Autore Topic: Sul male del sesso e le “Anime Nere”  (Letto 1188 volte)

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Offline Animus

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Sul male del sesso e le “Anime Nere”
« il: Settembre 21, 2014, 16:04:24 pm »
Un paio di giorni fa sono andato a vedere “Anime Nere”, film italiano sulla ‘ndrangheta calabrese che ho trovato decisamente noisoso … deludente.

L’unico spunto “interessante”, si fa per dire, dal momento che per definizione, può essere interessante solo ciò che già non si conosce,  è stata l’associazione uomo/animale, ovvero che al rito dell’immolazione del capro, eseguito dai maschi della famiglia, corrisponde l’immolazione dei maschi della famiglia, eseguita questa volta dai maschi … dell’altra famiglia – faide che non risparmiano nemmeno i bambini, in funzione di capretti/agnellini?, ma a cui fa da corredo la ben nota intoccabilità delle donne e che quindi solo banamente si possono definire soltanto “familiari”- il tutto correlato, quasi verso la fine del film, da una breve scena della messa, dove il prete ricorda alle donne del paese, testuali parole, “voi procreate nel peccato”.

Bene, per quegli strani tunnel e percorsi tortuoso-associativi della mente, la riuscita analogia del regista, punzecchiando il mio spiccato anticlericalismo, me ne ha ricordata un’altra.

All’interno del senso religioso catto-cristiano, in cui il sesso ha sempre avuto una valenza metafisica estremamente negativa, tanto da avvalorare l’equivalenza Sesso = Male assoluto – basti solo pensare anche da un punto di vista iconografico come Pan, il semi-dio greco della fertilità, metà uomo metà capro, l’incarnazione di tutti i caratteri sessuali spiccatamente maschili, con il cristianesimo sia diventato nientemeno che il demonio, l’angelo caduto del Male – ci si dovrebbe aspettere, dicevo, da una società laica, in teoria non subalterna al Clero, una particolare attenzione nel non cadere nell’errore di perpetuare, sotto false spoglie, una medesima morale, ovvero, continuare a riproporre gli stesso concetti di bene e di male, perchè altrimenti significa che è la vecchia morale che continua la sua opera di pervasione, con la sola differenza rispetto al passato di utilizzare diversi attori, oltre che mezzi,strutture civili, burocratiche e organizzative tipiche della modernità.

E infatti…se andiamo a vedere qual’è la definizione di reato sessuale (“molestie”) data dal Parlamento europeo, che non è certo la CEI, dobbiamo, nostro  rammarico, prendere atto che si spaccia per laico qualcosa che continua ad essere molto religioso: cristiano…troppo cristiano.

Per molestie sessuali, si intende:

Citazione
Ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro comportamento basato sul sesso che offenda la dignità delle donne … ivi inclusi atteggiamenti male accetti di tipo fisico, verbale o non verbale

Al quale si aggiunge:

Citazione
la caratteristica essenziale sta nel fatto che si tratta di un atto indesiderato da parte di chi lo subisce e che spetta al singolo individuo stabilire quale comportamento egli possa tollerare e quale sia da considerarsi offensivo.

Se dalla prima parte si osserva che, una qualsiasi definizione che prevede una cosa e la sua negazione (verbale o non verbale), è un’escamotage per significare tutto, e dalla seconda, che il giudizio sul reato, essendo basato interamente sulla soggettività di una parte non ha nulla di oggettivo, cioè chi si giudica offesa ne decreta con ciò automaticamente anche la condanna – acnhe il passaggio alla “Giustizia” diventa solo una formalità necessaria per la notifica – si arriva alla conclusione che, per ciò che riguarda l’equivalenza, Sesso=Male, non siamo mai usciti dal medioevo, e dalle leggi degne dei “grandi” inquisitori.

http://anticristo.org/2014/09/21/sul-male-del-sesso-e-le-anime-nere/
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline maveryx

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Re:Sul male del sesso e le “Anime Nere”
« Risposta #1 il: Giugno 12, 2016, 14:57:45 pm »
http://www.gianlucacongiusta.org/2009/07/30/il-murales-dedicato-a-gianluca-qla-grande-madreq/

La Grande Madre

Il bene e il male sono comprensibili soltanto se riconosciamo in noi stessi, come essere umani, le loro radici. Bene e male fanno entrambi parte della natura umana, sono gli opposti necessari alla sua stessa esistenza. A volte essi non sono in equilibrio: uno può prevalere sull’altro oppure uno si confonde nell’altro.

Quando ogni uomo e donna può giungere ad un suo individuale sviluppo, questi due principi diventano equilibrati e riconoscibili nelle loro differenze e l’individuo può attuare delle scelte di vita. Solo allora è possibile differenziare i rapporti tra gli esseri umani in buoni e cattivi.

Questo processo di sviluppo individuale è assente nella mentalità della ‘ndrangheta, della mafia e della camorra. Gli “affiliati”non sono soggetti maturi e autonomi, capaci di idee e di giudizi personali. Essi sono scarsamente differenziati come persone e profondamente identificati con il gruppo di appartenenza, isolati dalla società che avvertono come ostile e fuori dalla loro portata. Sono insicuri di sé e non possono fare a meno di una protezione che viene loro offerta da un particolare sistema sociale e di rapporti extralegali, che prendono il nome di ‘ndrangheta, mafia, camorra.


La mentalità di queste organizzazioni sembra apparire vistosamente maschilista, ma ad un’analisi più approfondita, essa svela un orientamento relazionale e sociale ispirato a valori di tipo materno familistico. Questa morale materna non riconosce regole, leggi né un principio sovra personale e uguale per tutti, ma solo il legame personale, di appartenenza e di sangue. La ‘ndrangheta, così come la mafia e la camorra hanno le loro radici profonde nell’uomo. C’è una simbiosi mortale con un principio materno che invece di muovere verso lo sviluppo del figlio, esige da lui un legame esclusivo e personale, fino alla morte. Questo principio materno può essere identificato con quella che Jung, il famoso psicoanalista di Zurigo, chiama la Grande Madre. Il prevalere dell’orientamento maternalistico si può spiegare inoltre con l’influenza della Grande Madre Mediterranea, la dea primitiva che esisteva, sia nel bene che nel male, solo in funzione dei figli e che teneva sotto il suo dominio la vita e il destino degli uomini: un tempo era la divinità Cibele, Astarte, Iside, Demetra. Essa vive ancora oggi nell’inconscio degli uomini. La vita degli uomini dominati nell’inconscio da questo archetipo primordiale, non è vissuta come scelta e come conquista personale, ma solo come dono materno e ciò evoca l’aspetto ineluttabile della Madre divina, per cui nascere significa sottostare alle sue leggi, così come per il bambino piccolo accade. In una fase primitiva di sviluppo della coscienza, la vita umana dipende dalla terra e dalla natura. I miti e le religioni delle dee madri sono strettamente connessi con l’agricoltura, la vegetazione e i riti di fecondità. La Grande Dea è la madre onnipotente, che rappresenta il destino per il figlio, piccolo e bisognoso. Essa dispensa ogni forma di vita e di morte. È la forza primordiale della natura, che si manifesta sia nel dare che nel togliere la vita, la Terra Madre da cui tutto comincia e in cui tutto finisce. Il suo utero fecondo è anche un sepolcro, che divora tutto ciò che ha generato. Sia come dea delle religioni matriarcali, sia come figura archetipica nell’inconscio dell’uomo moderno, la Madre dispensa vita e beatitudine, ma anche terrore, castrazione, morte. Nella forma indifferenziata di questo Grande Femminile archetipico i contrari, come bene-male, vita-morte, femminilità-mascolinità, non sono ancora differenziati, per cui non solo essa com-prende in sé ogni aspetto del generare, nutrire e uccidere, come nel ciclo stagionale della natura, ma anche il maschile e il femminile sono fusi insieme. Chi è soggiogato ad essa non apparterrà che ad essa e vivrà solo in funzione di figlio-amante, senza poter mai sviluppare una coscienza dell’Io e differenziarsi così dalla natura e dal mondo. Gli amanti delle Dee Madri dei miti e delle religioni antiche si assomigliano tutti: Tammuz, Attis, Adone, sono adolescenti bellissimi, destinati però a essere uccisi, smembrati o castrati per fecondare la terra e ad essere consacrati alla Grande Madre nelle feste della fertilità. Il terrore che incute la Grande Dea nasce dalla sua oscurità, eterna e misteriosa, dall’assoluta imprevedibilità del suo creare e distruggere. La fase iniziale di sviluppo di ogni uomo è governata dall’immagine della Dea Madre, sia come forza inconscia strapotente, sia come imprevedibilità del mondo. Il bambino, come lo fu l’uomo primitivo, dipende da essa come sua creatura ancora inerme e bisognosa. In questo stadio la madre è tutto e l’uomo esiste solo come suo figlio. La vita è un dono che la madre può riprendersi in qualsiasi momento, indipendentemente dalla volontà del figlio. È questa dimensione che il figlio della ‘ndrangheta, della mafia, della camorra vive e perpetua nella vita e qualsiasi sviluppo di coscienza, di differenziazione e separazione da essa è escluso. Soltanto diventare se stessi, separarsi, affrontare il doloroso “essere posto in contrasto”, possono far nascere la coscienza e la conoscenza. Attraverso la memoria della storia e degli eventi che raccontano questo percorso doloroso di identità personale e distacco dalla cultura di morte della Grande Madre è possibile emanciparsi e restituire alle generazioni future la possibilità di sviluppare una coscienza autonoma e una dimensione di vera vita. Anche la memoria è per questo una lotta, interiore prima di tutto, che si riverbera all’esterno come lotta sociale e culturale.
"Fuggi a vele spiegate, uomo felice, da ogni genere di cultura." Epicuro

Offline maveryx

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Re:Sul male del sesso e le “Anime Nere”
« Risposta #2 il: Giugno 12, 2016, 17:03:10 pm »
http://rivista.artiterapie-italia.it/ottobre23/340-ottobre5.html

Il potere materno nell'istituzione mafiosa

Lo scambio intellettuale avvenuto con Antonio Damasco, Direttore della Rete Italiana Cultura Popolare, ha generato in me la necessità di affrontare un argomento così ostico come il potere femminile all’interno delle istituzioni mafiose, ostico perché come donna è difficile da accettare ma prima ancora è complesso da comprendere. Una donna non può, in prima istanza credere, che delle parti di sé possano essere così violente.
Argomento ancora più difficile nel bacino del mediterraneo, dove si è abituati a vedere la figura femminile in maniera distonica, peggio ancora se è madre.
La persona di mentalità mafiosa non è matura o autonoma, egli come tutti sanno, è fortemente e profondamente identificato con il gruppo di appartenenza, isolato dalla società e insicuro di sé, non può fare a meno di una protezione da parte della famiglia o della mafia.
La persona con una mentalità mafiosa prima ancora di affiliarsi è affiliato a un sistema incestuoso della propria famiglia d’origine. Questo modo di sentire e di vivere si struttura in modello di comportamento, nell'ambito di un'organizzazione criminale e diventa sistema extralegale.
L’uomo con una struttura psichica mafiosa non è in grado di amare, sa soltanto che la donna deve “essere uomo”. In lui si accentua la divergenza e la contraddizione, tra l’immagine ideale da esibire, e la paura, insicurezza e anche l’angoscia, da nascondere o meglio, da negare.

L’uomo di mentalità mafiosa, riprende, la psicoanalista Silvia de Lorenzo, appare sicuro e potente, si mostra arrogante, disprezza le donne e le usa per fare sesso, ma non sia abbandona mai all’amore perché teme l’incontro con i luoghi delle sue emozioni più profonde: il regno della madre, il ritorno alle origini.
La negazione della soggettività della donna (oggetto da esibire) nasconde la paura della madre, o meglio la simbiosi distruttiva con la Grande Madre.
La realtà in Sicilia è solo apparentemente e vistosamente patriarcale, vista invece da Sciascia come una “società matriarcale, in cui la donna ha avuto il suo impero”. Sciascia stesso narra di aver passato infanzia e adolescenza sempre circondato da tante “madri”, e denuncia con amarezza, il loro sistema di potere, i loro focolai tirannici, della loro funzione schiacciante e divoratrice manifestatasi socialmente in forma conservatrice.
Vendette e disgrazie del Sud sono venute dalle donne, soprattutto quando diventano madri. Le donne del Sud vivono questo di terribile, di colpo sono capaci di trasformarsi nelle peggiori Erinni, per rifarsi delle vessazioni da loro stesse subite durante la giovinezza.
Tali donne sono un forte elemento di distruttività, di disonestà e di abuso di potere nella intera società e non solo nella famiglia. Le matriarche infelici, che nutrono in silenzio il loro odio, diventano spiriti vendicativi imponendo il tutto al figlio, al nipote o al fratello, lei non esce mai allo scoperto.
Appare come vittima, dove nella relazione vittima carnefice, la vittima è l’assassino più ferrato proprio perché la sua crudeltà è nascosta dalla miseria della sua esistenza.
Buscetta dirà poi durante gli interrogatori:  “la moglie tradizionale del mafioso  non parla, è lo stampo del marito. Perché lui l’ha addestrata a tacere…deve restare chiusa nel suo mondo. E non si sa fino a che punto è infelice perché non lo dirà mai a nessuno”.  Il suo odio è il “covo” ideale.

Qual è lo spunto di riflessione e di apertura verso la vita in tutto questo Uroburos?
Il primo aspetto è quello di prendere coscienza che se un bambino cresce sotto il dominio femminile, il potere della madre sarà decisivo nel suo sviluppo. Imparerà a svalutare e disprezzare le donne, senza tuttavia liberarsi dalla paura; continueranno a manifestarsi in lui meccanismi di difesa di formazione reattiva (es. affermo che amo mia madre perché non posso permettermi di dire, a me stesso, che lei ha abusato del suo potere su di me.)
Tutto questo rapporto è determinato dall’assenza del padre. Assenza del padre non in termini di presenza fisica. Ma se la famiglia è dominata dalla madre che sceglie il figlio come sostituto del marito, il padre gioco/forza se ne va.
Quando in una società debole, come quella italiana e non solo siciliana, è forte l’antagonismo di generazione madre/figlia padre/figlio, il timore, la diffidenza, ma soprattutto l’assenza impediscono la relazione e l’amore nei rapporti. L’archetipo della Grande Madre richiama così l’esaltazione del figlio come eroe e salvatore insieme perché lo vive come propaggine, quindi prolungamento di se stessa: egli realizzerà tutti i suoi sogni, mangiandosi a poco a poco, sottilmente la vita del figlio. Questo accade anche con le figlie femmine che proietteranno nella vita di coppia l’imago materna, ricreando lo stesso circolo.
I figli sono per madri narcisistiche espressione di cura delle proprie ferite narcisistiche. Da questo atteggiamento materno dipenderà la struttura narcisistica del figlio, che genererà in quest’ultimo una bassa considerazione e stima di sé. Se il figlio è per sua madre, afferma la psicoanalisi, l’unica ragione di vita e deve corrispondere alle sue aspettative come uomo ideale (sia come compagno che come eroe che la salva), egli si sente paralizzato dalla possibilità di compiere qualsiasi sviluppo.
Quindi anziché liberarsi dal mondo materno per entrare alla porta del padre, lo porterà a fare alla madre dono della propria virilità per tacitare la sua invidia e il suo fallimento. L’enfasi della virilità si manifesta nella madre/donna del mafioso come ossessione della fama e dell’onore, come avidità insaziabile di prestigio e invidia divorante dei successi altrui, come arroganza, ambivalenza (ti voglio, non ti voglio) che induce all’intrigo, alla sofferenza a un nutrimento di un solito latte marcio, fino ad arrivare vittoriosi alla vendetta.

Fino a quando uomini, ma soprattutto le donne, non accettano e accolgono questa parte distruttiva per poterla poi trasformare in creatività e senso per la vita non potrà mai cambiare il sistema mafioso, anzi, come sta accadendo con i clan ‘ndranghetisti (sistema mafioso costruito direttamente sulla famiglia di origine quindi più forte e patologico) si infiltreranno sempre più nel nord.
Il potere del no e del limite paterno ora vacilla. Senza l’istanza maschile del no, senza il limite, il potere magmatico della madre prenderà il sopravvento facendo fuori l’amore del padre.
Se la figura del padre è importante, fondante per l’essere umano allora deve tornare nel suo ruolo di limite, non può imitare le istanze materne creando confusione e magma oltre che una forte ambivalenza nel figlio con conseguenze rabbiose.
Ora, molte donne, moltissime donne siciliane che si sono ribellate alla mafia ribellandosi così alla Grande Madre, hanno trovato il coraggio di parlare, di metterci la faccia e il cuore, la loro audacia e il loro dolore, si danno la possibilità dell’errore uscendo dall’ideale di perfezione imposto dalle loro madri e dal loro sistema sociale.

Sono vicina a tutte le donne siciliane, a tutte le donne nate in famiglie ‘ndranghetiste, sono vicina a tutte le donne che con la loro forza e gioia di vivere hanno iniziato un processo di individualizzazione e liberazione da una madre reale/società che le ha oppresse. Sono vicina a tutte quelle donne che sono accanto a un marito o un compagno che ricoprono posti di potere, affinché queste donne con una nuova mentalità possano essere generatrici per loro stesse e per gli altri di autonomia, stima, e onestà intellettuale e che all’interno di una scala di valori non barattino il tutto per il potere, che non è un valore.
Ricordo a me stessa e a tutte le donne che la risposta all’oppressione non è l’oppressione ma la libertà e l’autonomia come valore.
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Offline Vicus

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Re:Sul male del sesso e le “Anime Nere”
« Risposta #3 il: Giugno 12, 2016, 21:01:34 pm »
Anche la società dei consumi è femminea per definizione, oltre che spingere all'infantilismo (per il consumatore come per i bambini tutto è dovuto, mentre si biasima il sacrificio e la rinuncia, caratteristici di una psiche adulta).
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.