Cito un testo rivelatore sul recente accordo di Parigi, presentato dal Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, Presidente della XXI Conferenza sui cambiamenti climatici (COP21), che si apre con l’elenco dei feticci del mondo contemporaneo, segno immancabile del pensiero unico dominante (da un articolo di Martina Smerçan):
«Riconoscendo che il cambiamento climatico è un problema comune dell’umanità, nel momento in cui agiscono, le parti dovrebbero impegnarsi per il rispetto, la promozione e considerazione dei loro rispettivi obblighi in materia di diritti umani, diritto alla salute, diritti delle popolazioni indigene, comunità locali, migranti, bambini, persone con disabilità e persone in situazioni vulnerabili, diritto allo sviluppo, così come la parità di genere, il rafforzamento del potere delle donne e l’equità intergenerazionale».
Per quanto il Presidente Obama e la Comunità europea vogliano commettere un suicidio economico abbandonando quei combustibili fossili che rendono possibile la civiltà moderna, il resto del mondo non li seguirà. E questo lascia noi occidentali in una posizione assai bizzarra.
Stranamente, si preferisce versare fiumi di dollari nelle tasche di despoti del terzo mondo, piuttosto che portare avanti esplorazioni per scoprire se sono state ostacolate o soppresse delle tecnologie ecologiche e rinnovabili.
Senza scomodare Nikola Tesla e J.P. Morgan: «Dove posso mettere il contatore?», possiamo ricordare Eugene Mallove, lo scienziato del MIT che è stato ucciso nel 2004, dopo aver scritto una lettera aperta in cui denunciava che la scienza moderna ha volutamente sottovalutato e ignorato le scoperte scientifiche più rivoluzionarie. Nello specifico, Mallove ribadiva che i risultati dei test del MIT sulla fusione fredda erano stati alterati per non perdere i finanziamenti che il Governo americano devolveva al MIT per la ricerca sulla fusione calda.
Solo il tempo potrà dirci se l’Unione Europea deciderà di impugnare l’Accordo di Parigi per strangolare ulteriormente i suoi cittadini. Per ora sappiamo che i 100 miliardi di dollari che le nazioni sviluppate dovranno destinare ogni anno ai Paesi in via di sviluppo rappresentano un “finanziamento base” da incrementare dal 2025 in avanti.
Naturalmente, lo sforzo finanziario non si limita ai 100 miliardi annui, come nota l’Independent:
Il mondo dovrà spendere più di 16mila miliardi di dollari nel corso dei prossimi 15 anni per avere un minimo di possibilità di raggiungere gli ambiziosissimi obiettivi concordati a Parigi.
La censura scientifica rappresenta un problema concreto e più che mai attuale, come denunciava nel 1991 il premio Nobel per la fisica Julian Schwinger:
«La pressione a conformarsi è enorme. L’ho sperimentata nel rifiuto dei redattori a pubblicare studi scientifici a causa di critiche avvelenate da parte di referenti anonimi. La sostituzione dell’analisi imparziale con la censura sarà la morte della scienza».
Questo argomento rappresenta un tabù per chiunque voglia ammantarsi di rispettabilità, perché mette in dubbio la bontà dell’intera struttura su cui si basa il mondo contemporaneo. In pochi si chiedono come mai gli speculatori più spregevoli, dopo essersi arricchiti a suon di petrolio e trappole finanziarie, si sono trasformati in profeti dell’ecologia. Se si indaga troppo a fondo si rischia di scoperchiare il vaso putrido dell’ecodittatura, con i suoi oscuri santoni che invocano il governo unico e lo sterminio della popolazione umana.