Autore Topic: La donna tradizionale  (Letto 34299 volte)

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Offline COSMOS1

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La donna tradizionale
« il: Settembre 10, 2014, 10:10:45 am »
ebbene, si dovrà bene, prima o poi, provare ad immaginare il futuro
sappiamo che il nostro fondatore (Rino Barnart) ha sempre rifiutato di esporsi sulla pars costruens (domenica abbiamo preso un caffè insieme e mi ha confermato la sua posizione)
però c'è chi una via d'uscita la vede
perciò forse vale la pena iniziare a discuterne

riporto qui alcune parti del nuovo libro di Dag Tessore - Dialogo sull'Islam tra un Padre e un Figlio http://dagtessore.blogspot.it/

ovviamente è solo una provocazione, poi dovremo approfondire ...
Citazione
 
 
Aspirazioni di una donna “tradizionale”
D. Non intendo idealizzare la condizione sociale della donna islamica. Dico solamente che non è peggiore della nostra. E che in ogni caso – come tutte le caratteristiche delle culture diverse dalla nostra – va giudicata con molta cautela, partendo da una conoscenza approfondita della stessa e da un atteggiamento di rispetto e di umiltà.
Quello che però intendevo qui mettere in evidenza, oltre a ciò, è che, proprio vivendo in un paese islamico, ci si rende conto quanto, per le donne musulmane, siano proprio le occidentali a essere le “poverine” infelici. Quante volte ho sentito dire da donne musulmane considerazioni come questa: «Che tristezza vedere le occidentali sempre correre dietro al lavoro e ai soldi, invece che godersi un po’ la pace e la gioia di una vita famigliare tranquilla e, al posto di onorare la dignità del proprio corpo, andare in giro mostrandolo seminudo a ogni passante! È vero che siamo paesi arretrati economicamente e con governi dittatoriali e con mille altri problemi, ma almeno su questo punto noi donne musulmane siamo veramente fortunate!». Non nego che molte musulmane ammirino il modello occidentale e cerchino di imitarlo. Lo vedo con i miei occhi, ad esempio in una città come Rabat, che si distingue ben poco da Milano o da Berlino. Ma allo stesso tempo bisogna prendere atto che moltissime ragazze dei paesi islamici la pensano diversamente – questo almeno in base alla mia personale esperienza di vita in quei paesi. E molte di esse sono giovani ragazze colte, che studiano all’università. Va quindi sfatata la diffusa idea secondo cui le donne che, nel mondo islamico, accettano un ruolo tradizionale e di sottomissione, sono solo le vecchie dei villaggi sperduti o le ragazzine analfabete e povere. Io conosco decine di ragazze, in Marocco, che hanno studiato, e che sognano solo di sposarsi al più presto, non lavorare fuori casa e avere una famiglia tradizionale islamica. Questo non significa che vogliano avere un marito che le picchi! Auspicano, certo, che sia un uomo gentile e affettuoso, ma da parte loro ritengono normale e giusto essere obbedienti al marito, servizievoli e non alzare la voce contro di lui. Lo vedono come le elementari basi di un rapporto sereno e armonioso. Per molte giovani ragazze dei paesi islamici lavorare fuori casa è solo una penosa necessità a cui sono costrette dalla povertà della propria famiglia, ma sarebbero ben felici di trovare un uomo che le sposi e permetta loro di vivere tranquillamente in casa e di occuparsi dei bambini, cosa che non vedono, come spesso capita da noi, come un impiccio sulla strada dell’emancipazione e della carriera, ma come una realtà meravigliosa a cui dedicare la propria vita.

 
A. Come tu stesso hai ammesso però, gli esempi di donne musulmane a cui questo modello non sta affatto bene, esistono, e forse sono più numerosi di quel che tu pensi. Quando parlammo quella sera in Marocco con la moglie di Abdul-Qader, era evidente che lei voleva maggiore emancipazione, maggiore libertà, uno stile di vita, insomma, più all’occidentale. E a me ha fatto piacere sentirla, perché trovo giusto che ci siano posizioni diverse e che ci sia libertà di scelta. Una donna dev’essere libera, se vuole, di fare una famiglia islamica tradizionale, rimanendo a casa e occupandosi solo dei figli, ma deve essere anche libera di lavorare in un ufficio, se lo desidera, di guadagnare soldi, e deve essere ugualmente rispettata. Mi pare invece che, nella società auspicata dai musulmani più religiosi, questa libertà non ci sia.

 
D. Nella maggior parte dei paesi islamici oggi le donne hanno la libertà di lavorare fuori casa. Il punto in realtà è che questo spesso comporta problemi per la famiglia e viene quindi in genere visto male. Tu giustamente facevi l’esempio della moglie di Abdul-Qader e appunto non è casuale che loro due litighino molto spesso. La loro domestica, Malika, mi ha raccontato quanto sia imbarazzante per lei assistere a questi loro litigi, dovuti proprio all’atteggiamento così ribelle (dal punto di vista islamico) della moglie. Non sto a sindacare se abbia ragione o no nelle sue rivendicazioni. Fatto sta che Malika, vedendo queste cose, non fa che consolidarsi nella sua convinzione che è meglio una famiglia in cui regnino i valori islamici e in cui la donna stia tranquillamente a casa e sia “sottomessa” al marito: “sottomessa”, parola che ci suona come un insulto, ma che per loro significa semplicemente cedevole, gentile, rispettosa, pacifica. Quindi a te magari fa piacere sentire quel che dice la moglie di Abdul-Qader, ma a lui non fa affatto piacere, e la loro vita quotidiana è messa a dura prova da questo atteggiamento arrogante di lei. E Malika, dal canto suo, mi ha detto chiaramente: «Se Dio mi concederà di sposarmi, io non prenderò certo esempio da lei!». E bada che Malika è una ragazza che conosce bene l’Occidente, ha lavorato in un internet caffè, ha fatto quattro anni di università a Casablanca, vivendo da sola, sa come è il mondo moderno. E non posso nasconderti che mi sembra naturale che, se uno ha per casa una moglie sempre su di giri, sempre piena di pretese e di offese, sempre pronta ad alzare la voce e a ribattere, viene solo voglia di starsene fuori casa il più possibile, e la vita quotidiana è gremita di tensioni e malumore. Lo vedo parlando anche con molti amici italiani, i quali, davanti alle rispettive mogli o compagne, sono tutti sorridenti e pieni di cavallereschi elogi, ma appena si trovano faccia a faccia con me, confessano la loro frustrazione. E infatti uno su due divorzia. Quindi, guardando al panorama delle relazioni di coppia e delle famiglie in Europa, non si può certo dire che troviamo donne felici e realizzate e uomini contenti e fieri delle loro donne!

 
La “sottomissione” della donna
Io stesso, nelle mie varie conferenze che ho tenuto in giro per l’Italia sul mio libro-dinamite La donna cristiana, ho constatato quanto gli uomini da noi, anche se spesso sostengono a livello intellettuale che l’emancipazione della donna sia una cosa sacrosanta, nella loro vita concreta e famigliare siano però frustrati, depressi, e siano sostanzialmente scontenti di come sono cambiate le donne negli ultimi cinquant’anni; ma allo stesso tempo ho visto con i miei occhi che la maggior parte di loro, spesso impauriti e direi quasi terrorizzati dalle donne, non avrebbero mai il coraggio di dire, quantunque lo pensino, che preferirebbero avere una moglie tradizionale, “sottomessa”. A te risulta che ci sono molti uomini che la pensano così? «Che bello che mia moglie vada a lavorare fuori e che cucino sempre io o, quando torna, andiamo insieme al supermercato e cuciniamo qualcosa all’ultimo momento! Che bello che ha un carattere così emancipato e che sa dirmi le cose in faccia e, se non le va bene qualcosa, ha il coraggio di rispondermi per le rime senza peli sulla lingua! Quanto deve essere triste invece avere una moglie che sta a casa tutta la mattina a cucinare i ravioli fatti a mano e che, quando torno a pranzo, mi fa trovare la tavola apparecchiata! Che spiacevole che deve essere stare con una moglie che, quando le dici: “Vogliamo mettere questo armadio qui?”, ti risponde: “Sì, certo, come vuoi”! Per fortuna invece che mia moglie, quando le dico cose del genere, ha sempre la sana energia di contraddirmi e di imporre quello che vuole lei!».
Quanto a me, trovo che vivere con una donna “sottomessa” non vuol dire vivere con un essere amorfo e privo di intelligenza: ci possono essere divergenze di idee, opinioni contrastanti, ma non ci si incaglia mai in una situazione in cui ciascuno dei due dice: «Perché dovrei cedere io?». La donna infatti saprà che, proprio grazie alla saggia arma della sottomissione, potrà evitare che si creino attriti e litigi, mettendosi sempre in un atteggiamento di rispetto e di gentilezza – che poi significa amore –, vedendo in questa cedevolezza non un’umiliazione, ma un intelligente modo per rendere la convivenza serena e pacifica. E allora la “sottomissione” – per quanto questa parola ci stia antipatica – non è necessariamente una cosa negativa, ma anzi è una forma di maturità, in cui la donna cede sì, ma pacificamente e senza risentimento. Non mi sembra che sia segno di maturità, di intelligenza e di amore verso il proprio marito mettersi a litigare con lui perché egli vuole una cosa diversa da quella che vuole lei. In questo modo infatti, per una questione di principio, si distrugge la pace della vita quotidiana. Solo per una questione di principio: “Perché devo essere solo io a cedere?”, quando poi quella stessa donna, al lavoro, non avrebbe difficoltà a essere sempre cedevole e “sottomessa” col suo capo, per fare bella figura con lui, sentirsi apprezzata e stimata e per non creare contrasti e scontentezza in lui, o magari semplicemente per non perdere il posto! E è davvero strano che, mentre ci si tiene tanto a che le cose funzionino bene al lavoro, e che la ditta proceda senza intoppi, e a questo scopo si accetta ben volentieri che vi sia una gerarchia tra i vari membri del sistema, in famiglia invece si insiste solo sul fatto che moglie e marito devono avere gli stessi diritti. Ma, come in una ditta, così anche in famiglia non ci può essere buon andamento pacifico e armonia se non c’è un minimo di gerarchia tra i membri. E questo da noi è del tutto scontato nei posti di lavoro.
E poi tieni presente che, se nel matrimonio islamico la donna è tenuta a obbedire al marito e a “servirlo”, lui però è tenuto a mantenerla economicamente, il che non è poco. Ha infatti tutta la responsabilità e la fatica di un lavoro remunerativo con cui paga a lei l’affitto, il cibo, i vestiti e qualunque altra spesa; il che significa che lei ha la fortuna e il privilegio di essere mantenuta a vita senza bisogno di guadagnare soldi. Che in compenso lui possa prendersi la libertà di starsene tranquillamente seduto dopo pranzo – senza sentirsi in colpa – ad aspettare che lei gli porti il caffè, e che lei sia tenuta a fare i lavori di casa e a trattarlo con deferenza, mi pare un “contratto” assolutamente equo e onesto.

 
A. Non sono assolutamente d’accordo con questa tua posizione, che penso irriterà molte lettrici, ma anche lettori. Se è vero che una situazione del genere era abituale anche in Europa un centinaio di anni or sono, è altrettanto vero che si è combattuto proprio per modificarla, e nessuno vorrebbe tornare indietro. Il mondo va avanti, alla continua ricerca di nuove soluzioni, e il semplice tornare indietro non è mai stato la risposta ai problemi. Ormai molte donne, grazie alla loro spiccata intelligenza e abilità lavorativa, hanno fatto carriere così brillanti da divenire responsabili di ditte, di ministeri e perfino capi di Stato, mettendo in gioco anche competenze e sensibilità tipicamente femminili, il che dà loro un vantaggio nei confronti dei colleghi maschi. Non c’è da stupirsi quindi che diventino automaticamente esempio per altre donne che intendono abbandonare il ruolo tradizionale della mamma-massaia. Per secoli e millenni la donna ha avuto un ruolo ben specifico mentre oggi intende avere la medesima possibilità di scegliere e di emergere, mettendo alla prova le proprie capacità e confrontandosi con l’uomo. Gli Stati moderni offrono ormai (o almeno dovrebbero!) situazioni come gli asili nido che permettono alle donne di conciliare casa e lavoro, cosa che tra l’altro dona l’opportunità all’uomo di ingentilirsi, dovendo, anche se talvolta di malavoglia, contribuire alla cura dei bimbi e della casa.

 
D. Se queste donne di cui parli, che mirano alla competizione con l’uomo, al raggiungimento dei posti di potere e alla realizzazione di sé attraverso il prestigio sociale e il denaro, sono veramente felici, sono contento per loro. E se tu trovi il loro esempio bello e la loro compagnia piacevole, ne sono lieto. Io posso solo ringraziare Dio che mia moglie non è così.
Io non trovo che vi sia nulla di male e di umiliante che una donna si occupi con dedizione della casa e della famiglia – dopo tutto, ai fini di una quotidianità bella e felice, è anche molto importante che la casa sia tenuta bene, con amore, con cura, che si cucinino cose buone, che si abbia cioè un tenore di vita domestico piacevole – e, oltre a questo, penso che sia fondamentale, per sentirsi rilassati e sereni, non essere sempre in allarme per quel che dirà, che penserà, che farà la propria moglie, dovendo stare attenti a ogni parola che si dice: «Ecco, forse adesso si è offesa… Forse ho detto qualcosa che non le andava bene… Se ne è andata nell’altra stanza: probabilmente se l’è presa per qualcosa… E adesso arriva gente e lei forse terrà il muso…». E così si sta sempre sulle spine, sempre preoccupati e attenti a cosa dire o non dire, per non offenderla… E questo certamente non rende la vita dell’uomo tranquilla e felice, né la convivenza quotidiana armoniosa e pacifica. E secondo me, la donna stessa, se sente che lui è sempre preoccupato e “impaurito” di lei, sempre teso, agitato, in ultima analisi non contento, sarà anche lei delusa, triste, infelice.
Avendo invece un marito che vede rilassato, sereno, soddisfatto e fiero di lei, che la stima e l’apprezza – e la stima e l’apprezza proprio perché lei è cedevole, gentile, servizievole, rispettosa –, si sentirà anche lei più felice, più amata, più contenta, il che a sua volta accrescerà la stima e l’amore da parte di lui, e così via a catena.
Se mia moglie sta in cucina tutta la mattina a preparare il cibo, non significa necessariamente che ci soffre e lo vive male: dopo tutto, quando tu, che vivi in campagna, stai in veranda a tagliare le mele per fare la cotognata o sistemi i fiori e poti il glicine, lo fai con grande piacere: è una forma di rilassamento e una fonte di gioia. E quando lavori nell’orto affinché sia ben ordinato, lo fai con piacere, e ti dà fierezza vederlo. E allo stesso modo non si vede perché a una donna non potrebbe far piacere occuparsi, con gioia e fierezza, della cucina e servire a tavola il marito.
E quando parliamo di ruolo della donna o anche di “sottomissione”, questo non ha nulla a che fare con gli abusi della società patriarcale europea di un tempo, in cui spesso il marito picchiava la moglie o la tradiva.
....

 
D. Io, ad esempio, in linea di massima, non mi occupo della  cucina (quantunque lo trovi una cosa molto bella e nobile,e quando in passato me ne occupavo, lo facevo con grande piacere); è mia moglie che cucina, e quindi non abbiamo mai motivo di litigare perché uno vuole che i piatti si tengano qui, l’altra vuole che si tengano là. Ognuno ha il suo spazio e così si sta in pace e non si litiga.
Io ricordo che in Grecia, al villaggio dove vivevo, quando parlavo con gli uomini di sessanta o settant’anni, sentivo sempre da parte loro parole di rispetto, amore e stima verso le loro mogli. Si percepiva un sincero senso di apprezzamento e gratitudine, e credo che alle mogli facesse piacere udire ciò: sentirsi stimate, lodate e onorate dal proprio marito. Quando invece parlo con molti giovani uomini europei, sento, nella maggior parte dei casi, frustrazione, scontentezza: in presenza della moglie, la esaltano alle stelle e la riveriscono, ma quando lei non c’è, ne parlano come di una persona difficile, irritabile, esigente, come di un peso da sopportare, e si finisce sempre con frasi del tipo: «Ci vuole solo pazienza…», oppure: «Be’, non mi costringere a parlare di più, altrimenti direi cose che non vorrei dire…».
....

 
Studiare o mettere su famiglia?
A. Perfino in Marocco, mentre recentemente il ministro dell’educazione visitava una scuola, si rivolse a Raouia Ayache, una bimba di dodici anni, suggerendole che sarebbe stato meglio per lei che le avessero trovato un buon marito presto, anziché studiare! Per fortuna i suoi famigliari reagirono con una protesta ufficiale presso il ministero!

 
D. Ho conosciuto diverse ragazzine marocchine che non vanno a scuola: non conoscono la letteratura francese, non sanno leggere i poeti arabi, non sanno fare un algoritmo, ma in compenso già a sei anni sanno fare il pane nel forno, governare una casa, occuparsi dei fratellini più piccoli, mungere le capre. Hanno appreso cioè le cose che davvero servono nella vita. E soprattutto, proprio perché “ignoranti”, hanno quell’umiltà che è la base di ogni vera sapienza. Quelle che vanno a scuola invece, oltre che diventare persone del tutto incapaci di dare una mano in casa, assumono quell’atteggiamento tipico di chi crede di sapere molte cose e, come diceva giustamente Socrate, pretendere di sapere è la più grande ignoranza.
Non vedo quindi che cosa ci sia di così aberrante nel mettere su una vita di famiglia in giovane età e dedicarsi in pace ai propri bambini, piuttosto che passare la propria giovinezza a studiare la matematica, la letteratura o la storia dei grandi conquistatori. Io non trovo che le donne europee che studiano fino al liceo e all’università siano persone più felici e abbiano una vita più realizzata e serena delle ragazze marocchine che si sposano a sedici anni e vivono la loro vita di famiglia.

 
A. Ad ogni modo, che a te piaccia o no, oggi le cose cambiano ovunque e non solo in Occidente. Come si svilupperà la famiglia? In meglio? In peggio? Difficile dirsi.
...

 
L’arroganza del femminismo occidentale
A. Tu qualche giorno fa mi dicevi che in una famiglia media marocchina, quando si ricevono ospiti a casa, la donna non si fa nemmeno vedere, o appare di sfuggita solo per servire il tè. Il che agli occhi occidentali mostra ancora una volta come la donna nella società islamica sia considerata un essere di seconda categoria. Oppure la donna rimane in un’altra stanza a parlare solo con le donne, quasi a significare che esse sanno parlare solo di sciocchezze femminili e non sono al livello dei discorsi maschili. Vorrei conoscere il tuo punto di vista su queste consuetudini.

 
D. Si tratta di una di quelle tipiche abitudini culturali che si sviluppano in maniera spontanea e che non hanno tutte quelle connotazioni maschiliste che gli attribuiscono gli occidentali con la loro “suscettibilità” femminista. In una società tradizionale è normale e naturale che una donna si senta più a
suo agio tra donne e abbia più cose di cui parlare con altre donne, percepisca una sensibilità comune, più interessi comuni, ecc.
Considerare questa abitudine culturale come offensiva per la dignità della donna mi sembra molto arbitrario e forzato: diciamo che le donne nella società islamica sono penalizzate perché devono stare a parlare solo con le altre donne; allora potremmo dire che lì anche gli uomini sono penalizzati perché devono stare a parlare solo con gli altri uomini!
Del resto ritengo che queste siano faccende molto personali e interne alla famiglia: se un uomo sposa una donna che ha certe abitudini, certe aspettative ed esigenze e se a lui va bene così, o viceversa se una donna sceglie e accetta di sposare un uomo musulmano praticante e rispettoso della shari’a, non vedo perché mai dovremmo intervenire noi a dire se è giusto o no. Se va bene a loro due, chi siamo noi per dire che non va bene? E soprattutto: chi siamo noi europei per dire ai marocchini che quando si sposano devono comportarsi in un certo modo e non in un altro? E proprio noi, le cui famiglie sono disastrate e all’orlo del divorzio ogni giorno! Noi occidentali abbiamo questa tendenza innata, questa specie di virus che ci portiamo dentro, a giudicare sempre le altre culture: se vediamo una ragazza algerina che ha sposato a sedici anni un uomo algerino il quale ha altre mogli, non riusciamo a trattenerci dal pensare e dal dire: «Ha fatto male! È sbagliato».
Dio cè
MA NON SEI TU
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Offline Vicus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #1 il: Settembre 10, 2014, 11:25:36 am »
Parlando di provocazioni:
1. Proporre la donna tradizionale significa voler tornare al Medio Evo, però
2. Per fortuna che l'Islam ci salverà dalle donne contemporanee!
 :lol:
« Ultima modifica: Settembre 10, 2014, 11:51:38 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Rita

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #2 il: Settembre 10, 2014, 11:40:48 am »
Non so se è perchè, come diceva Vicus in altro topic, la nostra memoria viene azzerata ogni due o tre generazioni e lo si fa sempre più velocemente. Però onestamente credo che quanto scritto da Tessore sulla società islamica odierna  avrebbe potuto scriverlo chiunque nella nostra società agli albori dell'industrializzazione (ottocento/primi del novecento).

Cristina di Belgioioso (che pure era una femminista) nel 1860 scriveva già " Questo stato di cose si mantiene tuttora; e quelle poche voci femminili che s’innalzano chiedendo dagli uomini il riconoscimento formale della loro eguaglianza, hanno più avversa la maggior parte delle donne che degli uomini stessi"

http://it.wikisource.org/wiki/Della_presente_condizione_delle_donne_e_del_loro_avvenire

ovviamente poi lei ne da la spiegazione parzialmente femminista e cioè che le donne sono state convinte che per piacere agli uomini devono comportarsi così, ma il punto è che anche una delle prime femministe rilevava un'opposizione femminile alla virilizzazione prima ancora che maschile.

Da questo punto di vista non mi sembra ci siano differenze se non temporali.

C'è il fatto che, arrivando a distanza di 100 o 150 anni, gli islamici hanno visto i risultati dell'emancipazione e del femminismo e stanno vedendo la schizofrenia odierna fra le due forze contrapposte (forzare l'uguaglianza e accentuare la differenza) e questo forse è un fattore che li può far rallentare.

Per il resto in tutta onestà mi sembra che faccia lo stesso giro di parole che fa la Miriano per dare al senso "sottomissione" un significato diverso da quello che è in realtà.

Ne danno il significato di "pacifica convivenza" di "rispetto", in un certo senso stanno dicendo "cedi sulle piccole cose" perché la convivenza non può essere continuo attrito.

Ma quella IMHO non è sottomissione. La donna islamica che si dichiara sottomessa (così come la Miriano) infatti riconosce al marito autorevolezza e non invade il suo campo. Ma il presupposto è che l'uomo sia probo.

Anche perché onestamente non è così vero che tutti gli uomini vorrebbero la donna casalinga mentre loro lavorano dodici o tredici ore al giorno. E certo che una donna casalinga OGGI sarebbe tranquilla, felice e serena, e avrebbe poco da fare potendosi dedicare a cucinare con fantasia, a giocare col bambino e avrebbe molto tempo libero per dedicarsi ad interessi senza alcun obbligo e costrizione come accade nel lavoro. Abbiamo strumenti tecnologici che ormai ci consentono di fare velocemente qualsiasi tipo di lavoro domestico. 

Perché quella che descrive Tessore è una società arcaica e rurale.  Ma non è il nostro tipo di società e non è nemmeno il tipo di società in cui vivono i musulmani che emigrano qui da noi. E non è solo una questione di atteggiamento di fronte ai ruoli. I ruoli sono determinati anche dall'ambiente.

Infatti qui vedi donne col velo e assolutamente religiose che vanno a lavorare (colf, badanti, quel che è ). Poi magari in caso vivranno serene coi loro mariti (ma ci sono anche molti matrimoni occidentali in cui entrambi lavorano che in privato vengono condotti nel rispetto reciproco e nell'assistenza reciproca se pur co modalità diverse eh.. mica tutti finiscono in divorzio). Entrambi lavorano per contribuire alla famiglia e per consentire un tenore di vita ai figli, non per "correre dietro ai soldi" .

A me sembra che sia semplicemente un dire "siamo meglio di voi"

Per esempio qui:

Citazione
E quando parliamo di ruolo della donna o anche di “sottomissione”, questo non ha nulla a che fare con gli abusi della società patriarcale europea di un tempo, in cui spesso il marito picchiava la moglie o la tradiva.
....

 :doh:

che vor dì? che le donne musulmane sono sottomesse con piacere perché gli uomini musulmani sono probi e buoni mica come LA SOCIETA' PATRIARCALE EUROPEA DI UN TEMPO IN CUI SPESSO IL MARITO PICCHiAVA LA MOGLIE O LA TRADIVA.

Eh già, noi siamo MEGLIO DI VOI. 

No, secondo me c'ha ragione Rino che non si espone,  questa di Tessore non è una via d'uscita, non combinata con la civiltà odierna. Non ha senso non far studiare le bambine, perché nella società che lui descrive anche il corrispondente marito non ha studiato un granchè (come accadeva un tempo da noi). Sembra riproporre parte della narrazione femminista in cui si dava per assodato che gli uomini fossero tutti laureati e le donne sapessero solo cucinare, cucire e fare il pane, che secondo me non è mai stata così. Non è il "cosa fai" è il "come ti rapporti con l'altro partner".


Oggi come oggi, caricherebbe ancora di più l'uomo costringendo a prendersi responsabilità e pesi familiari sempre più gravosi per un piatto di ravioli fatti in casa col Bimby  :cool: ed un sorriso.


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Offline LeNottiBianche

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #3 il: Settembre 10, 2014, 12:27:22 pm »
Per me e`tutta un'illusione.Musulmane..Cattoliche..Italiane o straniere..son tutte troie cmq nell'indole.Perche`la donna casa-chiesa o l'islamica col burka e`la prima che si sditalina appena il marito esce di casa spogliandosi in webcam.Ed e`la prima che la da alla prima occasione al postino/idraulico/africano/altro che le capita a tiro.
Come dicevano in Jurassic Park..non puoi reprimere un'istinto vecchio di 65 milioni di anni,nel caso della donna qualche milione in meno ma siamo li`.
Percio`burka o non burka,Corano o Bibbia,sempre e solo un'illusione del marito rimane.
Anche se va detto,e`sempre piu`piacevole per un'uomo che torna stanco da lavoro avere accanto una moglie servizievole,disponibile e docile piuttosto che un arpia stronza acida succhiasangue.

Offline Vicus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #4 il: Settembre 10, 2014, 12:40:19 pm »
Citazione
Perché quella che descrive Tessore è una società arcaica e rurale.
Tendiamo ad attribuire alla famiglia tradizionale un livello di specializzazione (lui a lavorare nei campi da solo, lei confinata in casa) che non ha mai avuto salvo forse nei paesi islamici. Ciò che teneva le famiglie unite era anche il fatto che si lavorava insieme.
D'altra parte l'istruzione oggi, anche universitaria, è di scarso livello (i titoli di studio hanno già poco valore) e il lavoro diventa sempre più irrilevante (automazione) e insignificante nelle mansioni. Inoltre per mandare avanti la famiglia la donna non può stare lontano da casa. La soluzione non può essere parcheggiare i figli al nido mentre la madre sta 8 ore dietro a una scrivania.
Probabilmente si recupererà la famiglia con una riorganizzazione del lavoro che sembra stia già avvenendo: minore necessità di spostarsi (informatica) e grazie all'automazione, mestieri che diano più spazio alle idee e alla cultura generale, con più disponibilità di tempo da dedicare alla famiglia e un'istruzione più flessibile .



« Ultima modifica: Settembre 10, 2014, 12:51:48 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Rita

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #5 il: Settembre 10, 2014, 12:51:27 pm »
Tendiamo ad attribuire alla famiglia tradizionale un livello di specializzazione (lui a lavorare nei campi, lei a casa a cucinare) che non ha mai avuto. Ciò che teneva le famiglie unite era anche il fatto che si lavorava insieme.
D'altra parte l'istruzione oggi, anche universitaria, è di scarso livello (i titoli di studio hanno già poco valore) e il lavoro diventa sempre più irrilevante (automazione) e insignificante nelle mansioni. Inoltre per mandare avanti la famiglia la donna non può stare lontano da casa. La soluzione non può essere parcheggiare i figli al nido mentre la madre sta 8 ore dietro a una scrivania.
Probabilmente si recupererà la famiglia con una riorganizzazione del lavoro che sembra stia già avvenendo: minore necessità di spostarsi (informatica) e grazie all'automazione, mestieri che diano più spazio alle idee e alla cultura generale, con più disponibilità di tempo da dedicare alla famiglia e un'istruzione più flessibile .

ma certo, già ci sono soluzioni di telelavoro in molte aziende per le donne coi bambini piccoli. O ne usufruiscono nel periodo di maternità.
Tieni conto però, che oltre a tutte le cose che hai citato tu c'è anche un altro fattore.
Tendiamo a fare meno figli (ok adesso abbiamo esagerato perché siamo sotto il livello di sostituzione  :lol:) ma comunque due o tre figli di media sono la quota sufficiente per il tasso di sostituzione (2,1 se non erro).
Parlare di necessità di stare coi bambini perennemente come accadeva in una società in cui la mortalità infantile era molto alta e si facevano 7/8 figli è anche abbastanza anacronistico.
Quel che dice Dag è sposati a 17 anni (fa l'esempio delle ragazzine marocchine) e fai figli.
Quel che avverrebbe se trasponessimo tutte le teorie applicate alla società arcaica sarebbero donne trentenni con due o tre figli già grandi (non più da parcheggiare al nido ma in preadolescenza) e con nulla da fare.
Per non parlare del fatto che l'idea di stare appiccicati ai figli per i primi tre anni è anche questa un'idea post-industriale.
In campagna, o nelle società rurali, spesso e volentieri i bambini appena svezzati venivano accuditi dai figli più grandi o dagli anziani e le donne lavoravano a parte le ore di allattamento.
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Offline Animus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #6 il: Settembre 10, 2014, 12:55:54 pm »
questa di Tessore non è una via d'uscita, non combinata con la civiltà odierna.
Non ha senso non far studiare le bambine,

Mah, io sono sono curioso di sapere se Tessore ha esposto il dilemma di fronte al quale si trova ancora oggi la bambina musulmana, lo stesso della "bambina cristiana" 150 anni fa, l'alternativa tra rifugiarsi nella vita della "madre di famiglia" piuttosto che affrontare un mondo dove lavoro significava ancora farsi un culo come un paiolo, rispetto a quella odierna, di annoiarsi a casa invece che annoiarsi, sul lavoro (poi ci sono anche lavori dove non ci si annoia, ma forse sono ancora minoritari).


Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline Vicus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #7 il: Settembre 10, 2014, 13:05:41 pm »
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Parlare di necessità di stare coi bambini perennemente come accadeva in una società in cui la mortalità infantile era molto alta e si facevano 7/8 figli è anche abbastanza anacronistico.
Quel che dice Dag è sposati a 17 anni (fa l'esempio delle ragazzine marocchine) e fai figli.
Quel che avverrebbe se trasponessimo tutte le teorie applicate alla società arcaica sarebbero donne trentenni con due o tre figli già grandi (non più da parcheggiare al nido ma in preadolescenza) e con nulla da fare.
Per non parlare del fatto che l'idea di stare appiccicati ai figli per i primi tre anni è anche questa un'idea post-industriale.
In campagna, o nelle società rurali, spesso e volentieri i bambini appena svezzati venivano accuditi dai figli più grandi o dagli anziani e le donne lavoravano a parte le ore di allattamento.
I bambini vengono su davvero bene quando sono allevati da tutto il “clan” (nonni e parenti vari). Non penso che 2-3 figli richiedano poco tempo (certe famiglie trovano impegnativo anche il figlio unico) e ad esempio Antonella Ruggiero si è ritirata per 7 anni per allevare un solo figlio.
L’età ideale per sposarsi è 20-25 anni, ma probabilmente sarà posticipata anche in futuro.
Chi preferirebbe passare carte in un ufficio o rispondere al telefono fino ai 70 anni invece di avere tempo libero da dedicare ai propri interessi o ai nipoti?
In altre parole:
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di annoiarsi a casa invece che annoiarsi, sul lavoro
:lol:
Per fare un esempio concreto: ho conosciuto una tale che mi ha detto che lei e le sue colleghe si annoiavano dopo un anno di congedo parentale, e non vedevano l'ora di tornare ad occuparsi... degli aspetti legali dei container deteriorati sulle navi da carico. :P
Secondo me questo succede perché si allevano i figli in modo distratto, zoologico (cibo), delegando l'educazione a fattori esterni (media e videogiochi).
Non stupisce che dei figli cui si dedica poco impegno diano poche soddisfazioni.
« Ultima modifica: Settembre 10, 2014, 13:23:43 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Rita

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #8 il: Settembre 10, 2014, 13:16:20 pm »
.
L’età ideale per sposarsi è 20-25 anni, ma probabilmente sarà posticipata anche in futuro.
Chi preferirebbe passare carte in un ufficio o rispondere al telefono fino ai 70 anni invece di avere tempo libero da dedicare ai propri interessi o ai nipoti?
In altre parole: :lol:

sono d'accordo, ma... ma... questo ripropone la domanda che è sempre stata inevasa.
L'ambiente può cambiare anche i valori?
Voglio dire questa tendenza porterà a fare le stesse cose, c'è poco da fare.
Telelavoro: lo fanno anche parecchi uomini, liberi professionisti per esempio con un lavoro che possono fare al computer.
Ettore Panella (che ha scritto diversi articoli sulla differenza U/D, molti pubblicati anche qui) per esempio lavora in casa e sta più tempo col figlio che non la moglie da quanto ho capito. E non vorrebbe tornare ad un'epoca in cui torna a casa a tardi e da un bacino al figlio addormentato oppure lo vede la domenica e basta.
Tutte cose che avverrebbero se combini la società odierna con i ruoli di un tempo.
En passant.. gli anni cinquanta/sessanta che sono l'apoteosi della famiglia che oggi chiamiamo tradizionale (quella di padre al lavoro /madre a casa e un paio di figli) sono stati gli anni in cui la mamma ha potuto avere maggiore influenza sull'educazione dei figli e sulla loro formazione.
Sarà un caso che poi quei figli sono stati i sessantottini e i primi femministi?  :unsure:

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Offline Animus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #9 il: Settembre 10, 2014, 13:16:30 pm »
allevare un solo figlio

Interessante osservare, come voi cristiani DOC, usiate per "il figlio", lo stesso verbo che si usa per la zootecnia....per l'animale destinato al macello insomma.
 :clap:
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

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Offline Animus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #10 il: Settembre 10, 2014, 13:22:32 pm »
come voi cristiani DOC

Gli stessi, che si reputano la punta più alta della morale... faro delle civiltà. :sick:
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

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Offline Artemisia Gentileschi

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #11 il: Settembre 10, 2014, 13:32:23 pm »
Io mia figlia me la porto spesso con me al lavoro.
Ovviamente non da piccola, ma ora - specialmente in estate - si alza con me alle 6,20; prendiamo il treno e andiamo dove dobbiamo. Dopo di che se posso la porto insieme a me in escursione (e ormai sa ogni pietra della provincia...) oppure se non proprio è possibile la lascio alle  mie colleghe che lavorano nei vari uffici informazioni.

Ora a me sembra che lei sia una bambina serena e felice perché comunque sta con me, anche se non tutto il giorno, anche se non posso darle attenzione tutto il tempo.

Necessità fa virtù, comunque centri estivi e baby sitter costano un botto e non sono auspicabili 3 mesi.

Se mai dovessi avere un altro figlio (ma purtroppo non sarà possibile  :() ovviamente ridurrei l'orario di lavoro e in ogni caso io non mi sento di appiccarmi nessuna etichetta addosso, tradizionale o moderna.. Non lo so.

Di certo qui a casa nostra il mazzo ce lo facciamo tutti  :D

"Marta, Marta, tu t’inquieti e ti affanni per molte cose; una sola è necessaria: Maria invece ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta“.

Offline Vicus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #12 il: Settembre 10, 2014, 13:42:45 pm »
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sono d'accordo, ma... ma... questo ripropone la domanda che è sempre stata inevasa.
L'ambiente può cambiare anche i valori?
Sì, molto più delle dichiarazioni di intenti.
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Voglio dire questa tendenza porterà a fare le stesse cose, c'è poco da fare.
È quel che dicevo, ed è un bene per la famiglia. Penso che la donna debba cucinare e l’uomo cambiare le lampadine, ma nel complesso i ruoli non dovrebbero essere troppo specializzati.
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Telelavoro: lo fanno anche parecchi uomini, liberi professionisti per esempio con un lavoro che possono fare al computer.
Fatto positivo.
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Tutte cose che avverrebbero se combini la società odierna con i ruoli di un tempo.
Quel che c’è da recuperare è il ruolo del pater familias, inteso come responsabilità che non prescinda dall’ascoltare le opinioni e i consigli dell’altra; ruoli non identici ma più integrati e non competitivi; possibilità per la donna di occuparsi a casa dei figli (anche lavorando in casa come faceva mia nonna); possibilità per l’uomo di non lavorare lontano da casa.
La noia di stare in casa con la prole è iniziata con l’alienazione dei figli dai genitori creata con la musica, che insieme a media e videogiochi ne ha oggi monopolizzato l’educazione.
« Ultima modifica: Settembre 10, 2014, 14:13:49 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Rita

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #13 il: Settembre 10, 2014, 13:54:09 pm »
Io mia figlia me la porto spesso con me al lavoro.
Ovviamente non da piccola, ma ora - specialmente in estate - si alza con me alle 6,20; prendiamo il treno e andiamo dove dobbiamo. Dopo di che se posso la porto insieme a me in escursione (e ormai sa ogni pietra della provincia...) oppure se non proprio è possibile la lascio alle  mie colleghe che lavorano nei vari uffici informazioni.

Ora a me sembra che lei sia una bambina serena e felice perché comunque sta con me, anche se non tutto il giorno, anche se non posso darle attenzione tutto il tempo.

Necessità fa virtù, comunque centri estivi e baby sitter costano un botto e non sono auspicabili 3 mesi.

Se mai dovessi avere un altro figlio (ma purtroppo non sarà possibile  :() ovviamente ridurrei l'orario di lavoro e in ogni caso io non mi sento di appiccarmi nessuna etichetta addosso, tradizionale o moderna.. Non lo so.

Di certo qui a casa nostra il mazzo ce lo facciamo tutti  :D
ma infatti.
Un'altra differenza tra la civiltà odierna e quella di Dag è questa infatti.

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Ho conosciuto diverse ragazzine marocchine che non vanno a scuola: non conoscono la letteratura francese, non sanno leggere i poeti arabi, non sanno fare un algoritmo, ma in compenso già a sei anni sanno fare il pane nel forno, governare una casa, occuparsi dei fratellini più piccoli, mungere le capre

le bambine di sei possono tranquillamente essere in grado non solo di stare da sole in casa, ma anche di occuparsi della casa e di badare anche ai fratellini piccoli.
Dag Tessore magari omette di dire che nelle stesse società i bambini di sei anni vanno a zappare la terra, spaccano le pietre o fanno altri tipi di lavoro.

Comunque in altri lidi le madri i figli se li portano al lavoro anche se piccoli


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Offline Vicus

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Re:La donna tradizionale
« Risposta #14 il: Settembre 10, 2014, 13:55:31 pm »
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Io mia figlia me la porto spesso con me al lavoro.
Ovviamente non da piccola, ma ora - specialmente in estate - si alza con me alle 6,20; prendiamo il treno e andiamo dove dobbiamo. Dopo di che se posso la porto insieme a me in escursione (e ormai sa ogni pietra della provincia...) oppure se non proprio è possibile la lascio alle  mie colleghe che lavorano nei vari uffici informazioni.

Ora a me sembra che lei sia una bambina serena e felice perché comunque sta con me, anche se non tutto il giorno, anche se non posso darle attenzione tutto il tempo.
Proprio così, i figli piccoli devono stare con i genitori, e in più c'è il clima conviviale con i colleghi. Ricordo che quando dopo scuola andavo in ufficio dai miei era come una grande famiglia, si scherzava e si rideva tutti.
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Comunque in altri lidi le madri i figli se li portano al lavoro anche se piccoli
Il risultato è lo stesso, ma è una soluzione praticabile raramente, non ad es. per studi professionali, operai, insegnanti...
L'ideale è che comunque tutta la famiglia stia nei pressi della casa (come probabilmente la donna della foto), che dovrebbe esserne il centro, anche di socializzazione con gli altri. Invece è spesso un dormitorio in quartieri che impediscono attività sociali sul posto.
« Ultima modifica: Settembre 19, 2014, 03:46:53 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.