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Manifesto delle zoccole
Diximus et salvavimus animas nostras
(Alcune persone hanno voluto “sottoscrivere” questo manifesto inserendo sotto forma di commento il loro nome e cognome in calce a questo post. Grazie a tutti. Non è più possibile sottoscrivere il manifesto.)
È in corso una campagna di stigmatizzazione del sesso “facile”. Un esempio è particolarmente esplicativo: nell’occuparsi del fenomeno delle ragazze doccia, gli articoli giornalistici, i post sui blog e i relativi commenti, i servizi e gli interventi nei dibattiti televisivi non pongono l’accento sull’aspetto mercenario (le ricariche telefoniche, ecc.) – che in realtà è l’unico elemento problematico di quelle situazioni – ma sulla “facilità” del sesso. Curiosamente, da un episodio di circa due anni fa – quello della ragazza che, dopo una falsa denuncia che causò un vero e proprio raid contro un campo rom, affermò “Ho mentito sullo stupro per paura” - non nacquero dibattiti sui modelli educativi. Curiosamente, nessuno, o quasi, provò a formulare ipotesi su quale mostruosa violenza psicologica potesse esserci dietro un gesto estremo del genere. Evidentemente, per il senso comune, inculcare – con le buone o anche non proprio con le buone – l’idea che la verginità sia un valore è lecito, è una “libera scelta educativa” dei genitori, una scelta su cui gli altri non devono intervenire. Viceversa, far sesso con la facilità con cui si beve un bicchier d’acqua (una volta era uno slogan femminista) proprio non va.
Anche gli psichiatri devono dire che non va. Anche loro devono proporre modelli standard: il buon adolescente, la sana genitorialità, la sana sessualità. Come se si trattasse del funzionamento del cuore, che – quello sì – quando non è “normale” non va bene. Purtroppo, una certa forma mentis da medici incontra seri problemi quando l’oggetto di studio non è il cuore o il fegato, ma la cultura, i comportamenti, i valori. Perché quando è in gioco la cultura, il concetto di funzionalità non è così univoco: non è come la buona funzionalità di un cuore sano, normale. Diversamente da quanto accade per il funzionamento dei polmoni o del fegato, quando sono in gioco i comportamenti le vie devianti ma funzionali sono molteplici e spesso sorprendenti. Non c’è schema che tenga. E c’è da aver paura di una psichiatria che pretende di pronunciarsi con l’autorità della scienza, in assenza di una seria analisi del suo statuto epistemologico. Stiamo parlando di una disciplina che fino a poche decadi fa considerava l’omosessualità una malattia mentale.
Come testimoniano gli esempi di ex-sessantottine da sempre sostenitrici del modello “come bere un bicchier d’acqua” – e del tutto soddisfatte delle proprie scelte – la donna slut e “facile” è una possibilità esistenziale nient’affatto impraticabile. Chi è accecato dall’ideologia, anziché mettere in discussione i propri schemi, vorrà vederci qualcosa che non va, qualche elemento oscuro. A molti occorrerebbe un bel bagno d’onestà. Probabilmente la donna slut è percepita come una minaccia perché rappresenta un controesempio – in particolare per quanto concerne l’etologia del corteggiamento e tutto quanto da esso dipende – alla logica dei ruoli e delle differenze sessuali, in un frangente storico in cui da più parti si chiama un ritorno a valori e modelli “stabili”. Spaventa l’idea che far sesso con qualcuno possa essere come farci una partita a backgammon: sicuramente una relazione sociale ma non più così “speciale” come invece era stata intesa la sessualità (anche quella extra-coppia) in passato.
Una relazione sociale occasionale al pari delle altre, tra persone consenzienti, al pari di un incontro di judo o di una seduta di massaggio. Con una portata sentimentale, anche. Al pari di un incontro di judo o di una seduta di massaggio.
Le conseguenze progressive di questo approccio sono molteplici:
la sessualità diventa più tecnica;
l’esercizio, la pratica assumono un ruolo assai più rilevante;
imparando accorgimenti pratici da un gran numero di partner, ciascuno contribuisce a diffonderli, favorendo la contaminazione delle tecniche e la loro evoluzione;
si dischiudono nuove possibilità di cultura sensoriale, ad esempio mediante l’inclusione non più marginale della dimensione sensoriale sessuale nell’arte;
si pone fine alle disparità di genere circa le possibilità di praticare sesso occasionale, risolvendo “a monte” il problema della mercificazione della donna in quanto donna;
si compie un passo fondamentale per il cammino della Modernità e della secolarizzazione, una cui istanza fondamentale è l’azzeramento del dimorfismo etologico di genere.
È ora di riaffermare l’orgoglio di essere zoccole.
novembre 23, 2013 Articles Valentina Nappi Short URL