Autore Topic: Il patriarcato ci salverà dalla crisi 2?(+articolo di Huerta de Soto)  (Letto 2409 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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In un post precedente avevo argomentato a risposta di un post di ninonino:
Citazione
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Citazione di: ninonino - Marzo 21, 2010, 17:40:38
sottoscrivo. il problema è che siccome la donna nelle decisioni economiche è sempre stata piu decisiva ed influente e determinante, la si mette al centro della società per tentare di trarre il massimo vantaggio economico da cio. se la si silenzia, o comunque non la si mette al centro, delle decisioni economiche, si perdono bei soldini. insomma i grandi magazzini, le grandi multinazionali che producono beni di consumo, con gli uomini affari non ne fanno, a meno che nn si tratti di articoli a loro dedicati. quindi la tendenza a metterla al centro della società esiste, e tale tendenza è di solito patrocinata da uomini e non certo per i begli occhi della donna.

Mia risposta:
Citazione
Il problema è che chi sta manipolando le cose in questa direzione,forse non è così intelligente.
Uno dei più gravi problemi economici della nostra società,è che si dà un'importanza sproporzionata al consumo,arrivando ad attribuire il 70% del calcolo del pil ad esso.
Non fa mistero che il pil diventa una misura fittizia di ricchezza.

In realtà consumo e risparmio hanno eguale importanza,e nel momento in cui si forza artificialmente la proporzione fra i 2 a favore del consumo si creano le condizioni per gravi crisi economiche,e allora lì sì che si perdono per davvero bei soldini.

Non fa mistero che là nella famosa ''società patriarcale'' la donna aveva un ruolo di ''brava massaia'',che era un ruolo sempre correlato alla gestione del bilancio familiare MA IN SENSO INVERSO RISPETTO AD ESSO,OVVERO ERA UNA TESAURIZZATRICE E NON UNA SCIALACQUATRICE.

''Il modello che si è fatto passare alle donne,anche con un certo successo è:''compra che ti passa...con un poco di ''shopping'' la pillola va giù...''

Si è cercato poi di ''requisire'' la donna agli uomini,per sottrarla al limite residuo che questi potevano porre allo scialacquamento,e perchè la donna in qualche maniera SI FIDANZASSE CON LA SOCIETA' E NON CON L'UOMO.

Vi ricordate la pubblicità di ''amica il giornale delle donne'' in cui un ragazzo chiama una ragazza nel letto ''pucci pucci'' e cerca di attirare la sua attenzione,e per aver osato disturbare la sua attenzione riceve uno schiaffo da una mano che esce dal giornale?

Che messaggio trasmette?
''LASCIA QUELLO SFIGATO E METTITI CON ME''

E' come se la società moderna consumistica sia ''GELOSA'' della donna,perchè ritiene che tutto il tempo che lei passa con l'uomo,anche a fare...  è tempo che lei non passa a spendere.

Si sa,il tempo è denaro,nel caso della ''donna moderna'' denaro speso...

Il modello ideale di donna proposto,è quello della donna single ''emancipata'',che ''ritaglia più tempo per se stessa''(leggi per spendere,negozi bruttty farm ecc...)
che è sola,magari ha un cane che ha il nome del suo ex,che è insoddisfatta affettivamente,e che colma questa insoddisfazione affettiva ''comprando scarpe''.


Questo articolo di Huerta de Soto non parla di femminismo ma della colossale illusione della ''società dei consumi''che l'aumento di ricchezza dipenda dall'aumento di consumo.
In realtà è proprio il suo contrario,ovvero il risparmio ad aumentare la ricchezza di una società.

A questo punto,in controtendenza alle sciocchezze mainstream che vedono un'origine della crisi nel maschio e nel suo testosterone(ma non vi lamentavate che era in calo ai minimi storici?mettersi d'accordo con voi stesse no?),io posso argomentare che è l'eccessivo spostamento verso il femminile ad aver causato la crisi(mi sorprende che nessuno ci abbia pensato),e che un ritorno ad una società patriarcale porterebbe la società verso valori di risparmio maggiori,e dunque verso una situazione di maggiore benessere economico.

L'articolo di Huerta de Soto non parla di qm,però alla luce di quanto scritto sopra può essere letto in maniera favorevole alla qm,e può essere letto come risposta a certe castronerie che vanno di moda del tipo:''le donne ci salveranno dalla crisi''.

Articolo:


Corso di Economia con Huerta de Soto (II, Nona Lezione)    
Scritto da Francesco    
23 Marzo 2010  

Indubbiamente una delle lezioni migliori in assoluto! Analizziamo gli effetti sulla struttura produttiva generati di volta in volta da a) un aumento dei risparmi, b) dei consumi, o c) dei mezzi fiduciari (credito senza previo risparmio). E capiamo finalmente con chiarezza non solo da dove nascono le crisi economiche ma anche cosa differenzia una società ricca da una povera.

Lezione del 3 marzo

Il sistema economico è formato da una struttura complessissima di tappe produttive. Vediamola secondo la concettualizazione sviluppata da Menger. Ricordiamo che i beni di primo grado sono quelli che soddisfano il raggiungimento del fine dell'azione umana, mentre le tappe e i beni di ordine superiore al primo si allontanano via via dalla prima tappa rappresentata dalla vendita finale dei beni di consumo.

In via eccezionale utilizziamo un grafico dove vengono rappresentate 5 tappe ideali, alle quali possiamo dare sia una interpretazione diacronica, cioè di tappe spalmate nel tempo, in un ipotetico intervallo di cinque anni in cui si svolge il processo produttivo dall'inizio alla fine, oppure sincronica, cioè di tappe di diverso ordine, dalla prima alla quinta, che avvengono simultaneamente.

In termini pratici possiamo seguire il ferro sia in maniera dinamica, per es. dall'estrazione fino alla vendita come componente di un'auto, piuttosto che vedere in cinque foto scattate simultaneamente le diverse tappe di lavorazione del ferro, sempre dall'estrazione alla vendita come componente di un'automobile.

(Le rappresentazioni grafiche sono prese dal testo spagnolo di Huerta de Soto, ndt).




 

Prima tappa. Estrazione del ferro, spesa totale per fattori originari, costituiti da lavoro e terra, pari a 18. La vendita del ferro alle imprese della seconda tappa per un valore di 20 genera un utile di 2, cioè un beneficio imprenditoriale di circa l'11%.

Seconda tappa, Altoforno con produzione di acciaio, si spendono 36 (20 per la materia +16 per il fattore lavoro), ma si vende alla terza tappa a 40, con un beneficio di 4 (sempre circa l'11%, stiamo ipotizzando un beneficio uguale per tutte le tappe del processo).

Terza tappa. Fabbricante di automobili. Si compra l'acciao per 40, a cui si aggiungono altri costi (principalmente fattore lavoro per 14), e si vende a 60, con un beneficio imprenditoriale pari a 6.

Quarta tappa. Distribuzione dell'auto. Valore di vendita pari a 80 e costi pari a 72 (60+12), lasciano un 8 di utile.

Quinta e ultima tappa. Pubblicità e vendita finale del prodotto. Si paga un totale di 90 per incassare 100, con un beneficio di 10, ancora una volta pari a circa l'11%.

Si nota immediatamente come la somma dei valori nelle tappe precedenti a quella finale (pari a 200 del bene nei vari passaggi + 70 come remunerazione totale per il fattore lavoro e le risorse naturali) è maggiore del valore prodotto dalla tappa finale del consumo (pari a 100). In altre parole la parte più importante del prodotto nazionale, non sta nella vendita finale, ma nelle tappe anteriori.

Cos'altro notiamo?

1) Settanta unità vengono percepite come reddito dai lavoratori e dai proprietari dei fattori naturali (terra), mentre 30 sono di utile per i capitalisti. Il totale pari a 100 equivale al reddito che si spende nella tappa finale dei beni di consumo.

2) Il reddito netto è pari quindi a 100, tuttavia, in termini lordi, il reddito che cambia di mano tra tutte le tappe intermedie è pari a 370 (270 + 100). Quasi quattro volte tanto.

Pertanto, la quantità di denaro che si spende annualmente per acquisire beni di produzione nelle tappe di produzione dalla seconda in su, supera di gran lunga la quantità di denaro che si spende nell'ultima tappa per i beni di consumo. Detto in altre parole, lo sforzo imprenditoriale si concentra nelle tappe anteriori a quella del consumo.

La contabilità nazionale esclude la gran parte di ciò che gira nelle tappe precedenti. Utilizza solo le cifre dell'ultima tappa, più qualche bene di consumo durevole delle tappe precedenti. Si tratta di un'escrescenza o in termini letterali di una propria "cagata" di derivazione keynesiana, dove tutta l'analisi si concentra solo sui consumi. Se per i keynesiani il 70% dell'economia è rappresentato dai consumi, non soprende che la loro soluzione per stimolare l'economia quando le cose vanno male sia quella di fomentare il consumo. Gravissimo errore!!

La contabilità nazionale esclude gli scambi generati dalla tappe precedenti anche per evitare la doppia contabilizzazione, per evitare cioè di sommare più volte lo stesso prodotto lungo il processo produttivo. Si considera pertanto solo il valore aggiunto da una tappa all'altra. Tuttavia ad una analisi più approfondita anche questo approccio non regge: il carburatore della terza tappa è un carburatore che si incorporerà in un camion tra una paio d'anni. E' un prodotto analogo ma ben distinto da quello che finisce oggi in un camion.

Si veda il libro per il resto della critica alle cifre prodotte dalla contabilità nazionale. Qua basti dire che il prodotto nazionale lordo è la sommatoria dei beni e servizi prodotti nel paese valutati a prezzo di mercato. A questo bisogna aggiungere quello che produce il paese all'estero, meno quello che l'estero produce nel paese. Il prodotto nazionale netto è dato invece da prodotto lordo meno il deprezzamento.


Vediamo adesso perchè il paradosso keynesiano del risparmio è un falso mito. Abbiamo appena visto nel nostro esempio come la spesa in beni di consumo sia pari a 100. Supponiamo che di colpo la gente diminuisca le proprie preferenze temporali, decidendo di risparmiare il 25% di quanto spendeva precedentemente. Anzi che spendere 100 adesso si decide di risparmiare 25 e di spendere solo 75 in beni di consumo.

Come conseguenza abbiamo tre effetti molto importanti:

1) Le vendite di beni di consumo nel centro commerciale diminuiscono. I profitti delle imprese più vicine al consumo diminuiscono relativamente alle altre imprese appartenenti a tappe superiori. Si crea cioè una differenza di redditività, laddove prima ogni tappa produceva gli stessi benefici imprenditoriali. Adesso gli utili delle tappe più lontane tendono a incrementare in maniera relativa rispetto a quelle inferiori. Imprenditorialmente conviene dedicarsi alle attività più lontane dal processo finale del consumo.

Detto ancora in altra maniera: diventa maggiormente redditizio investire nelle tappe più durature. L'industria più vicina al consumo guadagna molto meno rispetto a quelle più lontane, essa pertanto si ridimensiona, si contrae, libera fattori di produzione che trovano nuova collocazione nelle tappe più lontane, dove esistono profitti più alti. La richiesta di fattori di produzione da parte delle tappe più lontane non crea pressione sui prezzi, proprio perchè si tratta di risorse liberate dalle altre tappe più prossime al consumo.

Nel complesso ci troviamo di fronte a una ristrutturazione. Il processo in corso è sano e sostenibile. Tutto il sistema produttivo si riorganizza in maniera spontanea, guidato dagli sforzi imprenditoriali che si dirigono lì dove è più conveniente. L'aumento del benessere è dovuto a questo continuo processo, che vede una percentuale sempre maggiore di capitale umano e non, dedicarsi alle tappe più lontane, e una percentuale relativamente sempre minore dedicarsi alla tappa finale. In India la gran parte delle persone lavora nelle tappe prossime a quelle del consumo, negli USA in quelle più lontane. Da cui la differenza di ricchezza tra i due paesi.

2) I tassi di interesse si abbassano a causa di una offerta maggiore di risparmi. Il capitale si valuta a prezzi di mercato, e i tassi di interesse sono una componente fondamentale ai fini della determinazione del valore degli investimenti e dei beni di capitale. Il tasso infatti si usa per attualizzare i flussi di reddito futuro generati dal bene capitale. Il valore dei beni di capitale aumenta quando scendono i rendimenti. La riduzione dei tassi ha effetto anche sulle quotazioni di borsa, che rappresentano i beni capitali delle aziende quotate.

3) Effetto ricardo o effetto sui salari reali. I prezzi dei beni di consumo scendono, quindi il potere d'acquisto dei salari aumenta. Non solo, al margine si sostituiscono i lavoratori con i beni capitali. I lavoratori in eccesso tendono a essere impiegati nei settori che producono beni durevoli, nella produzione di beni di capitale, nelle tappe di ordine superiore.
 



 

Nella figura V-3 visualizziamo il processo considerando i tre effetti appena considerati: la nuova struttura produttiva è adesso più capital-intensive, più incentrata sui beni capitali. Tassi inferiori hanno reso redditizie due tappe ulteriori, che sono state avviate e finanziate grazie ai nuovi risparmi. La parte consumata ora è solo di 75, contro 350 di capitale. La quota è inferiore in termini assoluti, ma ancora di più in termini relativi dell'intera struttura produttiva.

Per riassumere come risultato abbiamo un allungamento verticale della struttura, ma anche un allugamento orizzontale delle tappe più lontane, e un accorciamento di quelle più vicine. Nella figura V-4 che sovrappone le due strutture produttive (quella vecchia con quella nuova) possiamo vedere chiaramente l'impatto del risparmio.




 
Quando il processo sarà terminato, le 75 unità monetarie dedicate ai beni di consumo, saranno in grado di acquistare un numero di beni di gran lunga superiore, prodotti dalla nuova struttura produttiva. Il processo economico è progressivo. La società è molto più ricca di prima. La differenza è costituita proprio dal risparmio che ha finanziato un numero maggiore di beni capitali in grado di produrre un maggior numero di beni che saranno venduti a un prezzo inferiore.

Teoricamente abbiamo risolto il paradosso del risparmio.

I keynesiani pensano erroneamente che ciò che accade al consumo succede anche al resto dell'economia. Ne deducono che in tempi di crisi bisogna consumare di più e risparmiare meno. Si tratta di un errore gravissimo. Se vediamo tutto il processo al contrario capiamo bene l'errore. Ad es. partendo da questa ultima situazione e immaginando di passare a una nuova situazione dove si consuma 100 anzi che 75 torniamo alla situazione iniziale. I profitti delle tappe finali del consumo aumentano. Aumentano i tassi. La struttura si sposta verso le tappe finali. Diventa più povera. I prezzi salgono. Guadagniamo di più in termini nominali ma siamo più poveri di prima. L'economia che segue questo processo si definisce regressiva, si impoverisce.


Vediamo per ultimo gli effetti dell'espansione creditizia orchestrata da banca centrale in un sistema bancario a riserva frazionaria, cioè in un sistema economico dove l'espansione creditizia non è sostenuta da alcun risparmio reale.

L'espansione creditizia bancaria equivale a una iniezione di denaro nel sistema. Inizialmente gli effetti sono gli stessi di quelli generati dall'aumento di risparmio. Il nuovo credito viene percepito infatti come un aumento di risparmio, quindi in un primo momento l'emissione di mezzi fiduciari genera gli stessi identici effetti.

L'imprenditore non capisce se il finanziamento arriva da nuovo risparmio o da nuova emissione di mezzi fiduciari. Vede semplicemente un tasso di interesse inferiore, una maggiore disponibilità di finanziamenti, e comincia a investire nei progetti marginali. I beni di capitale tuttavia aumentano di prezzo. Adesso comincia a crearsi uno scoordinamento: vengono avviati i progetti delle tappe più lontane nonostante le famiglie in realtà stiano consumando quanto prima. Questa situazione che vede una assenza di coordinamento tra i due agenti economici può durare diversi mesi o diversi anni. Non sono i risparmi ma è il denaro di nuova creazione che finanzia l'allargamento della struttura produttiva. La situazione è insostenibile. Presto o tardi, in maniera spontanea, il mercato genera tutta una serie di effetti che spinge verso un riequilibrio della situazione.

Sono sei gli effetti microeconomici che tendono a fermare lo scoordinamento e a riallineare tra di loro risparmi e struttura produttiva. Vediamoli.

1) Cominciano a salire i prezzi dei salari e dei fattori di produzione. In questo nuovo processo processo, infatti, non si libera alcun fattore produttivo, si inseguono gli stessi fattori pagandoli di più. Comincia l'euforia.

2) Aumentano i prezzi dei beni di consumo. Il consumo infatti non si riduce, c'è più denaro, i prezzi aumentano insieme con i salari. L'aumento dei prezzi dei beni di consumo crea un'illusione: si pensa che qualunque attività imprenditoriale sia redditizia.

3) I profitti aumentano relativamente in misura maggiore nelle tappe finali prossime al consumo, non nelle tappe più lontane.

4) Si guadagna di più nei centri commerciali. Si genera un effetto contrario a quello di Ricardo visto sopra. I salari reali adesso cominciano a diminuire, e parallelamente si assume più manodopera, diventata relativamente più economica dei beni capitali.

5) Gli interessi salgono per la terza componente: l'inflazione attesa o più correttamente la diminuzione del potere d'acquisto. Il valore dei beni di capitale si riduce, compresi quelli intrapresi inizialmente. I tassi salgono per superare anche i livelli iniziali.

6) Finalmente, in maniera inevitabile, cominciano ad emergere le perdite contabili nelle tappe più lontane. Seguono la crisi finanziaria e la recessione economica. Negli attivi delle banche i prestiti diventano inesigibili, si riducono a una frazione del loro valore, mentre tra le passività i depositi rimangono inalterati. Il sistema bancario inevitabilmente diventa insolvente e fallisce.

Tutto lo sviluppo teorico qua esaminato si incastra alla perfezione con ciò che è accaduto anche di recente. Il mercato rende manifesti gli errori e pone la necessità di riconvertire o liquidare i beni capitali non redditizi, ovvero di riaggiustare massicciamente la struttura produttiva

Si è arrivati alla crisi per eccesso di consumo o, altra faccia della medaglia, per scarsità di risparmio. Si è finanziata una espansione non sostenibile con la bolla del credito. Alla fine possiamo investire con successo solo ciò che risparmiamo. La crisi arriva perchè si è investito male, perchè grazie a una finta disponibilità di risparmio abbiamo investito in progetti che la gente non desiderava e i cui beni finali non può permettersi.

Gli imprenditori sono caduti nell'inganno. Se si distorcono i segnali rappresentati dai prezzi di mercato si investe male. Il mercato però prima o poi fa emergere il problema, e il risultato finale è che dopo la crisi la struttura produttiva è più povera. Si sta peggio, non meglio, di prima.

Adesso possiamo anche capire perchè non è possibile assicurare il ritiro dei depositi in regime di riserva frazionaria, tramite la gestione degli stessi secondo la legge dei grandi numeri. I processi imprenditoriali dell'azione umana infatti non sono assicurabili. Il fenomeno aleatorio in questo caso non è assicurabile, così come non si può assicurare un matrimonio o una impresa commerciale. Il successo di questi progetti dipende dallo sforzo giornaliero della coppia o dell'imprenditore, e dei loro enormi sacrifici. Se l'insucceso fosse assicurabile ci sarebbero più "sinistri" matrimoniali o imprenditoriali.

La stessa cosa vale anche per il ritiro dei depositi. La riserva frazionaria dà luogo all'espansione della massa monetaria via aumento dei prestiti, che inducono a una fase di espansione con errori imprenditoriali, quindi alla scoperta degli stessi errori, e per ultimo alla corsa allo sportello per ritirare il proprio deposito senza corrispondente tantundem. In altre parole la riserva frazionaria è causa del fallimento di se stessa. La crisi economica e finanziaria che essa genera si risolve infatti con la corsa per il ritiro dei depositi che porta inevitabilmente al fallimento del sistema bancario (banca centrale e moneta cartacea non risolvono la sostanza del problema, capitalizzano e stratificano i problemi nel tempo, posticipandone la resa dei conti, ndt).
 

 
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Re: Il patriarcato ci salverà dalla crisi 2?(+articolo di Huerta de Soto)
« Risposta #1 il: Marzo 27, 2010, 07:26:46 am »
Non può essere del resto un caso del resto,se il primo pamphlet antifemminista lo abbia scritto nel 1970,Murray Rothbard,economista di scuola austriaca e filosofo libertario.
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Re: Il patriarcato ci salverà dalla crisi 2?(+articolo di Huerta de Soto)
« Risposta #2 il: Marzo 27, 2010, 12:19:49 pm »
Non può essere del resto un caso del resto,se il primo pamphlet antifemminista lo abbia scritto nel 1970,Murray Rothbard,economista di scuola austriaca e filosofo libertario.

Guarda Salar che il primo testo antifemminista, "The Fraud of Feminism" (l'inganno del femminismo), è stato scritto ben prima del '70, da un socialista di nome Ernest Belfort Bax.
Era il 1913.  ;)

http://en.wikisource.org/wiki/The_Fraud_of_Feminism
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

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Re: Il patriarcato ci salverà dalla crisi 2?(+articolo di Huerta de Soto)
« Risposta #3 il: Marzo 27, 2010, 14:04:41 pm »
Guarda Salar che il primo testo antifemminista, "The Fraud of Feminism" (l'inganno del femminismo), è stato scritto ben prima del '70, da un socialista di nome Ernest Belfort Bax.
Era il 1913.  ;)

http://en.wikisource.org/wiki/The_Fraud_of_Feminism


Azz... 1913,bhe era davvero avanti... :doh:
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Re: Il patriarcato ci salverà dalla crisi 2?(+articolo di Huerta de Soto)
« Risposta #4 il: Marzo 27, 2010, 16:24:25 pm »
Azz... 1913,bhe era davvero avanti... :doh:

Essì, ma vedi che essere avanti non serve a niente.... :doh:
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

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Re: Il patriarcato ci salverà dalla crisi 2?(+articolo di Huerta de Soto)
« Risposta #5 il: Marzo 28, 2010, 10:29:32 am »
Essì, ma vedi che essere avanti non serve a niente.... :doh:



e delle volte te lo fa prendere in quel posto
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