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Le paure degli uomini secondo le femministe

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Grifone.nero:
Sentite come commentano il libro "la paura degli uomini" (Già il titolo dice tutto) . Sono solo pezzi, ma bastano

"Ma dichiarano anche con serafica sicurezza che se: “Le donne sono cambiate. Dovranno cambiare anche gli uomini.”e che “dietro l’avanzata delle donne c’è il femminismo.” Batto le mani." (Eh si, sono sempre gli uomini   che devono cambiare. Ma almeno ha idea di quanti zerbini leccaculo ci sono in giro?)



Comunque nel cercare di illuminare il cono d’ombra della paura degli uomini, non hanno certo dimenticato i dati salienti che hanno portato le donne al loro insopprimibile desiderio di libertà (Dall' oppressore-marito, ovvio) Riconoscendo, tra gli altri, al bistrattato ’68 di essere uno dei momenti cardini per l’inizio maturo della riflessione femminista nel mondo (68 :cancro dell'occidente) E se lo è stato per le donne, rileggendo l’imput dei due autori alla luce della differenza, forse lo dovrà essere anche per gli uomini che “dovranno cambiare” per non rimanere incastratiti dalle macerie di quel “ patriarcato” che “vacilla”, profetizzato dalle femministe già alla fine del secolo scorso, grazie proprio alle riflessioni nate dal ’68.(Tesoro, forse
cambieranno gli zerbini in schiavetti. Non di certo noi) Insomma credo che questo libro sia stato pensato per dare corpo alla speranza. A partire dal suo titolo che sposta decisamente l’ottica con cui guardare al femminile che non è la paura delle donne ma la paura degli uomini.
E oggi scopro nella lettera che avvisa dell’annuale seminario delle filosofe di Diotima all’università di Verona che è un libro da loro consigliato. Perché il loro tema è: alleanze e conflitti nel mondo comune di donne e uomini. E credo che se non si capisce la paura degli uomini non ci si schioda.


La paura degli uomini sai qual'è? Quella di rimanere inculati dopo il divorzio. commentate voi, io non me la sento.
E' normale che più' leggo queste cose, più' sono restio a fidanzarmi?

Guit:

--- Citazione da: Grifone.nero - Ottobre 05, 2009, 19:18:34 pm ---E' normale che più' leggo queste cose, più' sono restio a fidanzarmi?

--- Termina citazione ---

Secondo me è la normale reazione emotiva di un uomo sano di mente a tutto questo razzismo.



Grifone.nero:

--- Citazione da: Guit - Ottobre 05, 2009, 19:24:17 pm ---Secondo me è la normale reazione emotiva di un uomo sano di mente a tutto questo razzismo.


--- Termina citazione ---

Utero artificiale: unica salvezza.
Spero vivamente di sbagliarmi, perchè non ne sono favorevole.

Guit:
Mi interessa sapere il parere di Animus su questo, ma parlare di 'filosofe' di Diotima, mi sembra fuoriluogo.


Grifone.nero:

--- Citazione da: Guit - Ottobre 05, 2009, 19:33:08 pm ---Mi interessa sapere il parere di Animus su questo, ma parlare di 'filosofe' di Diotima, mi sembra fuoriluogo.




--- Termina citazione ---

L’infelicità femminileCondividi
 Oggi alle 16.13
L’infelicità femminile è in aumento, in tutto il mondo. Storie come quella di Erika, la giovane donna che ha ucciso i suoi figli, e se stessa, sono sempre più frequenti, non solo in Italia. Queste vicende non rivelano solo un interiore «male oscuro», ma una condizione femminile vissuta sempre più frequentemente come pesante, senza veri piaceri e consolazioni.
Da quando e perché ciò accade? Secondo le statistiche su opinioni e umori dei diversi gruppi sociali (come il General Social Survey americano, ed altri), tutto cominciò nei primi anni 70.
In Europa è arrivato un po’ dopo. All’inizio degli anni 70 si era ancora in piena euforia femminista, e le donne, anche se non felicissime, ancora sognavano un mondo migliore. È quando è sembrato che l’avessero conquistato che è cominciata la delusione.
Come ha scritto al mio blog una corrispondente che non conosco, subito dopo aver letto di Erika: «Non posso approvarla, ma la capisco. Anch’io non ne posso più dell’ufficio, i bambini cui badare, tutte le cose cui star dietro……..è troppo pesante. E tutto da sola».
Questo, e non qualcosa di oscuro e misterioso, è all’origine della depressione femminile contemporanea, diffusa in tutto il mondo e tra tutte le donne. Un po’ meno, a quanto pare, tra le afroamericane, come dimostra la loro più nota rappresentante: Michelle Obama. Che però un marito ce l’ha, e di quelli che una mano finisce col dartela (anche se nei loro siparietti mediatici lasciano filtrare qualche accusa, e corrispondenti ammissioni).
Le donne sono «stanche», come scriveva Erika. Lo status di madre-lavoratrice sola sembra rivelarsi psicologicamente più pesante di quello della casalinga che si muoveva all’interno dei limiti, ma anche delle garanzie di una coppia stabile. In queste difficoltà, la responsabilità dei figli, affidati per solito alla madre dopo la separazione, ha un ruolo molto importante. «La cosa che nella vita ti toglierà più felicità è avere figli», ha scritto la docente universitaria Betsey Stevenson, nel suo libro «Il paradosso del declino della felicità femminile».
Anche nell’esperienza terapeutica appare con grande evidenza il senso di fatica, affollamento, impotenza delle donne sole nell’educazione e allevamento dei figli (salvo nei casi di grande abbondanza di mezzi, e neppure sempre). È ancora statisticamente raro, per fortuna, che ciò sfoci nella loro soppressione. Tuttavia accade, e i biglietti con le minacce «piuttosto che lasciare i piccoli a lui, li porto via con me» non rivelano necessariamente follia, quanto piuttosto la frustrazione di non avercela fatta da sole, l’ammissione del bisogno dell’altro, di un altro, vissuta però come debolezza inaccettabile.
Sembra che sia questa durezza con se stesse, questo voler essere sempre «brave», inappuntabili, per giunta anche belle, a rendere infelici le donne emancipate (o comunque superimpegnate). Anche, a quanto pare, sul lavoro, dove la donna, soprattutto se in carriera, richiede moltissimo a sé e agli altri che lavorano con lei. Proprio la difficoltà di adeguare le sue richieste alle possibilità degli altri la rende a volte impopolare; mentre la severità verso se stessa mette a rischio la sua vita affettiva, e le sue emozioni personali.
Difficile dire quanto questa elevata richiesta sia da sempre un tratto della personalità femminile, o quanto derivi dall’aver adottato quello che credeva fosse il modo maschile di stare nel mondo. Gli uomini però sono anche abili (a volte fin troppo) nell’indulgenza verso le proprie inadeguatezze. Meglio che anche le donne se ne concedano almeno un po’.




L’infelicità femminile

Claudio Risé, da “Il Mattino di Napoli” del lunedì, 28 settembre 2009, www.ilmattino.it


Ok. Mia nonna mi ha detto che una volta le donne erano molto, molto meno stressate rispetto a molte donne di oggi.
Le definivano oppresse. Ma chi è veramente una persona oppressa? Uno schiavo, quindi una persona che lavora tantissimo, tantissimo, e non riceva nulla in cambio. Più'  stress di così. Bene. Mi spiegate come facevano le donne di una volta a essere oppresse?!?!?!?!?!?!?!?!?!?!?

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