Autore Topic: La Botte di Diogene  (Letto 1971 volte)

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Offline Guit

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La Botte di Diogene
« il: Ottobre 09, 2009, 17:11:55 pm »
http://mariodomina.wordpress.com/2009/05/13/la-questione-maschile/

La questione maschile

Piuttosto nauseato dal fetore machista che esala sempre più forte dalle stanze del potere – stanze che assomigliano ormai a corti-postriboli e a lupanari d’altri tempi -, stavo pensando l’altro giorno che in realtà non c’è in Italia (né più in generale nelle società maschiliste del pianeta) una questione femminile; la vera questione aperta – direi anzi una ferita purulenta – è semmai quella maschile. Cioè: sono i maschi, praticamente tutti, che non hanno fatto davvero i conti con la rivoluzione antropologica inaugurata nel secolo scorso dai movimenti delle donne. Non è solo la pratica odiosa e quotidiana dello stupro – reale o simbolico che sia – a ricordarcelo. I maschi della specie non si sono cioè accorti che le strutture antropologiche e mentali che li hanno costituiti in quanto tali sono tutte sotto scacco, sottoposte a revisione critica radicale.
Eppure la sacrosanta e necessaria messa in discussione del loro ruolo e potere da parte dei soggetti storicamente conculcati e sottomessi, sembra solo averli sfiorati di striscio. Basterebbe andare ad analizzare il loro (nostro) linguaggio medio, la concezione del sesso e della corporeità, dei ruoli di genere e delle relazioni affettive per averne ampia conferma. I maschi non stanno capendo proprio un cazzo!

La cosa che poi, più di ogni altra, fanno mostra di non capire in modo plateale, è che la specie umana è tale proprio per la sua capacità di trasformazione. In tale ambito i movimenti delle donne hanno espresso un giudizio esiziale sul passato, imprimendo nel contempo al cammino della specie una svolta di straordinaria importanza – che condivido in pieno – cioè la sua debiologizzazione critica. Con questa espressione non intendo avallare l’uscita dalla sfera biologica (naturalmente sarebbe una sciocchezza, visto che siamo animali, né più né meno), ma che la specie, come vado sostenendo da tempo (in compagnia di altre pensatrici e pensatori), può decidere svariate cose, tra le quali:
1) non rimanere inchiodata a presunti ruoli fissi e naturali (la biologia, come sosteneva Simone De Beauvoir, non è un destino!);
2) ritenere il fronte che sostiene che tali ruoli non possano essere messi in discussione una mera produzione ideologica;
3) e dunque, a voler essere teneri o neutrali col termine “ideologia”, una mera possibilità, la possibilità di scegliere una direzione anziché un’altra – scelta che è determinabile attraverso il conflitto e la ponderazione razionale delle alternative;
4) l’inevitabilità del transumanesimo (che è un dato di fatto, visto che è a mio parere la “natura” stessa della specie quella di divenire e trasformarsi perennemente forzando i suoi precedenti limiti biologici);
5) con l’auspicio in prospettiva del superamento definitivo della divisione di genere: la questione maschile e la questione femminile si risolvono insieme sciogliendo i due fronti in un nuovo assetto antropologico, sociale e culturale che dia centralità solo all’individualità in quanto tale (un’individualità, s’intende, correlata e corresponsabile);
6) cioè: troverò pace (utopica e immaginativa) solo quando si profilerà una società nella quale il ruolo e la connotazione del ghénos (sessuale, etnico, razziale, specifico, ecc.) sarà del tutto indifferente;
7) è allora chiaro che la lotta contro l’apartheid di genere e il patriarcato è una lotta contro tutte le forme discriminatorie e ingiuste emerse nella storia della specie – e dunque storicamente determinate e dunque storicamente superabili: il toglimento della misoginia è insieme il toglimento del machismo, dell’omofobia, del razzismo, del suprematismo, dell’etnocentrismo, dell’antropocentrismo, dello specismo, ecc. ecc. Destrutturare tutti questi centri comporta destrutturare i linguaggi, i simboli e la materialità attraverso cui il potere viene esercitato: i maschi (o i bianchi o gli occidentali o i borghesi…) sono potenti perché sono proprietari (di beni, di corpi, di simboli) e i non-proprietari desiderano a loro volta essere potenti, materialmente e sessualmente, ed emulare tali forme di dominio (il ducetto italiano docet).
C’è forse una necessità in queste forme di emulazione? Io non penso, a meno che uno non lo voglia credere. Cioè: si tratta di una credenza, di una ideologia, dunque di una scelta precisa e di parte, non di un destino. La risposta fatalistica “siamo animali, siamo fatti così, è naturale che sia così, ecc.” – è una pseudorisposta, anche perché siamo noi che ci facciamo la domanda e che ci rispondiamo – quasi fosse un’eco. O meglio: è il potere, il detentore monopolista dei beni e dei simboli (e del linguaggio e della cultura), a produrre tanto le domande quanto le risposte.
La rivoluzione passa solo attraverso la distruzione radicale di questo ordine e di questa perversa autolegittimazione: non ci sarà alcuna reale redistribuzione delle risorse o superamento delle vecchie logiche di potere e della guerra che le fonda e sostiene, senza una mutazione antropologica degna di questo nome. E al fondo di quelle logiche, non c’è una guerra naturalmente determinata (come potrebbe essere la lotta interspecifica), ma una guerra tutta umana e storicamente determinata condotta da una parte contro un’altra, da una specie contro le altre, da un genere contro gli altri (anche la reductio duale dei generi deriva da una logica semplificatrice e di guerra), da un’etnia-razza-civiltà-classe contro le altre.
Mentre si sguarniscono le armi della guerra e si caricano quelle della rivoluzione futura e a venire (sperabile anche se, ahimé, non necessaria), auspico nel frattempo che qualche maschio in più cominci a farsi delle domande e a sottoporsi a una qualche forma di autocastrazione, mettendo così in discussione, soprattutto di fronte agli altri congeneri, linguaggi e pratiche di cui mi vergogno profondamente. Le nuove corti postribolari non stanno solo a Palazzo Chigi, ma nelle teste e nell’immaginario di un bel po’ di maschietti, berlusconidi e non! D’altra parte la vergogna non serve a nulla se non produce lotta e determinazione a cambiare – sé, gli altri, il mondo.

Nota 1. Non esistono eccezioni. Ogni maschio si faccia in proposito un bell’esame di coscienza!

Nota 2. Il fatto che molte donne abbiano ceduto alle logiche maschili, magari imbellettate di finta parità, non fa che aggravare la questione.

Nota 3. Mi si perdoni per la macho-pacco-icona, davvero di cattivo gusto, ma non ho saputo resistere!


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