Autore Topic: "Dove sono i padri dei figli uccisi con la L.194 ?" Il libro "Lui e l'aborto" .  (Letto 951 volte)

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Offline Stendardo

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Fonte : http://www.diocesidicremona.it/main/base1.php?id=sknewsfoto&idrec=4916

«Dove sono i padri dei figli
uccisi con la legge 194?»
Il libro «Lui e l'aborto»
di Antonello Vanni

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Dove erano, e dove sono, i padri degli oltre cinque milioni di bambini non nati dopo il varo della legge 194/78 che ha legalizzato l’interruzione di gravidanza in Italia? A questa domanda tenta di dare una risposta Antonello Vanni, docente in una scuola paritaria e prolifico saggista, attraverso una ricerca, edita da San Paolo, dal titolo emblematico: «Lui e l'aborto. Viaggio nel cuore maschile». Proprio Vanni, sabato 1° febbraio, alla Libreria Paoline ha descritto il suo volume, incalzato dalle domande del dottor Paolo Emiliani, presidente del Movimento per la Vita di Cremona. L'incontro è stato promosso dall'ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, dal Centro pastorale diocesano e dalla libreria cattolica di via Decia.
 
Photogallery della presentazione
 
Presentazione del dottor Emiliani         Dialogo tra Emiliani e l'autore del libro
 

«La legge 194 - ha esordito Vanni - ha da subito chiarito che il padre, laddove la madre intenda ricorrere all’aborto, non conta nulla, non può dire la sua opinione, specialmente se contraria all’uccisione di una esistenza alla cui origine ha dato inizio insieme alla madre. Fatto ingiusto che, già dai primi anni, molti giuristi criticarono con forti dubbi sulla legittimità costituzionale di questa norma pregiudicante il diritto alla paternità del genitore e il principio di uguaglianza dei coniugi sancito dalla Costituzione».

L’uomo, dunque, non deve essere informato, non deve dare il suo consenso, non ha voce in capitolo sulla vita o sulla morte del bambino. Con conseguenze psicologiche anche gravi: diversi studi infatti riportano che nell’uomo esiste una reazione negativa all’aborto simile a quella riscontrata nella donna.

«Questa sofferenza - ha proseguito Vanni - è stata chiamata trauma post abortivo maschile: una reazione a catena che erode l’identità personale maschile, da un lato minandone l’autostima, dall’altro soffocandola con il senso di colpa e il rimorso che ne deriva»

Non solo: «in questo processo psicologico negativo viene impedita anche la maturazione di una compiuta identità di genere. Infatti, per il maschio, contribuire al concepimento di un figlio significa vivere il nucleo centrale della virilità, dell’essere davvero uomini: la capacità, intesa anche come forza e potenza, di avviare il processo vitale di un altro essere umano».

Nel libro vi sono moltissime testimonianze di uomini che hanno vissuto questo trauma: «Addirittura uno di loro - ha raccontato l'autore - , schiacciato dal senso di colpa, si è fatto missionario ed è andato in Africa ad aiutare i bambini più poveri».

Per Vanni occorre anzitutto scardinare l'idea che l’aborto non riguardi l'uomo. «È questa - ha spiegato -  una delle manifestazioni della crescente passività dell’uomo nell’occidentale "società senza padri"»

Un padre a cui nessun padre ha trasmesso il sapere della responsabilità maschile nei confronti della famiglia, non saprà (ma neppure spesso vorrà), difendere la vita del figlio. Il tema dell’aborto interseca dunque subito quello dell’implosione del maschile e della sua cultura nella società di oggi. Le leggi sull’aborto, che hanno tolto ai padri ogni diritto di parola (e persino ad essere ascoltati) sulla vita dei loro figli sono state votate da Parlamenti a grande prevalenza di uomini. Si tratta di una scissione tra il potere maschile e la vita nascente, tra le istituzioni e la continuazione della vita, sulla quale occorrerà riflettere, a lungo. E lavorare, e cambiare, molto.

Scrive il prof. Risé nella prefazione: «Tuttavia la "dimissione" del padre dalla questione della vita del figlio è di natura soprattutto ideologica, mentale, non affettiva. Il "cuore" maschile, che Antonello Vanni presenta, è profondamente ferito, e non per vanità. L’anima, la psiche si ribella alla soppressione della nuova vita (che rappresenta anche, sempre, le proprie possibilità di rinnovamento). La depressione o i diversi disturbi psichici che si impadroniscono del padre dopo la decisione di sopprimere il bambino, e poi dopo l’aborto, parlano proprio di questa ribellione profonda, ed il libro presenta questi materiali con precisione, e partecipazione emotiva. Evitando dunque quel rischio di "neutralità sociologica" che, nelle questioni di vita o di morte, come questa, agisce come ulteriore diffusore delle patologie presenti nella società».

Ci si potrebbe chiedere: chi sono i destinatari di un libro che parla dell’uomo e dell’aborto? «Di certo gli uomini - ha continuato Vanni - : perché diventino consapevoli della loro importanza nel dare la vita e maturino un sentimento della paternità più responsabile. Poi le donne: perché colgano quanto sia importante coinvolgere gli uomini in una decisione che può cambiare il valore della loro relazione, oltre a determinare la vita di un altro essere umano indifeso e totalmente dipendente dalle loro scelte».

Il libro è anche per chi si occupa delle coppie che aspettano un figlio e sono indecise se farlo nascere o no: «Interpellare la figura maschile, tralasciando i pregiudizi da cui è stata investita in mezzo secolo di campagne abortiste, può essere uno strumento efficace per salvare tanti bambini. Spesso le coppie decidono di abortire perché l’uomo ha perso il lavoro e si teme di non poter affrontare economicamente il futuro, tuttavia ho raccontato casi in cui gli operatori dei Cav hanno aiutato i padri a trovare un’occupazione e i bambini sono felicemente nati».
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius