Autore Topic: Stalking e molestie. False accuse.  (Letto 1084 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline vnd

  • WikiQM
  • Storico
  • ***
  • Post: 6009
  • Sesso: Maschio
Stalking e molestie. False accuse.
« il: Settembre 30, 2014, 17:10:25 pm »
http://www.corriere.it/inchieste/casi-limite-ma-sempre-piu-diffusi-ecco-quando-l-accusa-stalking-diventa-strumento-vendetta/1fb845f2-c1ad-11e3-9f36-c28ea30209b6.shtml

L'articolo è di aprile.
Il titolo e l'inizio dell'articolo fanno incazzare perché si ha l'impressione che quando le accusate sono donne lo stalking è sempre falso. Posso capire il giornalista che ha voluto così indorare la pillola per ciò che scrive dopo. Non ci sarebbe da stupirsi se avesse preso delle storie maschili e le avesse riconiugate al femminile.
Poi l'articolo mette in luce inquetanti aspetti che scopriamo essere sempre più diffusi.

"Così il mio ex mi ha accusato di stalking per vendicarsi di me"
Di Antonio Crispino

Citazione
Tendo la mano verso il suo braccio per chiederle se vuole interrompere l’intervista. Alessandra la tira indietro di scatto appena la sfioro. Fa uno movimento brusco, disgustato, dura un attimo. Se ne accorge. E tra un singulto e una lacrima provocati dal racconto della sua storia, chiede scusa. «Dopo quello che mi è capitato non riesco a vedere gli uomini in modo pulito, ne ho orrore e terrore» dice. Ad Alessandra è capitato di scoprire che il suo uomo la registrava di nascosto durante i rapporti intimi. Alcuni frame li pubblicava su un sito per scambisti. Lo viene a sapere quasi per caso. E’ esperta di informatica. Sul computer trova dei file «strani». Indaga, finché si trova nuda su un sito porno. Resta scioccata. Alessandra denuncia il compagno. Ma il magistrato archivia. Il compagno si «vendica» denunciandola per stalking approfittando delle sue insistenti richieste. Alessandra vuole una spiegazione ma soprattutto pretende la certezza che abbia cancellato tutte le foto di quel genere. Lui si nega, riaggancia, non si fa trovare. Poi l’avvertimento: «Se continui a cercarmi ti querelo». Era da poco entrata in vigore la legge sullo stalking. «Dirà a tutti che ero la sua ex, sfigata, che non si rassegnava a troncare il rapporto ma, anzi, cercava di ricucirlo in modo assillante. Una pazza ossessionata, insomma», racconta lei. Il volto è pixelato, come quello di tutti gli altri che intervistiamo. Sono stalker, pericolosi, inveterati, colpevoli di «ingenerare nello loro vittime paura ed ansia, compromettendo, in tal modo, il normale svolgimento della vita quotidiana», come cita l’art. 612 bis del codice penale. Il numero del loro crimine.

LA STORIA DI CLAUDIA - Claudia ha 47 anni e viene da Roma. La incontriamo in un centro antiviolenza. E’ impacciata, restia a salutarci con una stretta di mano. Misantropa. Parla con un filo di voce. Anche lei per la legge è una persecutrice seriale. Aveva una relazione con un uomo sposato. Riceve rassicurazioni che avrebbe lasciato la moglie e il sogno di una vita insieme. Fino al giorno che la moglie scopre il rapporto extraconiugale. L’uomo sparisce. E lei non si rassegna. Lo chiama, gli manda messaggi, lo segue. Vuole un chiarimento, crede di aver sbagliato in qualcosa e lo aspetta sotto casa. E invece lo sbaglio lo commette proprio in quel momento. La sua condotta configura il reato di 612 bis (stalking) per il quale « … è sufficiente che si verifichi una alterazione del normale equilibrio psichico – fisico della persona offesa anche senza sfociare in una vera e propria patologia conclamata». «In poche parole - ammette Claudia - ha trovato il modo più rapido ed efficace per liberarsi dell’amante. Ma ha ignorato le ripercussioni psicologiche che un’accusa così grave mi avrebbe causato».

LE ACCUSE - L’abuso dell’accusa di stalking si intreccia in modo preoccupante con le false accuse di maltrattamenti in famiglia. Soprattutto lì dove è in corso una causa di separazione. Un mix che Carmen Pugliese, sostituto procuratore di Bergamo, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario nel 2009 definirà «un’arma di ritorsione per i contenziosi civili durante le separazioni». Secondo i dati della sua Procura solo in 2 casi su 10 si tratta di maltrattamenti veri, «il resto sono querele enfatizzate e usate come ricatto nei confronti dei mariti durante la separazione». Da lì in avanti ci sarà un susseguirsi di conferme non solo dagli ambienti giudiziari ma da criminologi, psichiatri e neuropsichiatri, avvocati, associazioni antiviolenza, pedagogisti, consulenti tecnici, sociologi, etc. Ma il fenomeno è tutt’ora definito «sommerso».

I NUMERI - Secondo il Tribunale di Roma circa il 60% delle denunce per maltrattamenti sono archiviate. «Di queste - dice Massimo Lattanzi, dell’Osservatorio nazionale sullo stalking - il 20% riguardano ex partner che devono gestire l’affidamento dei figli o, ancora peggio, quando è in discussione un patrimonio».
E’ la storia che ci raccontano due Roberto; uno di Macerata, l’altro di Rovereto. Entrambi benestanti, con stipendi abbastanza pesanti e una casa di proprietà. Il primo viene denunciato per stalking dalla sua ex. Una bella straniera ex tossicodipendente di cui era innamorato perdutamente. I problemi iniziano quando lui le nega i soldi per la cocaina. «Costruisce un castello di accuse in collaborazione con i delinquenti che frequenta. A distanza di cinque anni ancora non riesco a rivedere la luce nonostante abbia evidenziato al giudice tutte le incongruenze. Persino un suggerimento di amicizia che Facebook manda automaticamente alle persone che potresti conoscere è stato allegato dal suo legale come dimostrazione della mia volontà persecutoria». Parallelamente la donna ha avanzato richieste risarcitorie pari a circa 500mila euro. Roberto, che gestiva una società di pubblicità e relazioni pubbliche, non riesce più a lavorare. E’ scuro, umbratile. «Tutt’oggi ho paura di incontrarla, di vedere la sua macchina, di incrociarla da qualche parte… ho attacchi di panico e devo tornare subito a casa. Anche un incontro casuale potrebbe essere mistificato come atto persecutorio e aggravare la mia situazione». Roberto balbetta quando parla e gronda sudore. Strano, per chi si occupava con successo di pubbliche relazioni. Non sa se un giudice un giorno ascolterà le sue ragioni ma sa di aver perso tutto: lavoro, casa, soldi. Serenità. Credibilità.

LE STORIE - Ma se lui ha ancora un tetto dove vivere, l’altro Roberto si è ridotto a dormire per strada. Aveva una moglie e un lavoro come dirigente d’azienda. Ha un figlio. «Allontanando l’uomo dalla donna, la donna rimane con casa e figlio. L’avvocato chiede congruo assegno di mantenimento, il giudice dà la collocazione prevalente e io mi sono ritrovato a dormire su una panchina perché contestualmente scompaiono serenità, lavoro e denari. Vivevo in affitto e ho dovuto lasciare casa. Fronteggiare un’accusa di stalking non è economicamente uno scherzo tra periti, avvocati, consulenti e ricerche documentali che possano far emergere la falsità dell’accusa». Riceve una richiesta di ammonimento da stalking. Perché? «Cercavo mio figlio. Ma ogni volta che chiamavo mia moglie non me lo passava mai, ripeteva sempre di richiamare più tardi perché o dormiva, o stava mangiando, o non c’era».
Un sistema, questo, molto diffuso per chi deve avvalorare un’accusa persecutoria. «Si chiama mobbing genitoriale» conferma Giovanni Battista Camerini, professore di Neuropsichiatria a Modena, che spiega: «Sono le azioni che un genitore mette in atto per ostacolare i diritti di visita di un altro genitore. In questo caso si va oltre. Si induce l’altro a chiamare più volte sulla stessa utenza in modo che, se si è in mala fede, si portano i tabulati in tribunale dove risulteranno dieci telefonate in un giorno, trecento in un mese… E questo è stalking». Sempre se poi non si perde la pazienza e non si commette l’errore di andare in escandescenza all’ennesimo rifiuto. Come è successo a Massimo Andrea, di Milano. Per 72 giorni non ha potuto vedere il figlio. «Quando ho capito che mia moglie me lo stava portando ho perso la testa e per telefono gliene ho dette di tutti i colori». Lei registrava.

IL CONSIGLIO - Invece, un marito accusato di violenza fisica dalla moglie decide di seguire i consigli dell’associazione Sos Stalking. «I due coniugi stavano affrontando una causa di separazione- ricorda l’avvocato Lorenzo Puglisi -. Il coniuge arriva da noi in lacrime dopo aver ricevuto una denuncia per maltrattamenti. Ci giura in ginocchio di non aver fatto niente, di cadere dalle nuvole. Così gli consigliamo di installare una telecamera in casa e azionarla in caso di lite». L’uomo consegnerà ai carabinieri un video in cui la moglie urla contro un muro: «… lasciami stare… non mi toccare… mi fai male… aiuto». La Suprema Corte di Cassazione con una sentenza del 2011 ha stabilito che può configurarsi reato di stalking anche se «gli atti persecutori... non sono rivolti direttamente contro l’incolumità fisica della vittima ma anche verso i suoi beni di proprietà».
Una decisione che sembra calzare a pennello per le liti condominiali. Di questo viene accusata Stefania, di Pisa. Un avvocato penalista, vicino di casa, la denuncia per stalking perché in seguito a ripetute liti condominiali gli avrebbe imbrattato con escrementi l’auto e la cassetta postale. Dopo qualche giorno, alle 7,40 del mattino, bussano i carabinieri alla sua porta. Le perquisiscono casa. Le prelevano un tampone di saliva per l’esame del Dna. Prendono un campione delle feci del suo gatto «utile per eventuali confronti con analogo materiale raccolto sull’auto della persona offesa», si legge nel verbale dei carabinieri.

IL PERICOLO - «Il pericolo è che oggi stia diventando tutto stalking - fa notare Lattanzi, psicoterapeuta dell’Osservatorio nazionale sullo stalking -. È un mercato a tutti i livelli; dal perito che deve certificare - previo pagamento di parcella - lo stato di ansia e di paura, all’avvocato specializzato in stalking… per non parlare delle vere e proprie operazioni di marketing, dai libri ai film. Cito un caso per tutti: un atelier di Roma qualche anno fa ha presentato un abito da sposa che provocava prurito. Lo hanno battezzato “abito dello stalking”. Ha avuto un successo incredibile, c’era la fila per andarlo a vedere. Attenzione… Gli atti persecutori sono comportamenti molto gravi che possono portare all’omicidio e al suicidio. Non facciamo tutto stalking perché così oltre a far soffrire le vittime di false accuse danneggiamo seriamente chi le violenze le subisce davvero».
Vnd [nick collettivo].