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Partiamo da un assunto: l’omofobia non esiste come fenomeno preoccupante e dilagante. Non lo diciamo noi ma l’OSCAD, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, che ha rilevato 28 segnalazioni l’anno in tal senso. Segnalazioni, è bene ricordarlo, non certificate né controllate.
Questo però si configura come una tragedia per tutte le associazioni come l’Arcigay & C. che di analoghe battaglie fanno la propria ragion d’essere. E soprattutto la situazione così com’è non permette di coltivare l’humus necessario alla formazione di una legge che vada a punire tutti coloro che sono contrari ad una equiparazione tra famiglia naturale e coppie GLBTQ.
È un guaio! Quindi si deve inventare, descrivere una realtà artefatta, congegnare casi di omofobia costruiti a tavolino per dare il là alla piccionaia del teatro affinché inizi a mugugnare per risvegliare le coscienze contro la brutalità dell’attuale società retrograda.
Eccoci quindi alle strumentalizzazioni dei ragazzi con i pantaloni rosa e casi di cronaca nera sì ma che nulla hanno a che vedere con l’omofobia.
Ultimo in ordine di tempo è il caso di Richard Kennedy, il ragazzo inglese che si è presentato in tutti i mèdia internazionali con il viso tumefatto raccontando di un’aggressione da parte di un fantomatico gruppo di omofobi che si aggira per la sua città a picchiar a destra ed a manca. Peccato però che qualche giorno dopo la polizia abbia trovato una ripresa a circuito chiuso in cui si vede Kennedy inciampare e cadere con il volto su di un marciapiede. Fine della pantomima, chiusa la rappresentazione teatrale. Il giovane ha dovuto ammettere di essersi inventato tutto. Peccato che il volto sanguinolento del ragazzo abbia fatto il giro del mondo –ed i vari network se lo sono conteso nell’insana gara a chi la inventa più grossa- mentre la rettifica non se la sia filata nessuno.
Altro caso di omofobia svelata. Omofobia inventata.
Redazione