Fonte :
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-ci-manca-la-legge-sulla-ciccionefobia-10011.htmCi manca la legge sulla ciccionefobia
di Stefano Magni
12-08-2014 AA+A++
Ma il nemico non era il
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“Ma allora perché non una legge contro la ciccionefobia??” si chiedeva Mario Adinolfi (Pd) prendendo in giro Parenzo e Cruciani, a La Zanzara, su Radio24, a proposito della legge sull’omofobia. Una legge contro la ciccionefobia? Buona idea. Qualcuna lo ha preso sul serio. Attualmente è parcheggiata alla Camera una proposta di legge contro l’istigazione ai disordini alimentari. Non una legge qualunque, ma una proposta di riforma del codice penale, che introdurrebbe una nuova tipologia di reato. Non reprime il bullismo contro i ciccioni. No. Lo previene: punisce chi, per paura di diventare abbondante come Mario Adinolfi, invita gli altri a dimagrire. Prima firmataria è Michela Marzano, deputata del Pd, la stessa che si è distinta in difesa della legge sull’omofobia.
«Gli studi condotti in Italia sui disordini del comportamento alimentare sono ancora relativamente pochi – leggiamo nella relazione della proposta Marzano - e per la maggior parte limitati a realtà regionali». Seguono una serie di stime e proiezioni che, evidentemente, sono tutt’altro che solide, essendo gli studi ancora “relativamente pochi” e geograficamente “limitati”. Più in là nel testo leggiamo anche che: «La presente proposta di legge non ha però vocazione a spiegare le origini e le dinamiche che sono alla base dei disordini alimentari. Tanto più che, ancora oggi, le loro cause non sono del tutto note». Tuttavia: «Il compito del Parlamento è prendere atto della gravità del fenomeno; constatare il fatto che gli esperti sono unanimi nel sottolineare che le manifestazioni sintomatiche di questi disturbi sono legate all'eccessiva importanza attribuita al controllo dell'alimentazione, del peso e della forma del corpo; capire che esiste, a livello legislativo, la possibilità di contrastare in modo concreto la diffusione e la promozione dei disturbi del comportamento alimentare e di favorire misure di prevenzione e di diagnosi precoci». Allora: se finora si è detto che dell’anoressia, delle sue cause e della sua diffusione si sa ancora poco, come fanno gli “esperti” ad avere un parere “unanime” sulla natura sociale e culturale di questi disturbi? Chi propone la legge lo dà per scontato, tanto che chiede: «… si dovrebbe permettere alle Forze di polizia di agire in modo tempestivo e di mettere in atto una serie di misure di contrasto all'incitamento a comportamenti alimentari che possono minacciare gravemente la salute fino a compromettere in modo irreversibile l'integrità psico-fisica delle persone colpite e, nei casi più estremi, a provocarne la morte. Si tratta soprattutto di contrastare in maniera efficace la diffusione esponenziale dei siti “pro-ana” e “pro-mia” che, attraverso blog e chat, incitano e diffondono comportamenti anoressici e bulimici esaltando l'anoressia e la bulimia come modalità di vita».
La proposta di legge intende introdurre, nell’articolo 580 del Codice Penale anche questa sanzione: «Chiunque, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, istiga esplicitamente a pratiche di restrizione alimentare prolungata, idonee a provocare l'anoressia, la bulimia o altri disturbi del comportamento alimentare, o ne agevola l'esecuzione è punito con la reclusione fino a un anno e con una sanzione pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000». Se il reato è commesso «nei confronti di una persona minore di 14 anni o di una persona priva della capacità di intendere e di volere, si applica la pena della reclusione fino a due anni e di una sanzione pecuniaria da euro 20.000 a euro 100.000». È incredibile la vaghezza espressa da questo “chiunque”, che è l’oggetto della legge. Non solo i siti pro-ana e pro-mia, ma “chiunque”: quasi tutti gli stilisti, quasi tutte le modelle, la rivista Vogue e la sua direttrice (notoriamente fanatica dell’estetica della magrezza), i siti dietisti, i siti salutisti … praticamente qualunque cosa circoli sul cibo potrebbe finire sotto la scure della legge, lasciando ampio margine all’arbitrio della magistratura.
Abbiamo dunque una proposta di legge tanto fragile nelle sue basi, quanto arbitraria nei suoi esiti. Che cosa può spingere a sostenerla? L’anoressia è un problema serio. L’istigazione all’anoressia è, al contrario, un artificio politico e retorico. Aiutare le famiglie ad affrontare casi di anoressia entro le proprie mura domestiche sarebbe una proposta seria. Punire chi “istiga” l’anoressia, anche chi anoressica lo è già (come l’autrice media dei siti pro-ama), può essere addirittura controproducente, come sempre quando lo Stato ficca il naso dentro delicati equilibri familiari.
Da cosa ha origine una proposta simile? È una iniziativa bi-partisan, esclusivamente femminile, che trova d’accordo le donne di tutto l’arco parlamentare. Dopo la legge contro il femminicidio (uno sterminio di genere che non esiste), quella contro l’istigazione ai disturbi alimentari è un altro modo per dimostrare l'esistenza di un partito trasversale delle donne. Quel partito, cioè, che introduce in agenda temi che finora i maschi non hanno affrontato, vuoi per “preconcetto”, vuoi per ignoranza dei “problemi del mondo femminile”. L’inconsistenza di queste proposte, però, dimostra proprio come non esista alcun ruolo peculiare della donna in Parlamento. Combattere contro i mulini a vento del femminicidio o dell’istigazione ai disturbi alimentari, così come combattere contro i mulini a vento dell’omofobia, non vuol dire scoprire un problema che finora non è stato affrontato. Vuol dire, semplicemente, combattere contro mulini a vento. Una perdita di tempo, che per di più è rischiosa, considerando i pericoli che queste proposte di legge comportano per la libertà di espressione. E, nel caso di quest’ultima proposta di legge, anche per la libertà personale nel suo complesso. Suggerire una dieta rigorosa, una volta approvata questa legge, potrebbe far finire dietro le sbarre.