Autore Topic: Le politiche femministe adottate in Unione Sovietica .  (Letto 1693 volte)

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Offline Stendardo

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Le politiche femministe adottate in Unione Sovietica .
« il: Maggio 20, 2014, 11:39:57 am »
Non sono parole mie ma di "alternativacomunista" .

Fonte : http://www.alternativacomunista.it/dmdocuments/Sulla%20questione%20femminile.pdf

La rivoluzione socialista in Russia significò contemporaneamente una rivoluzione nella situazione
della donna in tutto il mondo. Per la prima volta, un paese adottava delle misure concrete per
raggiungere l’uguaglianza tra uomini e donne.
La donna russa prese parte attivamente all’intero processo rivoluzionario, malgrado (o, chissà, forse
a causa di) l’enorme peso della secolare e brutale oppressione che pesava sulle sue spalle, in
particolare tra le contadine. Ma il vortice rivoluzionario spinse l’operaia russa in prima linea; già
all’epoca rivestiva un ruolo decisivo nella produzione, concentrata nelle grandi fabbriche.
Benché non sia sempre facile trovare delle citazioni, la storia della rivoluzione è piena di esempi
dell’abnegazione, della tenacia e della rabbia dimostrate dalle lavoratrici russe nel corso di quelle
giornate terribili e decisive.
La rivoluzione di febbraio del 1917 (antefatto di quella decisiva di ottobre) iniziò nella Giornata
Internazionale della Donna, con manifestazioni femminili di massa a Pietrogrado contro la miseria
provocata dalla partecipazione della Russia alla Prima Guerra Mondiale. La guerra aveva spinto la
donna russa sul mercato del lavoro e, nel 1917, un terzo della manodopera industriale di Pietrogrado
era costituita da donne. Nel settore tessile della regione industriale centrale, questa percentuale si
elevava al 50%, se non di più.
Le diverse tendenze politiche si disputavano assiduamente la militanza femminile. Sia i bolscevichi
che i menscevichi stampavano dei giornali speciali per le lavoratrici, come Rabotnista, dei
bolscevichi e Golos Rabotnitsy dei menscevichi. I “socialrivoluzionari” (Sr), che combattevano per
una democrazia borghese in Russia, proposero da parte loro la creazione di una “unione delle
organizzazioni democratiche di donne”, che avrebbero dovuto unire sindacati e partiti sotto la
bandiera di una repubblica democratica. Fu durante questo periodo che apparve la Lega per i Pari
Diritti della Donna, che esigeva il diritto di voto per le donne e accompagnava la battaglia che
queste conducevano in tutto il mondo per ottenere i loro diritti civili.
Ma in Russia, con la rivoluzione socialista,, le donne conquistarono molti più diritti democratici. Per
la prima volta, un paese legiferò a favore dell’uguaglianza di salario femminile e maschile a parità
di lavoro. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, contrariamente a quanto successe nei paesi
capitalisti, nell’Urss la manodopera femminile fu conservata e si ricercarono i mezzi per permettere
alle donne di raggiungere delle qualifiche maggiori. C’erano donne in tutti i settori produttivi: nelle
miniere, nell’edilizia civile, nei porti, brevemente, in tutte le branche della produzione industriale ed
intellettuale.
Tuttavia, all’indomani della presa di potere dei soviet, la questione della donna si dovette
confrontare duramente con la realtà. Nei fatti, fu la prima volta nella storia in cui questa questione
passò dalla teoria alla pratica.
In un paese come la Russia, arretrato dal punto di vista delle questioni morali e culturali, con un
enorme carico di preconcetti radicati da secoli (cosa che caratterizza, in genere, i paesi
principalmente agricoli), la questione della donna assunse, in questi difficili momenti per il giovane
Stato Operaio, delle caratteristiche più complesse rispetto a molti altri aspetti relativi alla
trasformazione verso il socialismo.
Perciò Lenin e Trotsky, insieme a molti dirigenti donna, si consacrarono a “spiegare pazientemente”
alle masse, soprattutto alle donne, quali erano i compiti generali del movimento operaio femminile
della Repubblica sovietica, ma non attesero oltre a prendere le prime misure su questo terreno e
modificare la situazione umiliante alla quale le donne russe erano sottoposte da secoli.
Questi compiti rivestivano un duplice aspetto:
1. L’abolizione delle vecchie logiche che mettevano la donna in una situazione di ineguaglianza
rispetto all’uomo.
2. La liberazione della donna dai compiti domestici, liberazione necessaria per un’economia
collettiva alla quale avrebbe preso parte alle stesse condizioni degli uomini.
Per quanto concerne il primo aspetto, lo Stato Operaio concretizzò, fin dai suoi primi mesi di
esistenza, il cambiamento più radicale nella legislazione relativa alla donna. Furono abolite tutte le
leggi che ponevano la donna in una situazione di ineguaglianza rispetto all’uomo, tra cui quellerelative al divorzio, ai figli naturali e alla corresponsione degli alimenti. Furono ugualmente aboliti
tutti i privilegi legati alla proprietà, mantenuti nel diritto familiare a beneficio dell’uomo. La Russia
sovietica nei suoi primi mesi d’esistenza fece per l’emancipazione della donna molto più che il più
avanzato paese capitalista nel corso di ogni tempo.
Furono introdotti dei decreti che sancivano la protezione legale per le donne e i bambini che
lavoravano, l’assicurazione sociale e la parificazione dei diritti all’interno del matrimonio.
Grazie all’azione politica dello Zhenodtel, il dipartimento femminile del Partito Bolscevico, le
donne conquistarono il diritto all’aborto legale e gratuito negli ospedali statali. Ma la pratica
dell’aborto non era incentivata, e chi percepiva del denaro per praticarlo veniva punito. La
prostituzione e il suo sfruttamento furono descritti come “un crimine contro i legami tra compagni e
contro la solidarietà”, ma lo Zhenodtel propose che non fossero previste pene legali per questo
crimine. Si tentò di attaccare le cause della prostituzione migliorando le condizioni di vita e di
lavoro delle donne ed ebbe luogo una vasta campagna contro i “residui della morale borghese”.
La prima Costituzione della Repubblica sovietica, promulgata nel luglio del 1918, diede alla donna
il diritto di votare e di essere votata per incarichi pubblici. Tuttavia l’uguaglianza davanti alla legge
non corrispondeva ancora all’uguaglianza di fatto. Per la piena emancipazione della donna, per la
sua effettiva uguaglianza con l’uomo, c’era bisogno di un’economia che la liberasse dal lavoro
domestico e alla quale potesse prendere parte allo stesso modo dell’uomo.
L’essenza del programma bolscevico per l’emancipazione della donna consisteva nella sua
liberazione dal lavoro domestico, per mezzo della socializzazione dei compiti da lei svolti
all’interno di casa e famiglia. Nel luglio del 1919, Lenin insisteva sul fatto che il ruolo della donna
all’interno della famiglia costituiva la chiave di volta della sua oppressione:
“Indipendentemente da tutte le leggi che emancipano la donna, ella continua ad essere una schiava,
perché il lavoro domestico la opprime, la strangola, la degrada e la limita alla cucina e alla cura dei
figli; ella spreca la sua forza in lavori improduttivi, senza prospettiva, che distruggono i nervi e la
rendono idiota. E’ per questo motivo che l’emancipazione della donna, il vero comunismo, inizierà
solamente quando sarà intrapresa una lotta senza quartiere, diretta dal proletariato, possessore del
potere dello Stato, contro questa natura del lavoro domestico o, meglio, quando avrà luogo la totale
trasformazione di questo lavoro in un’economia di grande scala.”
Nel contesto russo dell’epoca, questa era la parte più difficile della costruzione del socialismo e che
richiedeva più tempo per concretizzarsi. Lo Stato Operaio iniziò creando istituzioni quali mense e
asili per liberare la donna dai gravami domestici. E furono giustamente le donne ad impegnarsi di
più nell’organizzazione di tali istituti. Questi, strumenti per la liberazione della donna dalla sua
condizione di schiavitù domestica, comparvero in tutti gli ambiti possibili. Malgrado ciò, il loro
numero era insufficiente per rispondere a tutti i bisogni.
In Russia c’era la guerra civile, lo Stato Operaio era attaccato dai suoi nemici, e le donne dovettero
assumere insieme agli uomini i compiti di guerra a sua difesa.
Molte di queste istituzioni funzionavano alla perfezione, ottenendo successo e dimostrando la
necessità del loro mantenimento ed espansione.
D’altro lato, i dirigenti sovietici, Lenin per primo, esortarono le donne a prendere parte sempre più
alla gestione delle imprese pubbliche e all’amministrazione dello Stato. Ci furono esortazioni anche
alla candidatura di donne a delegate dei soviet. Nel marzo del 1920, in un discorso in omaggio della
Giornata Internazionale della Donna, Lenin si rivolse così alle donne russe:
“Il capitalismo coniuga l’uguaglianza di pura facciata all’ineguaglianza economica e, di
conseguenza, sociale. (…) e una delle più scioccanti manifestazioni di questa incongruenza (del
capitalismo) è l’ineguaglianza tra donna e uomo. Nessuno Stato borghese, per quanto progressista,
repubblicano, democratico sia, ha riconosciuto l’intera uguaglianza di diritti tra uomo e donna. La
Repubblica Sovietica russa, per contro, ha cancellato in un colpo solo e senza eccezione alcuna tutte
le tracce giuridiche dell’inferiorità della donna, e del pari ha assicurato in un colpo solo la parità
completa della donna a livello di leggi .Lenin ricorda che c’è l’abitudine di dire che il livello raggiunto da un popolo è caratterizzato dalla
situazione giuridica della donna. Sotto questo punto di vista, solo la dittatura del proletariato, solo
lo Stato socialista, possono raggiungere e raggiungono il più alto grado di cultura. Tuttavia ciò non
è sufficiente. Il movimento operaio femminile russo non si accontentò di un’uguaglianza puramente
formale e si assunse un compito lungo e difficile, perché l’uguaglianza esige una trasformazione
radicale della tecnica e dei costumi sociali, e necessita di una battaglia per l’uguaglianza economica
e sociale della donna, che si può raggiungere solo facendole prendere parte al lavoro sociale
produttivo, liberandola dalla schiavitù domestica che è sempre improduttiva e la abbruttisce.
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Online fabriziopiludu

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Re:Le politiche femministe adottate in Unione Sovietica .
« Risposta #1 il: Maggio 20, 2014, 12:18:13 pm »



 Le donne sono CORSE SUBITO per entrare nella CEKA!
 Chissà perchè così RILUTTANTI a far le prostitute, ma VOLENTEROSE quando vi sia da divertirsi a spese di noi UOMINI.

 Stendando! Prima della Rivoluzione Russa, c'era stata la Rivoluzione Messicana.
 Si può dire cominciata ai tempi di Massimiliano d'Asburgo; Juarez riprese il Potere ma il México non fu rappacificato affatto.
 Per LE DONNE, ovviamente, non aveva alcuna importanza la Politica.

 Capisci? Ogni volta, LE DONNE consideran nuovo qualcosa vecchio di secoli, come far la Matadora de toros: LA VOLUTTA' di far soffrire e di uccidere un animale di sesso maschile.


 


Offline Cassiodoro

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Re:Le politiche femministe adottate in Unione Sovietica .
« Risposta #3 il: Maggio 20, 2014, 17:31:54 pm »
Citazione da:  
Il movimento operaio femminile russo non si accontentò di un’uguaglianza puramente formale e si assunse un compito lungo e difficile, perché l’uguaglianza esige una trasformazione radicale della tecnica e dei costumi sociali, e necessita di una battaglia per l’uguaglianza economica e sociale della donna, che si può raggiungere solo facendole prendere parte al lavoro sociale produttivo, liberandola dalla schiavitù domestica che è sempre improduttiva e la abbruttisce.
Mi ricordo quando, in epoca Sovietica, le donne lavoravano sulle impalcature a posare mattoni, erano bellissime nelle loro "fufaike"....
Infatti, caduto il Comunismo non ne sono rimaste, sostituite da uomini Uzbeki e di altre repubbliche ex Sovietiche...
Oggi in Russia sono estinte le donne che lavorano in edilizia, ma sono aumentate in maniera esponenziale le prostitute.
"Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante" - "Ah sì? E cosa ha capito?" - "Che vola solo chi osa farlo"

Offline controcorrente

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Re:Le politiche femministe adottate in Unione Sovietica .
« Risposta #4 il: Maggio 20, 2014, 18:33:17 pm »
Mi ricordo quando, in epoca Sovietica, le donne lavoravano sulle impalcature a posare mattoni, erano bellissime nelle loro "fufaike"....
Infatti, caduto il Comunismo non ne sono rimaste, sostituite da uomini Uzbeki e di altre repubbliche ex Sovietiche...
Oggi in Russia sono estinte le de braveonne che lavorano in edilizia, ma sono aumentate in maniera esponenziale le prostitute.
Ah si eh?
Nei cantieri edili a spaccarsi la schiena no, a far le puttane facendosi trapanare il culo e la fica invece si!
Ma che brave e che coerenti queste donne!!
E tutto questo sarebbe colpa del maschilismo, vero? Poi però se le chiami per nome (ZOCCOLE!), allora si offendono e ti denunciano....  :doh: