Autore Topic: Borse cinesi a picco. Scoppia la bolla globale?  (Letto 849 volte)

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Offline Vicus

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Borse cinesi a picco. Scoppia la bolla globale?
« il: Luglio 11, 2015, 01:27:41 am »
Estratto da http://www.maurizioblondet.it/e-arrivato-il-cigno-nero-sovrappeso/

Ha ancora una volta ragione Philippe Grasset, di Dedefensa: la mega-implosione della Borsa cinese, la crisi greca (d’Europa), le ore di oscuramento elettronico di Wall Street non sono eventi separati, sfortunate coincidenze. Sono manifestazioni del medesimo Grande Collasso del Sistema; quello iniziato nel 2007-2008, mai cessato da allora – e se c’è una novità, è la sua entrata in fase di accelerazione, per cui occorre una nuova espressione: “turbine di crisi” che tutto trascina con sé. Nell’autodistruzione totalitaria a cui s’è votato il capitalismo terminale.
Il crack cinese è conseguenza diretta di tutto ciò che rende il Sistema capitalista “radicalmente sbagliato”: della mondializzazione, della libera circolazione globale dei capitali, dell’interdipendenza delle economie voluta dalla globalizzazione e dalle sue istituzioni; più ovviamente della deregolamentazione, della liberazione della forza scatenate della speculazione senza controllo pubblico.  Abbiamo visto fin troppo bene che manipolazioni, frodi e corruzione, lungi dall’essere estranei, sono integralmente insiti in questo “Mercato-mondo” dove i banchieri d’affari hanno usurpato il diritto pubblico.
 
Esattamente come il ’29 a Manhattan
L’implosione della titanica bolla cinese ricalca, fino alla parodia, quella di Wall Street dell’ottobre del 1929, esito finale di un liberismo celebrato, allora, senza limiti nè fine. Come allora, le banche prestavano volentieri; come allora, appena i valori delle azioni date in garanzia a questi prestiti calarono, le banche chiedono l’immediato rientro.

I crack costanti del capitalismo
La Cina ha volatilizzato 3.200 miliardi di dollari, dieci volte il debito greco. Ora che la Cina è diventata la seconda potenza economica mondiale e quella che fornisce “almeno il 30 per cento della crescita economica globale”,   il suo ’29 avrà conseguenze terribili sul mondo intero. Sarà di nuovo anche il nostro ’29. La Depressione-bis. E per gli stessi motivi.
Non che la Nomenklatura di Pechino non si rendesse conto che la struttura della sua economia, dove il 50% del Pil è dovuto a “Investimenti” alimentati da credito facile (e che ha prodotto pericolose bolle, nell’ immobiliare anzitutto) e  meno del 35% ai “Consumi interni”, non poteva durare.

Come aumentare i consumi ma non i salari
“L’ovvia strada per  accrescere la spesa interna – commenta Beams – sarebbe l’aumento dei salari delle decine di milioni di operai. Ma questa strada è sbarrata dalla lotta competitiva nel mercati capitalisti globali. Ogni aumento significativo dei salari avrebbe messo fuori mercato le industrie cinesi, che operano su ridotti margini di profitto come subcontrattiste per le mega-corporations transnazionali di Usa ed E uropa, e sarebbero andate in zone di salari ancora più basso, come il Vietnam”. Anzi, aggiunge Beam, “con la repressione salariale operata dall’Amministrazione Obama, le imprese cinesi hanno da affrontare anche la competizione degli Stati Uniti, divenuti una zona di lavoro a basso costo”.
Non potendo – nel capitalismo globale senza dazi – aumentare i salari, la Nomenklatura e i suoi oligarchi hanno adottato un altro metodo. Lo stesso adottato dal liberismo terminale in Usa e in Occidente: aumentare i consumi incoraggiando la gente, che vedeva ridurre i propri emolumenti, ad aumentare il proprio tenore di vita con l’indebitarsi di più. Tipicamente, in Usa, con il credito facile ai debitori “sub-prime”, i cui debiti venivano (e ancora vengono) “cartolarizzati”; ossia spacciati come titoli che rendono interessi. In Cina,   è stato ufficialmente incoraggiato l’indebitamento della crescente classe media per giocare in Borsa: “Con l’implicita garanzia che lo Stato, con la sua ferrea presa sul sistema finanziario, avrebbe assicurato quegli investimenti”. Di simili “garanzie implicite” ne abbiamo viste troppe, nel capitalismo occidentale: soprattutto a favore delle banche “troppo grandi per fallire”, che si sono potute permettere ogni azzardo morale con al certezza che gli stati le avrebbero salvate a spese dei contribuenti. La corsa delle banche tedesche e francesi a indebitare la Grecia al difuori di ogni buon senso, sottintendeva la garanzia “implicita” che, essendo i titoli di debito greci in euro, l’Europa, in qualche modo, avrebbe pagato il cattivo investimento dei banchieri ad un debitore così mal messo. Draghi ha garantito con la famosa frase “whatewer it takes”, salverò l’euro con qualunque mezzo…
 
Ma di quale dirigismo o keynesismo stiamo parlando?
Una cosa pare certa: la crescita cinese sarà ben inferiore al classico 7% annuo rispetto al Pil; forse si fermerà al 4%, il che significherà milioni di disoccupati, o la mancanza di nuovi milioni di posti di lavoro.  Il rallentamento di un’economia globale che non ha mai conosciuto una vera ripresa sdal 2008, è inevitabile e si ripercuoterà sicuramente anche sulle nostre economie.
L’intero sistema cinese, stra-indebitato, è in pericolo di implosione
; solo le autorità locali (del regime) hanno prestiti in essere per 4 mila miliardi di dollari.   Conclude Beams: “I capitalisti rossi del Partito Comunista Cinese, avendo perso ogni pretesa di legittimarsi promuovendo l’uguaglianza, e men che meno di rappresentare il socialismo, vivono nella paura mortale di una eruzione delle classi lavoratrici”.

Anche i BRICS nel ciclone
Come nota Dedefensa, i paesi BRICS sono tutti in difficoltà; tutti soffrono di vulnerabilità e fragilità multiple. E non perché siano particolarmente mal governati (rispetto alla UE o agli Usa, poi…), o che i loro dirigenti siano peggiori; “ma per la ragione essenziale che anch’essi fanno necessariamente parte del Sistema almeno tanto quanto ne possono essere ritenuti gli avversari”. Nel  gorgo del capitalismo terminale siamo tutti, ed esso è entrato nella fase del ciclone di crisi.
Ma attenzione.   Gli Usa, dopo la crisi del ’29, non uscirono dalla Depressione che nel ’39, entrando in guerra, grande consumatrice industriale. La Nomenklatura cinese può essere tentata di sviare la rivolta del suo popolo accendendone il nazionalismo, fortissimo, e trovare conveniente provocare il conflitto finale usando il vantaggi competitivo di una demografia miliardario. Anche in questo, i cinesi non farebbero che ricalcare l’esito del capitalismo selvaggio Usa allora, e forse di ogni capitalismo bancario che deve finire in guerra, distruzione di uomini e di risorse, spreco di sangue, iper-inflazione, insomma rivelare fino in fondo la valenza omicida della sua dogmatica.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Sardus_Pater

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Re:Borse cinesi a picco. Scoppia la bolla globale?
« Risposta #1 il: Luglio 11, 2015, 12:03:50 pm »
Citazione
Anche i BRICS nel ciclone
Come nota Dedefensa, i paesi BRICS sono tutti in difficoltà; tutti soffrono di vulnerabilità e fragilità multiple. E non perché siano particolarmente mal governati (rispetto alla UE o agli Usa, poi…), o che i loro dirigenti siano peggiori; “ma per la ragione essenziale che anch’essi fanno necessariamente parte del Sistema almeno tanto quanto ne possono essere ritenuti gli avversari”. Nel  gorgo del capitalismo terminale siamo tutti, ed esso è entrato nella fase del ciclone di crisi.
Ma attenzione.   Gli Usa, dopo la crisi del ’29, non uscirono dalla Depressione che nel ’39, entrando in guerra, grande consumatrice industriale. La Nomenklatura cinese può essere tentata di sviare la rivolta del suo popolo accendendone il nazionalismo, fortissimo, e trovare conveniente provocare il conflitto finale usando il vantaggi competitivo di una demografia miliardario. Anche in questo, i cinesi non farebbero che ricalcare l’esito del capitalismo selvaggio Usa allora, e forse di ogni capitalismo bancario che deve finire in guerra, distruzione di uomini e di risorse, spreco di sangue, iper-inflazione, insomma rivelare fino in fondo la valenza omicida della sua dogmatica.

Ipotesi agghiacciante, ma plausibile :cry: .
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Offline Vicus

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Re:Borse cinesi a picco. Scoppia la bolla globale?
« Risposta #2 il: Luglio 11, 2015, 12:55:12 pm »
Leviamo la suspense e riveliamo la trama: non penso sia questa la volta "buona", a far saltare l'Europa sarà l'Italia perché è troppo grande per essere 'salvata'. A quel punto, non si tornerà alle monete nazionali, ma si invocherà una moneta globale (il Bancor).
Com'è noto dai tempi di Cesare in poi, nessuna democrazia è possibile in comunità troppo vaste e diversificate - tirate voi le somme.
Per chi volesse approfondire, la fonte di quanto sopra è principalmente Asianews.
« Ultima modifica: Luglio 11, 2015, 15:26:02 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.