l'articolo è più lungo e parla in generale di disoccupazione , qui:
http://ovadia-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/03/09/chi-perde-il-lavoro-perde-se-stesso/
riporto solo la parte che parla dei due sessi.
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http://ovadia-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/03/09/chi-perde-il-lavoro-perde-se-stesso/Dicono le statistiche che, in tutta Europa, l’ultima ondata di licenziamenti ha colpito più gli uomini delle donne, perché queste ultime, in media, pesano meno sui bilanci delle società e ricoprono ruoli intermedi ed esecutivi. Questo ha fatto crescere le coppie in cui i classici ruoli di genere sono invertiti: lei manda avanti la famiglia, lui è a casa.
Il giornalista di Economywatch.com, Vladimir Gonzales, ha chiamato questo fenomeno he-cession, con un gioco di parole tra il termine “he”, lui, e il termine “recession”, recessione.
In questo caso, oltre alla perdita del ruolo di lavoratore, è anche l’identità di genere a entrare in crisi. Poiché mediamente l’uomo guadagna più della donna, la mancanza del suo stipendio si fa sentire anche nei casi più fortunati, e richiede sacrifici come la disdetta dell’asilo nido o della baby sitter per i figli, oppure la rinuncia alla badante per i genitori. L’uomo, di colpo, si trova a dover gestire la casa e la famiglia, senza essere preparato. E non può neanche contare sulla comprensione della compagna, che spesso non vede dove sta il problema: quando accade l’opposto, pare normale a tutti che la donna stia a casa per favorire l’equilibrio economico della famiglia.
Il peso della “casalinghitudine”, però, esiste davvero, dal momento che le statistiche degli uffici collocamento italiani dicono che il 20 per cento delle donne che lavorano smette dopo la nascita dei figli e raramente riprende: non sempre perché non desidera rientrare nel mondo del lavoro, ma più spesso perché perde gli strumenti necessari, compresa l’abitudine a mostrarsi sotto la luce migliore, necessaria a fare bella figura nei colloqui di lavoro.
Portare il denaro a casa è un elemento fondante dell’identità maschile, che anni di educazione alla parità dei ruoli hanno scalfito solo in parte: va bene condividere le responsabilità lavorative e persino quelle casalinghe, ma invertire i ruoli è ancora molto conflittuale.
In Estonia, paese che, con la Finlandia e l’Islanda, ha visto crescere negli ultimi due anni la disoccupazione maschile a fronte di un maggior impiego di donne, è cresciuta parimenti la violenza sessuale e domestica. Un fenomeno che i Governi locali guardano con preoccupazione e per scongiurare il quale hanno messo in piedi costose campagne di sensibilizzazione.
La disoccupazione è un dramma per tutti, non solo dal punto di vista economico ma anche psicologico. Il lavoro è correlato allo status sociale di una persona e costituisce la base sulla quale immaginare il proprio futuro. Le donne sono forse più protette dalla depressione e dalla perdita di autostima grazie alla possibilità di definirsi casalinghe, ma questo non cambia la realtà. Se non è una scelta volontaria, stare a casa, per un uomo come per una donna, è perdere una parte di sé.