Dialoghi > Cinema
La Grande Abbuffata: il personaggio-chiave è la donna?
Salar de Uyuni:
Trovata...
E' meglio aprire una discussione, ma è possibile?
E' meglio aprire una discussione,perchè se lo trancio quelli ci mettono un attimo a frignare che c'è il troll maschilista,e rimettere tutto come prima.
Vicus:
Proponiamo una modifica e vediamo che succede. Vista la trama del film, quella frase è un controsenso.
Stealth:
Non la si può cancellare quella frase?
Salar de Uyuni:
--- Citazione ---Non la si può cancellare quella frase?
--- Termina citazione ---
Credo che sia controproducente...
La rimetteranno e poi metteranno un cane da guardia a sua difesa,e ti banneranno,penso che devi aprire una discussione,ma con wikipedia non c'è molta speranza
Wikipedia NON è libera...
Stealth:
Si ragazzi, ma il film è del '73. A quei tempi queste sortite ideologiche erano di moda molto più di adesso.
Tra l'altro ho letto che la critica lo stroncò:
Critica
Il film venne stroncato dalla maggioranza dei critici, platealmente fischiato al Festival di Cannes e pesantemente tagliato dalla censura.[4] Fu inoltre criticata l'abbondante presenza di scene di sesso, oltre che di alcune scene da molti definite volgari, come quelle in cui si manifesta il meteorismo di Michel o quella in cui esplode il WC di uno dei bagni della casa inondando di feci la stanza. Ciò nonostante la pellicola riscosse un successo di pubblico immediato ed enorme.[4] Per la sgradevolezza e la forza eversiva delle tematiche trattate, Cahiers du cinéma inserì il film in una sorta di ideale "trilogia della degradazione" insieme a Ultimo tango a Parigi (1972) e a La maman et la putain (1973).
A seconda delle opinioni il film venne definito di volta in volta: «il film più ideologico di Ferreri» (Adelio Ferrero), «un monumento all'edonismo» (Luis Buñuel), «specchio delle verità come eccesso» (Maurizio Grande). Pier Paolo Pasolini dedicò all'opera un'ampia recensione apparsa sulla rivista Cinema Nuovo, nella quale definì il film: «corpi colti in una sintesi di gesti abitudinari e quotidiani che nel momento in cui li caratterizzano li tolgono per sempre alla nostra comprensione, fissandoli nella ontologicità allucinatoria dell'esistenza corporea».
Non è un caso che il film a posteriori sia stato accostato proprio a Salò o le 120 giornate di Sodoma dello stesso Pasolini;[6] anche se in forma meno cruenta, nella pellicola di Ferreri si riscontrano influenze dell'opera di Donatien Alphonse François de Sade. Come in Pasolini, e nel romanzo sadiano prima di lui, i quattro convitati nella villa parigina incarnano delle figure tipiche metaforiche, in questo caso raffiguranti un potere e tre prodotti dell'ideologia borghese: la giustizia (Phillipe), l'arte e lo spettacolo (Michel), la cucina, il cibo (Ugo), l'amore galante e l'avventura (Marcello).[6][7] Ed è proprio questo sistema ideologico che viene pesantemente preso di mira dal regista, grottescamente schernito, nel tentativo di eliminarlo, assieme alle scorie vitali, con un vivere ridotto alle funzioni elementari: mangiare, digerire, dormire, bere, copulare, orinare, defecare.
Solo a Pasolini poteva piacere... :P
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