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Bambino di Cittadella: chiesti due anni per la madre. Riconosciuto il maltrattamento psicologico
I genitori di Cittadella
05/07/2014 - 21.16
La vicenda del bambino di Cittadella (infinita come tutte quelle che hanno la sfortuna di essere disciplinate da un tribunale italiano) è lo specchio dell'Italia che non funziona, che critica e sbraita incantata da un giornale di bottega o dallo sguardo accattivante e serioso di una conduttrice televisiva regolarmente schierata.
I due anni di condanna chiesti dal PM per la madre del bimbo trascinato a forza (e poi salvato, e ripreso, e quindi nuovamente salvato), più un anno per i nonni materni, testimoniano che la denuncia per maltrattamenti psicologici del padre non era poi così campata in aria.
Di più, questa richiesta, se sarà seguita da una condanna, potrebbe costituire un involontario deterrente per quei genitori che decidono di alienare a un figlio l'affetto dell'altro genitore. I riscontri, del resto, sono risultati evidenti: le violenze morali e psicologiche trovavano puntuale riscontro nei comportamenti del figlio, che arrivava a sputare all'indirizzo del papà sull'onda di un condizionamento che è una forma di vero maltrattamento.
Il padre si era costituito parte civile, ma, come spesso accade, terminata la conflittualità i rapporti con la ex moglie si sono fatti più distesi, e lui si è ritirato dal processo per attenuare gli effetti giudiziari e sanzionatori ai danni della madre.
Non è una circostanza da poco, questa, per almeno due motivi.
Il primo è che la conflittualità - se si ha intenzione di farlo, con l'autorevolezza del caso - può essere spenta anche forzosamente, individuando la fonte del conflitto (o chi lo alimenta con i suoi comportamenti) e marginando la sua presenza in ambito genitoriale, senza per questo eliminando il genitore conflittuale dalla vita dei figli.
Il secondo è che i tempi della giustizia sono più lenti - enormemente più lenti - dei tempi che occorrono a due genitori per mettere in atto il buon senso e la razionalità. Gli ex coniugi di Cittadella sono arrivati prima dei giudici, e oggi la condanna della madre rischia certamente di creare nuovi attriti.
Un terzo insegnamento arriva anche per gli avvocati che cercano di cavalcare (con scarsa fortuna) la scena mediatica sull'onda dello scalpore suscitato dalla vicenda. L'avv. Coffari, difensore della mamma, continua a lanciare strali contro la c.d. PAS, ma sa già di essere stato sconfitto, ancora una volta, dalla ragione e dall'evidenza.
Non è la prima volta che i suoi impianti accusatori crollano inesorabilmente di fronte alle decisioni dei giudici.
Forse sarebbe il caso di rivedere un pò le strategie e, per una volta, provare a schierarsi con i bambini.
Fonte: Redazione