Cinema, uomini, solitudini, e rabbia:
"Drive"
Azione, thriller, Nicolas Winding Refn, 2011, [Danimarca/Usa]
.“Il Miglior Film Noir che io abbia mai visto”
Robert De Niro, giurato al Festival del Cinema di Cannes 2011, dove “Drive” ha vinto il Premio per la Migliore Regia.
Non vi è alcuna possibilità di non lasciarsi folgorare da un esaltante capolavoro come “Drive”. Tributo/remake più o meno dichiarato dell'altro capolavoro di Walter Hill “Driver L'Imprendibile” (The Driver) (Usa'77), “Drive” è l'ultima opera dell'ormai è legittimo definire geniale/etto (nato solamente nel 1970), regista danese Nicolas Winding Refn, e secondo suo film americano dopo il precedente (2003) bello e sfortunato di “Fear X” con John Turturro e Deborah Kara Unger.
Film splendido. Film davvero splendido. In realtà sarà appunto questa la più bella pellicola che potrete vedere al cinema quest'anno, ed era veramente impossibile non premiarla per la Migliore Regia all'ultimo Festival di Cannes, anche se meritava il primo premio e difatti è stato il film che per i più avrebbe davvero dovuto ricevere la Palma d'Oro. E' un film che è un atto, anzi una professione di sconfinata passione, amore, per gli innumerevoli B-movie e thriller di rapine più o meno andate male degli anni '70 e '80 e fino alle atmosfere grandiosamente esistenziali ed emozionali di “Heat - la Sfida” (Usa'95) di Michael Mann, a partire dalla notturna e scintillante sequenza d'apertura ci si accorge da subito che probabilmente assisteremo ad uno dei film più indimenticabili dell'intera decade che verrà; tra le luci di una Los Angeles ripresa con le sue luci e la Skyline notturna come un immenso flipper luminoso di geometrie e solitudini esistenziali, dal nero e dall'oscurità di una chiazza di petrolio della notturna sequenza di fuga e inseguimento dell'apertura (10 minuti davvero entusiasmanti, che si vorrebbe durassero anche 20), che Refn ci mostra di saper padroneggiare un crime-movie come se lo stesse dirigendo proprio il Michael Mann di “Strade violente” (Thief/Violent Streets) ('81) che da queste parti fortunatamente conosciamo bene, e che Refn cita e omaggia con infinita devozione fin dai titoli di testa grafici in corsivo rosa, identici proprio a quelli delle scritte sui manifesti e sui titoli di “Thief”; ed è doveroso prenderne atto, dopo due 2 capolavori consecutivi come “Bronson” ('08) e “Valhalla Rising”, girare un crime-thriller notturno e losangelino realizzato con una tale padronanza di stile e sostanza, non vuol dire che c'è solo un altro regista capace di realizzare un film per una o due cose “formalisticamente” alla Michael Mann, ma che là fuori c'è un regista che è proprio fra le dieci migliori personalità cinematografiche in circolazione.
Ryan Gosling è il “pilota titolare”, ovvero “The Driver”, ancora senza nome e senza sfondo di un passato per tutto il film, proprio come Ryan O'Neil nell'originale capolavoro di Walter Hill. Come lui, è un solitario, laconicamente di poche parole, senza passato e apparentemente senza vizi, che guida automobili come se fossero un prolungamento del proprio corpo. Di giorno è un driver e stunt per “inseguimenti e pericolose scene di incidenti automobilistici” per produzioni cinematografiche di Hollywood gestite da un piccolo truffatore e direttore di garage, Shannon (Bryan Cranston), ma quando cala la notte diventa il migliore e più efficiente autista per la fuga di rapine a mano armata.
I primi 10 minuti del film mostrano a tutti ciò di cui c'è bisogno di sapere per realizzare una sensazionale sequenza d'inseguimento e caccia automobilistica al seguito di una rapina – e l'abilità del driver nella fuga, al sottrarsi alle auto e agli elicotteri della polizia che non si basa solo sulla gestione di una veloce Chevy, ma sulla sua precisione e un autocontrollo di sé inquietante, tutta alternata in grandioso montaggio con la partita all'autoradio, aumentata di volume in un momento di massima tensione che solo alla fine se ne potrà comprendere la funzione nella perfezione del suo piano di disimpegno, funzionale alla riuscita della fuga. Ma la precisione non è sufficiente, la chiave del successo del driver finora è stata il distacco. In una delle prime scene vediamo driver che espone il suo modus operandi ad un “cliente” - per la parte di denaro con cui viene pagato, per il periodo che precede il colpo e per una finestra di 5 minuti mentre si deve fuggire. Tutto ciò che viola quella finestra prima o dopo farà sì che lui se ne sia andato e non che lo rivedrete mai più.
Si tratta di una vita vissuta di notte in camere casuali di motel e dalla massima pianificazione di ogni possibile variabile, utilizzando telefoni cellulari a buon mercato, e non certo I-Phone, come schede non rintracciabili, che ricorda un po' il carattere della filosofia di Robert De Niro in “Heat -La Sfida”.
"Non ti attaccare mai a qualcosa che non puoi lasciare in cinque minuti se senti la minaccia dietro l'angolo". E questa è anche la filosofia di vita del Driver, ed è anche vero che questo suo archetipo sta per essere sconvolto, quando uno spiraglio emerge nella sua armatura.
Il Driver si trova ad avvicinarsi alla sua vicina di casa e a coinvolgersi nella sua protezione. Una giovane madre, vulnerabile, il cui marito ex-detenuto Standard (Oscar Isaac), è in debito con la mafia delle protezioni in carcere. Per cancellare il suo debito ingrossatosi e proteggere Irene e suo figlio giorno dopo giorno Standard deve compiere proprio una rapina in un negozio di banco di pegni, e a quel punto il Driver non se la sente si tirarsi indietro e si offre di aiutarlo. Ma Standard viene ucciso proprio mentre sta avviandosi verso l'auto dopo aver lasciato il luogo della rapina, e Driver si ritrova braccato. Quando riesce a fuggire dopo un tesissimo e strepitoso inseguimento d'auto, scopre che il colpo si è rivelato essere nient'altro che una trappola perfetta. Con un sacco pieno di 1 milione di dollari macchiati di sangue nel bagagliaio della sua auto e Irene e il figlio sempre più in pericolo, il Driver è costretto a una rimonta e a una lotta sempre più brutale, tutta giocata tra garage, autostrade, e i locali notturni di una Los Angeles dopo il tramonto.
Splendida narrazione cinematografica, in perenne bilico tra Sergio Leone, Michael Mann, film di heist (anche particolarmente senza trascurare la parte propriamente “tecnica”,di preparazione del “ladro”, e dei colpi), film di epocale dinamismo e azione automobilistica come “Bullit” ('68) di Peter Yates o “Vivere e morire a L.A.” (To Live and Die in L.A.) ('85) di William Friedkin e una miriade di B-movie d'exploitation, fin dalla sua stilizzata titolazione di testa al neon viola sopra citata, “Drive” finalmente, è uno di quei rari film che sa bene cosa sia e cosa vuole essere, ma sa anche cosa stia facendo, e lo fa così bene che riesce davvero ad aggiornare e trasferire nuovi dinamismi a passati cliché. Il Direttore della Fotografia Newton Thomas Sigel e Refn insieme creano una visione di L.A. di grande mestiere, come pericolosa e inebriante - una città abbagliante illuminata di notte da un milione di lampade ad arco, luci a striscia, insegne al neon dei motel e faretti degli elicotteri della polizia.
Ogni punto di luce nel paesaggio sembra offrire pericolo e azione, è come se l'intera città fosse una barriera corallina subacquea illuminata attraverso l'acqua oscura e brumosa dalle luci di una nave in superficie. Gli scatti delle luci dal faro dell'elicottero della polizia su quel famosissimo ponte sullo scolmatore di Los Angeles in cui sono stati girati innumerevoli film e telefilm oltre che memorabili scene d'inseguimento automobilistico, proprio a iniziare da obbligatoria citazione il succitato “To Live and Die in L.A.”, la gamma d'illuminazione e cromatica di Los Angeles all'inizio del film che ne detta il tono, sono tutte immagini notturne incredibilmente nitide e che ti fanno voglia di immergerti nel mondo sotterraneo della città e vedere quali dinamiche e parabole esistenziali, come le traiettorie dell'azione, sono in fase di compimento al di fuori della legge. Il primo film losangelino e notturno dal medesimo impatto visivo e stilistico che viene in mente non può essere che “Collateral” ('04) ovviamente di Michael Mann. “Drive” ha molto dello stesso impatto, e raggiunge la stessa memorabile densità e atmosfera. Si tratta sempre di film che riescono a ritrarre e restituirci L.A. come un paesaggio dalla grintosa bellezza, interrotta da una violenza intensa, seducente, e iper-reale nella sua rappresentazione.
La colonna sonora è l'elemento che forse fa pulsare maggiormente un entusiasmo quasi da infarto emozionale. Un mix dei toni da sintetizzatore che lottano con la più belle syntho-pop orecchiabile degli anni '80, e richiamano alla mente sempre Mann e le sue eclettiche scelte synth-heavy per le sue colonne sonore di un tempo, in particolare la sua collaborazione con i Tangerine Dream in “Thief” e poi nell'affascinante e misterioso “La Fortezza” (The Keep) ('83), che ha segnato quindi non solo gli heist film di decenni fa, ma anche “Drive” del 2011, nel quale in realtà tutto si sente retrò, come potrebbe essere stato messo in atto negli anni '70 - telefoni cellulari e auto moderne a parte. "Drive" è anche un film che probabilmente avrebbe potuto essere realizzato anche senza dialogo, se non solo attraverso la talmente espressiva e emozionante colonna sonora che possiede, e i commentatori sportivi delle partite che si sentono alla radio. Da qualche parte ho letto che ci sarà un opzione sul BluRay proprio per questo, per poter vedere il film senza la colonna dialoghi.
Gosling è perfettamente intonato come personaggio dalla vita ritirata, apparentemente gelido come il ghiaccio, un solitario al centro di tutto. Come un attore che ha già ''occupato'' spesso lo schermo con il suo evidente carisma (vedi “Half Nelson”), è piacevole vederlo qui spesso riflesso sul quadrante del tachimetro della sua Mustang, in un'interpretazione essenziale, prosciugata fino a pochi gesti e sguardi, alla quale ha contribuito in maniera massiccia un abbigliamento iconico (aspetto già che mi arrivi via Ebay la giacca argento con il logo dello scorpione, ispirata direttamente da “Scorpio Rising” ['63] di Kenneth Anger) e alcuni intensi momenti di scene iperviolente piazzate a scioccare lo spettatore, come quella bellissima e gia' molto pubblicizzata del bacio in ascensore, dove Gosling si mostra abile nel lato fisico del ruolo. Carey Mulligan (che nella scorsa stagione aveva interpretato la figlia di Gordon Gekko/Michael Douglas in “Wall Street: The Money Never Sleeps” ['10] di Oliver Stone) è forse inevitabilmente un po' in ombra dato anche il suo ruolo in sottrazione avente a che fare con la maggiore difficoltà del ruolo, ma il cast di supporto in caso contrario si distingue, in particolare Albert Brooks, che come attore comico e pure di grande successo almeno negli Stati Uniti non mi aveva mai entusiasmato, il quale è evidente quanto si diverta a interpretare un tipo come l'ex-magnate di Hollywood che sembra aver deciso di essere un gangster dopo la fine della sua carriera di produttore negli anni '80. Bellissimo quando dice nel garage :- “Sai, ho prodotto un po' di film d'azione e sexy negli anni '80, hanno anche avuto un certo successo. Un critico scrisse, che avevano un qualcosa di “europeo”.
C'è una certa freddezza trattenuta e voluta, nelle interpretazioni, ma questo è in linea con il tono complessivamente gelido.
Guardate, ammirate “Drive”. Ignorare tutto quanto c'è stato prima e da cui è derivato, per chi è così sensibile e acculturato da coglierlo alla prima citazione, i vostri occhi e le vostre orecchie meritano la superba bellezza che li riempirà.
Suicide Is Painless
Refn ha sostituito come regista il britannico Neil Marshall di “Dog Soldiers” ('03), “The Descent - Discesa nelle tenebre” ('06), “Doomsday - Il Giorno del giudizio” ('08), e “Centurion” ('10), un altro dei migliori registi appena quarantenni in circolazione. Refn è stato poi preso per mano da Ryan Gosling per il progetto.
Ron Perlman, altro grande caratterista del cinema americano, ha avuto a suo dire il ginocchio in frantumi durante le riprese, quando un'onda lo ha colpito durante la scena notturna sulla spiaggia.
In preparazione per il suo ruolo, Ryan Gosling restaurò la sua Chevy Malibu del 1973 personale, che utilizza il suo personaggio nel film.
“Drive” è il primo film di Nicolas Winding Refn basato su un romanzo, e primo film di cui non ha anche scritto la sceneggiatura.
Jacinda Barrett fu provinata per il ruolo di Blanche.
Nicolas Winding Refn ha chiesto consiglio a Gaspar Noé su come rendere la scena della testa schiacciata a calci brutale e realistica (e Noé di queste cose se ne intende, per chi si ricorda di un'analoga celebre scena in “Irrevèrsible” ['02]).
Irene e Standard erano originariamente una coppia ispanica prima che venisse scelta Carey Mulligan per il ruolo di Irene.
Nicolas Winding Refn, nonostante ciò possa apparire dal tema del film, non ha alcun interesse feticistico nelle automobili. Egli non possiede una patente di guida e ha fallito il suo esame di guida 8 volte.
Ron Perlman ha avuto il ruolo di Nino dopo aver spiegato a Nicolas Winding Refn che voleva essere "un ebreo che vuole essere un gangster italiano, perché questo è quello che è, un ragazzo ebreo di New York".
L'idea di Driver di ascoltare la radio nel momento di massima tensione, nell'attesa che i rapinatori escano per fiondarsi nell'auto, è nata quando Ryan Gosling ha accompagnato Nicolas Winding Refn a casa sulle colline di Los Angeles dato che lui appunto non ha la macchina, mentre alla radio c'era un famoso pezzo degli anni'80 della rock band melensa REO Speedwagon. Refn al momento aveva un raffreddore.
Quando racconta al figlio circa il primo incontro con la madre Irene, Standard (Oscar Isaac) dice il suo cognome il quale è evidente che è 'Gabriele'.
Christina Hendricks, Ron Perlman, e Bryan Cranston sono tutti attualmente dei notissimi ”Mad Men” interpreti di popolarissime serie della TV via cavo americana. ( rispettivamente "Mad Men”, "Sons of Anarchy” e "Breaking Bad”).
Nonostante le immagini elaborate e realistiche di Los Angeles, Nicolas Winding Refn non era a conoscenza della città. Refn per conoscere la città ha trascorso la maggior parte del suo tempo con Ryan Gosling.
La splendida, strepitosa canzone sugli entusiasmanti titoli di testa, "Nightcall" di Kavinsky, è stata suggerita dal collaboratore alla scelta dei brani musicali Mat Newman. La canzone è stata già utilizzata anche in “The Lincoln Lawyer” ('11) di Brad Furman, con Matthew McConaughey, Marisa Tomei, Ryan Philippe, John Leguizamo, Michael Pena, Frances Fisher, Bob Gunton, e anche qui Bryan Cranston, e William H. Macy. Bel film al solito completamente ignorato dalla distribuzione italiana. Anche la costumista Erin Benach ha lavorato a entrambi i film.
Oscar Isaac ha lavorato con Nicolas Winding Refn per sviluppare ulteriormente il suo personaggio, Standard, come un archetipo ma anche meno stereotipato, dell'ex detenuto.
La Direttrice del casting Mindy Marin, la scenografa Beth Mickle e la costumista Erin Benach, avevano tutte lavorato con Ryan Gosling prima di "Drive". Quest'ultima ha disegnato i distintivi abiti per Gosling in “Half Nelson” e "Blue Valentine”, così come in questo film.
Angelo Badalamenti era stato inizialmente segnalato per comporre la colonna sonora prima che venisse invece scelto Cliff Martinez, ed è stata un'enorme fortuna in quanto Badalamenti purtroppo è attualmente piuttosto bollito.
Carey Mulligan ha vissuto a casa di Nicolas Winding Refn durante il suo orario di lavoro sul film.
Spoiler
I Trivia e le curiosità di seguito possono rivelare importanti aspetti della trama.
Secondo Nicolas Winding Refn, la scena della testa schiacciata a calci è stata tagliata tremendamente a causa della MPAA (Motion Picture Association of America), l'ente della censura americana, affermando che era troppo violenta.
Christina Hendricks (nel ruolo di Blanche), nonostante il forte richiamo della sua notorietà come protagonista della serie TV di enorme successo, ha meno di 10 minuti di tempo di presenza schermo.
A causa del suo piccolo bilancio, gli effetti cruenti sono stati aggiunti digitalmente sul sangue finto durante la post-produzione, per la sequenza cruentissima della morte di Blanche (che cita evidentemente “Scarface” ('83) di Brian De Palma, per la morte dell'assassino in tuta marrone armato di fucile, Cook, per la morte con il rasoio di Shannon.
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