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La crociata contro l’obiezione di coscienza ha portata globale: tutti i governi del cosiddetto mondo Occidentale si stanno muovendo con strumenti giuridici combinati ad iter formativi per il personale medico.
Nell’articolo che riportiamo si parla del caso del Lazio e delle vicende lavorative dell’ostetrica svedese licenziata perché obiettrice. Il tutto seguendo il concetto del primato della legge sulla coscienza, idea che minimizza i margini del diritto di esprimere la propria libertà.
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Roma. Il giurista francese Gérard Mémetau ha scritto che il processo di Norimberga avrebbe dovuto definitivamente sancire il diritto all’obiezione di coscienza, altrimenti dovremmo affrettarci a riabilitare i medici nazisti condannati al patibolo. Adesso è in corso una campagna internazionale contro i medici e i farmacisti obiettori (da ultimo il Lazio del governatore Zingaretti). Una campagna a colpi di sentenze nei tribunali, statuti universitari, protocolli sanitari.
In Inghilterra il prestigioso Royal College of Obstetricians and Gynaecologists, che forgia la classe dirigente medica del Regno Unito, ha appena stabilito che i medici e le infermiere che per ragioni di coscienza non vogliono prendere parte a procedure abortive non potranno più specializzarsi, anche se completano gli esami e i corsi previsti. Ecco le nuove linee guida. “I tirocinanti devono essere in grado di dimostrare la loro competenza nella consulenza sugli aborti”. “Ogni medico che si rifiuta di fornire qualsiasi servizio per motivi di obiezione di coscienza può trovarsi in violazione dei doveri del medico, con conseguenze potenzialmente gravi”. A livello globale, l’obiettore è chiamato “torturatore”, come nel “Rapporto del relatore speciale sulla tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti” presentato durante la 22esima sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu. L’obiezione di coscienza all’aborto infliggerebbe “una forma di tortura alla donna”.
Di recente lo studioso americano Paul Coleman ha pubblicato un saggio in cui spiega che la guerra in occidente all’obiezione di coscienza fa parte di una forma di vessazione “bianca”, all’apparenza incruenta. “Ma non dovremo aspettare a lungo prima che la parola per descrivere questo fenomeno diventi persecuzione”.
La settimana scorsa persino in Polonia il premier Donald Tusk ha dichiarato che un medico non potrà obiettare sull’aborto. “Al di là di quello che dice la sua coscienza, un dottore deve seguire la legge”, ha detto il primo ministro a Polskie Radio. Il caso è scoppiato dopo la petizione di tremila medici che annunciavano che avrebbero violato la legge pur di rispettare la loro coscienza.
“Lo stato può costringere a uccidere”
L’iniziativa è di Wanda Poltawska, professoressa a Cracovia presso la Clinica psichiatrica dell’Accademia di Medicina, collaboratrice di Giovanni Paolo II sui temi della vita umana e superstite degli esperimenti medici nel campo di concentramento di Ravensbruck. A favore della petizione il cardinale Gerhard Müller, prefetto della congregazione per la Dottrina della fede. “La teoria dominante oggi vuole che la legge dello stato sia superiore alla morale o che si tratti di una fonte di etica, a prescindere dalla sua formulazione, e che, per esempio, lo stato può costringere un medico – contrariamente alla sua coscienza – a uccidere un bambino non ancora nato”, ha detto Müller. Il positivismo impera. E’ quanto è appena successo nella socialdemocratica Svezia, dove l’ostetrica Ellinor Grimmark è stata licenziata dall’ospedale di Eksjö per essersi rifiutata di praticare aborti.
Cercando lavoro in altre strutture, l’ostetrica Ellinor Grimmark si è vista chiudere diverse porte in faccia, nonostante nel sistema sanitario svedese ci sia carenza di ostetriche. Al quotidiano Aftonbladet la donna ha spiegato: “Come ostetrica voglio difendere e salvare a ogni costo la vita. Gli operatori sanitari in Svezia dovrebbero forse essere obbligati a prendere parte a procedure che eliminano la vita, al suo stadio iniziale o finale? Qualcuno deve mettersi dalla parte dei piccoli, qualcuno deve combattere per il loro diritto alla vita”. Se siete medici in Svezia, dimenticatevi il giuramento di Ippocrate: se vi rifiutaste di compiere un aborto, potreste essere anche imprigionati, in base a una legge del 1973. In Polonia nelle scorse settimane l’ostetrica Agata Rejman è stata sanzionata per diciassettemila dollari per essersi rifiutata di partecipare a un aborto in una clinica privata di Rzeszów. Tanto costa la verità?
Negli Stati Uniti si attende il pronunciamento della Corte suprema sul colosso Hobby Lobby, che rifiuta di fornire ai suoi dipendenti i contraccettivi gratuiti, così come impone l’Obamacare, e invoca l’obiezione di coscienza. Quest’ultima è assente dal progetto del Department of Health and Human Services, che impone a tutti i datori di lavoro, anche a quelli di ispirazione religiosa, di pagare ai dipendenti assicurazioni inclusive di coperture per contraccettivi e abortivi.
Anche nella Francia socialista c’è l’iniziativa parlamentare per proibire l’obiezione di coscienza. “Supprimer la clause de conscience spécifique à l’Ivg”, recita il testo di legge. Ovvero: “Sopprimere nell’articolo 2212-8 del codice della sanità pubblica la menzione esplicita dell’obiezione di coscienza formulata così: ‘Un medico non è mai tenuto a praticare un’interruzione volontaria di gravidanza’”. E’ una delle iniziative che l’Alto consiglio per l’uguaglianza tra uomini e donne (Hcefh) ha indicato al ministro Najat Vallaud-Belkacem per rendere “quello all’aborto un diritto un po’ più come tutti gli altri”. L’iniziativa si fa forte di una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Due farmacisti di nome Pichon e Sajous avevano rivendicato il diritto a negare la vendita di prodotti abortivi. Ma la Corte ha stabilito che l’obiezione non può prevalere su terzi. In Irlanda si discute di una norma secondo cui “nessuna istituzione, organizzazione o terza parte possa rifiutare di provvedere a una legittima interruzione di gravidanza a una donna sulla base di una obiezione di coscienza”. I medici in Norvegia sono sottoposti a pressione perché partecipino alle procedure abortiste contro la loro coscienza. Dal ministero della Salute, Robin Kass ha affermato che “se neghi a un paziente contraccezione o aborto non puoi essere un medico”. In Scozia, due ostetriche hanno fatto causa ai propri ospedali dopo che i manager avevano obbligato le due a supervisionare aborti contro la loro volontà. Il tribunale ha stabilito che “la clausola di coscienza non si applica alle ostetriche”.
Lo stato di New York ha stabilito che i medici che vogliono ottenere la licenza devono eseguire aborti nel loro training. Lo stesso ha deciso l’American College of Obstetricians and Gynecologists, che ha pubblicato il regolamento etico che nega ai suoi membri l’obiezione di coscienza. La vicenda è esplosa sul caso di Catherina DeCarlo, l’ostetrica del Mount Sinai Hospital di New York, costretta a partecipare all’aborto di un bambino di ventidue settimane nonostante avesse fatto obiezione di coscienza. Se non avesse preso parte alla “procedura”, la direzione dell’ospedale l’avrebbe accusata di “abbandono del paziente”, facendole perdere così la licenza.
Il National Health Service inglese ha diramato una direttiva in cui si chiede agli ospedali di fornire i nomi dei medici obiettori e ha imposto che queste strutture non possono assumere medici obiettori se non è presente un medico che esegue aborti. In Olanda l’obiezione di coscienza è stata impugnata da parte dei farmacisti che si rifiutavano di fornire i veleni per l’eutanasia. Sconfitti: “Una farmacia non è un negozio dove delle droghe mortali vengono consegnate”, ha detto il portavoce dell’associazione farmacisti. Ma la resistenza è subito rientrata, dopo che un gruppo di parlamentari ha ricordato loro che sono obbligati dalla legge a fornire i farmaci della morte. Si arriva, infine, all’abolizione del giuramento scritto nel V secolo a. C. da un medico greco di Cos, quell’Ippocrate ammirato da Platone, e che a generazioni di medici ha imposto il dovere, non l’obiezione, di non dare, nemmeno se richiesto, “farmaco mortale” o “rimedio abortivo”. Poche righe millenarie a protezione di tutta la vita nascente e terminale. La Cornell University ha per prima approvato una nuova versione del giuramento con cui si accede alla professione medica. Niente più riferimenti all’aborto, ma attenzione al “bene del malato”, fino alla sua eliminazione. La rivista inglese Lancet ha pubblicato la nuova “Carta dei doveri del medico”. Così negli Stati Uniti, come riporta l’American Medical News, “soltanto una facoltà di medicina cita ancora l’aborto nel giuramento ippocratico”. Tutte le altre lo hanno cancellato. Non esiste più. Non si vogliono più medici, ma esecutori in camice bianco.
Giulio Meotti
Fonte: Il Foglio