Autore Topic: Giuro che voglio fare sesso...  (Letto 1844 volte)

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Online Frank

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Giuro che voglio fare sesso...
« il: Ottobre 27, 2014, 19:12:48 pm »
http://www.ilfoglio.it/articoli/v/122254/rubriche/giuro-che-voglio-fare-sesso.htm

Citazione
Le obamiane regole per combattere gli abusi nei college equiparano il sesso allo stupro, per non sbagliare. Se poi nella dittatura del “consenso affermativo” si perde il giusto processo, pazienza. Giuristi liberal in rivolta

di Mattia Ferraresi | 25 Ottobre 2014 ore 06:09

New York. Dirlo apertamente è scorretto, ma seguendo la logica delle leggi antistupro che si stanno diffondendo nei college americani si arriva a un’affermazione generale: ogni rapporto sessuale è uno stupro. Se, come recita il testo della legge della California 967, per essere lecito l’incontro sessuale deve essere approvato con il “consenso affermativo” dei partecipanti, e il consenso “deve estendersi nel corso dell’attività e può essere revocato in ogni momento”, se “l’assenza di proteste o resistenza non equivale al consenso” e se nemmeno “l’esistenza di una relazione stabile fra le persone coinvolte deve essere intesa come indicatore del consenso” significa che il sesso, quello normale, è a rigore di legge uno stupro che non finisce in tribunale. Il sesso non esiste, esistono soltanto stupri che vengono denunciati e stupri che rimangono taciuti. A parte l’aspetto grottesco di una relazione che richiede un consenso esplicito – meglio se verbalizzato con un “sì”, come nelle chiamate dei call center – per ogni stadio della vicenda, dal gioco di sguardi fino ad arrivare al dunque, l’ondata legale per fermare la cultura della violenza nei campus combatte il crimine cambiandone la definizione. Per opporsi alla cosa si lavora sul nome: intanto diciamo che tutti i rapporti possono facilmente finire nella casistica dello stupro, poi si vede. Sono gli effetti del passaggio dal modello del “no means no” a quello del “yes means yes” invocato da una parte del mondo femminista, secondo cui l’assenza di un esplicito rifiuto del corteggiamento non comporta di per sé un permesso o un invito a infilarsi sotto le lenzuola.

Sdoganato il principio, ogni mossa è passibile di interpretazione. Quel bacio era un sì? Quando ti sei tolta il reggiseno stavi esprimendo il tuo consenso affermativo? Le droghe e l’alcol che circolano in abbondanza nei college americani rendono ancora più nebbioso il processo postumo di ricostruzione e decrittazione dei segnali scambiati dai partner, e naturalmente i giudizi e le percezioni dello stesso evento si modificano con lo smaltirsi della sbronza, con i cambi di umore, con i pentimenti e via dicendo. Il principio “yes means yes” riduce lo spazio dell’interpretazione intorno all’abuso sessuale, spazio occupato normalmente dallo strapotere del maschio, come le femministe Andrea Dworkin e Catharine MacKinnon spiegano dagli anni Settanta. Invocavano allora l’idea che la dominazione maschile fosse a tal punto pervasiva da meritare una protezione speciale per le sue vittime, fino a cedere sul principio di uguaglianza di fronte alla legge per bilanciare la disparità. Un po’ come succede nele ammissioni agevolate alle università per le minoranze etniche.

La legge della California non è un caso isolato, ma l’apripista di un movimento per la revisione delle leggi antistupro promosso dalla Casa Bianca. All’inizio dell’anno Obama ha creato una task force con l’incarico di diramare nuove linee guida ai legislatori per combattere gli abusi sessuali nei college. Quando l’avvocato femminista Robin Steinberg ha notato che l’idea del governo consisteva, in sostanza, nel promuovere i diritti delle vittime erodendo la possibilità di difesa per gli accusati, ha detto: “Non manderei mai i miei figli maschi al college!”. Le nuove direttive di Harvard sulla violenza hanno scatenato la reazione di 28 professori della scuola di legge, fra cui uno dei maestri di Obama, Charles Ogletree, perché le regole “negano gli elementi basilari del giusto processo” e la procedura è “viziata contro la difesa”. John Banzhaf, professore di legge della George Washington University già definito un “femminista radicale” sta conducendo una campagna garantista per difendere il diritto al giusto processo nel nuovo clima del “yes means yes”. A sostenerlo sono sopratutto giuristi liberal e femministe dissidenti, e il dibattito sta aprendo un dilemma nel cuore dei liberali: è giusto difendere le vittime di abusi fino a ledere la possibilità degli accusati di difendersi efficacemente?

Ezra Klein, opinionista e data journalist del sito Vox, la mette giù così: “Per funzionare, il ‘yes means yes’ deve creare un mondo in cui gli uomini hanno paura. I critici temono che i college si riempiano di casi in cui gli organi di giustizia del campus condannano ragazzi per azioni effettivamente ambigue. Purtroppo è necessario perché la legge abbia successo”. Detto brutalmente: se uno stato di polizia autorizzato a intentare processi farsa serve a tenere a bada gli ormoni degli studenti, ben venga. Non proprio liberale come principio, però l’emergenza talvolta può giustificare una sospensione del diritto. Ma quella dei college è una vera emergenza? I numeri sugli abusi sessuali sono incredibilmente facili da manipolare ma la Casa Bianca dice che una donna su cinque subisce una violenza al college. Significa che lo scorso anno circa 193 mila donne sono state stuprate, ovvero una percentuale 25 volte superiore rispetto a quella rilevata dal dipartimento di Giustizia sulla popolazione generale. Christina Hoff Sommers, altra femminista non convenzionale, sostiene che i dati del governo sono basati su un campione statisticamente irrilevante, fatto di due università soltanto. Certo, nella cultura americana del college ci sono molte cose storte, ma forse non tutte possono essere raddrizzate con un’iniziativa legale che per non sbagliare criminalizza. Come accade spesso, Camille Paglia ha toccato la questione antropologica che si muove sotto la crosta giuridica: “I liberal non hanno il senso del male”, concepiscono l’uomo come un essere che può darsi la perfezione, “credono che le proteste e le leggi dei corrivi burocrati delle università e dei regolatori del governo possano cambiare radicalmente tutti gli uomini”.

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Offline Fazer

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Re:Giuro che voglio fare sesso...
« Risposta #1 il: Ottobre 27, 2014, 19:22:36 pm »
Io sono a posto.
Mi porto sempre dietro una marca da bollo da 16 euro, un collega per l'autenticazione della firma, e...questo*:



Il problema però è avere il collega tra le palle, visto che mi serve qualcuno che possa dichiarare di non aver sentito alcun "no", "basta", "fermo", etc. durante il rapporto... :P :doh: :cry:

* Il modello non è proprio quello giusto, ma in rete, con la fretta, non ho trovato di meglio... ^_^

Offline ilmarmocchio

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Re:Giuro che voglio fare sesso...
« Risposta #2 il: Ottobre 27, 2014, 20:43:58 pm »
USA... e getta ! :sick: :sick: :sick:

Offline Volpe argentata

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Re:Giuro che voglio fare sesso...
« Risposta #3 il: Ottobre 28, 2014, 06:05:05 am »
Quando gli Stati Uterini d'America crolleranno andro' a stappare una bottiglia dello champagne piu' costoso...

Alberto1986

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Re:Giuro che voglio fare sesso...
« Risposta #4 il: Ottobre 28, 2014, 15:31:32 pm »
Sempre peggio, sempre meglio  ;)

Offline Cad.

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Re:Giuro che voglio fare sesso...
« Risposta #5 il: Ottobre 28, 2014, 18:33:20 pm »
Il consenso preventivo ed esplicito al rapporto sessuale non è una novità; anni fa, vado a memoria, in un college fu varato un regolamento nei rapporti sessuali e nel corteggiamento che prevedeva di richiedere il consenso prima di ogni passo del rapporto, ad esempio: posso sbottonarti la camicetta, posso toccarti i capelli, posso.........

Anche in Gran Bretagna vige una legge simile dal 2006 ossia consenso espresso al rapporto ("si esplicito o niente sesso").

Se si arriva fino a questo punto nella regolamentazione dei rapporti intimi personali con un confine tra rapporto lecito e violenza assai labile e con una prova di condanna limitata a un ha detto si, non ha detto si, (e qui si parla di anni di carcere non di una multa di 100 euro) la legislazione dovrebbe allora spingersi a regolamentare fino in fondo i rapporti sessuali ossia stabilire precisamente quando il rapporto è lecito oppure no, specificando così agli uomini e ai ragazzi le modalità con cui non rischiano una accusa.

Perchè allora non si istituisce la liberatoria scritta?
Anche in forma solo volontaria se si decide di dare valore probatorio a una liberatoria scitta, un ragazzo saprà bene che se ottenuta non avrà nulla da temere.

Penso, anzi temo, che ciò non si voglia fare perchè con la liberatoria si renderebbero responsabili le donne delle loro azioni senza ripensamento, ossia se dichiarano di essere consenzienti non potranno più in seguito dire che non lo erano, inoltre si toglierebbe una potente arma di vendetta o ricatto.

Non si vuole mettere in galera tutti gli uomini ma li si vuole fare vivere nel timore che ciò possa accadere con una semplice denuncia.

Offline ilmarmocchio

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Re:Giuro che voglio fare sesso...
« Risposta #6 il: Ottobre 28, 2014, 19:29:39 pm »
Ottimo, Cad : Hai centrato il problema.
Gli stupri non c'entrano niente.
Si tratta di controllare gli uomini