Autore Topic: Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)  (Letto 83733 volte)

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Offline Lucia

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #300 il: Novembre 26, 2014, 21:23:28 pm »
  :lol:

Se hai intenzione di alzare il"livello culturale" italiano come lo hai alzato su questo forum, forse sarebbe il caso che pensassi a fare più torte e manicaretti  ;)

Non, il livello di questo forum è qualche volta al mio livello.  :lol:

Torte? Il Rigo Jancsi sarà buono?
Più cultura e senso d' identità passa attraverso il cibo fatto in casa  che attraverso la politica.



Offline zagaro

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #301 il: Novembre 26, 2014, 21:29:23 pm »
se per te sposarsi e fare famiglia è parasitismo, davvero non ha senso parlare d'Italia e italiani, tanto il mondo è di chi figlia, non perché io lo voglio cosi ma cosi è.

E non sono trasferita solo per sposarmi ma anche per alzare il livello culturale d'Italia di oggi.

Comunque stai tranquillo che in Puglia non mi trasferirei mai, è bella ma mi sembra proprio alla fine mondo.

Invece dove era l'austroungheria mi sento accasa, con o senza il permesso vostro. Mitteleuropa.
 

io sono riconoscente al mio marito
ma se io dovessi essere riconoscente con tutti gli italiani anhce voi dovreste essere riconoscente a me perché soddisfo un italiano, non? Mi sembra logico, conseguente.

Ma tu, Salar de Uyuni sei mai stato in Transilvania? Hai avuto anche tu brutte esperienze là come TheDarkSider ?


un'aaltra odiatrice dell'Italia! :shok: ma che abbiamo la calamita?  :hmm:

Offline ilmarmocchio

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #302 il: Novembre 26, 2014, 21:39:36 pm »
:D
Non caro, non governano i figli di Roma né in Romania nè in Transilvania.
I figli di Roma magari seguono con piacere e fiduccia per ora un germanico che hanno eletto per presidente.
Tanti baci !

L'hanno eletto perché per prima: ha messo a posto Hermanstadt, la citta dove era sindaco.
perché è un uomo modesto e di poche parole, noi ci siamo già stuffati di pagliacci in politica.
E perché partiva con la promessa di trasformare Ro in un paese del lavoro esigente, bene fatto. Lavoro capisci? Lavoro esigente, vita senza fronzoli ma dignitosa. Questa ha attirrato i rumeni, o almeno 54% di loro, la maggioranza dei emigrati e la magioranza dei transilvani. E condivido questi valori.
Il resto si sono fatti comprare con un kilo di zucchero per votare l'altro candidato. loro hanno di cosa vergognarsi, io non.

si, i germanici... quelli delle 2 guerre mondiali scatenate e...perse :doh:
Iohannis è buono perchè è un liberale e non un ex socialista, non  perchè è un sassone.
D'accordo inveced sul fatto che abia vinto contro quel poco di buono di Ponta

Offline ilmarmocchio

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #303 il: Novembre 26, 2014, 21:43:07 pm »

Non sono ipocrita. Mi sono trasferita  perché nel mio paese a 31 anni non ti sposa più nessuno, Invece voi italiani vi sposate appena conoscete una donna, non conta se è bella o brutta, vecchia o giovane, due sorrisi e siete cotti. Fate il cafe la mattina alla vostra compagna, giocate con piacere con i bambini, siete più fedeli e orientati verso la famiglia. Da noi gli uomini non sono cosi.

infatti è per questo che da noi abbondano gli zerbini :D.

Offline ilmarmocchio

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #304 il: Novembre 26, 2014, 21:58:07 pm »
voi italiani avete molto più motivi di vergognarvi per ciò che combinate e avete mai combinato nel mondo. I rumeni sono ladri di galline nei vostri confronti.

quello che noi abbiamo combinato nel mondo, lo abbiamo combinato in grande :
L' impero romano, per esempio : ha portato la civiltà in lande desolate.
Il rinascimento è italiano e la scoperta dell'america è italiana.
le banche sono nate in Italia e l'80% dell'arte è italiana.
Abbiamo anche la mafia, e anche quella lavora in grande.
Oggi, è un periodo di appannamento, succede a tutte le grandi nazioni.
ma anche per declinare , bisogna essere arrivati in alto.
p.s. non ho lamentele verso i romeni, ne conosco più di uno e ci sono anche stato in Romania :
mai avuto problemi.
Per la verità, non mai avuto problemi particolari con nessuno, essendo uno che si fa i  fatti propri e che adotta le regole del buon senso, una delle quali dice che non si può critcare troppo il piatto che si sta mangiando: altrimenti, è meglio cambiarlo


Alberto1986

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #305 il: Novembre 26, 2014, 22:22:26 pm »
Non, il livello di questo forum è qualche volta al mio livello.  :lol:
...

Sei libera di andartene quando vuoi  ;)

Dato che questo forum è ospitato da un server italiano, un forum ungherese/transilvanico femminile non riesci a trovarlo? O in Ungheria/Romania non puoi iscriverti a nessun forum una volta compiuti i 31 anni?

Offline Lucia

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #306 il: Novembre 27, 2014, 10:02:19 am »
Per la verità, non mai avuto problemi particolari con nessuno, essendo uno che si fa i  fatti propri e che adotta le regole del buon senso, una delle quali dice che non si può critcare troppo il piatto che si sta mangiando: altrimenti, è meglio cambiarlo

e nessuno se l'ha presa con te a denigrare il paese da dove vieni, non?

Neanch'io ho mai avuto problemi, neanche a me piace se si denigra gratuitamente il mio paese.

PS: in Transilvania sei mai stato?

@@

Io Klaus l'ho votato perché è tedesco, anche come carattere.
Poi la seconda guerra mondiale l'avete comminciato anche voi anche i rumeni sulla parte tedesca, solo che alla latina maniera siete saltati nel ultimo momento sul carro del vincitore.

E deludente comunque vedere, l'ho visto anche in una intervista che molte persone dell'occindente (intendo la parte dei vincigtori della seconda guerra mondiale) sa dalla Germania solo che ha fatto la seconda guerra mondiale. Anche Artemisia se va in Germania cerca ricordi della seconda guerra mondiale, come se la cultura tedesca finisse là.

La filosofia, la grande parte della musica sinfonica, il loro amore per foreste e natura, l'albero di Natale, la grande parte del romanticismo è di origine tedesca. Nella tecnica ovviamente sono i migliori. Etc.

« Ultima modifica: Novembre 27, 2014, 10:15:04 am da Lucia »

Offline zagaro

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #307 il: Novembre 27, 2014, 10:35:12 am »
...........................................................

Io Klaus l'ho votato perché è tedesco, anche come carattere.
Poi la seconda guerra mondiale l'avete comminciato anche voi anche i rumeni sulla parte tedesca, solo che alla latina maniera siete saltati nel ultimo momento sul carro del vincitore.

................................................. ...........

anche questa  è una scarsa conoscenza della storia della IIWW, non solo di cosa fu l'Armistizio di Cassibile, del Regno del Sud  e della RSI, ma anche sulle teorie circa le popolazioni che alimentarono il  vento dell'inizio della guerra

p.s. è anche vero che la storia la scrivono i vincitori e di noi hanno scritto anche questo, poi vai a fare un lavoro di storiografo sui documenti e scopri  che la 'vulgata' non sempre corrisponde ai fatti

Offline Lucia

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #308 il: Novembre 27, 2014, 11:25:10 am »
Io non vedo le cose in bianco e nero. Lo so per esempio che Ungheria ha rifiutato mettersi sulla aprte dei vincitori e in un giorno hanno fatto distruggere Budapest nella ultima battaglia contro i russi.
Vale la pena farsi distruggere la citta e la popolazione per motivi di principio?  :hmm:

Ma almeno non hanno mai osannato quelli che li hanno sottomessi. Appena 9 anni dopo volevano cacciarli via.

In Romania proprio i sassoni hanno sofferto di più il cambiamento di posizione. Un giorno prima ospitavano gli soldati nelle loro case. Nel giorno dopo gli stessi soldati avevano ordine di uccidergli in quanto tedeschi, quindi nemici.

Comunque per me Germania significa prima di tutto la filosofia  e il rigore, in pensiero e in ogni lavoro realizzato.

Offline zagaro

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #309 il: Novembre 27, 2014, 11:41:45 am »
Io non vedo le cose in bianco e nero. Lo so per esempio che Ungheria ha rifiutato mettersi sulla aprte dei vincitori e in un giorno hanno fatto distruggere Budapest nella ultima battaglia contro i russi.
Vale la pena farsi distruggere la citta e la popolazione per motivi di principio?  :hmm:

Ma almeno non hanno mai osannato quelli che li hanno sottomessi. Appena 9 anni dopo volevano cacciarli via.

In Romania proprio i sassoni hanno sofferto di più il cambiamento di posizione. Un giorno prima ospitavano gli soldati nelle loro case. Nel giorno dopo gli stessi soldati avevano ordine di uccidergli in quanto tedeschi, quindi nemici.

Comunque per me Germania significa prima di tutto la filosofia  e il rigore, in pensiero e in ogni lavoro realizzato.
dimostri ancora scarsa conoscenza delle storie della IIWW,e non parlo solo delle croci frecciate o delle camice nere, o di Badoglio o di Kadar, ma di un modo di intendere la Storia e lo scorrere della vita in generale che dai tuoi post pare che ancora declini secondo un riduzionismo determinista (tanto per rimanere nella filosofia) che si centra sull'innatismo 

Offline Lucia

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #310 il: Novembre 27, 2014, 13:05:04 pm »
A me non me ne frega niente della seconda guerra mondiale forse per questo.

Offline Rita

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #311 il: Novembre 27, 2014, 13:14:06 pm »
Non entro nel merito della bravura tedesca o del doppiogiochismo italiano.
Su questi temi Guareschi (mio idolo personale  :lol:) scrisse pezzi di critica sul comportamento italiano ma anche moltissimi pezzi di lode degli italiani, sosteneva che l' "italiano medio" è quello che se ne frega di come vanno le cose fino a che non è nella m... fino al collo. A quel punto tira fuori il massimo dell'intelligenza e dell'abilità (grassetto il riferimento)

Una delle storie più belle che fanno capo a questo filone è quello della Caterina, radio costruita dagli italiani prigionieri nel campo di concentramento (gli IMI, gli internati militari italiani, coloro che rifiutarono di fare il salto della quaglia e continuarono a prestare fedeltà al Re)
La ripubblico qua, anche se forse è off topic, con corredato un link di maggiore spiegazione.

"IL TRIONFO DELLA CATERINA- di G. Guareschi

Qualcuno dei miei ventitrè lettori mi ha domandato se questa mia animosità nei riguardi della RAI tragga origine da un fatto personale o da idiosincrasia. Posso rispondere che la stessa irritazione provavamo io e i miei amici quando l’Ente radiofonico di Stato si chiamava EIAR e si comportava come si comporta oggi la RAI. Quando cioè, ogni sera, al microfono della radio, c’era che ci spiegava che la guerra andava ogni giorno più vittoriosamente e ci insegnava come deve comportarsi un bravo italiano. Fino a quando nel febbraio del 1943, il settimanale Bertoldo, di cui ero redattore capo, sparava un violentissimo attacco contro il più autorevole e seccante dei commentatori radiofonici ufficiali. Era la prima volta che un giornale osava tanto sotto il Regime d’allora, e la cosa fece un chiasso maledetto e quel numero di Bertoldo diventò una rarità e raggiunse prezzi astronomici.
 Nessun fatto personale, nessuna allergia nei riguardi della radio di Stato o della radio in generale. Anzi: ci fu un periodo in cui la radio rappresentò anche per me qualcosa di estremamente importante, di vitale, perché anche per me, sepolto assieme a seimila altri ufficiali dell’ex Regio Esercito Italiano in un Lager, la radio fu l’unico legame con il mondo dei vivi.
 Si chiamava Caterina ed era figlia della disperazione e della genialità italiana. Genialità che, purtroppo, si manifesta soltanto quando gli italiani sono nei guai fino agli occhi. Quando le cose procedono normalmente e quando – come ora – l’anormalità diventa normale, gli italiani si adagiano sul “tira a campare” e assistono inerti, addirittura divertiti, alla loro rovina. Ma è difficile immaginare come gli italiani diventino intelligenti quando si trovano nei pasticci. Nessun popolo al mondo ha simili doti di recupero ed è tanto fermamente deciso a sopravvivere. Io avevo scritto sulla fiancata della mia cuccia: “Non muoio neanche se mi ammazzano”: in fondo questo puo’ essere il motto dell’italiano nei guai.
La Caterina era una trappoletta di centimetri 9x10x5. Nacque nel campo di concentramento di Sandbostel e, per quanto la Gestapo ne conoscesse l’esistenza e la cercasse rabbiosamente, non riuscì a scoprirla mai. Anzi, riuscì ad andarsene da quel campo per entrare in un altro e fece, infine, urlare d’entusiasmo il comandante americano arrivato con le truppe liberatrici: la voleva ad ogni costo, ma dovette accontentarsi di scattarle una quantità enorme di fotografie, perché la Caterina era troppo importante per chi l’avesse costruita e ne aveva fatto l’unica arma di difesa spirituale.
 Nacque dal niente dicevo: dal niente in senso relativo, naturalmente. Come l’Eterno Padre, per costruire Eva, partì da una costola di Adamo, i costruttori di Caterina partirono da una piccola valvola. Questa valvolina “LQ5”, introdotta nel Lager Dio sa come, era l’unico pezzo non arrangiato di tutta la Caterina. Il resto fu costruito coi normali mezzi di cui puo’ disporre un uomo che si trovi nudo in mezzo a un prato di trifoglio.
 Non occorre essere dei tecnici per comprendere che disporre d’una sola valvolina rappezzata con catrame tolto dalla copertura delle baracche e pretendere di cavarne un apparecchio radio ricevente è come disporre solo di uno spinterogeno e pretendere di cavarne un’automobile perfettamente funzionante.
 Un certo arnese, detto “condensatore variabile di sintonia” venne, per esempio, costruito con la latta di un barattolo raccattato nell’immondizia e con pezzi di celluloide ritagliati da buste portatessera. L’altro essenziale arnese, chiamato “condensatore fisso” venne costruito con stagnola e cartine da sigarette, mentre la “resistenza fissa” ebbe, come materia prima, la carta nella quale era avvolta la margarina della razione, trattata con grafite di matita.
 In un portasapone da barba, trovò posto il gruppo “Bobine, antenna, sintonia, variometro”. Il tutto costituito da filo isolato da bobina, cartone arrotolato a cilindro e cera di candela che funzionava a meraviglia perché tutti l’avevano abilmente illusa chiamandola “paraffina”. Qui, però, fu necessario l’aiuto del Grande Reich. Occorrevano filo isolato da bobina e dei magnetini per costruire la cuffia: come si possono trovare queste cose in un campo di concentramento?
 Il trovarobe notò che il sergente addetto all’ufficio postale del campo,ogni giorno, lasciava per qualche ora la sua bicicletta appoggiata alla baracca. Studiò gli orari e, una mattina – lavorando a pochi metri dalla sentinella appostata sulla torretta – tolse la dinamo dal fanale. Poi, tolti filo e magnetini, la riavvitò alla bicicletta. L’impresa fu compiuta dall’ing. Carlo Martignago. Eravamo molto amici ma, adesso, non mi saluta più perché ho osato scrivere con una certa irriverenza un articolo sugli “alfisti” e lui è un “alfista”.
L’ing. Olivero, creatore della Caterina, stabilì a un certo momento che aveva bisogno di una batteria anodica: per costruirla si dovettero miracolosamente racimolare tra i seimila prigionieri venti vecchie monete di rame da dieci centesimi, poi ritagliare venti dischetti dalla copertura di zinco delle vasche di legno dei lavatoi e venti dischetti di panno da una coperta. Il tutto, disposto nell’astuccio di una vecchia pila tascabile, veniva posto in grado di fornire 20 volts teoretici corrispondenti a tre quarti d’ora di ricezione, con acido acetico ricavato dai pochi fortunati che ricevevano da casa qualche pacco rallegrato da scatolette di sottaceti.
 Coi magnetini del sergente e altre cosette racimolate Dio sa come, più un barattolino di latta e un dischetto di cartone, venne costruita la cuffia con un solo auricolare.
 Il congegno chiamato “comando della reazione” fu trovato, grazie al cielo, già bell’e pronto e si chiamava Olivero.
 Mi spiego. Il Centro-radio aveva sede in una specie di magazzinaccio, una baracca piena di stracci pidocchiosi e di zoccoli spaiati e fangosi. Nella stamberga esisteva il castello semisfasciato d’uno di quegli orrendi pollai a sei posti che ci erano assegnati come letti. Il tenente Olivero si appollaiava su una traversa orizzontale del secondo ripiano, tenendo una gamba penzoloni nel vuoto. Cuffia all’orecchio, con la sinistra sorvegliava i comandi della Caterina, con la destra scriveva ricevendo in italiano, tedesco, francese e inglese. La gamba penzolante nel vuoto si alzava e si abbassava continuamente e questa era la “regolazione micrometrica del comando della reazione” in quanto, avvicinando e allontanando il piede dal pavimento di terra battuta preventivamente inumidito, variava la capacità d’antenna. Antenna che era rappresentata, a sua volta, dallo stesso corpo dell’operatore perché il tenente Olivero teneva fra i denti il filo che partiva dal “piede d’antenna”.
Questa insomma era la famigerata Caterina che la Gestapo cercava rabbiosamente coi tele goniometri, senza mai poterla trovare, perché, attorno alla nostra trappoletta, esisteva una colossale rete di protezione composta da 12.000 occhi, 12.000 orecchie e 6.000 cervelli. E, non appena qualcosa d’insolito veniva notato nel campo, la Caterina smetteva di ricevere e, nascosta dentro una gavetta da alpino, viaggiava per il campo passando di mano in mano.
 Per noi, la Caterina era il miracolo. Era la vittoria dell’intelligenza contro la fame, il freddo, l’angoscia, la solitudine e il sopruso. Perché la Caterina funzionava meravigliosamente bene e riceveva tutte le più importanti emittenti europee. E solo attraverso la Caterina noi sapevamo cio’ che avveniva nel mondo. La Caterina tesseva per noi l’invisibile ma tenacissimo filo che legava migliaia di disperati al pilone della speranza.
 Le notizie captate dalla Caterina, e immediatamente tradotte, circolavano scritte su brandelli di carta per tutto il campo. E, tradotte in francese, entravano anche nel campo dei prigionieri francesi.
 C’era chi si era disegnata, un po’ a memoria e un po’ basandosi su cartine strappate a qualche Atlantino De Agostini sfuggito alle infinite perquisizioni, una carta del teatro di guerra, e, su di essa, si segnava – grazie sempre alla Caterina – l’avanzata delle truppe che dovevano venire a tirarci fuori dal reticolato. E quando nei primi giorni dell’aprile 1945 il cerchio si strinse intorno a noi, e la guerra si portò a ridosso del reticolato, e sopra le nostre teste incominciarono a fischiare i proiettili delle artiglierie, non fu una sorpresa. Fu il trionfo della Caterina".


http://www.radio-caterina.org/it/caterina13.php

L'esperienza è un pettine che la vita ti dà dopo che hai perso i capelli

Offline zagaro

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #312 il: Novembre 27, 2014, 21:20:08 pm »
A me non me ne frega niente della seconda guerra mondiale forse per questo.

però la nomini sopratutto qundo vi t di mezo l'Italia...........

delle due, una o non ti interessa allora non avrebbe senso parlare di 'maniera latina',
oppure ti interessa, allora sarebbe preferibile ce tu sia più precisa nell'esposiszione dei fatti

Offline zagaro

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #313 il: Novembre 27, 2014, 21:22:59 pm »
Non entro nel merito della bravura tedesca o del doppiogiochismo italiano.
Su questi temi Guareschi (mio idolo personale  :lol:) scrisse pezzi di critica sul comportamento italiano ma anche moltissimi pezzi di lode degli italiani, sosteneva che l' "italiano medio" è quello che se ne frega di come vanno le cose fino a che non è nella m... fino al collo. A quel punto tira fuori il massimo dell'intelligenza e dell'abilità (grassetto il riferimento)

Una delle storie più belle che fanno capo a questo filone è quello della Caterina, radio costruita dagli italiani prigionieri nel campo di concentramento (gli IMI, gli internati militari italiani, coloro che rifiutarono di fare il salto della quaglia e continuarono a prestare fedeltà al Re)
La ripubblico qua, anche se forse è off topic, con corredato un link di maggiore spiegazione.

"IL TRIONFO DELLA CATERINA- di G. Guareschi

Qualcuno dei miei ventitrè lettori mi ha domandato se questa mia animosità nei riguardi della RAI tragga origine da un fatto personale o da idiosincrasia. Posso rispondere che la stessa irritazione provavamo io e i miei amici quando l’Ente radiofonico di Stato si chiamava EIAR e si comportava come si comporta oggi la RAI. Quando cioè, ogni sera, al microfono della radio, c’era che ci spiegava che la guerra andava ogni giorno più vittoriosamente e ci insegnava come deve comportarsi un bravo italiano. Fino a quando nel febbraio del 1943, il settimanale Bertoldo, di cui ero redattore capo, sparava un violentissimo attacco contro il più autorevole e seccante dei commentatori radiofonici ufficiali. Era la prima volta che un giornale osava tanto sotto il Regime d’allora, e la cosa fece un chiasso maledetto e quel numero di Bertoldo diventò una rarità e raggiunse prezzi astronomici.
 Nessun fatto personale, nessuna allergia nei riguardi della radio di Stato o della radio in generale. Anzi: ci fu un periodo in cui la radio rappresentò anche per me qualcosa di estremamente importante, di vitale, perché anche per me, sepolto assieme a seimila altri ufficiali dell’ex Regio Esercito Italiano in un Lager, la radio fu l’unico legame con il mondo dei vivi.
 Si chiamava Caterina ed era figlia della disperazione e della genialità italiana. Genialità che, purtroppo, si manifesta soltanto quando gli italiani sono nei guai fino agli occhi. Quando le cose procedono normalmente e quando – come ora – l’anormalità diventa normale, gli italiani si adagiano sul “tira a campare” e assistono inerti, addirittura divertiti, alla loro rovina. Ma è difficile immaginare come gli italiani diventino intelligenti quando si trovano nei pasticci. Nessun popolo al mondo ha simili doti di recupero ed è tanto fermamente deciso a sopravvivere. Io avevo scritto sulla fiancata della mia cuccia: “Non muoio neanche se mi ammazzano”: in fondo questo puo’ essere il motto dell’italiano nei guai.
La Caterina era una trappoletta di centimetri 9x10x5. Nacque nel campo di concentramento di Sandbostel e, per quanto la Gestapo ne conoscesse l’esistenza e la cercasse rabbiosamente, non riuscì a scoprirla mai. Anzi, riuscì ad andarsene da quel campo per entrare in un altro e fece, infine, urlare d’entusiasmo il comandante americano arrivato con le truppe liberatrici: la voleva ad ogni costo, ma dovette accontentarsi di scattarle una quantità enorme di fotografie, perché la Caterina era troppo importante per chi l’avesse costruita e ne aveva fatto l’unica arma di difesa spirituale.
 Nacque dal niente dicevo: dal niente in senso relativo, naturalmente. Come l’Eterno Padre, per costruire Eva, partì da una costola di Adamo, i costruttori di Caterina partirono da una piccola valvola. Questa valvolina “LQ5”, introdotta nel Lager Dio sa come, era l’unico pezzo non arrangiato di tutta la Caterina. Il resto fu costruito coi normali mezzi di cui puo’ disporre un uomo che si trovi nudo in mezzo a un prato di trifoglio.
 Non occorre essere dei tecnici per comprendere che disporre d’una sola valvolina rappezzata con catrame tolto dalla copertura delle baracche e pretendere di cavarne un apparecchio radio ricevente è come disporre solo di uno spinterogeno e pretendere di cavarne un’automobile perfettamente funzionante.
 Un certo arnese, detto “condensatore variabile di sintonia” venne, per esempio, costruito con la latta di un barattolo raccattato nell’immondizia e con pezzi di celluloide ritagliati da buste portatessera. L’altro essenziale arnese, chiamato “condensatore fisso” venne costruito con stagnola e cartine da sigarette, mentre la “resistenza fissa” ebbe, come materia prima, la carta nella quale era avvolta la margarina della razione, trattata con grafite di matita.
 In un portasapone da barba, trovò posto il gruppo “Bobine, antenna, sintonia, variometro”. Il tutto costituito da filo isolato da bobina, cartone arrotolato a cilindro e cera di candela che funzionava a meraviglia perché tutti l’avevano abilmente illusa chiamandola “paraffina”. Qui, però, fu necessario l’aiuto del Grande Reich. Occorrevano filo isolato da bobina e dei magnetini per costruire la cuffia: come si possono trovare queste cose in un campo di concentramento?
 Il trovarobe notò che il sergente addetto all’ufficio postale del campo,ogni giorno, lasciava per qualche ora la sua bicicletta appoggiata alla baracca. Studiò gli orari e, una mattina – lavorando a pochi metri dalla sentinella appostata sulla torretta – tolse la dinamo dal fanale. Poi, tolti filo e magnetini, la riavvitò alla bicicletta. L’impresa fu compiuta dall’ing. Carlo Martignago. Eravamo molto amici ma, adesso, non mi saluta più perché ho osato scrivere con una certa irriverenza un articolo sugli “alfisti” e lui è un “alfista”.
L’ing. Olivero, creatore della Caterina, stabilì a un certo momento che aveva bisogno di una batteria anodica: per costruirla si dovettero miracolosamente racimolare tra i seimila prigionieri venti vecchie monete di rame da dieci centesimi, poi ritagliare venti dischetti dalla copertura di zinco delle vasche di legno dei lavatoi e venti dischetti di panno da una coperta. Il tutto, disposto nell’astuccio di una vecchia pila tascabile, veniva posto in grado di fornire 20 volts teoretici corrispondenti a tre quarti d’ora di ricezione, con acido acetico ricavato dai pochi fortunati che ricevevano da casa qualche pacco rallegrato da scatolette di sottaceti.
 Coi magnetini del sergente e altre cosette racimolate Dio sa come, più un barattolino di latta e un dischetto di cartone, venne costruita la cuffia con un solo auricolare.
 Il congegno chiamato “comando della reazione” fu trovato, grazie al cielo, già bell’e pronto e si chiamava Olivero.
 Mi spiego. Il Centro-radio aveva sede in una specie di magazzinaccio, una baracca piena di stracci pidocchiosi e di zoccoli spaiati e fangosi. Nella stamberga esisteva il castello semisfasciato d’uno di quegli orrendi pollai a sei posti che ci erano assegnati come letti. Il tenente Olivero si appollaiava su una traversa orizzontale del secondo ripiano, tenendo una gamba penzoloni nel vuoto. Cuffia all’orecchio, con la sinistra sorvegliava i comandi della Caterina, con la destra scriveva ricevendo in italiano, tedesco, francese e inglese. La gamba penzolante nel vuoto si alzava e si abbassava continuamente e questa era la “regolazione micrometrica del comando della reazione” in quanto, avvicinando e allontanando il piede dal pavimento di terra battuta preventivamente inumidito, variava la capacità d’antenna. Antenna che era rappresentata, a sua volta, dallo stesso corpo dell’operatore perché il tenente Olivero teneva fra i denti il filo che partiva dal “piede d’antenna”.
Questa insomma era la famigerata Caterina che la Gestapo cercava rabbiosamente coi tele goniometri, senza mai poterla trovare, perché, attorno alla nostra trappoletta, esisteva una colossale rete di protezione composta da 12.000 occhi, 12.000 orecchie e 6.000 cervelli. E, non appena qualcosa d’insolito veniva notato nel campo, la Caterina smetteva di ricevere e, nascosta dentro una gavetta da alpino, viaggiava per il campo passando di mano in mano.
 Per noi, la Caterina era il miracolo. Era la vittoria dell’intelligenza contro la fame, il freddo, l’angoscia, la solitudine e il sopruso. Perché la Caterina funzionava meravigliosamente bene e riceveva tutte le più importanti emittenti europee. E solo attraverso la Caterina noi sapevamo cio’ che avveniva nel mondo. La Caterina tesseva per noi l’invisibile ma tenacissimo filo che legava migliaia di disperati al pilone della speranza.
 Le notizie captate dalla Caterina, e immediatamente tradotte, circolavano scritte su brandelli di carta per tutto il campo. E, tradotte in francese, entravano anche nel campo dei prigionieri francesi.
 C’era chi si era disegnata, un po’ a memoria e un po’ basandosi su cartine strappate a qualche Atlantino De Agostini sfuggito alle infinite perquisizioni, una carta del teatro di guerra, e, su di essa, si segnava – grazie sempre alla Caterina – l’avanzata delle truppe che dovevano venire a tirarci fuori dal reticolato. E quando nei primi giorni dell’aprile 1945 il cerchio si strinse intorno a noi, e la guerra si portò a ridosso del reticolato, e sopra le nostre teste incominciarono a fischiare i proiettili delle artiglierie, non fu una sorpresa. Fu il trionfo della Caterina".


http://www.radio-caterina.org/it/caterina13.php


'di necessità bisogna far virtù' è un proverbio che trovi ia alle Isole Svalbard e sia ad Ushuaia nella Terra del Fuoco ((Arg)

Offline Lucia

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Re:Italia vs. Transilvania & altre culture (hot!)
« Risposta #314 il: Novembre 27, 2014, 21:33:28 pm »
Citazione
Dato che questo forum è ospitato da un server italiano, un forum ungherese/transilvanico femminile non riesci a trovarlo? O in Ungheria/Romania non puoi iscriverti a nessun forum una volta compiuti i 31 anni?

Sono una studiosa di meccanismi di falsificazione e manipolazione della storia e del come si crea un nemico, un capo espiatorio, anche la laurea l'ho scritto su questo. Non ti preoccupare,  sono iscritta anche al ungherese Ferfihang  e anche al gruppo rumeno di Lucian Valsan dei atei, antifemministi, anticomunisti (perché lui almeno capisce che queste cose sono strettamente collegate e religione, femminismo sono ugualmente lavaggio di cervello) so cosa mi interessa e cosa non.
Forum femminili frequento con altri scopi, meno professionali. Te lo farò sapere.  :rolleyes: