http://www.ilsecoloxix.it/p/la_spezia/2015/09/28/ARWGuH7F-separato_costretto_caserma.shtmlLa Spezia - «Sono tornato a vivere in caserma. La separazione mi ha messo in ginocchio. E siamo tanti così in Marina Militare». La storia è di un ufficiale in servizio nella base spezzina. Quarant’anni, una laurea, la carriera che realizza un sogno e poi una moglie, la casa e i figli, ancora minori.
«Un bel film durato qualche anno. Poi è iniziato ad andare tutto a rotoli. Lei ha chiesto la separazione. È iniziata una battaglia legale senza esclusione di colpi. Un inferno dove l’uomo perde ogni diritt o, diventa una nullità in un labirinto fatto di avvocati, giudici, dispositivi e udienze».
Perché?
«In caso di separazione il marito è indifeso. Di fatto le leggi tutelano la donna e anche norme nate per intenti giusti possono essere strumentalizzate contro gli ex mariti».
Di che cosa parla?
«A me dopo la separazione consensuale che mia moglie non rispettava, la visione dei figli per esempio, sono bastate poche telefonate per richiesta di spiegazioni per prendermi una denuncia con lo spauracchio dello stalking, che rende il quadro delicatissimo. Per capirci intanto ti denuncio poi si vedrà».
Che consigli dà?
«Far telefonare dall’avvocato per ogni cosa anche la più piccola. Sembra surreale ma è così. Anche di domenica. Anche a Natale. Bisogna rivolgersi subito a persone esperte sapendo che l’ex con cui vivevi diventa un avversario tremendo che può sfruttare qualsiasi cosa, soprattutto i figli, contro di te. E a difesa dell’uomo non ci sono leggi. Anzi. Per lui è un campo minato. Per questo dico via il disincanto. L’altra è una controparte».
A lei che cosa è successo?
«Di tutto. Primo l’accordo consensuale che ho fatto ingenuamente. Lo sconsiglio. E’ tutto a favore delle mogli. Meglio un giudizio».
In pratica?
«Io prendo uno stipendio di oltre 2 mila euro. Mille vanno alla moglie per il mutuo della casa in cui io non entro più. Altri 500 o 600 per i figli che non vedo più. Ciò che resta mi serve per vivere e pagare gli avvocati».
È andata subito male?
«Sì. L’accordo stabiliva che le mie cose in casa mi fossero restituite. Mai successo. Lo stesso per i figli. Mai rispettati gli accordi e non li ho più visti. Ho saputo dopo tempo di molte cose della scuola di cui non sono stato mai stato informato. Poi il mio è un lavoro particolare. Lei non è mai venuta incontro. Quindi ancora richieste via avvocato e altri soldi. Da fuori non si capisce».
Sono tanti i casi come il suo?
«Certo. Dove lavoro ci sono persone distrutte. Un anno a Roma con alcuni colleghi nella mia condizione andavamo alla mensa Caritas. E per noi non ci sono telefoni amici solo da poco tempo stanno nascendo le associazioni che si occupano dei nostri casi».
Perché dice che è difficile anche veder i figli?
«Semplice. Mia moglie sta con i figli a mille chilometri: per vederli devo andare laggiù. E poi? In casa, la mia, non ci posso andare. Dovrei prendere un alloggio in affitto. Impossibile. Ho dormito in auto per vederli sono situazioni impossibili dove l’uomo è devastato e ha, purtroppo, lo dico con rammarico una quadro legislativo e sociale contro».