http://www.figc.it/it/204/2531662/2016/03/News.shtmlLa Fondazione ‘Candido Cannavò’ scende in campo per lo sviluppo del calcio femminile. E lo fa lanciando una campagna pubblicitaria di grande impatto, sostenuta dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio e ricca di spunti per sconfiggere finalmente lo scetticismo e i pregiudizi che fino ad ora in Italia hanno condizionato la pratica de ‘l’altra metà del calcio’.
Per la presentazione della campagna è stato scelto il palcoscenico dello stadio ‘Meazza-San Siro’ all’interno di una giornata di festa, di riflessione e di approfondimento denominata ‘Candido Day’, in ricordo del compianto direttore della Gazzetta dello Sport, i cui valori e la cui professionalità animano ancora oggi l’attività della Fondazione. A far gli onori di casa, oltre al direttore della ‘rosea’ Andrea Monti, ci ha pensato proprio il presidente della Fondazione Cannavò Elio Trifari assieme all’animatore di questa nuova progettualità, il giornalista Franco Arturi. ‘Dammi quel pallone!’, ‘Falla uscire coi tacchetti’, ‘Maradonna’, ‘Il calcio mi fa bella’ e ‘Il calcio femminile. Senza pregiudizi sarebbe ancora più bello’ sono gli slogan prescelti, accompagnati da immagini di bambine e giovani ragazze, accomunate dalla passione per il calcio.
"La FIGC è onorata di sostenere la campagna della Fondazione Cannavò - ha dichiarato il Direttore Generale Michele Uva - perché lo sviluppo del calcio femminile in Italia è uno dei nostri principali obiettivi. Una Federazione che guarda al futuro e studia i suoi margini di crescita ha l'obbligo di investire in questo settore, e noi lo stiamo facendo da circa un anno con programmi mirati". Gli ha fatto eco l’azzurra Sara Gama, difensore della Nazionale e del Brescia, che guarda al futuro del calcio femminile con maggiore fiducia: “La possibilità concessa ai club maschili di apparentarsi con quelli femminili, come succede in altri Paesi tra cui la Francia dove ho giocato, e l’obbligo del tesseramento delle Under 12 da parte della FIGC sono un veramente un buon inizio”. "Il calcio femminile è spettacolare, è un esempio di sport positivo dove c'è meno violenza e maggior fair play - ha concluso Uva - basta vederlo di più dal vivo e in TV e poi sono sicuro che tanta gente se ne innamorerà anche in Italia. Come Federcalcio abbiamo raccolto la grande sfida di organizzare per la prima volta la finale della UEFA Women's Champions League (26 maggio a Reggio Emilia): è una grande occasione che dobbiamo sfruttare al meglio".
L’obiettivo comune è portare l’Italia al livello delle prime nazioni europee e raggiungere il prima possibile il numero di 100 mila tesserate (oggi sono poco più di 20 mila). Per farlo, oltre alle nuove regole e agli investimenti nell’ambito sportivo, la Federcalcio è convinta che bisogna lavorare anche e soprattutto sull’aspetto culturale del nostro Paese per vincere quella, che il presidente Carlo Tavecchio ha definito più volte, ‘un’anti-cultura maschilista’. Lo scopo è che non ci sia più in Italia una bambina ‘privata dello sport che ama e delle proprie passioni’ perché si ritiene, per luogo comune, che una disciplina sia più ‘maschile’ di un’altra.