Problema che riguarda lo 0,001 degli uomini.
Il resto è abbastanza "beta" da non avere (per sua fortuna) nessuna possibilità con la super manager.
Che poi, 'ndo stanno 'ste supermanager?
Il mondo reale è fatto di impiegate e operaie, di categoria B e C.
E molte delle mie colleghe ammettono candidamente di trovarsi in ufficio solo per necessità.
Se solo potessero, resterebbero a casa a sistemarla e a preparare dolci.
Ergo, non facciamoci infinocch...ehm no, chiedo scusa, infroc...cioè omosessualizzare da questa propaganda, da questa distorsione della realtà che vorrebbe le donne tutte "in carriera".
Il mondo reale è altra cosa...
le cose comunque sono un po' più complicate.
Esiste una categoria di donne che "aspira" alla carriera, e in questo ha ragione Vicus, laureate che non vogliono buttare a mare la laurea, ma in genere si trovano in un mondo in cui la laurea è svalutata.. sempre perché lo 0,000001 per milioni di persone arriva al "top". Per inseguire questa meta, sono disposte a svalutare ancora di più.
Da noi, per esempio, in ambito legale, sono schiavizzate e schiavizzati i praticanti e i giovani avvocati. Ormai, probabilmente la tendenza s'invertirà. Recentemente abbiamo notato che non si trovano manco più i curriculum di aspiranti praticanti, mentre si trovano curriculum di giovani avvocati in abbondanza.
E' vero che fino ai trent'anni non hanno reddito, poi hanno poco reddito e via discorrendo.
La maternità diventa un problema (vedi Apple e Silicon Valley che offrono il servizio di congelamento ovuli), perché quando la competitività cresce, ovviamente cresce anche l'impegno, già non riesci a stare a galla se non ti fermi mai, figuriamoci se ti fermi un anno tra gravidanza e bambino.
Poi ci sono quelle che lavorano per necessità (operaie, impiegate di categoria Z, donne delle pulizie etc.). Alcune per necessità effettiva (famiglie monoreddito, zitelle
- ma quelle c'erano già ai tempi di Schopenauer, sono il risultato della monogamia, "
presso i popoli poligamici ogni donna trova sostentamento, nei popoli monogamici resta una quota di donne non coniugate che nei ceti superiori vegetano come vecchie zitelle e nei ceti inferiori sono costrette ad un duro lavoro oppure diventano donne di piacere"), altre anche per una sorta di "previdenza". L'instabilità del matrimonio e la rottura dell'indissolubilità rendono consapevoli anche le donne "normali" che è bene avere un mestiere, o comunque una fonte di reddito indipendente nel caso ci si trovasse da sole. Questo è un fenomeno che si verifica soprattutto nelle "seconde compagne". Ho una collega (per esempio) che è la compagna di un padre separato (che ha avuto difficoltà ad avere l'affido condiviso e a ridurre l'onere di mantenimento per la figlia, che sennò sarebbe diventato un secondo stipendio - della serie "ma quanto può mangiare una bambina di 6 anni se devi passargli 600 euro al mese solo per il mantenimento - escluse spese sportive, mediche, scolastiche e di vestiario), che ovviamente ha acquisito un suo pensiero di "dovere di collaborazione economica anche in vista di un figlio". Non so se mi sono capita, ma in queste donne, in realtà noto una consapevolezza maggiore del concetto del figlio che è onere di entrambi e che non si può utilizzare il figlio per avere uno stipendio aggratis.
Questa consapevolezza probabilmente esisteva già in tempi antichi, ma oggi non si può espletare che in un lavoro con fonte di reddito. Se duecento anni fa, una donna il cui marito avesse abbandonato la casa, se pure con più fatica, se la sarebbe potuta cavare con una bicocca, un fazzoletto di terra o due capre, oggi non sempre è possibile in una metropoli o in una cittadina di media grandezza, (ma nemmeno in campagna, anche perché una casa senza corrente elettrica, acqua corrente - cioè traduco, bollette da pagare comunque - non è nemmeno considerata abitabile)