Da un'inchiesta che fa il bilancio sulla legalizzazione delle droghe:
Svizzera
In città ci sono due centri sociali pubblici dal nome agghiacciante, Zurcher Opiatkonsurn Lokale (“Locali zurighesi per il consumo di oppiacei”, noti come ZOKL) dove i giovani cavia possono recarsi, e ricevere in vena mezzo grammo di eroina al giorno.
Uno zoo umano dove la legge era sospesa, diventato subito un girone dell’inferno: dove si ammassavano da 3 a 5mila tossici (molti stranieri) tra cumuli di siringhe, preservativi, feci, spazzatura, e i trafficanti potevano vendere la loro merce senza restrizioni: oltre 4 chili di eroina al giorno, si calcola. Prostituzione. Molti morti per overdose, altri per contese che potevano riguardare una lattina di Coca Cola o una sigaretta. E una battaglia tra bande di narcotrafficanti nell’estate del ‘94: tre marocchini uccisi a coltellate, un libanese ammazzato per vendetta a revolverate, poi quando la polizia cercò di reprimere gli scontri la gang dei libanesi che minacciò di far saltare in aria tutti i commissariati della città. Alla fine, la polizia sloggiò tutti in una notte di scontri, lacrimogeni e giubbotti corazzati.
Olanda
Vent’anni dopo, ha funzionato questa filosofia? Il signor Schaaij ride amaro: “Si crede che i consumatori di cannabis siano un milione almeno.” Però, almeno, fumano “in un contesto che evita il contatto con la sub-cultura criminale che tratta droghe pesanti”? Altra risata amara. Schaaij mi mostra una rivista della polizia, dove il criminologo Dirk Korf dell’Università di Amsterdam ammette che numerosi coffe-eshop hanno dovuto esser chiusi perché vi si vendevano sottobanco droghe pesanti.
I coffee-shops, dove non si va a bere il caffè, sono oggi circa tremila. Tenuti, come le case di tolleranza, da gestori privati. Ai quali è consentito detrarre dalla dichiarazione dei redditi le spese affrontate per il loro “mestiere”: compreso l’acquisto del revolver e cani da guardia.
Insomma, l’Olanda ha fatto il possibile per considerare questi signori rispettabili contribuenti, di farli emergere alla legalità. Nonostante ciò, l’Olanda ha il tasso di criminalità più alto d’Europa (in cinque anni, le aggressioni a mano armata sono aumentate del 102%) , e metà dei delitti paiono legati alla droga. Negli ultimi dieci anni il numero dei posti nelle carceri ha dovuto essere aumentato da 5 a 12 mila. Niente di strano: “C’è nei Paesi Bassi un centinaio di organizzazioni criminali, nella maggior parte implicate nelle droghe leggere”, si legge (fra le righe) nel già citato rapporto della Sanità.
L’ha ammesso anche la signora Winnie Sordrager, ex ministro della Giustizia , così riferendosi ai gestori dei coffee-shops: “All’inizio pensavamo di avere a che fare con degli idealisti (sic). Ma con gli anni, questo commercio ha finito con l’attrarre spacciatori professionali, il cui solo fine è di guadagnare il più possibile”. Così, si cerca di ricorrere ai ripari.
“Sì, la tolleranza della gente verso i drogati è diminuita con questa semi-legalizzazione”, mi conferma Frans Koopmans, portavoce del centro luterano per la riabilitazione dei tossicodipendenti “De Hoop”, il più importante del Paese: “A Rotterdam c’è stata quasi una rivolta popolare contro questi spacci, e la polizia ha dovuto chiuderne parecchi”.
Resterebbero da conoscere gli effetti sulla salute della gioventù di vent’anni di facile accesso alla canapa. “Metà dei giovani sotto i 24 anni ne fa uso”, sostiene Winnie Brower, “e ogni anno 25 mila di loro accusano problemi legati alla droga: abbandoni scolastici, isolamento e disadattamento sociale, turbe psichiche.”
“Legga tra le righe delle statistiche”, mi dice Schaaij: “In Olanda, l’assenteismo sul lavoro è doppio che in Germania e in Belgio, il nostro più prossimo vicino.” E l’Olanda conta un numero enorme, 800 mila persone, dichiarate “invalide” e inette al lavoro: il 15% sulla popolazione attiva. Le spese per questi invalidi toccano il 6.5% del Prodotto interno lordo, contro il 2,25% del resto dei Paesi europei. “Nessun elemento obbiettivo giustifica questo scarto”, ha scritto l’Ocse nel suo rapporto ‘93. Forse possono spiegarlo le droghe “leggere”?