Come sapranno i lettori occasionali più attenti, compresi ZZZERbigno,PER LE FEMMINISTE le quote rosa in politica, sono solo un "primo passo".
La mia regione, la Campania, fu una delle prima ad imporre la doppia preferenza di genere obbligatoria. Le femministe, come ben sapete, NON HANNO PROTESTATO MA HANNO ESULTATO .
Vi riporto l'articolo di questa grande femminista, tale Francesca La Forgia. Parla dell'ultimo suo libro femminista e, per la gioia di ZZZerbigno (che ricordo ama definire le posizioni avverse alle sue "complotti") . Leggi l'articolo ZZZerbigno. Poi fai una bella decostruzione della tua amichetta. Ciao ZZZZerbign!
http://www.repubblica.it/rubriche/passaparola/2015/04/16/news/parita_di_genere_oltre_le_quote_rosa-112104821/?ref=HREC1-41La differenza c'è, è vistosa e fa da spartiacque all'infinita questione della parità di diritti tra donne e uomini. E' la diversità tra la rappresentanza di genere, cifra veritiera che mostra il tasso reale della democrazia universale e le "quote rosa", rimedio adottato da chi legifera per garantire una sorta di riparazione mirata a ristabilire la parità con il sesso meno rappresentato nelle istituzioni politiche. Distinzione sostanziale che spiega perché ci sia tanta resistenza a legiferare in modo adeguato per la rappresentanza equa, finalizzata a sanare gli squilibri che ancora esistono in spregio della nostra Costituzione.
A fare il punto sulla questione va ora in libreria un illuminante e documentatissimo saggio di Francesca La Forgia, avvocata con grande esperienza sui diritti delle donne, blogger e collaboratrice di importanti quotidiani che, con Locali per soli uomini, viaggio nella rappresentanza di genere in Italia, offre un testo giuridico, scritto con linguaggio semplice e narrativo, che fa finalmente luce sullo "stato dell'arte"rispetto alle leggi che dovrebbero garantire l'equilibrio di genere nella rappresentanza istituzionale.
Il saggio di La Forgia racconta quanto cammino sia stato già percorso e quanto ne resti ancora da fare. E il perché, nonostante gli articoli 3 e 51 della Costituzione regolino le garanzie di genere, fiocchino in tutto il Paese le giunte al maschile e, più in generale, quanto sia tuttora faticoso ottenere leggi elettorali di genere in molte Regioni d'Italia.
Utile inoltre conoscere le ragioni per le quali, a tutt'oggi, manchi il meccanismo di riequilibrio di genere per la legge elettorale nazionale. Locali per soli uomini non si limita però a registrare la realtà sull'argomento; ma svela anche i meccanismi attraverso i quali si mette in moto l'esclusione delle donne dalle istituzioni; consapevolezza che è elemento essenziale per cambiare passo e intraprendere strade più proficue, in grado di garantire risultati e progresso.
Facciamo chiarezza sulla differenza tra Quote rosa e Rappresentanza di genere?
Il mio libro è un testo giuridico e uno "story telling" insieme; parte dal mio vissuto, dai miei ricorsi, dalle proposte di legge, dalla legge elettorale per gli Enti Locali e dalla legge Delrio sulle città metropolitane, la legge elettorale nazionale e quella europea ed è tutto improntato al criterio dell'equilibrio dei genere, orientamento attuale della giurisprudenza amministrativa. Diciamo che la rappresentanza di genere è il problema di garantire la presenza di entrambi i sessi nelle istituzioni. Le quote rosa sono un rimedio adottato da chi legifera per garantire una "quota" del sesso meno rappresentato nelle istituzioni politiche, nell'economia, nella direzione degli ordini professionali e così via.
L'equilibrio di genere è invece la parità uomo-donna in ogni ambito, rispecchiando l composizione sociale del Paese nel livello istituzionale. Il punto di riferimento costituzionale, oltre all'art. 3 sul principio di uguaglianza, è l'art. 51 Cost., novellato dal legislatore nel 2003, che asserisce che "Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini"; una disposizione precettiva e cogente e non un mero messaggio programmatico e beneaugurale del legislatore; una vera e propria norma antidiscriminatoria che dovrebbe comportare un obbligo di risultato. In questo senso è anche orientata la normativa europea e internazionale, compreso l'art. 7 della
Cedaw, la "Convenzione sull'Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione contro le Donne" dell'Onu.
Quali passi avanti sono stati già fatti e quali sono i più urgenti, tra quelli non ancora realizzati?
Il passo in avanti più significativo è stato quello della legge elettorale (la n. 215 del 23.11.2012), che ha sancito la doppia preferenza alternata di genere, rimedio che la sentenza n. 4/2010 della Corte Costituzionale ha riconosciuto come legittima; la legge Delrio n.46/2014, fermandoci alla rappresentanza di genere, pur contenendo una disciplina transitoria di dubbia costituzionalità sui criteri di genere per le città metropolitane, l'ha ulteriormente migliorata sancendo finalmente con una legge ordinaria l'equilibrio di genere nella composizione delle giunte. Abbiamo inoltre una legge elettorale europea che dalla prossima tornata avrà la preferenza alternata di genere (purtroppo l'anno scorso si potevano invece esprimere, per via della disciplina transitoria, anche due preferenze dello stesso sesso come prime su tre. Oltre a garantire l'equilibrio di genere nella legge elettorale nazionale (e, aggiungerei, il rispetto del dettato costituzionale e dell'orientamento del Giudice delle Leggi in ogni ambito nel nuovo testo normativo da approvare), c'è la questione aperta delle leggi elettorali ragionali (la doppia bocciatura della legge elettorale di genere pugliese è forse il caso più clamoroso, dopo trentamila firme di iniziativa popolare raccolte, il doppio di quelle necessarie), sia per garantire una adeguata presenza di donne nei Consigli, sia per non rendere un "locale per soli uomini" (come i vecchi pub inglesi) anche il nuovo Senato delle Autonomie, riforma su cui avrei da esprimere varie critiche ma che in caso di approvazione definitiva rischierebbe di trovarsi con una presenza di donne ridotta a un lumicino. Perché, nonostante il dettato costituzionale parli chiaro, c'è ancora tanta resistenza a legiferare in modo adeguato?
Tra il dire e il fare ci sono quasi sempre i giochi di potere e i consueti modi maschili di gestione delle pratiche di relazioni politiche e istituzionali, nonché il desiderio malato di autoconservazione del ceto politico; sicché si fatica a legiferare in materia di rappresentanza di genere sia in Parlamento, nonostante abbiamo la maggiore presenza di donne della storia della Repubblica, sia in altri luoghi decisionali. Come scrivo nel mio libro, ci muoviamo in un contesto in cui la rappresentanza di genere è cifra del tasso di democrazia nel nostro Paese e non va sganciata dall'insieme della questione democratica. E questa non permea le sole istituzioni politiche, o il mondo del lavoro e dell'economia, ma attraversa tutte le formazioni sociali. Anche una buona legge elettorale non basterà a garantire un miglioramento. della qualità della democrazia se queste ultime non si mettono in gioco autoriformandosi, in un'ottica che superi il nesso sessopotereviolenza, senza i trattini, che ha caratterizzato decenni di relazioni fra i generi. Politiche, appunto. Il dibattito va ulteriormente evolvendosi ed è per questo che "Locali per soli uomini, viaggio nella rappresentanza di genere in Italia" è destinato ad avere un seguito, dei capitoli aggiuntivi se non un "atto secondo".
Francesca La Forgia
Locali per soli uomini
Viaggio nella rappresentanza di genere in Italia
Progedit Pagg.66, euro 15