A me pare che tutta la questione ruoti intorno alla parola francese réussite, che se da un lato si può tradurre con successo, vittoria, dall'altro ha anche il significato, più neutro di esito, riuscita, risultato.
A questo punto se sostituiamo la parola vittoria con esito la frase non ha più i connotati di un giudizio ma di una constatazione amara. Perché amara? Perchè in fondo quello che fa "vita" è per l'appunto l'azione, e per l'azione occorre quella immediatezza che connota le cause secondarie. Su questo concordo con Salar de Uyuni. Per secondarie io intenendo quelle cause meno importanti, ma anche le più determinanti a produrre azioni, si può progettare un palazzo faraonico e lo si progetta per mille ragioni con quello stile, in quel posto ecc. ecc. tutto bello, ma se non si prende il cemento, i mattoni e con fatica si comincia a costruire...
L'inazione, la mera contemplazione non è vita, la vita è azione, e a questa non serve né grandi visioni, né pura contemplazione, basta solo un po' di laboriosità, come gli insetti.
Le cause secondarie mi rimandano a una reminescenza liceale, addentrandomi su un terreno pericolosissimo e per me del tutto sconosciuto mi viene da citare Aristole e il "primo motore" dal quale a catena discendono altri motori, evidentemente secondari...