazione su internet fu scritto: «Questa Cenni mi fa venire il vomito», «spero la violentino dei punkabbestia e che dopo facciano divertire anche i cani», «Schifosa donna senza pudore», «maiala», «ti auguro ogni male del mondo», «merita la stessa fine, di morire…», «che tu possa non riuscire a portare a termine la gravidanza». Insomma, parole di questo tipo hanno avuto una valutazione differente rispetto a quelle, sempre ingiuriose e minacciose, rivolte al presidente della Camera dei Deputati.
Per quanto riguarda, infine il giornalista napoletano Antonio Mattia, all’epoca dei fatti dichiarò: «Una storia assurda, ho solo condiviso una foto che girava su internet, il mio errore è esserci cascato, aver creduto che fosse lei».
Augusto Parboni
Il Fatto Quotidiano – 11 marzo 2014
«La Papessa che scambia la satira per lesa maestà». Chissà se madonna Laura Boldrini, Papessa della Camera, ha letto di recente I promessi sposi e s’è dunque imbattuta in Donna Prassede, bigottissima moglie di Don Ferrante,…
di Marco Travaglio
Chissà se madonna Laura Boldrini, Papessa della Camera, ha letto di recente I promessi sposi e s’è dunque imbattuta in Donna Prassede, bigottissima moglie di Don Ferrante, convinta di rappresentare il Bene sulla terra e dunque affaccendatissima a «raddrizzare i cervelli» del prossimo suo e anche le gambe ai cani, sempre naturalmente con le migliori intenzioni, di cui però – com’è noto – è lastricata la via per l’Inferno. Noi tenderemmo a escluderlo, altrimenti si sarebbe specchiata in quel personaggio petulante e pestilenziale descritto con feroce ironia da Alessandro Manzoni, e avrebbe smesso di interpretarlo ogni giorno dal suo scranno, anzi piedistallo di terza carica dello Stato. Invece ha proseguito imperterrita fino all’altroieri, quando ha fatto sapere alla Nazione di non avere per nulla gradito l’imitazione «sessista» della ministra Boschi fatta a Ballarò da Virginia Raffaele, scambiando la satira per lesa maestà e l’umorismo su una donna potente per antifemminismo. E chissenefrega, risponderebbe in coro un altro Paese, abituato alla democrazia, dunque impermeabile alla regola autoritaria dell’Ipse dixit. Invece siamo in Italia, dove qualunque spostamento d’aria provocato dall’aprir bocca di un’Autorità suscita l’inevitabile dibattito. Era già capitato quando la Rottermeier di Montecitorio aveva severamente ammonito le giovani italiane contro la tentazione di sfilare a Miss Italia, redarguito gli autori di uno spot che osava financo mostrare una madre di famiglia che serve in tavola la cena al marito e ai figli, sguinzagliato la Polizia postale alle calcagna degli zuzzurelloni che avevano postato sul web un suo fotomontaggio in deshabillé e fare battutacce – sessiste, ça va sans dire – sul suo esimio conto (come se capitasse solo a lei), proibito le foto e i video dei lavori parlamentari in nome di un malinteso decoro delle istituzioni, fatto ristampare intere risme di carta intestata per sostituire la sconveniente dicitura «Il presidente della Camera» con la più decorosa «La presidente della Camera». Il guaio è che questa occhiuta vestale della religione del Politicamente Corretto è incriticabile e intoccabile in quanto «buona». E noi, tralasciando l’ampia letteratura esistente sulla cattiveria dei buoni, siamo d’accordo: Laura Boldrini, come volontaria nel Terzo Mondo e poi come alta commissaria Onu per i rifugiati, vanta un curriculum di bontà da santa subito. Poi però, poco più di un anno fa, entrò nel listino personale di Nichi Vendola e, non eletta da alcuno, anzi all’insaputa dei più, fu paracadutata a Montecitorio nelle file di un partito del 3 per cento e issata sullo scranno più alto da Bersani, in tandem con Grasso al Senato, nella speranza che i 5Stelle si contentassero di così poco e regalassero i loro voti al suo governo immaginario. Fu così che la donna che non ride mai e l’uomo che ride sempre (entrambi per motivi imperscrutabili) divennero presidenti della Camera e del Senato. La maestrina dalla penna rossa si mise subito a vento, atteggiandosi a rappresentante della «società civile» (ovviamente ignara di tutto) e sventolando un’allergia congenita per scorte, auto blu e voli di Stato. Salvo poi, si capisce, portare a spasso il suo monumento con tanto di scorte, auto blu e voli di Stato. Tipo quello che la aviotrasportò in Sudafrica ai funerali di Mandela, insalutata e irriconosciuta ospite, in compagnia del compagno. Le polemiche che ne seguirono furono immancabilmente bollate di «sessismo» e morte lì. Sessista è anche chi fa timidamente notare che una presidente della Camera messa lì da un partito clandestino dovrebbe astenersi dal trattare il maggior movimento di opposizione come un branco di baluba da rieducare, dallo zittire chi dice «il Pd è peggio del Pdl» con un bizzarro «non offenda», dal levare la parola a chi osi nominare Napolitano invano, dal dare di «potenziale stupratore» a «chi partecipa al blog di Grillo», dal ghigliottinare l’ostruzionismo per agevolare regali miliardari alle banche.
Se ogni tanto si ghigliottinasse la lingua prima di parlare farebbe del bene soprattutto a se stessa, che ne è la più bisognosa. In fondo non chiediamo molto, signora Papessa. Vorremmo soltanto essere lasciati in pace, a vivere e a ridere come ci pare, magari a goderci quel po’ di satira che ancora è consentito in tv, senza vederle alzare ogni due per tre il ditino ammonitorio e la voce monocorde da navigatore satellitare inceppato non appena l’opposizione si oppone. Se qualcuno l’avesse mai eletta, siamo certi che non l’avrebbe fatto perché lei gli insegnasse a vivere: eventualmente perché difendesse la Costituzione da assalti tipo la controriforma del 138 (che la vide insolitamente silente) e il potere legislativo dalle infinite interferenze del Quirinale e dai continui decreti del governo con fiducia incorporata (che la vedono stranamente afona). Se poi volesse dare una ripassatina ai Promessi Sposi, le suggeriamo caldamente il capitolo XXVII: «Buon per lei (Lucia) che non era la sola a cui donna Prassede avesse a far del bene; sicché le baruffe non potevano esser così frequenti. Oltre il resto della servitù, tutti cervelli che avevan bisogno, più o meno, d’esser raddrizzati e guidati; oltre tutte l’altre occasioni di prestar lo stesso uffizio, per buon cuore, a molti con cui non era obbligata a niente: occasioni che cercava, se non s’offrivan da sé; aveva anche cinque figlie; nessuna in casa, ma che le davan più da pensare, che se ci fossero state. Tre eran monache, due maritate; e donna Prassede si trovava naturalmente aver tre monasteri e due case a cui soprintendere: impresa vasta e complicata, e tanto più faticosa, che due mariti, spalleggiati da padri, da madri, da fratelli, e tre badesse, fiancheggiate da altre dignità e da molte monache, non volevano accettare la sua soprintendenza. Era una guerra, anzi cinque guerre, coperte, gentili, fino a un certo segno, ma vive e senza tregua: era in tutti que’ luoghi un’attenzione continua a scansare la sua premura, a chiuder l’adito a’ suoi pareri, a eludere le sue richieste, a far che fosse al buio, più che si poteva, d’ogni affare. Non parlo de’ contrasti, delle difficoltà che incontrava nel maneggio d’altri affari anche più estranei: si sa che agli uomini il bene bisogna, le più volte, farlo per forza». Poco dopo, sventuratamente, la peste si portò via anche lei, ma la cosa fu così liquidata dal Manzoni: «Di donna Prassede, quando si dice ch’era morta, è detto tutto». Amen.
Marco Travaglio
Fonte:
http://www.iltempo.it/politica/2014/05/14/la-scorta-della-boldrini-ci-costa-un-milione-l-anno-1.1249580fonte 2:
http://www.iltempo.it/politica/2014/05/14/laura-e-le-minacce-su-internet-un-plotone-di-agenti-tutto-per-lei-1.1249648