Autore Topic: Lettera di un membro di maschile plurale sulle false accuse di una ex femminista  (Letto 4918 volte)

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Offline Stendardo

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Fonte : http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2014/08/12/laffaire-maschileplurale-tutti-sconfitti/

Sono io quello di Maschile plurale accusato da una mia ex compagna di aver agito violenza su di lei. Non è per provare a convincere qualcuno/a dell’infondatezza di tali accuse che ho deciso di prendere adesso la parola. Considero, anzi, non solo per nulla sorprendente, ma perfino giusto che una certa sensazione di dubbio rimanga, sempre e comunque, anche in chi leggesse queste mie righe con animo il meno pregiudizialmente ostile. Ho passato molti anni a dire che nessun uomo può pretendere di essere considerato immune da possibili comportamenti violenti, e non ho assolutamente cambiato idea in questi mesi. Tante persone in quest’ultimo, surreale periodo mi hanno detto: non crederò mai che uno come te abbia davvero potuto commettere gli atti di cui è accusato. A tutte ho risposto: ti ringrazio ma ti sbagli, in un ambito come quello della violenza maschile sulle donne non può esistere sulla faccia della terra alcun uomo, neppure il più insospettabile, che di fronte all’accusa di una donna possa essere considerato a priori incolpevole. Da sempre la penso così. Tutto quello che ho sempre pensato della violenza maschile sulle donne non è cambiato di una virgola a causa di questa vicenda.

Non ho però mai pensato che invece le donne, perché donne, siano naturalmente o culturalmente immuni da comportamenti aggressivi, distruttivi, anche violenti; ma in generale la violenza nelle relazioni è chiaramente una prerogativa maschile, ed è un comportamento che gode di una più o meno esplicita complicità, connivenza, impunità di fatto anche sul piano giuridico. Anche questo l’ho sempre pensato e continuo a pensarlo oggi. Ma è possibile che uno che da tanti anni dice tutto questo – e magari ci crede anche sinceramente – abbia davvero commesso violenza su una donna? Certo che è possibile. Come è possibile, d’altra parte, che non lo abbia fatto. O addirittura che in realtà costui venga accusato di averlo fatto perché questo è il modo più rapido, sicuro e potente di rovinare la sua vita personale, familiare, amicale, professionale ecc. Anche questo è possibile. Per me, quest’ultima ipotesi è molto più che una possibilità. Non chiedo a nessuna/o di crederci, ma di considerare la seguente domanda: c’è forse qualcuno/a che, in tutta onestà, possa affermare di escludere categoricamente una pur minima probabilità che questo possa mai succedere?

Abbiamo visto accadere, troppo spesso, che le persone reagiscano alla fine non voluta di una relazione in modo decisamente aggressivo; le persone, dico, perché non sarebbe esatto affermare che si tratta di comportamenti esclusivamente maschili, sebbene questi siano certamente quelli di gran lunga più gravi, sia quantitativamente che qualitativamente. Non voglio, ripeto, convincere nessuna/o che questa sia l’unica chiave in cui leggere tutta la storia. Per certi aspetti, non lo penso neppure io: per esempio, varie dinamiche di quella relazione mi hanno interrogato e mi interrogano autocriticamente come uomo, è ovvio; e proprio per tale ragione sento di poter dire che queste dinamiche, pur essendo connesse a un contesto di disagio cui si è voluto trovare soluzione attraverso le accuse di violenza, nulla hanno a che fare con la violenza. Ma queste potranno apparire interpretazioni meramente soggettive, e senz’altro è logico che sia così. Ciò che adesso mi sembra più importante è piuttosto soffermarmi su alcuni fatti che non sono mai emersi in questi mesi, e che dal mio punto di vista consentono di mettere quelle stesse accuse in una luce del tutto differente. Quando dico fatti, mi riferisco a eventi concreti e anche documentabili – di cui quindi esistono riscontri molto chiari: decine di mail, per esempio, decine di testimonianze di terzi -; ovvio che poi i “fatti” si possono raccontare e interpretare in vari modi, e sempre a partire da un punto di vista soggettivo, ma forse accennarvi sarà comunque utile perché chi legge si formi le proprie impressioni e valutazioni sulla base di più ampie informazioni disponibili.

La mia, di valutazione, è questa: le gravissime accuse che mi colpiscono sono parte integrante di un più complesso e continuato comportamento aggressivo e distruttivo della mia ex compagna nei miei confronti, iniziato nel periodo successivo alla nostra separazione (nulla di lontanamente paragonabile a tali accuse mi è stato mai rimproverato nel corso del nostro rapporto, per quello che conta saperlo). Non è poi tanto un paradosso, che un’aggressione di questa natura preveda la costruzione e la diffusione di gravissime accuse a mio carico riguardanti la violenza. Ma devo ammettere che io stesso, soltanto fino a dieci mesi fa, avrei fatto davvero molta fatica a interpretare una vicenda come questa in una simile prospettiva; e francamente non posso affatto biasimare chi, conoscendo magari solo una parte della storia, rimane scettica/o di fronte all’idea di una donna che spinge il proprio risentimento al punto di accusare di violenza un uomo, guardacaso, da lungo tempo impegnato in prima fila contro la violenza maschile sulle donne, incanalando così in un percorso di demolizione totale di quell’uomo la propria rabbia profonda nei suoi confronti.

È questa un’idea che a prima vista cozza contro molte delle evidenze e dei presupposti politici connessi alla violenza maschile sulle donne come fenomeno generale: per ovvie ragioni, è molto più credibile l’accusa di violenza avanzata da lei, e astrattamente parlando pare anche a me ineccepibile che debba essere proprio così. Sappiamo bene, inoltre, che spesso gli autori di violenza non solo la negano (e talvolta appaiono letteralmente incapaci di riconoscerla), ma tendono a presentarsi loro stessi come vittime; se guardiamo alla casistica generale, tali evidenze sono indiscutibili. Tutto questo non era ignoto, evidentemente, a chi ha scelto di dare questa forma compiuta alla propria sofferenza, sapendo quindi benissimo che una simile impalcatura denigratoria sarebbe risultata praticamente inattaccabile. Ma andiamo alla storia, cioè al contesto di cui le accuse nei miei confronti sono parte inscindibile.

Questa è una vicenda conflittuale che all’inizio somiglia a mille altre fra un lui e una lei. Nel settembre 2013 termina una relazione, iniziata poco più di un anno prima; ma è solo nelle ultimissime settimane che sono dolorosamente emersi gravi problemi di comprensione reciproca, conflitti senza apparente soluzione, profonde disillusioni. Termina per volontà di lui, che in quei giorni esprime una crescente sfiducia sul loro futuro; lei, che fino a ieri aveva sempre manifestato il proprio benessere per questa relazione, rimane attonita.

Nei mesi successivi, però (e questo è un punto non secondario), sosterrà di aver preso lei la decisione di chiudere la relazione, e proprio dopo aver preso pienamente coscienza del comportamento violento di lui: eppure, da varie fonti inoppugnabili emerge chiaramente come lei, ancora dopo più di un mese dalla separazione, esprimesse la speranza che questo esito non fosse definitivo. E altre settimane ancora dovranno passare prima che lei gli rivolga per la prima volta l’accusa di violenza psicologica; ma su entrambi questi importanti aspetti torneremo fra breve.

In generale, riguardo a ciò che debba precisamente intendersi con tale definizione, è da tenere comunque presente che a proposito dei comportamenti che costituiscono violenza psicologica (fra gli altri, attacchi verbali, insulti, denigrazione, isolamento sociale, minacce varie) il sito di D.i.Re., rete italiana di centri antiviolenza, sottolinea:

È importante ricordare che nei momenti di rabbia tutti possiamo usare parole provocatorie, oltraggiose o sprezzanti, possiamo agire comportamenti fuori luogo ma di solito seguiti da rimorsi e pentimenti. Nella violenza psicologica invece non si tratta di un impeto d’ira momentaneo ma di un tormento costante e intenzionale con l’obiettivo di sottomettere l’altro/a e mantenere il proprio potere e controllo (www.direcontrolaviolenza.it/cose-la-violenza-contro-le-donne).

Dopo un primo brevissimo periodo di silenzio, lei inizia dunque a inviargli messaggi pieni di pesanti ingiurie, sbeffeggiamenti, derisioni varie; al telefono è sprezzante, e così per settimane. Agli insulti si accompagnano insistiti riferimenti a mille deficienze, contraddizioni, incapacità di lui: prodotto di una genealogia familiare mentalmente disturbata, affetto da comportamenti relazionali seriamente patologici, oltre che da pesanti fobie, ossessioni e manie; asociale e autoritario con chiunque, meschino borghese che “fa il proletario”; sessualmente disturbato in modo preoccupante ecc.

Questa stigmatizzazione a tutto tondo dovrebbe minare in profondità la sua autostima, convincerlo di essere gravemente immaturo, malato, incapace di interagire con gli altri esseri umani e soprattutto con una donna in modo sano.

Quando poi lei, un mese dopo la separazione, gli domanda se davvero è convinto che tutto sia definitivamente finito, lui risponde che a questo punto non è più pensabile tornare indietro. Da qui in poi, non senza avergli fatto anche la dubbia proposta di iniziare insieme una terapia di coppia, lei aggiunge agli insulti vari cenni alla presunta slealtà di molti amici e conoscenti di lui, che da lungo tempo le avrebbero confidenzialmente fornito ampie conferme di questo quadro patologico. Per di più, le insistenze di lei sulla sua “malattia” adesso investono un numero crescente di persone della cerchia amicale di lui, contattate via mail, per telefono, di persona, e a cui si chiede in modo drammatico di condividere tale analisi e dunque di intervenire urgentemente per “aiutarlo”. Vengono coinvolti in questa fase numerosi amici e amiche, familiari, persino ex compagne di lui. Alcune di queste persone vengono anche informate di dettagli “rivelatori” sulla infanzia di lui e sulle vite dei membri della sua famiglia d’origine, oltre che naturalmente dei suoi infiniti atteggiamenti patologici manifestatisi nel corso della relazione.

Tale operazione complessiva dovrebbe, evidentemente, creare un isolamento intorno a lui, fargli insomma terra bruciata tutt’intorno: stando a quello che lei racconta, lui non potrebbe più fidarsi praticamente di nessuno, mentre amici, conoscenti, familiari dovrebbero prendere le distanze da lui o, nel migliore dei casi, trattarlo come una persona con gravi disturbi di personalità.

Si noti che fino a questo punto – e sono passati ormai quasi due mesi dalla separazione – non gli sono ancora state compiutamente contestate accuse di violenza psicologica; il tema fisso è “solo” una grave deficienza relazionale, affettiva, emotiva di lui. Nelle prime settimane, tentativi di lui di comprendere le ragioni di questo improvviso attacco ottengono come risposta solo un supplemento dei soliti insulti e sberleffi, e per meglio ridicolizzarlo vengono coinvolti negli scambi via posta anche alcuni conoscenti comuni. Un incontro, richiesto da lei, si trasforma subito in un’ulteriore occasione di esprimere disprezzo e scherno; ancora un mese più tardi, lei lo aspetta presso una nota libreria della città dove lui deve presentare un libro sulla violenza contro le donne a cui ha collaborato. In questa occasione, prima gli si incolla letteralmente alla spalla mentre lui tenta di allontanarsi fra gli scaffali, poi lo afferra energicamente per un braccio, in modo da costringerlo ad ascoltare le parole provocatorie che gli mormora continuamente all’orecchio, allo scopo evidente di suscitare una reazione esaperata davanti a tutti. È questa l’ultima volta che si vedono.

Una fase successiva consiste nel coinvolgere non più soltanto amici, parenti, conoscenti di lui, ma anche donne e uomini che hanno condiviso e condividono con lui percorsi di lavoro critico sul genere e sulla violenza maschile contro le donne; in primo luogo, ma non solo, esponenti di Maschile plurale. Siamo adesso a metà novembre: per la prima volta adesso lei gli formula un’esplicita accusa di aver agito violenza. Si tratterebbe di violenza psicologica, ma compaiono anche cenni molto chiari a momenti in cui, a quanto pare, per passare il segno della violenza fisica c’è mancato davvero un niente. Il tutto condito sempre con vari riferimenti a un quadro mentale di lui fortemente disturbato. Di un simile scenario inquietante vengono messe a conoscenza un numero esorbitante di persone in tutta Italia e anche all’estero.

Qui l’obiettivo è, evidentemente, quello di screditare pesantemente sul piano delle relazioni pubbliche, sul piano politico e su quello professionale (lui è da lungo tempo coinvolto in progetti di varia natura riguardanti il genere, spesso in collaborazione con associazioni di donne e centri antiviolenza) la sua persona, distruggendone irreversibilmente la credibilità di uomo impegnato contro la violenza maschile sulle donne.

Mentre cresce ininterrottamente il numero di donne e uomini destinatari di un simile racconto (un consuntivo indubbiamente approssimato per difetto porta a sfiorare l’impressionante cifra di trenta persone contattate), un’ulteriore fase si apre a gennaio 2014. A un post su Facebook, che peraltro non riguarda in alcun modo la violenza maschile sulle donne, due persone aggiungono nel giro di poche ore commenti pesantemente allusivi a gravi comportamenti di lui, sottolineando che lei si trova adesso in terapia presso un centro antiviolenza (un luogo, peraltro, del quale lui è da molti anni collaboratore in varie forme). Queste persone sono amiche intime di lei: lui ovviamente lo sa molto bene. Eliminare il post non serve a nulla, perché nella stessa giornata lo screenshot di quel post, con annessi commenti allusivi, ricompare sulla pagina Facebook di Maschile plurale, inserito da una terza persona – anche questa una vecchia amica di lei – che aveva appena chiesto, e ottenuto, di essere ammessa al gruppo. Il tutto si è svolto nel giro di poche ore. A questo punto si scatena la girandola dei commenti di altri amici e amiche di lei, accortamente dosati nel tempo in modo da mantenere a lungo il post in primo piano; questa fase della vicenda dura per vari mesi. Il tenore è quello di un lento ma costante linciaggio mediatico, con riferimenti ambigui a fatti mai avvenuti (una “denuncia circostanziata”, per esempio, che non c’è mai stata né sul piano legale, né su quello della comunicazione pubblica: lei non è mai intervenuta pubblicamente nemmeno in forma anonima, fino a luglio 2014, per “denunciare” alcunché). Il tono è accortamente allusivo, mai diretto, senza cioè riferirsi mai a una vicenda di cui si dica qualcosa: l’unica cosa chiara è che ci sarebbe una torbida storia di violenza in cui è pesantemente coinvolto un membro di Maschile plurale. Il che è comunque più che sufficiente per scatenare la caccia all’Untore.

Chi gestisce la pagina Facebook di Maschile plurale a questo punto si assume la responsabilità di eliminare il post con annessi commenti, pubblicando il seguente testo:

Recentemente su questa pagina sono stati pubblicati alcuni commenti e accuse, che alludono ad una vicenda a nostro avviso troppo complessa e dolorosa per essere discussa a colpi di post su un social network. Alcuni di noi si sono da tempo attivati per incontrare e ascoltare le persone coinvolte, cercando di fare chiarezza sull’accaduto e aprendo spazi di riflessione. Intendiamo continuare ad occuparci di questa vicenda, ma con modalità rispettose della sensibilità e dignità di chi vi è coinvolto; perciò d’ora in avanti non pubblicheremo ulteriori commenti che la riguardino.

Siamo qui a fine aprile 2014. Il resto è storia dell’oggi; su Facebook e su un paio di blog un piccolo gruppo di commentatrici e commentatori attacca ripetutamente Maschile plurale e alcuni suoi esponenti che provano a interloquire, tacciandoli di complicità con la violenza, di ipocrisia, di reticenza, di omertà, e infine di seconda violenza sulla donna coinvolta. Nell’insieme degli interventi, una delle principali accuse rivolta all’associazione Maschile plurale è quella di non aver chiaramente preso le distanze da questo suo membro accusato di violenza. Di non averlo insomma emarginato, o magari anche espulso: più o meno di non aver dato, in ultima analisi, un importante contributo alla sua definitiva morte civile. In uno di questi blog, infine, agli inizi di luglio 2014 compare un testo (ovviamente non firmato) attribuito alla protagonista femminile di questa vicenda, in cui l’autrice qualifica chiaramente i passati comportamenti di lui come condotte

che qualsiasi manuale prodotto dai centri antiviolenza, qualsiasi libro di criminologia, qualsiasi sentenza penale classifica come atti di violenza psicologica, ovvero maltrattamenti.

Questo, molto in breve, il mio riassunto dei fatti che compongono il contesto di cui sopra. Tengo a precisare che un simile intervento da parte mia non vuole avere, nel modo più assoluto, l’intenzione di azzerare il racconto, o la voce, di una donna che ha provato a dare un senso alla propria sofferenza cristallizzandola in un’accusa gravissima nei miei confronti. Sembrerà forse fin troppo ovvio dirlo, ma per me non è affatto scontato: questa sofferenza è indispensabile che venga presa sul serio, ascoltata e accolta; essa è reale, è grande, forse anche più grande di ciò che io lei, nel bene e nel male, siamo stati. Voglio anzi dichiararlo – a costo, mi rendo conto, di suonare ridondante – nel modo più inequivocabile: che nessuno si senta mai autorizzato a usare queste mie parole per minimizzare, banalizzare o negare il racconto di una donna che parla a partire da una sofferenza originata dalla relazione con un uomo.

Ma non tutte le sofferenze entro una relazione (o meglio, in questo caso, al termine di una relazione) hanno origine da una violenza; questo è persino banale dirlo. Né può essere sempre e comunque accettabile chiamarle in causa per legittimare qualsiasi bordata letale contro un uomo che con il suo comportamento ha magari aperto ferite profonde, e per il quale quindi si prova un risentimento potente e sordo. Perché questo è vero, secondo me, oggettivamente: il mio comportamento ha senza dubbio ferito la donna che oggi mi accusa di violenza. Di sicuro, io sono stato per lei causa di sofferenza nel momento in cui non ho più voluto proseguire la relazione, una scelta che a quanto pare lei ha vissuto come un giudizio tombale sulla sua persona. Per tacere dei tanti piccoli e meno piccoli errori commessi anche prima, come tante volte, purtroppo, non siamo capaci di evitare in una relazione; anche di questi non potrò che sentirmi ancora e sempre responsabile, certamente. Ma un’accusa di violenza, anche in questo caso, è veramente ben altra cosa. Sta, in senso proprio, su un altro pianeta. Non ogni atteggiamento che ferisce possiamo chiamarlo violenza, a meno che questa parola potentissima non ci sia necessaria per trasformare il risentimento in un’arma micidiale.

Fino a ora ho taciuto pubblicamente (ed è più che probabile, comunque, che continuerò a farlo anche in futuro). Ho taciuto molto a lungo, per quanto sempre più esterrefatto di fronte a una vera e propria escalation di aggressioni a tutti i livelli possibili (escluso quello fisico). Ho silenziosamente sperato che la sofferenza di lei prendesse finalmente strade diverse dalla distruttività fine a se stessa, ma è successo invece il contrario: questa rabbia ha assunto le forme di una fortissima volontà di annientare letteralmente l’altra persona, tanto nella sfera personale quanto in quella familiare, delle relazioni amicali e sociali, professionali e politiche. Di questo scenario complessivo si potrà pensare ciò che si vuole, ma si tratta di vicende reali e delle quali infatti, come ho già detto, esistono abbondanti riscontri. Se ho provato a riassumerle qui non è certo per distribuire torti e ragioni, e quindi per appiattire in modo manicheo responsabilità complesse di entrambi, ma per provare a contestualizzare quel poco che finora è venuto fuori di questa storia, e che ha finito per conferire un’unica dimensione alla storia stessa. Quella di accuse infamanti rilanciate ai quattro venti, quasi con ogni mezzo disponibile. La dimensione della gogna, del linciaggio, della “giustizia” a furor di folla. Uno scenario cruento da cui non si può che uscire tutte e tutti sconfitti, a me pare.
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius

Online Massimo

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Quando ad una donna sei di troppo e per una donna meriti solo derisione non c'è "ragionevolezza" da zerbino e da "maschile
plurale" che tenga. Meditate, maschietti di "maschile plurale".......meditate.

Offline Salar de Uyuni

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Il punto è capire quanto siano degli arrampicatori sociali ''consapevoli'',e quanto siano degli idioti tout court.
Io propendo per la seconda,perchè come diceva Napoleone ''mai attribuire alla malizia ciò che è spiegabile con l'incompetenza''
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Offline Salar de Uyuni

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Io penso sempre di più che questa adesione maschile entusiastica al femminismo sia dovuta ad una sorta di rivalsa di questi che sono uomini non beta,uomini gamma,che fiutando di non poter avere una relazione perchè scarti sociali,cercano di colpire col femminismo i maschi alfa.

E ci riescono,perchè checchè ne pensiate il femminismo colpisce i maschi alfa,Robin Williams docet.
I barboni non sono colpiti dal femminismo,e al giorno d'oggi,non esiste più una vera e propria classe intermedia su cui le donne possano attaccarsi per succhiare.

Al di fuori degli alfa ci sono gli scarti.
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Offline TheDarkSider

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Solo una donna mentalmente disturbata si mette in coppia con uno cagnolino che di lavoro fa male-bashing sistematico, cioe' passa le giornate ad autodenigrarsi in quanto maschio violento.
Ecco spiegato il comportamento di lei alla fine della relazione.

Quanto al nostro cagnolino, pure in una lettera che mira a smentire una narrazione femminile di violenza, usa parole viscide e disgustose contro tutto il genere maschile. Costui e' davvero uno SCARTO come dice Salar
"Le donne occidentali sono più buone e tolleranti con gli immigrati islamici che le stuprano che con i loro mariti."
Una donna marocchina

Online Ryu

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Sappiamo bene, inoltre, che spesso gli autori di violenza non solo la negano (e talvolta appaiono letteralmente incapaci di riconoscerla), ma tendono a presentarsi loro stessi come vittime; se guardiamo alla casistica generale, tali evidenze sono indiscutibili.

Dimentichi però che la violenza fisica è sempre scatenata da altre forme di violenza, in primis psicologica ma anche economica. Ci sono anche psicologi a sostenere questa tesi.
Io credo che tutte le forme di violenza tendano ad equilibrarsi se lasciate "libere" ma se ci sono delle asimmetrie legislative che colpiscono solo quella fisica e depenalizzano/non riconoscono/ergono ad alibi quella psicologica molto spesso messa in atto dalla "vittima" e "più debole" allora si creano le iniquità.
Non ho mai conosciuto nessuno dire "lei è violenta" perché che ha fatto? "umilia il marito" oppure "lo fa sentire una nullità per via del lavoro che ha" si dice sempre che lui è violento perché ha alzato le mani. E questo è un fatto tanto quanto gli altri che hai citato.
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Online Ryu

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Mentre cresce ininterrottamente il numero di donne e uomini destinatari di un simile racconto (un consuntivo indubbiamente approssimato per difetto porta a sfiorare l’impressionante cifra di trenta persone contattate), un’ulteriore fase si apre a gennaio 2014. A un post su Facebook, che peraltro non riguarda in alcun modo la violenza maschile sulle donne, due persone aggiungono nel giro di poche ore commenti pesantemente allusivi a gravi comportamenti di lui, sottolineando che lei si trova adesso in terapia presso un centro antiviolenza (un luogo, peraltro, del quale lui è da molti anni collaboratore in varie forme). Queste persone sono amiche intime di lei: lui ovviamente lo sa molto bene. Eliminare il post non serve a nulla, perché nella stessa giornata lo screenshot di quel post, con annessi commenti allusivi, ricompare sulla pagina Facebook di Maschile plurale, inserito da una terza persona – anche questa una vecchia amica di lei – che aveva appena chiesto, e ottenuto, di essere ammessa al gruppo.

E' per questo che bisogna procedere alla defemminizzazione di ogni sito, blog o pagina che tratta di questione maschile se non mantenendo quelle poche fidate che hanno prima subìto un bel rito di "iniziazione" come succede per i maschi pentiti nei vari terreni nazirosa. E' una fottuta guerra se ancora non l'aveste capito, non conta alcuna verità se non quella che si impone vincitrice. Il problema dell'uomo, inteso come sesso maschile, è quello di puntare troppo sulla ragione: argomentazioni, fatti, numeri ma si sa dalle neuroscienze che ragione vs emozione è sempre quest'ultima a prevalere.
ecco perché il terrorismo delle ICT rosa funziona così bene.

Edit: Poi un'altra cosa, spero che se verrà fuori che sei innocente la denuncerai per tutte le forme di violenza che ha fatto nei tuoi confronti che non riuscivo più a contare per quanto numerose.
Il racconto è molto diplomatico sì, ma gettarsi la croce per poi difendersi/controattacare non è così realista. Lei, stando a quanto scrivi e bisognerebbe sentire anche la sua campana, ti ha fatto violenza psicologica per più e più volte e rimanendo in tema di logiche manichee qui la colpa non è di entrambi bensì di una parte soltanto. Usciamo dal facile costrutto che la verità stia sempre nel mezzo, spesso lo è ma non sempre. se una persona cerca di annientarti pubblicamente e socialmente NON E' colpa di entrambi, mai.
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Offline ilmarmocchio

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l'autore di questo scritto ha tutti i caratteri disgustosi dello zerbino :
inutilmente prolisso, mieloso, ambiguo.
Nonostante sia stato maltrattato , ancora sostiene le scemenze di quella insulsa ssociazione di pseudouomini.
Un vero imbecille che merita di essere massacrato in ogni modo.
Un non maschio infido e repellente :cry:

Online Ryu

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E' per questo che bisogna procedere alla defemminizzazione di ogni sito, blog o pagina che tratta di questione maschile se non mantenendo quelle poche fidate che hanno prima subìto un bel rito di "iniziazione" come succede per i maschi pentiti nei vari terreni nazirosa. E' una fottuta guerra se ancora non l'aveste capito, non conta alcuna verità se non quella che si impone vincitrice. Il problema dell'uomo, inteso come sesso maschile, è quello di puntare troppo sulla ragione: argomentazioni, fatti, numeri ma si sa dalle neuroscienze che ragione vs emozione è sempre quest'ultima a prevalere.
ecco perché il terrorismo delle ICT rosa funziona così bene.

Edit: Poi un'altra cosa, spero che se verrà fuori che è innocente la denuncerai per tutte le forme di violenza che ha fatto nei tuoi confronti che non riuscivo più a contare per quanto numerose.
Il racconto è molto diplomatico sì, ma gettarsi la croce per poi difendersi/controattacare non è così realista. Lei, stando a quanto scrivi e bisognerebbe sentire anche la sua campana, ti ha fatto violenza psicologica per più e più volte e rimanendo in tema di logiche manichee qui la colpa non è di entrambi bensì di una parte soltanto. Usciamo dal facile costrutto che la verità stia sempre nel mezzo, spesso lo è ma non sempre. se una persona cerca di annientarti pubblicamente e socialmente NON E' colpa di entrambi, mai.
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Citazione
Lettera di un membro

Se non fosse che questo il membro se l'è tagliato (Spavone li defini giustamente una banda di castrati mentali, e probabilmente, non solo mentali...)

Cmq, dal mio comm su UB.

Citazione
FAS:in nome della presunzione di innocenza … riceviamo e pubblichiamo questo scritto ..nella speranza che possa favorire una discussione un po’ più laica

Premesso che non ho letto tutto il testo del blog ma solo la prima parte, questo evidenziato mi sembra il passaggio più interessante, e mi chiedo se chi l’abbia scritto l’ha fatto in piena coscienza o incosapovelmente, insomma se sia solo il frutto di un lapsus l’aver riconosciuto che la presunzione di colpevolezza (maschile) ricalca una morale religiosa (dunque non laica) ,che ovviamente il ciccone, sposa completamente e infatti non esita a ribadire la sua presunzione di colpevolezza di ogni maschio..
Non ritenendo che la consapevolezza delle Fas sia poi molto sviluppata, lo devo ritenere un semplice lapsus..


Ciccone: “non può esistere sulla faccia della terra alcun uomo …. che di fronte alla “parola” (accusa nel testo) di una donna possa essere considerato a priori incolpevole.
Da sempre la penso così.”
A-MEN   (alfa privativo)
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline ilmarmocchio

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il maschietto plurale deve essere castrato, così non potrà più essere pericoloso per le sue deità :doh:

Offline Animus

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E cmq, questo "scambio" paradossale, dove le femmine (femmininiste), pur inconsapevolmente, giustificano la presunzione di innocenza, e il "membro" maschile, avalla invcece la presuzione "di non innocenza maschile" (dire colpevolezza sarebbe, anche per lui, un autodafé troppo evidente), non fa che confermare che la mia "interpretazione", cioè che il nemico è una morale, è giusta , mentre se si rimane schierati su posizioni "sessiste" (M da una parte, F dall'altra, il bene e il male) lasciando inalterata la morale sottostante, si finisce solo con lo sparare sul bersagio sgabliato.
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

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Online Ryu

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ma va'? E' la cultura quella che smuove la gente a fare o non fare le cose. Ritenere uno aprioristicamente colpevole è colpa della cultura.
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Offline ilmarmocchio

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si, una morale malata.
chi sostiene cose del genere è disrturbato mentalmente

Offline Stendardo

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Gesù Cristo ebbe a dire : “Chi è senza peccato scagli la prima pietra .”
Al contrario , il femminista mi sembra che abbia scritto tutta questa pappardella semplicemente per dire in sostanza nella maniera più ipocrita e meschina possibile : io non sbaglio mentre tutti gli altri uomini del mondo sono sbagliati .
Francamente in tutta questa assurda corsa verso il basso non so se sia più miserabile questo femminista o la sua ex femminista che ha messo in piedi , come solo una femminista sa fare , tutto questo patetico e stucchevole castello di false accuse .
Certamente , possiamo rilevare che i femministi sono più inclini a idee di violenza e di repressione del pensiero maschile indipendente , principalmente per due motivi :
1)Tutto ciò che i femministi dicono e scrivono è riconducibile al loro substrato istintivo elementare primordiale , riscontrabile in molte specie animali , secondo il quale il maschio (eccetto lui naturalmente) è visto aprioristicamente come nemico da lordare , diffamare e/o eliminare in quanto competitore nella lotta per la conquista della femmina ;
2)La direzione femminista nei confronti degli slave di maschile plurale appare così brutale e senza scrupoli che i membri di maschile plurale accettano di svolgere quel lavoro di bassa manovalanza volto a reprimere ogni possibile tentativo di resistenza maschile .
Per quanto ci riguarda , invece , ci  potremo incamminare con passo sicuro sul viale della libertà e della riconquista dei diritti naturali ed inviolabili dell’uomo , solo e soltanto quando tra le fila degli stessi uomini saranno decimati , attraverso lo sradicamento della dottrina femminista , tutti quegli omuncoli che per mancanza di carattere si riducono a tradire i canoni morali d’onore e di dignità maschili , il proprio essere uomo e , peggio ancora ,  tutti gli altri uomini per il solito pezzo di vagina .
Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti (Winston Churchill) https://storieriflessioni.blogspot.it/ il blog di Jan Quarius