Autore Topic: Le donne (ed il femminismo) ai tempi del Fascismo (articoli vari).  (Letto 2112 volte)

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Offline ReYkY

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"Donne e culle"

Trattando del problema demografico, in altra sede abbiamo gia' prospettata una soluzione paradossale, che se e' inattuabile per l'aggettivazione stessa con cui l'abbiamo accompagnata, fissa i termini esatti della questione che non debbono essere mai perduti di vista.
Abbiamo definito questo male, che rende sempre piu' rare le culle, col nome di civilta': eccesso di civilta', indigestione di civilta', dinamismo, meccanicismo, edonismo folle e sfrenato: e abbiamo auspicato un risoluto e coraggioso salto indietro, verso la barbarie, verso la nostra perduta umanita' primitiva, semplice, lineare, tanto piu' morale di questa nostra era ossessionata dal mito del progresso, della corsa al piu' veloce, al piu' raffinato, al piu' civile. Parole al vento, paradosso inaccettabile: che' indietro, anche se il passato sia piu' bello del presente, non si ritorna mai.
E allora giova contentarci di soluzioni parziali, di rimedi localizzati a questo o a quell'aspetto del problema: allo scopo non di sradicare il male, ma di fermarne i progressi e di ridurne gli effetti.
Nell'esame di questi fattori parziali della denatalita', uno degli elementi che giova anzitutto esaminare e' l'elemento donna : la grande protagonista e l'essenziale protagonista del sublime fatto della procreazione: colei che piu' paga in sofferenze, in fatiche, in dedizione assoluta alle supreme necessita' della perpetuazione della razza.
Esistono nella donna moderna caratteri nuovi che le impediscano di svolgere a pieno la sua missione materna?
Esistono e sono molti : positivi e negativi: virtu' perdute e bisogni nuovi acquisiti: sensibilita' attuite e sviamenti dolorosi seppur talora necessari: elementi che attentamente considerati varranno a persuaderci come l'altra meta' del genere umano abbia - ne' sembri poco cavalleresco questo nostro scarico di responsabilita' - non poca influenza sulla rarefazione delle culle.
In primo luogo e' sparito il tipo di donna religiosa, veramente e profondamente religiosa, che diede in altri tempi le piu' devote, le piu' affettuose, le piu' impagabili Mamme: tre, cinque, dieci volte mamme. In quelle, l'idea di limitare comunque il rinnovarsi della maternita, si univa all'idea paurosa del peccato che Dio non perdona: famiglia e religione costituivano il binomio essenziale della vita, da servirsi con bonta' senza limiti, e con abnegazione senza rimpianti. La vita femminile, la psicologia femminile cedeva il posto, in esse, alla psicologia materna: era attiva ed operante in esse la persuasione che non si puo' essere ad un tempo buone Mamme e brillanti signore di societa': che non si puo' nel contempo correre appresso ai mille grilli della civetteria femminile e svolgere con pieno senso di responsabilita' la nobile e santa missione che la natura affida alla donna nella sua casa. E man mano che i figli crescevano di numero, questo senso della maternita' si accresceva, senza rimpianti, e prendeva il posto che lasciavano le perdute lusinghe della vanita' femminile: la mentalita' della donna di cinquanta anni non era - come oggi ridicolmente e' - la stessa mentalita' della fanciulla quindicenne.
Questa moralita' elementare si chiamava in gran parte religiosita', che crede e non discute: ne' poteva avere altro nome. E non basta: la donna del passato era anche fisicamente sana. L'adempiere la funzione della maternita' non era ostacolato da alcuna deficienza fisica. Una adolescenza castigata e appartata, una giovinezza circondata di opportuni riguardi facevano si' che la donna giungesse al matrimonio perfettamente attrezzata per compiere il suo dovere.
Le donne dell'oggi sono, prima di maturarsi in donne, maschiette: vale a dire gingilli, che a quindici anni gia' giuocano un ruolo nella vita: per necessita' spesso, siamo d'accordo: ma spesso anche perche' nel determinare il peso delle vere necessita' la societa' moderna tende troppo a largheggiare.
Pittori iperbolici lanciano mode la cui attuazione costringe il corpo femminile a privazioni e a costrinzioni dure e dolorose: lo chic vuole donne piatte, magre, non troppo colorite (che e' contadino) ma colorabili, dal corpo perpetuamente adolescente, tra i dieci e i sessanta anni senza gradazione. E in omaggio a questo arbitrio tirannico, si limitano i pasti, si ingeriscono specialita' perniciose, si praticano espedienti malvagi. Ognuno di noi conosce nel suo breve giro di conoscenze fiori di fanciulle avviate in breve alla tubercolosi o almeno a insanabili deperimenti organici, per aver voluto somigliare alle smidollate giraffe, che le case di grido han lanciato sul mercato della moda come mannequins non plus ulta.
E non basta: la mania di tutte e' di parere. L'essere non conta piu': dal palazzo alla topaia annerita, il genere giovane-femminile che esce e' unico e standardizzato: sfoggio di truccature, di cosmetici, di capelli finti biondi o finti ricci, di occhi finti-larghi di sopracciglie lineari e sottili: tutte a un modo, le giovani e le anziane e le vecchie come le prime.
Da un siffatto mondo femminile esce la donna di oggi. La donna che e', ricordiamolo, la casa. La donna che e' la famiglia: perche' della casa e della famiglia rappresenta il nucleo essenziale e rappresentativo, sempre in funzione e sempre presente: mentre il padre traffica e s'affanna tutto il giorno e non trascorre che rapidi e fuggevoli istanti presso il focolare.
Noi non diremmo che questa donna moderna sia la causa unica della denatalita': ma certo che e' una delle cause essenziali. Essa costa molto piu' delle sue antenate: ha fretta di vivere e quindi custodisce con molta poca gelosia i tesori della sua femminilita'; rende l'uomo timoroso a compiere il passo di legarsi a lei per tutta la vita; e' fisicamente spesso inadatta ad assolvere i doveri della maternita' (balie, allattamenti artificiali, cameriere e via dicendo, disperazione dei ménages moderni) e nelle sue straordinarie esigenze costituisce un elemento di disordine e di disorientamento nelle famiglie.
Le quali buone famiglie non ricostituiremo finche' non si tornera' al concetto che le quattro o cinquecento lire al mese che la donna indipendente, la donna che basta a se' stessa, la donna impiegata porta in casa, non riparano il danno che essa fa disertando la casa stessa: che saper bene amministrare la famiglia, sapere l'arte dell'economia domestica, saper rammendare una calza, cucire un abitino ai marmocchi, utilizzare l'utilizzabile, val piu' che non saper scrivere a macchina per guadagnare quattrini sonanti. E che in fondo il criterio della "donna economicamente indipendente di fronte al marito" e' un criterio errato e pernicioso, se cio' si risolve nello scuotere quel principio di gerarchia che in ogni aggregato umano - e per primo nella famiglia - sta alla base di ogni sano e proficuo svolgimento di vita.
A conclusione: un paradosso anche questa volta? E' guerra in pieno ai rossetti, ai belletti, alle sete, ai cappellini sgargianti, alle donne impiegate, commesse, dattilografe? No. Indietro non si torna. Ma esortazione alle famiglie che vigilino meglio e di piu' le loro adolescenti: ma freno da applicarsi, ovunque e comunque si possa, agli eccessi della follia femminile, e richiamo a concetti e a principi di ordine morale e spirituale - Ma memento continuo e instancabile alle nostre fanciulle e alle nostre donne - spose, sorelle e fidanzate nostre - che il nostro istinto di maschi, che si compiace del loro sfarfallio e della loro grazia esteriore, e' cosa quanto altra mai volubile e spietata: e che nulla piu' ci lega e nulla piu' ci piace che la donna-madre, la donna impersonante plasticamente quel bisogno di intimita', di raccoglimento, di pace che e' la conclusione fatale di ogni nostra battaglia e di ogni nostra fatica: colei che nella sua operante bonta' ci rammenta l'indimenticabile volto della nostra mamma: e fa cosi' del nostro passato e del nostro avvenire una sola e inscindibile cosa, ove i ricordi di ieri e le speranze di domani si incontrano e si fondono nel tepore di una sola e devota carezza.

(M. Pompei, "Donne e culle" in << Critica Fascista >> 1930, 6, pp. 106-7 Tratto da "Sposa e madre esemplare - Ideologia e politica della donna e della famiglia durante il Fascismo" di Piero Meldini)





"Il problema della natalita' cosi' lo risolverete"

Dicono che il femminismo sia causa di denatalita'. L'evoluzione della donna, nei vari secoli e nei vari luoghi, fino alla sua sublimazione nel pensiero cristiano, e' stata un vero e proprio movimento femminista, se per femminismo intendiamo progresso, elevazione della donna.
Questo movimento progressivo, poi, non e' stato per nulla nocivo alla natalita'. Il femminismo, dunque, non e' contrario alla maternita'. Dalla donna dei tempi primitivi, alla donna del primo Ottocento, quando comincio' a comparire la denatalita', c'e' una bella differenza! Questo progresso della donna, questo femminismo non ha impedito all'umanita' di crescere per mezzo della donna.
Da quando e' cominciata la denatalita' e' cominciato anche quello che comunemente si chiama oggi femminismo e che io chiamerei propriamente lo "sfemminismo, perche' snatura la donna, o femminismo liberale". Come l'umanesimo e' il movimento di perfezionamento dell'uomo nell'umanita', cosi' il femminismo dovrebbe essere il perfezionamento della donna nella femminilita'. Il movimento femminista moderno vorrebbe, invece, fare della donna un maschio, e siccome cio' non puo' avvenire per il sesso, lo si fa nelle manifestazioni, nella moda, e nei gesti della vita. E' la favola del pavone. Il corvo vuol divenire pavone e crede di aver fatto tutto vestendone le penne, ma resta sempre un brutto corvaccio. L'asino si mette la pelle del leone, ma reste sempre quell'asino che raglia. Per questo movimento femminista o di mascolinizzazione, la donna non vuole piu' appoggiarsi all'uomo economicamente per formare la piu' perfetta delle societa', la famiglia, ma vuole staccarsene e bastare a se stessa, anche per i suoi capricci.
Ora tutta questa mentalita' scaturisce da una vera filosofia, se si puo' dire cosi', di libertinaggio, di sensualismo, di materialismo, di spudorato egoismo, di irreligiosita'. Il cento e uno per cento di queste femministe sono delle incredule, delle vanesie, delle voluttuose, delle spostate, delle inette al matrimonio, delle sconfitte nella candidatura al matrimonio stesso, e si vogliono dar l'aria di superdonne, mentre sono delle sottodonne.[...]


G. De Libero "Il problema della natalita' cosi' lo risolverete!" 1938 cit., pp. 34-5





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Re:Le donne (ed il femminismo) ai tempi del Fascismo (articoli vari).
« Risposta #1 il: Novembre 29, 2015, 18:56:20 pm »
Sottoscrivo il disclaimer di ReYkY: lungi da me l'idea di qualsiasi apologia (ho notato che c'è sempre nel mainstream una paura folle di chi parla del fascismo del passato, mentre è del tutto indifferente a chi lo mette in pratica oggi).
Fatta questa premessa doverosa, devo dire che si tratta di una lettura molto interessante, particolarmente il punto sullo "sfemminismo"
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Offline Vicus

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Re:Le donne (ed il femminismo) ai tempi del Fascismo (articoli vari).
« Risposta #2 il: Novembre 30, 2015, 00:55:58 am »
Sottoscrivo il disclaimer di ReYkY: lungi da me l'idea di qualsiasi apologia (ho notato che c'è sempre nel mainstream una paura folle di chi parla del fascismo del passato, mentre è del tutto indifferente a chi lo mette in pratica oggi).
Fatta questa premessa doverosa, devo dire che si tratta di una lettura molto interessante, particolarmente il punto sullo "sfemminismo"
Quoto  :drinks: Il mainstream ha bisogno di un capro espiatorio per sostenere la sua falsa coscienza.
Per prosperare, le relazioni tra i sessi e la natalità necessitano di certe regole sociali, utlizzate dalle dittature del 20° secolo per diverse ragioni (autarchia, esercito ecc.)
Oggi il femminismo ha gioco facile nel tacciare di "fascismo", "patriarcato" ecc. convenzioni acquisite in secoli di civilizzazione - e non certo inventate da regimi autoritari di ogni colore.

PS Si possono riscontrare indizi di femminismo già nel film "Violette nei capelli" del 1942.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.