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Quote rosa. E' legge. Il 40% degli eletti dovrà essere per forza donna.
Stendardo:
Fonte: http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Quote-rosa-per-le-Regioni-.aspx
Quote rosa per le Regioni: il 40% sarà donna
Quote rosa per legge. Addio alle magre percentuali – più o meno il 18% contro il 32% della media Ue – della presenza femminile tra i banchi dei consiglieri regionali. Dalle prossime elezioni almeno 4 su 10 dovranno essere donne. Il testo è stato approvato a Montecitorio con 334 sì, 91 no e 21 astenuti e prevede tre diversi casi, a seconda del tipo di legge elettorale in vigore nelle regioni.
PRIMO CASO: LE PREFERENZE
Dove quest’ultima preveda le preferenze, allora «in ciascuna lista» i candidati di un sesso non devono essere più del 60% del totale. Inoltre deve essere «consentita l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima».
SECONDO CASO: LISTE BLOCCATE
Se invece ci sono le liste bloccate, la legge elettorale regionale dovrà disporre «l’alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale».
TERZO CASO: COLLEGI UNINOMINALI
Infine se ci sono i collegi uninominali, la legge elettorale regionale deve disporre «l’equilibrio tra candidature presentate col medesimo simbolo in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale».
A oggi le regole vigenti in materia sono molto variegate. Campania e Lazio, per esempio, pongono il limite di due terzi alla presenza di candidati di ciascun sesso in ogni lista provinciale o di circoscrizione, le Marche invece individuano un limite minimo: nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura inferiore a un terzo dei candidati. Abruzzo, Umbria e Puglia hanno adottato il tetto del 60% di candidati dello stesso sesso in ogni lista circoscrizionale.
In Lombardia e Toscana vige l’obbligo di alternanza uomo-donna, mentre Veneto ed Emilia Romagna prevedono che in ogni lista i rappresentanti di ciascun genere devono essere presenti in misura uguale se il numero totale è pari, se è dispari ogni genere deve essere rappresentato in numero non superiore di una unità rispetto all’altro. La doppia preferenza di genere è già prevista in Campania (prima a introdurla nel 2009), in Toscana, Emilia Romagna e Umbria. I fatti, tuttavia, parlano di una situazione sconfortante: su tutti gli 897 consiglieri regionali italiani solo 159 sono donne, cioè appena il 17,7%, E sono appena sei le Regioni in cui il numero di consigliere supera il 20 per cento.
Se è vero, poi, che alcune Regioni del Centronord hanno percentuali accettabili di donne che siedono nei consigli (l’Emilia Romagna si attesta al 34,7%, la Toscana al 27,5%, il Piemonte al 26% e il Veneto al 22%), quelle del Sud (fatta eccezione per la Campania, col 22%) segnano record indegni di un Paese civile: l’Abruzzo conta appena sul 3,4%, la Calabria sul 3,3%, la Basilicata addirittura sullo 0%. In consiglio regionale, cioè, siedono soltanto uomini.
Soddisfatti della legge il Pd (con la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli che la definisce «un contributo determinante per la qualità della democrazia») e Ncd. Scelta Civica avrebbe voluto una totale parità tra uomini e donne ma ha comunque votato il testo, considerato invece come un compromesso troppo al ribasso per il Movimento 5 Stelle.
Durissima la Lega, storicamente contraria alla rappresentanza di genere, con il deputato Cristian Invernizzi che dice «no a una legge ipocrita e non risolutiva del problema. Non è imponendo la presenza delle donne in politica tramite la scelta a obbligata delle preferenze che si risolve la questione». Il provvedimento si inserisce nel solco di quelli già approvati negli ultimi anni (la legge 215/2012 su Consigli e Giunte degli enti locali, la legge 65/2014 per le elezioni europee e da ultimo l’Italicum che entrerà in vigore dal 1° luglio prossimo) e tiene conto, come principio fondamentale, della norma contenuta all’articolo 117 della Costituzione, secondo cui «le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive».
Il “paletto”, d’altronde, ricalca altri due articoli della Carta: il terzo (il principio di uguaglianza) e il 51: «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».
Warlordmaniac:
--- Citazione da: Stendardo - Febbraio 05, 2016, 17:04:43 pm ---Soddisfatti della legge il Pd (con la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli che la definisce «un contributo determinante per la qualità della democrazia») e Ncd. Scelta Civica avrebbe voluto una totale parità tra uomini e donne ma ha comunque votato il testo, considerato invece come un compromesso troppo al ribasso per il Movimento 5 Stelle.
--- Termina citazione ---
Cioè?
Angelo:
--- Citazione da: Warlordmaniac - Febbraio 05, 2016, 17:31:10 pm ---Cioè?
--- Termina citazione ---
Volevano il 50% per le donne e il 50% per gli uomini. Questi sono i 5stelle. Convogliatori del voto di protesta, servi ben mascherati di interessi terzi. Una sorta di "Italia dei Valori" adattata al dopo Berlusconi.
Ai soggetti boldrinoidi, femministoidi, pentastelloidi, ed ignorantume paraculo vario interessa questa bandiera--->
http://www.ilgiornale.it/news/politica/boldrini-ammaina-tricolore-e-tace-sullutero-affitto-1220905.html
"La bandiera europea deve venire per prima; quella nazionale è importante ma viene dopo.
E gli inni. Mameli va benissimo, nella nostra storia come la Marsigliese è la storia della Francia, ma l'Inno alla Gioia è l'Europa e deve essere suonato per primo in tutte le pubbliche circostanze". Laura Boldrini, presidente della Camera, intervistata da Repubblica sul futuro dell’Europa, in un sol colpo ammaina il Tricolore e “rottama” Fratelli d’Italia. Lei, che ricopre la Terza carica dello Stato e che sulla quella bandiera ha giurato, ora sembra volerla rinnegare in favore di un’Europa che, a parer suo, deve restare senza confini perché tanto “l'emigrazione continuerà” e non potremo far nulla per arginarla.
È il solito discorso della sinistra terzomondista del “volemose bene”, "siamo tutti fratelli" e perciò che importa se si perdono i valori, le culture e le tradizioni nazionali? Ben venga l’Europa a dispetto dell’Italia perché l’erba del vicino, si sa, è sempre più verde. “Non si può andare avanti così, - dice la Boldrini - tanto più in una fase di crisi economica che dura ormai da un decennio e di un terrorismo atroce che si diffonde di giorno in giorno. Le masse di emigranti, la disoccupazione e la povertà, le diseguaglianze crescenti, rendono sempre più necessaria la nascita della Federazione europea, ma pochi passi sono stati compiuti in quella direzione". Ma per l’estrema sinistra non era proprio l’Europa dei tecnocrati e dei banchieri di Bruxelles quella che stava rovinando economicamente il Vecchio Continente? E lei, cara presidente Boldrini, che vorrebbe anteporre lo spirito europeista a quello patriottico non è stata eletta con un partito come Sel che della critica all’Europa ha fatto la sua fortuna elettorale? Ora osanna l’Europa per sconfiggere i nazionalismi di destra ma il governo danese che ha deciso l’esproprio dei beni dei profughi è guidato da un partito che fa parte dell’internazionale liberale.
No, l’Europa che piace alla sinistra di stampo boldriniano è quella che impone unioni civili e adozioni gay per tutti. E in un futuro prossimo, magari, anche l’utero in affitto. Ma questo non si può dire e così il nostro presidente della Camera, questo pomeriggio, al termine di un convegno sulla salute delle donne, si è ben guardata dall’esprimere giudizi sulla maternità surrogata perché “è un tema molto controverso” ed è in corso il dibattito sul ddl Cirinnà. “Strano, perché finora ha espresso la sua opinione su questioni sensibili in maniera molto netta, contravvenendo anche al suo ruolo di garante delle istituzioni", ribatte dall’opposizione il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri."Smettiamola con le ipocrisie. Forse – attacca ancora Gasparri - non vuole dire che quella che lei chiama maternità surrogata è la più vergognosa mercificazione del corpo delle donne che sostanzialmente affittano il proprio utero per ragioni di disperazione economica o per forti disagi sociali”. Sull’utero in affitto un elettore medio italiano, da una femminista come la Boldrini, in effetti, si sarebbe aspettato una netta presa di posizione contro questa pratica. Ma sarebbe come chiedere alla terza carica dello Stato di essere orgogliosa della propria bandiera e del proprio inno. Un’assurdità per la Boldrini.
Frank:
--- Citazione ---Ma sarebbe come chiedere alla terza carica dello Stato di essere orgogliosa della propria bandiera e del proprio inno. Un’assurdità per la Boldrini.
--- Termina citazione ---
Questa è la peggior presidentessa della Camera della storia italiana.
Una femminista misandrica (ma soltanto con i propri connazionali, ovvio), disfattista ed esterofila; sostanzialmente una nullità che fa solo danni.
Frank:
--- Citazione da: Stendardo - Febbraio 05, 2016, 17:04:43 pm ---Fonte: http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/Quote-rosa-per-le-Regioni-.aspx
Quote rosa per le Regioni: il 40% sarà donna
--- Termina citazione ---
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=8366653
--- Citazione ---seiper1
Ok. Andiamo per ordine.
Tu dici che la percentuale di donne in politica attiva dipende da un complotto (più o meno oscuro) della parte maschile (segreterie di partito, classi dirigenti etc.) per garantirsene il monopolio.
Ma prima di fare un'affermazione così banale, che è quella che sentiamo tutti i giorni dai media, sapresti dirmi quello che non viene mai detto?
Ossia, quale sia la percentuale di donne che frequentano la politica e partecipano attivamente nelle sezioni, nelle segreterie, sul territorio, nelle circoscrizioni, nei comuni e in tutti quei luoghi dove la politica si svolge?
Io, pur senza avere dati certi (che nessuno dice esplicitamente, perché, questa sì, è una realtà occultata) so che in molti partiti (molti, non tutti) la semplice percentuale delle iscritte non va oltre il 15/20 percento, ad essere generosi. E questo dato ancora non dice quanta parte di queste abbia un impegno effettivo o possegga solo una semplice tessera. A questo riguardo, sarebbe utile ed importante se qualcuno di noi (io non ho tempo sufficiente per farlo) svolgesse una piccola ricerca sul web per raccogliere questi dati sin dove possibile. Sono convinto che ne uscirebbe un quadro significativo.
Poi, chiunque conosca minimamente la politica sa perfettamente che la carriera e la sua ascesa sono garantite solamente dal seguito personale dell’attivista, dal numero di tessere che riesce a far sottoscrivere e dal suo bacino di consenso.
Se una segreteria di partito dovesse sostituire a questi criteri per formare le candidature quelli del sesso di appartenenza, pregiudicherebbe il rapporto effettivo con l’elettorato perdendo voti e rappresentanza. E’ quello che sta succedendo ai DS che, privilegiando in astratto la componente femminile, ad ogni tornata perdono quote di elettorato.
Secondo: tu dici che un ulteriore impedimento alle donne sarebbe dato dal dover crescere i figli.
Intanto, io non riesco più a capire come si faccia seriamente ad invocare, da un lato, la maternità come valore aggiunto della donna e, dall’altro, ad additarla come fattore di impedimento al suo sviluppo sociale. Da questa contraddizione, secondo me, si stanno producendo quei guasti psicologici individuali, che hanno il loro sintomo più drammatico nelle ormai numerose madri che sopprimono i figli a calci nella schiena o infilandoli nella lavatrice. Neanche questo aspetto viene mai considerato dai media, che preferiscono parlare, invece, di astratte depressioni post-partuum…….
Ma, a parte questo (che meriterebbe un approfondimento a parte), secondo te e molti altri, data questa evidenza biologica bisognerebbe alterare le regole del gioco democratico e della rappresentanza, nonché dei criteri meritocratici di selezione, solo per consentire alle donne una maggiore partecipazione sine titulo alla vita politica. E’ un punto di vista; sicuramente non il mio che lo considero una pericolosa falsificazione della rappresentanza politica.
Ma ci si dimentica di osservare, soprattutto, che questa eventualità poggia, in ultima analisi, sul sacrificio di altrettanti uomini che si guadagnano la carriera sul campo e non sull’appartenenza di genere e che si vedrebbero scavalcati da altrettante donne con la semplice giustificazione che “sono donne”.
Le chiamano esplicitamente “discriminazioni positive”, quindi ben comprendendo l’intimo aspetto discriminatorio che comportano, che sarebbe reso accettabile, chissà perché, dall’aggettivo positive. Naturalmente la positività della cosa non è estesa a tutti i cittadini, unico fattore che la renderebbe tollerabile, ma solo ad una parte di essi: quella femminile.
Io credo che qualunque discriminazione, anche a mente del dettato Costituzionale che tu stesso hai ricordato, non abbia mai alcun aspetto positivo, ma sia solo la legittimazione di un nuovo sistema di privilegi di una parte a danno dell’altra.
Se per te questo è progresso e civiltà siamo ben lontani dal comprenderci.
--- Termina citazione ---
--- Citazione ---Scienziato apocrifo
Se fosse vero che le donne in politica sono discriminate, non avremmo avuto la pivetti, la più giovane "presidente della camera" di tutta la storia d'italia... a 31 anni.
Non si sono mai visti presidenti uomini così giovani... prima dovevano fare tanta tanta gavetta, appendere i manifesti, fare i portaborse, etc etc
Non avremmo avuto come ministri la prestigiacomo e la melandri , due tra i più giovani (35enni) "ministri della repubblica italiana" di tutta la storia (melandri, governo d'alema 1998-2001; prestigiacomo, governo berlusconi 2001-06).
Anche qui non si vedono così facilmente dei ministri maschi così giovani.
Al giorno d'oggi per una donna, è sufficiente impegnarsi meno della metà di quanto si impegna un uomo per far carriera politica. La verità è che sono in poche e vogliono i posti (e le poltrone) assicurati. Ma la politica si fa con i consensi, non con le imposizioni, con le quote e con le discriminazioni positive.
--- Termina citazione ---
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