Dialoghi > Natura maschile e natura femminile
Le single italiane guardano i soldi in un uomo.
ilmarmocchio:
non è italiana, ma cinese, però...
http://www.corriere.it/esteri/16_novembre_01/venti-fidanzati-venti-iphone7-ecco-come-cinese-riuscita-comprare-casa-senza-sborsare-nulla-bee1f7fe-a05d-11e6-90f7-78e506adbf1c.shtml
non è solo questione di femminismo, lo sapevano già gli antichi.
Frank:
--- Citazione da: Salar de Uyuni - Novembre 01, 2016, 20:37:29 pm ---BHO direi di sì,l'ammazzadiscussioni.
--- Termina citazione ---
Salar, perché dici che "ammazzi" le discussioni ? :hmm:
Per quanto mi riguarda non ho replicato perché oggi avevo altro da fare, per non parlare della tensione che mi ha creato il terremoto di ieri, che pensavo buttasse giù il palazzo in cui abito.
Perciò figurati quanta voglia avevo (ed ho) di scrivere.
Vicus:
Sal ha un certo gusto dell'orrido, ma è un geniaccio, i suoi interventi stimolano sempre riflessioni interessanti. Certe sue recensioni di film (Alien, Travolti da un insolito destino) sono memorabili.
Frank:
Questa non è roba scritta da me, bensì da uno dei vecchi utenti di uomini3000.
--- Citazione ---La storia della razza umana è la guerra. Tranne che per brevi e precari intermezzi non c'è mai stata la pace nel mondo; e la lotta omicida era universale e senza fine ben prima che la storia cominciasse.
Il giudizio di Wiston Churchill sulla nostra specie potrebbe essere liquidato come quello di un uomo che ha combattuto la guerra più terribile della storia e ha assistito all'inizio di una guerra fredda che avrebbe potuto portare alla fine dell'umanità. Ma, malauguratamente, esso ha retto alla prova del tempo. Se la guerra fredda è ormai un ricordo e i conflitti armati fra nazioni sono rari, continua a non esserci pace sul nostro pianeta. Anche prima dell'infausto 2001, che ha visto gli spaventosi attacchi agli Stati Uniti e la guerra in Afghanistan che ne è derivata, l'Elenco dei conflitti nel mondo catalogava sessantotto aree di violenza sistematica, da Albania e Algeria a Zambia e Zimbawe.
Anche l'osservazione di Churchill sulla preistoria ha trovato conferma. Un tempo si pensava che i moderni cacciatori-raccoglitori, che ci offrono un'immagine di quale era la vita nelle società preistoriche, combattessero solo battaglie cerimoniali, fermandosi al primo caduto.
Ora sappiamo che si uccidono l'un l'altro in una proporzione che fa apparire le nostre guerre mondiali quasi incruente. E le testimonianze dell'archeologia non sono più allegre. Sepolti nel terreno e nascosti in grotte, giacciono i muti testimoni di una preistoria sanguinosa risalente a centinaia di migliaia di anni fa: scheletri con segni di scotennamento e di colpi d'ascia o in cui sono ancora incastrate punte di frecce; armi come tomahawk e mazze inutili per la caccia, ma fatte apposta per uccidere altri uomini; fortificazioni di difesa come palizzate di pali appuntiti; e in molti continenti, pitture che mostrano uomini che attaccano altri uomini o ne vengono attaccati con frecce, lance o boomerang.
Per decenni gli "antropologi di pace" hanno negato che siano mai esistiti gruppi umani dediti al cannibalismo, ma le prove in contrario non hanno fatto che accumularsi e tra di esse ce n'è una incontrovertibile. In un sito del Sudovest statunitense, vecchio di 850 anni, gli archeologi hanno trovato ossa umane tagliate a pezzi come quelle degli animali che servivano da cibo, e inoltre tracce di mioglobina umana (una proteina dei muscoli) in frammenti di stoviglie e (prova schiacciante) in un escremento umano fossilizzato.
Anche gli appartenenti alla specie Homo antecessor, parenti dell'antenato comune ai Neanderthal e agli uomini moderni, si scagliavano l'uno contro l'altro e si massacravano, il che indica che violenza e cannibalismo risalgono ad almeno 800.000 anni fa.
Ma la guerra non è che uno dei modi in cui gli esseri umani si uccidono tra loro. In gran parte del mondo essa si stempera in violenze su scala minore, come scontri interetnici o fra bande rivali, faide e assassinii. Anche qui, malgrado innegabili passi avanti, non abbiamo nulla che assomigli alla pace.
Benché nelle società occidentali la percentuale di omicidi sia fra un decimo e un centesimo di quella che era dieci secoli fa, nel ventesimo secolo sono stati assassinati, nei soli Stati Uniti, un milione di persone e ogni americano ha l'1,5 per cento di possibilità di venire ucciso.
La riduzione della violenza su grande e piccola scala è uno dei nostri massimi assilli morali. Dovremmo usare ogni strumento culturale a nostra disposizione per capire che cosa, nella mente e nell'assetto sociale, ci porta a ferire e uccidere così tanto. Il problema, però, è che lo sforzo di comprendere come stanno le cose è stato fuorviato da quello di proclamare per legge la risposta "corretta".
Nel caso della violenza, la risposta corretta è che essa non ha nulla a che vedere con la natura umana, ma è una patologia la cui fonte è in elementi maligni esterni a noi.
E' un comportamento che ci viene insegnato dalla cultura, o una malattia contagiosa endemica in certi ambienti. Tale ipotesi è divenuta il dogma centrale di una fede laica, ripetutamente professato in pubbliche dichiarazioni come una preghiera quotidiana o un giuramento di fedeltà. Si ricordino la risoluzione proposta dall'Unesco da Ashley Montagu, secondo cui la biologia avalla "l'etica della fratellanza universale", e gli antropologi convinti che "non-violenza e pace sono state probabilmente la norma per la maggior parte della preistoria". Negli anni Ottanta molte organizzazioni operanti nel campo delle scienze sociali sottoscrissero il Seville Statement on Violence (1990), che definiva "scientificamente scorretto" affermare che gli esseri umani hanno un "cervello violento" o hanno subìto una selezione a favore della violenza. "La guerra non è un istinto, ma un'invenzione" scrisse Ortega y Gasset, fedele alla sua convinzione che l'uomo non ha natura, ma solo storia. Una recente Dichiarazione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della violenza contro le donne sentenziava che "la violenza è parte di un processo storico, non è naturale o frutto di determinismo biologico". E, negli Stati Uniti, una pubblicità del 1999 del National Collaborative on Violence Prevention dichiarava che "la violenza è un comportamento appreso".
--- Termina citazione ---
Vicus:
Di sicuro per molte tribù primitive la guerra è un 'gioco' e un rituale, e le vittime sono molto rare. Nel resto del mondo le guerre non decidono più le sorti dell'umanità, ma sono una sorta di (deprecabile) gioco tragico limitato ai 'cortili' del mondo.
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