Autore Topic: Quel che ho capito del collegamento tra genderismo e femminismo  (Letto 5724 volte)

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Offline Vicus

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Re:Quel che ho capito del collegamento tra genderismo e femminismo
« Risposta #15 il: Giugno 23, 2015, 17:13:47 pm »
Più chiaro di così, almeno per chi vuol vedere.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline TheDarkSider

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Re:Quel che ho capito del collegamento tra genderismo e femminismo
« Risposta #16 il: Giugno 24, 2015, 12:39:29 pm »
Grazie Angelo e Vicus e Sardus Pater, sul gioco del rispetto avete ragione voi.
Se e' questo che le femministe intendono per educazione sessuale, ci sono davvero gli estremi per parlare di abuso su minori.

E perdonate i miei dubbi, ma certe volte la perfidia femminista e' cosi' disumana da sorprendere anche me.

Ma purtroppo, ancora una volta, la realta' supera la fantasia. Questa gente e' davvero malata a fare certe cose a bambini cosi' piccoli  :mad:  :cry:  :cry:


"Le donne occidentali sono più buone e tolleranti con gli immigrati islamici che le stuprano che con i loro mariti."
Una donna marocchina

Offline Warlordmaniac

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Re:Quel che ho capito del collegamento tra genderismo e femminismo
« Risposta #17 il: Giugno 24, 2015, 20:14:57 pm »
Ho sentito qualche video su questo gioco del rispetto e francamente non lo reputo attuabile. E' inattuabile nel senso che tra 3 e 6 anni, se li obblighi a giocare come vuoi tu, si rompono le balle dopo un minuto. In pratica dovrebbero inventarsi delle scenette o fare dei giochi di ruolo: a 3 anni non sanno praticamente nemmeno parlare, a 4 anni fanno una fatica boia a fare una recita semplicissima, che non si ricordano una mazza; a 5 anni già sono più intelligenti ma rimane sempre il fattore stanchezza, per non parlare della vergogna.
I bambini dell'asilo fanno giochi di ruolo, ma spontanei, non imposti; se glieli imponi, semplicemente non riusciranno.

P.s.: lo dice la stessa Morana, citando Piaget, che il bambino fino a 7 anni è egocentrico e quindi rigetterà quelle puttanate.

Offline Angelo

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Re:Quel che ho capito del collegamento tra genderismo e femminismo
« Risposta #18 il: Giugno 24, 2015, 23:37:28 pm »
Ho sentito qualche video su questo gioco del rispetto e francamente non lo reputo attuabile. E' inattuabile nel senso che tra 3 e 6 anni, se li obblighi a giocare come vuoi tu, si rompono le balle dopo un minuto. In pratica dovrebbero inventarsi delle scenette o fare dei giochi di ruolo: a 3 anni non sanno praticamente nemmeno parlare, a 4 anni fanno una fatica boia a fare una recita semplicissima, che non si ricordano una mazza; a 5 anni già sono più intelligenti ma rimane sempre il fattore stanchezza, per non parlare della vergogna.
I bambini dell'asilo fanno giochi di ruolo, ma spontanei, non imposti; se glieli imponi, semplicemente non riusciranno.

P.s.: lo dice la stessa Morana, citando Piaget, che il bambino fino a 7 anni è egocentrico e quindi rigetterà quelle puttanate.

Warlord, devi vedere i documenti e poi puoi dare un giudizio più completo.
Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro.

Gilbert Keith Chesterton

Offline ilmarmocchio

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Re:Quel che ho capito del collegamento tra genderismo e femminismo
« Risposta #19 il: Giugno 25, 2015, 16:12:22 pm »
http://www.tecnicadellascuola.it/item/12472-gender,-l-angoscia-del-nulla.html


Il termine “gender”, nato dalle correnti radicali del femminismo americano, deriva dall’inglese e significa “genere”, nel senso ironico di trasgressione dell’identità sessuale. Tale movimento possiede indubbi fondamenti positivi quando afferma che il nostro sesso non è determinato esclusivamente dalla realtà biologica, dal corpo, ma soprattutto dal vissuto, da un autosvolgimento soggettivo, diverso da persona a persona. E’ evidente, infatti, che organi genitali ed identità sessuale possono non coincidere. Ci sono persone con un corpo che non corrisponde alla loro psiche. Inoltre (anche di questo va dato merito al Gender), nel passato, sono stati presentati come fattori naturali elementi che erano solo culturali, quali la subordinazione della donna nella società patriarcale. Ma un conto è sottolineare l’aspetto culturale della sessualità, un conto è assolutizzarlo.

Il movimento Gender, invece, sconfina nell’ideologia quando afferma che la differenza sessuale è solamente il frutto di una cultura che ha diviso gerarchicamente la società in ruoli definiti e distinti per ragioni di potere: il maschio destinato alla produzione e la donna alla riproduzione. Tale “negazione della natura” o “denaturalizzazione del sesso” perviene, alla fine, al rifiuto dello stesso condizionamento sociale, esasperando la libertà autocreativa del singolo. Ne consegue che, dalle poche differenze del genere previste dalla psicologia classica, si giunge alle 50 e più scelte identitarie elencate da Facebook. Eccoci allora al cliché chiamato “queer”, strano, bizzarro, per il quale ogni persona modella a piacimento la propria identità sessuale.

Al Gender si oppongono sia la cultura cattolica, sia altre visioni della realtà (compreso il cosiddetto femminismo della differenza) che rivendicano la natura “duale” o “sponsale” della persona. Per quanti pongono alla base dell’uomo la realtà biologica, senza negare l’aspetto psicologico e culturale della definizione sessuale, resta intangibile il carattere maschile o femminile degli esseri viventi. La sessualità non può essere solo scelta arbitraria. E’ il nostro Dna ad essere sessuato, anche un’unghia è sessuata.

Il Gender non è privo di conseguenze negative. Prima di tutte la negazione della donna. Che paradosso! Dopo aver urlato, negli anni caldi del femminismo: “Siamo donne …", le donne del Gender affermano: “Non esistono le donne”. Ma l’effetto più devastante è quello di un disorientamento valoriale globale dovuto al disancoramento del pensiero e dei comportamenti da ogni riferimento oggettivo e naturale. E’ terribile. Non si parla neanche più di perdita dell’Assoluto. Il problema del nostro tempo, è stato notato, non è più la perdita di Dio ma la perdita della realtà. Molti, oggi, sono come un criceto che gira inutilmente sulla ruota.

di Luciano Verdone