Fonte:
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-utero-in-affittofinte-divisionitra-le-femministe-14801.htmUtero in affitto, finte divisioni tra le femministe
di Tommaso Scandroglio28-12-2015 AA+A++
Il prossimo 2 febbraio presso il Parlamento francese si riuniranno gli Stati generali del femminismo mondiale per discutere di maternità surrogata. Un convegno aperto anche ad altre realtà non provenienti dal femminismo militante che si fregia dell’altisonante titolo di Assise per l’Abolizione universale della maternità surrogata. La regia dell’evento è affidata all’associazione tutta in rosa Corp (Collettivo per il rispetto della persona). L’evento si chiuderà con la presentazione della «Carta per l’abolizione universale della maternità surrogata» che già ora può essere sottoscritta on line.
Il documento spiega che l’utero in affitto è una pratica che si inserisce «nel contesto della globalizzazione del mercato dei corpi umani. […] Alcune donne sono disposte a impegnarsi in un contratto che aliena la loro salute, la loro vita e la propria persona sotto pressioni multiple: i rapporti di dominazione famigliari, sessisti, economici, geopolitici». Inoltre la pratica – aggiunge il documento - «fa del bambino un prodotto con valore di scambio, in modo che la distinzione fra persona e cosa viene annullata». E dunque «il rispetto per il corpo umano e l'uguaglianza tra donne e uomini devono prevalere sugli interessi individuali». La Carta infine si chiude con alcuni punti fermi e alcune richieste: «condanniamo l'uso di esseri umani il cui valore intrinseco e la cui dignità sono eliminati a favore di un valore d'uso o di scambio, rifiutiamo la mercificazione del corpo delle donne e dei bambini, richiamiamo la Francia e gli altri paesi europei al rispetto delle convenzioni internazionali da loro firmati che tutelano i diritti umani e dell’infanzia, ed ad opporsi fermamente ad ogni forma di legalizzazione di maternità surrogata nazionale o internazionale. Chiediamo anche a nome della pari dignità di tutti gli esseri umani di agire con decisione per abolire la pratica a livello internazionale, in particolare promuovendo l'elaborazione, l'adozione e l'efficace attuazione di una convenzione internazionale per l'abolizione della maternità surrogata».
In Europa la pratica è già fuori legge - fanno eccezione Regno Unito e Grecia - e lo stesso Parlamento europeo lo scorso 17 dicembre l’aveva condannata espressamente. Fuori dai confini europei, Australia, Canada, Stati Uniti, India e alcuni paesi dell’ex blocco sovietico legittimano la maternità surrogata con vincoli più o meno restrittivi. Il tema della maternità surrogata, che il politicamente corretto chiama “gestazione per altri”, è diventato il seme della discordia non tanto tra cultura cattolica e (sub)cultura laica, bensì all’interno degli stessi ambienti laicisti. Il corto circuito era inevitabile. Infatti, la maternità surrogata, come avevamo già avuto modo di appuntare (clicca qui), è il punto di convergenza di più lotte di matrice libertaria, conclusione logica e necessitata di alcune premesse ideologiche. Innanzitutto, la legalizzazione della fecondazione artificiale non può che portare alla maternità surrogata. Perché negare un figlio alle coppie la cui lei non può portare avanti la gestazione? Sarebbe chiaramente discriminatorio. Perché poi dire sì alla fecondazione esterna alla donna che crescerà il figlio e dire no alla gestazione anch’essa esterna alla medesima donna?
Inoltre, la maternità surrogata è corollario ineludibile al riconoscimento delle unioni civili o “matrimoni” gay che dir si voglia. Come infatti dare un figlio ad una coppia di due maschi omosessuali? La gestazione in conto terzi è l’unico modo. Dunque, da una parte la coerenza della rivendicazione del “diritto” alla genitorialità da tutelarsi in qualunque modo e per chiunque – persone omosessuali comprese – porta alla maternità surrogata, dall’altro però tale pratica entra in rotta di collisione proprio con alcuni principi ispiratori della cultura secolare laicista. Ad esempio, il rispetto del corpo e della dignità della donna, la sua uguaglianza con i maschi e la sua libertà, dato che spesso la scelta di affittare il proprio utero nasce da motivazioni economiche, la lotta al sessismo e allo sfruttamento delle popolazioni povere.
E così il mondo laico si è spaccato in due. Da una parte personalità come i parlamentari Monica Cirinnà e Ivan Scalfarotto, scrittrici come Dacia Maraini e scienziati come Umberto Veronesi insieme a tutta la sua omonima Fondazione chiedono la legittimazione di tale pratica o per lo meno la non punibilità della stessa. Dall’altra l’universo del femminismo, con a capo la filosofa e psicoanalista Sylviane Agacinski, rifiuta senza se e senza ma ogni forma di maternità sostitutiva. La soluzione al vicolo cieco è già stata trovata. La sociologa Chiara Saraceno e l’economista Daniela Del Boca stanno facendo girare un contrappello a favore della maternità surrogata specificando che se l’utero è a pagamento la pratica è da rifiutare, ma se la stessa avviene per motivi di solidarietà ed è gratuita la cosa è ben accetta. Il principio allora che legherà le mani alle femministe è proprio quello da loro tanto incensato e che hanno usato da sempre per legare le mani ad altri: l’autodeterminazione della donna.
Come infatti vietare ad un donna di fare quello che vuole con il proprio corpo? E il problema della mercificazione non è alla fine nemmeno un problema: si accetta il fatto che le donne vendano i propri ovociti, perché non vendere una prestazione così nobile come la maternità? Se è scelta libera perché vietarla? Il principio dell’autodeterminazione della donna è stato il principio guida della rivoluzione sessuale e contraccettiva, del “diritto” all’aborto e al divorzio. E dunque ingoiato il cammello della libertà intesa in senso assoluto ora è tardi per filtrare il moscerino dell’utero in affitto, fenomeno che appare sempre più come la cartina tornasole perfetta dell’incoerenza e contradditorietà strutturale del pensiero ateo e nichilista contemporaneo.
E qui forse sta il nocciolo della questione. Che le femministe contrarie ad affittare una donna per mettere al mondo dei bambini siano coerenti fino alla fine con le motivazioni addotte per rifiutare tale pratica. Vogliono tutelare la dignità della donna? Che dicano no anche alla fecondazione artificiale che, anche nell’omologa, gonfia di ormoni la donna come se fosse una mucca, che scavalca le sue facoltà generative e che la fa diventare madre senza amore, cioè privandola dell’abbraccio affettuoso del marito/padre. Che dicano no all’aborto perché oltre ad uccidere il figlio uccide la donna stessa dal momento che sopprime la sua vocazione naturale ad essere madre. Le femministe nella Carta che verrà presentata a Parigi si stracciano le vesti perché il bambino nell’utero in affitto è trattato come un prodotto. Ma non è la stessa cosa che avviene da decenni nella fecondazione artificiale e nell’aborto, dove il figlio è prodotto e selezionato come se fosse carne suina e dove, se difettoso, viene scartato?
Si inalberano contro un neocolonialismo procreativo. Ma non lo sanno che da decenni agenzie internazionali come la Planned Parenthood sono presenti in modo capillare nei paesi in via di sviluppo per indottrinare alla occidentale le popolazioni povere al credo dell’aborto e della contraccezione? Rivendicano la tutela della figura femminile nel mondo e allora perché non combattono le lobby gender le quali invece vogliono un mondo sessualmente neutro dove le peculiarità delle donne, al pari di quelle dei maschi, sono solo uno stereotipo culturale e sociale da cancellare? Le femministe hanno sempre visto la famiglia come un carcere e sono fuggite a gambe levate in cerca della propria emancipazione dal focolare domestico, sia con il lavoro h24 sia con il divorzio. Abbandonata la famiglia questa è stata occupata, anzi espropriata delle coppie gay. E ora le femministe fanno ritorno a casa e ci trovano due maschi che si baciano. E quindi perché lamentarsi che due uomini vogliono mettere su “famiglia” e vogliono fare i mammi? Ahiloro, accettate le premesse relativiste del mainstream libertario si devono accettare anche le sue imprescindibili conclusioni. Tertium non datur: o si rifiuta in radice il male o si è costretti ad accettarlo per intero.
Non farlo spinge queste suffragette post moderne ad ingaggiare una battaglia di retroguardia, a cadere in falsi moralismi fatti di regolette convenzionali e di corto respiro, a districarsi nella selva di infiniti distinguo, a piantare paletti su cui è facile infilzarsi, a tentare di far quadrare il cerchio dell’incoerenza in equilibrio tra il bilanciamento di interessi plurimi inconciliabili tra loro. Ne sanno qualcosa alcuni sedicenti cattolici che dicono no alla RU486, ma non rifiutano in blocco l’aborto, che non accettano l’eterologa, ma riescono a chiudere entrambi gli occhi sull’omologa, che sbraitano sul divorzio breve, ma rimangono in un silenzio di tomba sul divorzio tout court, che ripudiano l’eutanasia, ma sottoscriverebbero volentieri le Dat. La maternità surrogata non sfugge a questa ipocrita logica delle mezze verità che in realtà sono menzogne tutte intere.