Autore Topic: Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale  (Letto 6136 volte)

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Offline Vicus

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Riporto alcuni estratti di un pamphlet satirico del card. Biffi, sotto forma di catechismo per nuovi cattolici.
Anche chi non crede ma pensa che la Chiesa sia pesantemente infiltrata da femminismo e altre amenità, troverà catartico questo testo.
Nell'improbabile caso che qualcuno si scandalizzi ricordo che quanto segue è stato scritto e pubblicato da un cardinale.

Il testo commenta i frammenti di un immaginario Quinto Vangelo, che sarebbe alla base della predicazione e della condotta di molti cattolici oggi. Come antipasto, il divorzio:

FRAMMENTO 13
Chi rimanda la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio nei confronti della prima; e se una donna ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio (Mc 10, 11-12).
Se qualcuno rimanda la propria moglie e ne sposa un'altra - a meno che la prima sia imbruttita ai suoi occhi - commette adulterio. Chi poi sposa la divorziata compie un vero atto di carità. (Quinto Evangelo)
Abbiamo qualche dubbio sull'autenticità di questo frammento. Da tutto il quinto evangelo Gesù appare come un uomo dalla straordinaria larghezza di idee, ma c'è un limite a tutto. Qui si difende non solo il divorzio, ma addirittura il libero amore. Anche la citazione della regina delle virtù, la carità, appare almeno sorprendente in questo contesto.
Sicchè ci sembra legittimo il sospetto - anche se non c'è nulla sotto il profilo della critica testuale che ci dia argomenti atti a convalidarlo - che queste righe siano state introdotte da qualche copista malevolo, al fine di screditare tutto il nostro prezioso manoscritto. Tuttavia, sia o no opera di un falsario, questo brevissimo brano ha per lo meno, circa il divorzio, il pregio della limpidità.
A nostro avviso su questo argomento le posizioni veramente logiche sono due. O si accetta che l'unione sponsale crea tra i partecipanti una vivente unità che tocca le radici profonde dell'essere e soggiace intatta a tutte le sopravvenienti vicissitudini della vita: "un solo corpo", come si esprime la Scrittura; e in tal caso è del tutto inutile andare alla ricerca di casi pietosi o drammatici che giustificherebbero la divisione: come non si può più sopprimere un nuovo essere cui s'è dato l'esistenza, così quest'"unico corpo" resta al di là delle volontà che l'hanno costituito. O non si ammette che questo nuovo essere esista, e allora è abbastanza ipocrita stendere l'elenco delle situazioni che legittimerebbero il divorzio: non ne esiste nessuna più grave della mancanza di amore. Se c'è amore, anche l'ergastolo o il manicomio di uno dei coniugi non sono ragioni sufficienti; se non c'è amore, anche l'ergastolo o il manicomio non riuscirebbero a rendere il vincolo più insopportabile di quanto già non sia.
In conclusione se non si volesse accettare l'idea prenapoleonica dell'indissolubilità e si decidesse di prestare fede a questo quinto evangelo, il libero amore resterebbe di questo problema l'unica soluzione schietta, coerente, totale.

[Qui il testo è declinato al maschile per riprendere l'espressione del Vangelo, ma si applica altrettanto ed anche più alle lune femminili] ;)
« Ultima modifica: Luglio 26, 2015, 19:17:55 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #1 il: Luglio 26, 2015, 00:08:05 am »
FRAMMENTO 6
Al mattino, prima dell'alba, egli si alzò, uscì e se ne andò in un luogo solitario a pregare. Simone andò a cercarlo coi suoi compagni. E avendolo trovato gli dicono: Tutti ti cercano. (Mc 1, 35-36)
Gli dice Simone: Maestro, non ti apparti mai in un luogo solitario a pregare? Rispose Gesù: La mia preghiera è lavorare per gli altri, la mia solitudine è restare in mezzo alla folla (Quinto evangelo)
La scena di Gesù che ogni tanto si allontana da gente e perfino dal gruppetto degli apostoli e si rifugia nella solitudine ad assaporare nella preghiera e nella meditazione la pienezza della sua comunione col Padre, poteva dar origine a qualche malinteso. In primo luogo sembrava costituire un argomento a favore dell'opportunità dei silenzio - esteriore ed interiore - per la ricerca di Dio e l'audizione della sua voce. Come se la voce di Dio per noi non fosse la voce dei nostri fratelli; anche il grido rauco o la filastrocca lagnosa del canzonettista, il clamore di folla che per le strade reclama giustizia, le storielle insulse dei nostri compagni di viaggio. Il silenzio - questa orribile rivelazione del nulla - non può essere oggi per le persone normali.
Pascal s'ingannava: non è solo il silenzio degli spazi infiniti a spaventarci, è anche quello - raro e a minuti frammenti per fortuna - del nostro piccolo mondo.
Poi c'è l'equivoco della " contemplazione ": oggi giustamente se ne vergognano tutti, anche i cosiddetti ordini contemplativi. Nessuno deve evadere.
Non è un po' comodo staccare gli occhi dalla terra per guardare il cielo? Tanto comodo che ci si stupisce che siano così in pochi a volerlo.
Il Dio del cielo è un residuo di mitologia. Dio si è incarnato in ogni scheggia del nostro quotidiano esistere di uomini: bisogna cercarlo lì. Il lavoro, la lotta, la discussione, tutto ciò che ci immerge nella folla, ci pone a contatto con Dio: questa è la preghiera sostanziale.
Simone rivela una mentalità nettamente post-tridentina: "Non ti apparti mai a pregare?". Ma noi abbiamo capito che la religione non è un egoistico rapporto personale coi Creatore, ma la totale fusione del singolo nella comunità: l'importante è l'essere insieme, è l'essere in tanti, è il ripetersi senza stanchezza a vicenda le stesse persuasioni. Chi tace è perduto: finirebbe per essere preso dal dubbio o addirittura da qualche crisi di misticismo.
[Questo deve riguardare le donne catechiste-lettrici-chierichette]:
"Siamo grandi, siamo libere, siamo straordinarie. Siamo gli animali più straordinari della giungla! Lo diciamo tutte, quindi deve essere vero", gridano le Bandar-log. Qualcuno potrebbe maliziosamente vedere raffigurato in questo passo del Libro della Giungla un moderno convegno di pensatori cristiani. Noi - lasciando da parte ogni ironia - pensiamo che, proprio perché scimmie, le Bandar-log si rivelano qui molto vicine all'umanità e al suo commovente tentativo di valicare il vuoto in cui si trova immersa, vivendo in modo più nuovo ed intenso la vita della comunità, all'interno della quale ciascuno può sentirsi davvero grande, libero, straordinario.
L'importante è non restare mai. Neppure per un momento, soli e in silenzio. Si rischierebbe di cominciare a pensare.

« Ultima modifica: Luglio 26, 2015, 10:30:31 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #2 il: Luglio 26, 2015, 14:17:50 pm »
FRAMMENTO 11
Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai dotti e ai furbi e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11, 25)
Ti ringrazio o Padre perché hai voluto rivelare i misteri del Regno ai dotti e agli intelligenti,- che così li potranno spiegare ai semplici (V Evangelo)

L'importanza di questo frammento sta nel fatto che esso fonda lo "status" dei teologi professionisti nella Chiesa; status che finora mancava di un supporto biblico evidente.
Che i dotti e gli intelligenti di cui qui si parla siano gli insegnanti della "sacra doctrina" è fuori discussione. Quali altri potrebbero meritare questa qualifica? Non certo i vescovi che di intelligenza non sono privi, ma per modestia non ne fanno sfoggio troppo frequente e hanno la cultura tra i cari ricordi della loro giovinezza.
D'altronde, se non fosse possibile attribuire a loro neppure questo accenno evangelico, come potrebbero i teologi rivendicare la più sacrosanta delle loro libertà, quella dal Magistero, senza di che finirebbero per essere confusi con i fedeli?
Essi cercano talvolta di appoggiarsi ad altri passi quali l'esortazione di Paolo a Timoteo di predicare la parola "opportune et importune", cioè a proposito e a sproposito [Cfr. Concilium, anno V, fasc. I, 1969]. Ma illegittimamente, poiché il diritto di parlare a sproposito è sempre stato una prerogativa episcopale: Timoteo è senza dubbio insignito del carisma apostolico.
La Rivelazione, ci si dice, discende dai teologi ai "semplici". Si chiarisce
In tal modo che i "magistri" cui sono stati affidati i misteri dei Regno - anche se hanno l'obbligo di recarsi alla scuola di tutti pensatori alieni dalla fede, per evitare il pericolo di arroccarsi nella loro inespugnabile cittadella e di costituire come un corpo estraneo nell'odierna società - non devono affatto preoccuparsi delle opinioni del popolo cristiano devoto, quello, per intenderci, che viene ancora a messa la domenica e crede negli angeli custodi.
Sarà piuttosto il popolo cristiano devoto a doversi preoccupare del continuo superamento del pensiero teologico e a inseguirlo come potrà.
Come si vede, secondo un ordine prestabilito discende per gradi la verità nel popolo di Dio.

Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #3 il: Luglio 26, 2015, 17:25:42 pm »
FRAMMENTO 14
Il Regno di Dio è simile a un uomo che ha seminato grano nel campo. Dorma o sia levato, di notte o di giorno, il grano germoglia e cresce senza che egli lo sappia. La terra produce spontaneamente lo stelo, poi la spiga, poi il grano nella spiga. E quando il frutto è pronto, egli vi mette la falce, perché la messe è matura. (Mc 4, 26-29)
Il Regno di Dio è simile a un uomo che avendo seminato nel suo campo non si dà più pace, non dorme di notte, non sta fermo di giorno, e non si rassegna ad aspettare fino al tempo dei raccolto. (Quinto Evangelo)
Questa parabola è rivolta a scuotere dalla sonnolenza i pacifisti del Regno di Dio, quelli che, col pretesto della fiducia nella Provvidenza e nella forza interiore della Parola e dei sacramenti, cercano di sottrarsi all'angoscia e all'inquietudine, sentimenti caratteristici del vero cristiano.
In un mondo che è diventato in tutto problematico, la ricerca della serenità di spirito costituisce un peccato di egoismo. In un tempo che scandisce le sue ore all'insegna della frenesia, dove tutto è affanno, agitazione, apprensione, cruccio, irrequietezza, tormento, travaglio, parlare di pace interiore significa colpevolmente separarsi dalla condizione umana e perfino irriderla senza sensibilità.
Anzi il cristianesimo aggiunge altri e più sottili motivi di malessere e di rodimento a quelli che gli uomini possiedono in conto proprio e, se ci è consentito usare questo linguaggio, ne sublima ed esaspera la drammaticità.
:lol: :lol: :lol:
La parabola è poi un correttivo mirabile a quella deformazione teologica che è l'"escatologismo ", cioè la facilità con cui ci si perde nella contemplazione della fine del mondo e ci si dispensa - in vista dell'immancabile venuta del Regno di Dio - dalla ricerca del successo immediato.
Se questo stato d'animo prevalesse, allora necessariamente l'angoscia - questa fondamentale virtù cristiana, questo regalo del cielo a una terra troppo tranquilla - non riuscirebbe a sostenersi e si piomberebbe in una placidità indegna di un discepolo di colui che ha detto: "Io sono venuto a portare non la pace ma la spada". Per fortuna questa malattia non è ora troppo diffusa: sono, grazie al cielo, molto numerosi gli apostoli che non concedendo tregua né a sé né agli altri, né di giorno né di notte, si costituiscono candidati per l'esaurimento e per l'infarto, autentiche e meritorie forme di martirio della vita moderna.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #4 il: Luglio 27, 2015, 07:30:39 am »
FRAMMENTO 15
Ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli è simile a un padrone che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie (Mt 13, 52)
Colui che è esperto nella dottrina dei Regno di Dio è simile ad un padrone di casa che non può soffrire le cose vecchie, e getta via prima di sera ciò che ha comperato alla mattina (Quinto Evangelo)
Come capita spesso ai personaggi delle parabole, anche questo padre di famiglia ha un comportamento stravagante. Si potrebbe addirittura parlare di una vera e propria mania, con diritto a un posto nell'elenco delle aberrazioni mentali.
Ma al di sotto di questo rivestimento letterario c'è uno dei più decisivi insegnamenti evangelici. il cristianesimo è la religione del "nuovo".
In esso ciò che è vecchio è irrimediabilmente condannato.

C'è però una misteriosa legge dell'esistenza per cui il "vecchio" e il "nuovo" non sono due categorie della realtà avulse tra loro e perfettamente incomunicabili: anzi il vecchio di oggi è il nuovo di ieri, e il nuovo di oggi sarà il vecchio di domani. Sicché il culto della novità comporta necessariamente lo spasimo del cambiamento.
A ben guardare è questa la prerogativa della giovinezza spirituale. Chi non muta è decrepito, chi è ancora capace di mutate è giovane di spirito, chi poi è incapace di non mutare è arrivato a mentalità di fanciullo che assegna i posti più alti nel Regno dei cieli.
E non è a credere che tutto questo valga solo nel campo della moda, del linguaggio, delle mogli, dei gusti musicali, delle consuetudini di vita, dove le variazioni esprimono senza dubbio la floridezza di una personalità. Anche nel campo delle convinzioni vige la stessa legge.
Alle antiche filosofie che rozzamente classificavano i concetti in veri e falsi, giusti ed errati, è subentrata una concezione più sottile, più sfumata, soprattutto più aderente alla vita - la quale è un perpetuo fluire e ha in orrore ogni fossilizzazione - per cui il giudizio di merito per le idee, come per le uova, è stabilito dal loro grado di freschezza.
Si determina così nel cristiano "giovane" la corsa all'ultimo ritrovato, che è caratteristica della civiltà dei consumi; corsa affannosa all'ultimo ritrovato del mattino è il penultimo della sera.
Non sappiamo nascondere una certa pena nei confronti del padrone che ci ha offerto lo spunto per queste note: è così occupato a cambiare l'arredamento che non ha mai il tempo di prendere stabilmente dimora. Sempre intento a preparare una vita che non vive mai.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline zagaro

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #5 il: Luglio 27, 2015, 09:13:22 am »
in questo sito potete leggere gli 8 otto comandamenti, ops 8 condimenti (!) del pastafarianesimo, sono otto perchè due  il Capitano Pirata Mosey li ha persi nel Monte Sugo durante  il ritorno  :w00t:

http://www.farodelmiopeggio.it/index.php/satira/244-gli-otto-condimenti-pastafariani


il pastafarianesimo è una religione parodistica, però leggendoli bene si potrà scorgere il 'format spirituale' della civiltà occidentale, che poi siamo cattolici, protestanti, atei, ortodossi e chi più ne ha più ne metta. nella religiosità naturale, quella che teologicamente definiremmo deistica esiste un sottofondo che appartiene proprio alla cultura dell'uomo in quanto tale

Offline Vicus

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #6 il: Luglio 27, 2015, 23:40:23 pm »
Sugli effetti (volutamente?) deleteri delle cosidette "strategie pastorali" attuali:

FRAMMENTO 17
Il Regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio, ma tutti gli invitati rifiutarono di venire. Allora fu radunato il consiglio della corona e si ricercarono le cause dell'insuccesso.
E uno disse: I servi hanno sbagliato l'ora, dovevano studiare il momento opportuno.
E un altro disse: Non dovevano presentarsi con la loro livrea [tonaca], ma vestiti come tutti gli altri.
E un terzo: Non hanno saputo capire la mentalità dei destinatari e adattarsi al loro linguaggio.
Uno osservò: Forse non sono venuti perché non avevano voglia di venire.
Ma tutti gli diedero contro (Quinto Evangelo)
Rinunciamo anche qui al solito commento per l'opposta ragione. Il senso di questa parabola ci sembra ovvio. Ci limitiamo soltanto a una nota di biasimo all'indirizzo dell'ultimo consigliere che con spirito superficiale e qualunquista ha potuto pensare a una soluzione tanto semplice dell'enigma.

FRAMMENTO 18
Il Regno di Dio è simile a un suonatore di flauto chiamato a una danza di gente svogliata. Suona un motivo allegro e nessuno balla, suona una nenia funebre e nessuno piange. E più cambia e più la gente si disinteressa di lui. (Quinto Evangelo)
Se non vediamo male, l'insegnamento di questa parabola è in netto contrasto con quanto è detto nel quindicesimo frammento.
Il nostro parere è che queste righe siano frutto di interpolazione e pertanto non possano essere accolte come parte di questo quinto evangelo.
Per questa ragione rinunciamo a qualunque tentativo di illustrazione.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #7 il: Luglio 28, 2015, 19:08:01 pm »
Sull'autodistruzione della Chiesa (parole di Paolo VI):

FRAMMENTO 20
Secondo voi, se un uomo possiede cento pecore e ne perde una, non lascia le altre novantanove il sicuro sui monti per andare alla ricerca della smarrita, E se riesce a ritrovarla, in verità vi dico, ha più gioia per questa che non per le novantanove che non si sono perdute. (Mt 18, 12-13)
Il Regno dei cieli è simile a un pastore che avendo cento pecore e avendone perdute novantanove, rimprovera l'ultima pecora per la sua scarsità di iniziativa, la caccia via e, chiuso l'ovile, se ne va all'osteria a discutere di pastorizia [pastorale :lol: :lol:] (Quinto evangelo).
Cominciamo ad applaudire alle novantanove pecore perdute: non è un comune smarrimento il loro, piuttosto è una forma di protesta contro l'idea stessa di ovile.
L'immagine dell'ovile evoca la recinzione, la chiusura, la segregazione dagli altri. Come possono gli "altri" unirsi al gregge, se a un certo momento nel loro cammino si imbattono in una barriera?
Senza dire che la vita di ghetto - al riparo dal pericoli, ma anche dalle emozioni dell'avventura - finisce per deformare la personalità e ingenerare dei complessi, di inferiorità o di superiorità a seconda dei temperamenti, da cui difficilmente si guarisce. Meglio per una pecora il rischio del lupo che la certezza dell'avvilimento nell'ovile.
Può capitare che il pastore non sia sufficientemente perspicace per rendersene conto: in tal caso bisogna avere il coraggio di forzare la mano. L'esodo di massa, registrato nella parabola, è il mezzo più efficace per fare intendere la ragione a chi si ostina a chiudere gli occhi. Una volta smantellato l'ovile, allora si potrà tornare tutti insieme: pecore, lupi e altri animali, e ci sarà un solo branco senza un solo pastore.
Nella parabola però il pastore capisce la ragione, tanto che si secca per l'unica pecora rimasta.
Quest'animale - cui va riconosciuto obbiettivamente un certo non conformismo - basta da solo a rovinare l'avvento di un'epoca nuova: finché c'è lui c'è l'ovile, e finché c'è l'ovile, le pecore in libertà avranno qualche inquietudine sulla saggezza della loro evasione.
E non è bene: anche ad essere ben divorate giova una certa interiore tranquillità.
Fuori dunque, o pecora renitente! Ti si deve necessariamente costringere ad essere libera. Anche perché tu, da sola, fai perdere al tuo custode tempo e fatica, e impedisci così il progresso della cultura. Solo quando anche tu avrai preso coraggiosamente il sentiero del bosco, il pastore potrà discutere coi suoi colleghi i mezzi più adatti per far prosperare un allevamento. Solo quando non ci sarà più l'ovile (e neppure le pecore) si potrà elaborare in tutto il suo rigore scientifico - senza compromessi con le condizioni concrete e con la sopravvivenza delle concezioni superate - una vera e compiuta teologia pastorale.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #8 il: Luglio 29, 2015, 12:15:33 pm »
Sulla riduzione della Chiesa a ente (inutile) umanitario:

FRAMMENTO 21
Che giova all'uomo conquistare il mondo intero, se poi perde la propria anima? (Mt 16, 26)
Che giova all'uomo salvare la propria anima, se poi non riesce a conquistare il mondo? (Quinto Evangelo)
 
Si noterà come il testo di Matteo sia perfettamente antitetico al nostro. E' probabile che un copista distratto abbia scambiato tra loro i termini "anima" e "mondo", dandoci così nel primo evangelo un insegnamento addirittura opposto a quello veramente inteso dal Signore.
Si noterà anche come questo frammento riesca finalmente a concordare l'idea della "alienazione" (di origine marxista ma oggi assioma fondamentale di tutto il pensiero cristiano contemporaneo) con la predicazione di Cristo.
Veramente il concetto era implicito anche negli evangeli canonici. Per essi "alienato" è l'uomo che, creato per conoscere, amare e servire Dio, si perde nella conquista della terra; destinato a una vita eterna, si lascia prendere dall'affanno del giorno; in grado di conoscere dalla meditazione della Parola le ultime notizie sul mondo e sul Regno, è avido di ascoltare il telegiornale e di leggere le riviste di attualità cattolica.
Analogamente "alienato" è il cristiano che essendo incapace di adempiere al suo compito di testimoniare le cose dell'alto, "dove Cristo è assiso alla destra del Padre ", cerca di farsi perdonare la propria fede rivestendola di un umanitarismo inconcludente o identificandola con la rivoluzione e la violenza.
Sulla stessa linea "alienato" è il prete che non riuscendo a interessare al Regno i suoi parrocchiani o anche solo a organizzare i suoi chierichetti, evade dalla sua missione specifica nelle "questioni di fondo" e nei "problemi generali".

Questo concetto di "alienazione" però ha il demerito di essere scandalosamente originale. Per esso la causa prima dell'infelicità umana non starebbe tanto nelle strutture opprimenti quanto nello smarrimento dell'ultimo fine: un uomo che non conosce più la ragione essenziale del suo stesso esistere non può non essere un candidato alla disperazione, dalla quale si difende come può.
Ma tutti vedono come questa idea sia inaccettabile. farebbe del cristianesimo una concezione non solo estranea, ma addirittura ribelle alle filosofie oggi più accreditate. Uno che a tutti costi la sostenesse, si porrebbe per ciò stesso al di fuori della storia e riuscirebbe incomprensibile ai suoi contemporanei.
Il quinto evangelo ci inette provvidenzialmente in guardia: non lasciamoci distrarre dalle solite banalità sulla salvezza dell'anima e sul Paradiso. Il vero cristiano sa che la sua unica legittima preoccupazione è la conquista del mondo; non per volontà di dominio, si capisce, ma per assicurare a tutti giustizia, felicita, benessere e, se è possibile, una perfetta riposante oscurità circa il significato della vita.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #9 il: Luglio 30, 2015, 01:48:34 am »
FRAMMENTO 22
Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato prima me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe la sua proprietà: ma poiché non siete dal mondo e io vi ho presi dal mondo, per questo il mondo vi odia. (Gv 15, 18-19)
Se il mondo vi odia, è segno che non lo capite. Conformatevi al mondo e il mondo vi salverà. (Quinto evangelo)

L'attitudine da prendersi nei confronti del mondo ha subito ai nostri giorni nell'insegnamento dei migliori teologi e nella convinzione dei cristiani più illuminati un'accelerata evoluzione.
"Fuggiamo il mondo!", dicevano gli antichi asceti. "Salviamo il mondo!", ribattevano gli apostoli di tutti i tempi. E per secoli la disputa si sostanziò della contrapposizione di questi due enunciati, senza che fosse possibile risolverla con la soppressione di uno dei termini. Se pur disputa c'era: in realtà il mistico anche nella sua solitudine si sentiva al servizio della salvezza dei fratelli e l'apostolo nel suo lavoro per gli altri cercava di non soggiacere ai dettami della società mondana.
Ma in questi ultimi tempi abbiamo compreso che il torto era di entrambi. Il mondo non deve essere né fuggito né salvato: è già salvo da sé, Perché tutto quello che c'è in esso, tutte le sue idee, le sue aspirazioni, le sue abitudini, hanno una loro Positiva bontà, che attende solo di essere capita e apprezzata.
Anzi, e qui la nuova luce raggiunge il pieno meriggio, occorre lasciarsi salvare dal mondo: chi se ne distacca o, peggio, chi tenta di opporre resistenza, è irrimediabilmente perduto.
Così noi oggi ammiriamo l'umiltà e la larghezza di spirito dei nuovi cristiani che invocano ogni giorno più intensamente per sé e per la Chiesa quella redenzione che solo il mondo può apportare
: chi altri ci può liberare dalla nostra angusta visione della realtà, dalle inibizioni e dalle remore di natura morale, dalla mania aberrante del sacrificio, della rinuncia, del senso del dovere?
C'è chi mutua dal mondo (ma forse qui si esagera un po') perfino il riscatto dalla concezione di un Dio trascendente, e in fin dei conti oppressivo, che antecedentemente al parere della nostra coscienza decida del bene e del male.
"Conformatevi al mondo e il mondo vi salverà!". Nonostante l'apparente contraddizione, abbiamo qui espressa con forza la legge suprema dell'anticonformismo, l'unica ad essere cordialmente e universalmente accettata. Tutti siamo anticonformisti e spesso in un modo veramente inaspettato.
Anticonformista è colui che coraggiosamente decide di non andare più a messa in un'epoca in cui il novanta per cento non ci va.
Anticonformista è colui che sa oltrepassare tutti i tabù sessuali, dal momento che "fanno tutti così". Anticonformista è quell'uomo che sa perfino vestirsi come la sua bisnonna, purché lo facciano al tempo stesso tutti quelli della sua tribù.
Anticonformista è chi accetta questa concezione dell'anticonformismo, poiché non è contestata da nessuno.
"Per il mondo non prego", avrebbe detto Gesù secondo l'evangelo di Giovanni. Ci ha sempre lasciati perplessi questa frase senza misericordia. Ma forse adesso ne cogliamo il significato: non dobbiamo pregare per il mondo, che non ha nessun bisogno della nostra preghiera. Noi piuttosto abbiamo bisogno del mondo, se non vogliamo essere relegati in un angolo coi nostri inutili rimpianti, solitari conformisti che fanno vergognosamente spicco nell'anticonformismo universale.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #10 il: Luglio 30, 2015, 18:20:37 pm »
FRAMMENTO 23
Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti (Mt 19, 17)
Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i dettami della tua coscienza. (Quinto evangelo) :ohmy:

Questo frammento formerà senza dubbio la gioia dei moralisti contemporanei, i quali tendono ogni giorno di più a semplificare il loro compito con l'appello alla coscienza del singolo.
Soprattutto darà una chiara giustificazione biblica all'idea, sempre più diffusa tra i cristiani, che non va ricercata nessun altra regola di moralità al di fuori del sentimento interiore del bene e del male.
Per la verità non si tratta di una nuova dottrina: da sempre la morale cristiana ha insegnato che la norma propria dell'agire per l'uomo concreto è la sua coscienza personale, che egli deve sempre seguire, qualunque cosa comandi o proibisca.
La novità consiste piuttosto in una rinnovata concezione, della coscienza e delle sue funzioni. La mentalità antica riteneva che la coscienza fosse soltanto l'altoparlante interiore in grado di trasmettere la legge di Dio: era perciò essenziale ad essa la capacità di restare in sintonia con la voce divina; senza di che, diventava inservibile come una radio ricevente che non riuscisse più a mantenere il collegamento con l'emittente voluta. In questa visione, il primo compito imposto dalla coscienza non era di rinvenire dentro di sé i suoi contenuti, ma di ricercarli nei comandi del Signore. Il primo imperativo della coscienza era di scrutare la legge.
Secondo l'opinione che oggi si generalizza invece, la coscienza non pare debba uscire da se stessa: stia attenta ai propri desideri, alle proprie ritrosie, ai propri entusiasmi, ai propri languori, e non avrà bisogno d'altro. [Non so a voi, ma questa frase mi ricorda certi erratici comportamenti femminili.] La conoscenza delle norme oggettive le è estranea e quindi indifferente.
E così si è finalmente venuti a capo di un equivoco: si era fino a questo momento pensato che la coscienza fosse un mezzo dato da Dio per far conoscere la sua volontà: si è adesso capito che essa è in realtà un regalo molto più prezioso; è un mezzo per dispensare l'uomo dall'incomodo di conoscere la volontà di Dio. Tutto è così reso più facile: la coscienza è l'abolizione della legge. E' la liberazione dalla schiavitù dei precetti e della casistica. L'imperativo morale è perfettamente semplificato: mi è lecito compiere un aborto, se ho già tre figli da mantenere? segui la tua coscienza. La quale non va affatto informata, ma solo seguita.
E non è appena il mestiere di moralista a venire in tal modo agevolato, è anche quello più impegnativo di uomo.
Tanto più che, nonostante le apparenze, non c'è nulla di più arrendevole della coscienza che non si raffronti continuamente con la legge divina. All'uomo che obbedisce alla coscienza senza preoccuparsi affatto di conoscere il parere di Dio, la ricompensa è immanente: la coscienza finisce sempre per obbedire all'uomo senza recargli più nessun disturbo.
Anche colui che ha preso l'abitudine di avvelenare di tanto in tanto le proprie zie per ottenerne in anticipo l'eredità. al funerale della quarta troverà che la sua coscienza (come la zia) non ha nessuna protesta da fare.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #11 il: Luglio 30, 2015, 21:33:45 pm »
FRAMMENTO 23
Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti (Mt 19, 17)
Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i dettami della tua coscienza. (Quinto evangelo) :ohmy:

Questo frammento formerà senza dubbio la gioia dei moralisti contemporanei, i quali tendono ogni giorno di più a semplificare il loro compito con l'appello alla coscienza del singolo.
Soprattutto darà una chiara giustificazione biblica all'idea, sempre più diffusa tra i cristiani, che non va ricercata nessun altra regola di moralità al di fuori del sentimento interiore del bene e del male.
Per la verità non si tratta di una nuova dottrina: da sempre la morale cristiana ha insegnato che la norma propria dell'agire per l'uomo concreto è la sua coscienza personale, che egli deve sempre seguire, qualunque cosa comandi o proibisca.
La novità consiste piuttosto in una rinnovata concezione, della coscienza e delle sue funzioni. La mentalità antica riteneva che la coscienza fosse soltanto l'altoparlante interiore in grado di trasmettere la legge di Dio: era perciò essenziale ad essa la capacità di restare in sintonia con la voce divina; senza di che, diventava inservibile come una radio ricevente che non riuscisse più a mantenere il collegamento con l'emittente voluta. In questa visione, il primo compito imposto dalla coscienza non era di rinvenire dentro di sé i suoi contenuti, ma di ricercarli nei comandi del Signore. Il primo imperativo della coscienza era di scrutare la legge.
Secondo l'opinione che oggi si generalizza invece, la coscienza non pare debba uscire da se stessa: stia attenta ai propri desideri, alle proprie ritrosie, ai propri entusiasmi, ai propri languori, e non avrà bisogno d'altro. [Non so a voi, ma questa frase mi ricorda certi erratici comportamenti femminili.] La conoscenza delle norme oggettive le è estranea e quindi indifferente.
E così si è finalmente venuti a capo di un equivoco: si era fino a questo momento pensato che la coscienza fosse un mezzo dato da Dio per far conoscere la sua volontà: si è adesso capito che essa è in realtà un regalo molto più prezioso; è un mezzo per dispensare l'uomo dall'incomodo di conoscere la volontà di Dio. Tutto è così reso più facile: la coscienza è l'abolizione della legge. E' la liberazione dalla schiavitù dei precetti e della casistica. L'imperativo morale è perfettamente semplificato: mi è lecito compiere un aborto, se ho già tre figli da mantenere? segui la tua coscienza. La quale non va affatto informata, ma solo seguita.
E non è appena il mestiere di moralista a venire in tal modo agevolato, è anche quello più impegnativo di uomo.
Tanto più che, nonostante le apparenze, non c'è nulla di più arrendevole della coscienza che non si raffronti continuamente con la legge divina. All'uomo che obbedisce alla coscienza senza preoccuparsi affatto di conoscere il parere di Dio, la ricompensa è immanente: la coscienza finisce sempre per obbedire all'uomo senza recargli più nessun disturbo.
Anche colui che ha preso l'abitudine di avvelenare di tanto in tanto le proprie zie per ottenerne in anticipo l'eredità. al funerale della quarta troverà che la sua coscienza (come la zia) non ha nessuna protesta da fare.


Thomas Paine – La mia mente è la mia Chiesa.

https://it-it.facebook.com/notes/una-semplice-questione-di-civilt%C3%A0-una-legge-contro-la-tortura/la-moderazione-nel-carattere-%C3%A8-sempre-una-virt%C3%B9-ma-la-moderazione-nei-principi-%C3%A8/191142074229390

Offline Vicus

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #12 il: Luglio 30, 2015, 23:14:16 pm »
L'uomo è un essere sociale e non si possono relegare i principi nella sfera privata: l'idealismo sta facendo ancora danni.
Cittadini del mondo lo siamo già, volenti o nolenti.
La religione, quale che sia, attiene alla dimensione trascendente dell'uomo e, malgrado le migliori intenzioni, non può essere sostituita dalla filantropia umanitaria. Come ben evidenzia il card. Biffi in questo scritto.

L’essere umano, e specialmente l’uomo, ha un bisogno innato di un panorama simbolico: si pensi al successo di film come il Signore degli Anelli.
Una delle cause dell’attuale confusione maschile è la “paralisi mitologica” di un mondo che impone il banale come norma, l’idiota femmineo come solo modello accettabile.
Quando capiremo che la secolarizzazione imposta è innaturale e non funziona?

Thomas Paine era un devoto esemplare del Quinto Evangelo :lol:
« Ultima modifica: Luglio 30, 2015, 23:50:04 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #13 il: Luglio 31, 2015, 15:22:20 pm »
FRAMMENTO 26
Giuda l'Iscariota, uno dei discepoli che stava per tradirlo, disse: Perché questo profumo non è stato venduto per trecento denari, per darli ai poveri... Ma Gesù disse: Lasciala stare: doveva conservarlo per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avrete sempre con voi; me invece, non mi avrete sempre. (Gv 12, 4-8)
E Gesù disse a Maria, sorella di Lazzaro: Un profumo di trecento denari non poteva essere venduto per aiutare i poveri? Giuda mormorò: Guarda! proprio quello che volevo dire io. (Quinto Evangelo) :lol:

Si va per grazia di Dio diffondendo nella cristianità la convinzione che bisogna economizzare al massimo sulle spese di culto, perché appaia più luminoso il primato della povertà e della carità tra i discepoli di Cristo.
Qualcuno però educato in clima di trionfalismo potrebbe a questo proposito sollevare diverse obiezioni. Ci si potrebbe ad esempio meravigliare che un giovane esiga a gran voce dai vescovi di manifestare la loro consacrazione a Cristo con una croce di legno, e poi non ritenga il legno materia adatta per esprimere il suo amore sponsale. Ma è una meraviglia fuori luogo: l'affetto che lega i fidanzati e i coniugi tra loro è una cosa veramente seria, ed è giusto sia rappresentato dalle gemme e dall'oro.
Oppure si potrebbe trovare a ridire sull'abitudine invalsa ormai tra i sacerdoti più aperti e sensibili di risparmiare - in nome dell'austerità evangelica - sui fiori, sulle luci, sui paramenti degli altari, e invece di non lesinare affatto sulle sigarette, il whisky, la birra e, ahimè!, la coca-cola per il sostentamento e il ristoro delle interminabili discussioni sulle malefatte della Chiesa dei ricchi. Ma sarebbe un non capire l'esatta gerarchia dei valori.
C'è chi arriverebbe perfino a difendere le immense, ornatissime chiese del passato col pretesto che in fin dei conti sono state volute ricche, grandi, stupende da tutto un popolo che magari viveva in catapecchie ma si sentiva felice di avere una casa di Dio - e dunque una casa dei figli di Dio - che con la sua magnificenza gli richiamasse la gioia del suo destino e il significato della sua dolorosa esistenza. I sassi contro le cattedrali non sono mai stati scagliati da coloro che vivevano in tuguri di legno su pavimenti di terra battuta, ma a quelli che - non avendole costruite e camminando ogni giorno nelle proprie case sul marmo e la ceramica - sanno vittoriosamente resistere al loro fascino e superare la loro insidia sottile.
Gli antichi ritenevano che fosse preferibile vivere il distacco dai beni nelle abitazioni e trovare nel duomo cittadino l'appagamento al desiderio di bellezza e di grandezza. Più saggiamente nella civiltà moderna si pensa che ad ogni ambiente debba essere riservato il suo compito proprio: la casa di Dio richiami la povertà evangelica, e la nostalgia dell'uomo per un ideale di vita luminosa trovi la sua più alta forma espressiva nei servizi igienici, con le loro maioliche e le loro cromature.  :lol:
Tuttavia l'argomento principe dei trionfalisti era di carattere biblico: il rimprovero rivolto a Maria, la sciupona, per i trecento denari effusi nel culto affettuoso di Cristo appariva nei vangeli tradizionali un sentimento meschino del cuore senza amore di Giuda, l'unico della compagnia capace di fare dei calcoli.
Ed ecco risultare evidente da questo frammento che le antiche narrazioni sono tendenziose: in realtà il Maestro era dello stesso avviso del più prudente, assennato e caritatevole dei suoi discepoli. E' vero che poi lo ha tradito; ma non ci sentiremmo, in questo clima di apertura ecumenica, di condannare per un solo errore tutti i pensieri e i fatti della vita di un uomo.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Catechismo per "nuovi cattolici": pamphlet satirico di un cardinale
« Risposta #14 il: Agosto 01, 2015, 02:30:10 am »
FRAMMENTO 27
Ed entrato nel tempio cacciò tutti i venditori e i compratori che vi si trovavano. Rovesciò i tavoli dei cambiavalute e i banchi dei mercanti di colombe. E disse loro: Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera, ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri. (Mt 21, 12-13)
Ed entrato nel tempio vide la folla dei venditori e dei compratori e disse: Questo luogo è diventato una spelonca di ladri, ma la cosa non mi preoccupa, tutto il mondo è infatti un tempio in cui si adora Dio in spirito e Verità. (Quinto evangelo)

Non c'è in tutto il Nuovo Testamento - che però ha diversi accenni in proposito - un passo che in modo più esplicito di questo permetta di superare il concetto di "sacro" per arrivare all'idea del "religioso" sostanziale, che non ha necessità di una verniciatura rituale per essere teatro dell'incontro tra l'uomo e Dio.
Per ciò stesso che un luogo viene sacralizzato, tutti gli altri sono definiti profani e quindi sottratti alla destinazione originale di "creature" che col loro stesso essere rivelano e richiamano il Creatore. Se dedichiamo un giorno alla divinità, la derubiamo di tutti gli altri. Se un gesto viene separato e diventa rituale, si sconsacrano con questo tutti i gesti comuni. :lol:
Come si vede, il "sacro" insidia e soffoca il "religioso"; e mentre il "culto" si dissecca sconnettendosi dall'autenticità dell'esistenza, la vita viene privata di ogni spontaneo riferimento a Dio e diventa atea.
Si può facilmente comprendere allora l'entusiasmo che coglie molti teologi cattolici di fronte all'"eclissi del sacro", innegabile nel mondo moderno. E' una delle conquiste più alte della civiltà contemporanea: una vera liberazione spirituale :doh: che prelude al rinascimento del genuino senso di Dio.
Lasciamo dunque che i compratori e i venditori profanino i templi: ne affretteranno la fine. Quando finalmente non ci saranno Più chiese e tutte le nostre case saranno luoghi di culto; quando non distingueremo più domeniche perché tutti i giorni della settimana sono di Dio; quando non avremo più riti e preghiere, perché tutto nella nostra esistenza, il cibo. l'amore, il sonno, il lavoro, il gioco, la lotta sono una vera orazione e una sostanziale liturgia, :blink: allora tutti gli uomini vivranno in perfetta e continua adesione al Signore e lo ricorderanno senza soste e senza stanchezze.
Tuttavia c'è invincibile in noi qualcosa dell'antica mentalità "sacrale" che non ci lascia quieti.
E se l'analisi storica fosse errata? Se lo smarrimento del senso di Dio non dipendesse dall'affermazione del "sacro" e fosse piuttosto l'eclissi del sacro una semplice conseguenza dello smarrimento del senso di Dio? La situazione sarebbe molto più grave di quella che viene prospettata dall'ottimismo teologico contemporaneo, e forse non basterebbe la desacralizzazione a rinvigorire la fede.
O se - a tal punto ci tiranneggiano interiormente i residui ancestrali e l'assuefazione dello spirito - il "sacro" fosse una necessità psicologica per la sopravvivenza del "religioso"?
O se fosse addirittura una necessità teologica, proveniente dalla convinzione che il mondo così com'è non è nello stato originario voluto da Dio e neppure nello stato definitivo di gloria e perciò si imponesse la lotta contro il Maligno anche a colpi di battesimi e di benedizioni, e fosse necessario anticipare ritualmente il Regno con i templi, le domeniche, le celebrazioni?
Nelle piazze della Gerusalemme celeste non ci saranno più chiese: una "desacralizzazione" perfetta. Ci viene il dubbio che la teologia della secolarizzazione sia tutta giusta, solo per eccessiva preveggenza arrivi con qualche anno di anticipo.
Ma forse queste nostre incertezze non sono che rimasugli inconsci di due vecchie concezioni che nel nostro animo non sono ancora state perfettamente smitizzate: quella del peccato originale e quella dell'attesa del Regno di Dio alla fine del mondo. Dove si vede che, se non ci si difende con continuità, anche le più importanti conquiste della teologia contemporanea possono essere minate dal dubbio.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.