tempo fa ho provato a intervenire sul blog abbattoimuri, ma la titolare non ha smoderato il mio commento in cui alludevo alla sua frequentazione dei blog qmmisti- mi sembrava giusto che dicesse quale fosse stata la sua palestra e dove avesse approfondito e riflettuto su certi temi (come certamente non aveva potuto fare sui siti e i blog femministi da cui sarebbe stata bannata come troll, provocatrice, commentatrice compulsiva, ecc.). Mi spiegò che non poteva pubblicare il mio commento perché, sai, le compagne non capirebbero, non servirebbe alla causa, ecc.
Ah, be', ho pensato. Però molti dei suoi argomenti "critici" - rispetto al femminismo mainstream di terza ondata - li aveva presi, pari-pari, da lì. Mi è sembrato poco onesto non dichiararlo: non dichiarare che solo sui siti e sui blog della QM si parlava di violenza delle donne, per esempio, argomento tabù nel mondo femminile/femminista.
Più tardi, una nota blogger femminista - che credevo in rotta con FS, data l'apparente diversità di posizioni - un bel giorno mi rivelò che invece erano amicone e si presentavano libri a vicenda. Come dire: scemotta, ci sei cascata.
E ho ri-pensato: ah, be'.
Chi si definisce, oggi, femminista - critica o non critica - continua a nuotare nello stesso brodo narrativo del complotto patriarcale, di vittime e carnefici, di violenza di genere, femminicidio, e via dicendo. Non vedo ancora grosse differenze tra le varie voci in campo.
Si sono fermate a Eboli, mi pare.
La nuova campagna #Idon'tneedfeminism sta suscitando polemiche, però. Emergono piccole differenze, qualche piccolo scontro. Io dico bene, non perché mi interessi vedere stroncato un movimento (che avrà pure avuto i suoi meriti in passato), ma perché significa che la vecchia strada degli errori sta diventando sempre più impercorribile.