Comunque un'altra "saggia", una femminista veramente divertente è sicuramente questa tipa, tale Erica Vecchione. Fatevi due risate e soprattutto leggetevi i commenti (soprattutto quelli indirizzati al marito che si è fatto castrare per desiderio della moglie**).
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/08/8-marzo-alle-guerriere-che-si-rialzano-dal-fango/2527428/In Italia nel quasi 80% dei casi di suicidio si tratta di uomini. Nei paesi occidentali le donne soffrono di disturbi psichici, come la depressione, un 20-40% in più rispetto agli uomini, le statistiche ci dicono che le donne hanno tendenze suicide in percentuale maggiore.
Alla fine però non si tolgono la vita. Gli uomini che si suicidano lo fanno per cause legate alla perdita del lavoro, motivi economici, alcol. Quello che le statistiche non dicono ma che qualsiasi donna sa è che il contenitore di sofferenza presente in ogni essere umano, nelle donne è più grande. Praticamente incolmabile.
Le donne sono abituate da sempre, a ogni latitudine, a sopportare di più. Sopportano di tutto. Fino a quando qualcuna decide di svuotare quel contenitore.
T. ci ha voluto credere. Per davvero. Sua figlia non era ancora uscita dalla pancia che già il marito teneva un pied-à-terre dove portare l’amante. Diceva che aveva bisogno dei suoi spazi, per capire veramente chi fosse. Ci ha creduto anche quando l’amante numero uno ha lasciato il posto alla numero due. E poi la due alla tre. Così per vent’anni. Prima della mente è stato il suo corpo a darle coscienza che era ora di smettere, fare l’amore era diventato impossibile, doloroso. Bisognava tornare a casa, una buona volta. T. è single da anni, il suo unico rimpianto è quello di non averlo lasciato prima.VIOLENZA CONTRO DONNE675
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D. ne ha prese. Ma proprio tante. Mazzate, schiaffoni, insulti da riempirci uno stadio. E’ più facile illudersi che il tuo compagno possa cambiare piuttosto di ammettere di aver sbagliato tutto, ricominciando da capo ammaccata e spolpata. Nell’ostinarsi a non riconoscere il proprio carnefice, è quasi automatico incolpare se stesse per qualche futile mancanza o arrendevolezza. Quasi a giustificare che in fondo, la sottomissione è un dovere da meritarsi. Quando in una mattina di aprile D. ha capito che anche lei era degna di qualcosa di più, ha raccattato qualche giocattolo, alcuni vestiti, la sua borsa in finta pelle e ha chiuso la porta alle spalle. La porta non era affatto pesante come credeva. E adesso D. riesce persino a sentire il profumo dei fiori.
C. si è sposata giovane, quello di lui è stato l’unico corpo che abbia conosciuto. Quando lui lavorava in fabbrica, lei studiava per diventare insegnante. Dei due, lei era quella buona a niente. Incapace persino di preparare una buona pasta con panna e prosciutto cotto, le veniva sempre troppo asciutta, diceva lui. E’ intelligente C., a scuola era la prima della classe ma su di lei tutti hanno puntato poche lire. Valeva nulla, diceva lui. Troppo grassa, quasi goffa. Quando le urlava dietro, a fine giornata, era spesso ubriaco o drogato. Quando C. ha scoperto che lui, invece di lavorare fuori città, se la spassava con una barista dell’autogrill ha capito che una finestra si era aperta ma non lo sarebbe stata per molto. E’ tornata dai suoi, ora vive con sua figlia nella stessa cameretta di quando era ragazzina. E’ durissima ripartire da zero, soprattutto quando sua figlia le domanda quand’è che torneranno a vivere con papà. Lei sa che questo non accadrà, perché se suo padre non è cambiato in vent’anni, non potrà farlo ora. Ma questo non può raccontarlo a sua figlia.
Si è tutti un po’ più capaci di essere impavidi da giovani, quando la bellezza e il corpo ti sostengono. Sfidiamo le battaglie che ci attendono all’orizzonte con la leggerezza degli anni. Ricominciare quando il futuro significa possibilità ha un sapore dolce. Col peso delle stagioni diventa facile convincersi che le nostre disillusioni siano il frutto dei nostri sbagli senza rimedio.
Le donne che a quarant’anni cambiano il finale della sceneggiatura e con cieco vigore si rialzano dal fango sono eroine dei nostri tempi. Si consegnano al mondo scommettendo unicamente sulla forza delle loro gambe e la fibra del loro coraggio. Nei loro occhi brucia la fiamma dell’ostinazione, capace di riempire il pozzo della solitudine e della paura, in barba alle convenzioni. Quando tutto viene a mancare, si può trovare conforto nelle parole di Nina Simone, e cullarsi nel pensiero che in fin dei conti “rimane la libertà, rimane la vita, ed è bene tenersela stretta”.
Auguri guerriere.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/14/vasectomia-cronaca-di-un-intervento/1336652/In questo spazio ho parlato altre volte dell’argomento spinoso (ma solo da noi) della vasectomia, sterilizzazione maschile tecnicamente legale in Italia ma che all’atto pratico non viene quasi mai esercitata.
La questione ha sollevato un polverone di insulti e sdegno da parte di tanti uomini, ma anche l’interesse di molti altri che discretamente, in privato, mi hanno contattata per saperne di più.
Per chiudere il cerchio, rassicurare ancora una volta coloro che si ostinano a sbandierare la lesa virilità, ma soprattutto diffondere nella speranza che un domani possa diventare una realtà anche italiana, vi racconto di seguito cosa succede realmente.
Traverse City, Michigan: la clinica urologica è in un edificio non lontano dal luogo dove si tiene ogni anno il Festival del Cinema fondato da Michael Moore, in una via parallela al lago.
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La prassi vuole che il paziente si presenti per un incontro informativo qualche giorno prima dell’intervento. Qualche reciproca domanda e viene infine rilasciato un plico di fotocopie con le linee guida sull’operazione. “Visto che vieni da così lontano, mi prenderò un’ottima cura di te”. E così dicendo, l’urologo poco più che trentenne, si congeda.
E’ possibile farsi prescrivere un ansiolitico, da prendersi prima della vasectomia (e quasi tutti lo accettano), ma mio marito preferisce fare senza.
Nelle avvertenze ricordano di tenere in casa una borsa del ghiaccio o in assenza, la famosa borsa di pisellini surgelati (che diventa per ovvi motivi la battuta più frequente tra quelli che si sono sottoposti a vasectomia). Bisogna restare a riposo durante le successive quarantotto ore, non sollevare pesi e niente sesso per una settimana. Per un decorso veloce è importante attenersi a queste poche regole.
Il giorno dell’intervento ci fermiamo a comprare un sospensorio sportivo, che da profana dell’attività fisica mi sembra più adatto a una festa sadomaso. Anche un paio di mutande aderenti vanno benissimo, basta non presentarsi coi boxer.
Ci registriamo e paghiamo in anticipo. Il prezzo senza assicurazione non è cheap: novecento dollari. In Inghilterra, altro paese dove la pratica è diffusissima, il prezzo medio nazionale è ottocento sterline ma ci sono ospedali dove ne chiedono solo 275.
Mio marito è tranquillo, forse sono io la più agitata. Nella sala d’attesa ci sono più che altro anziani con problemi alla vescica.
Dieci minuti e chiamano il suo nome, entra da solo. Racconta l’urologo che di solito le donne presenti all’operazione sono quelle sposate da meno tempo, nelle coppie insieme da anni la moglie resta fuori.
Nella stanza c’è solo il dottore, l’infermiera resta fuori. Prima viene depilato e poi gli viene iniettata l’anestesia locale.
Nella stanza la radio sta passando Darlington County di Springsteen. “Non sai quante volte capita di ascoltare Girls just want to have fun mentre sto procedendo con una vasectomia”. E’ probabile che la battuta abbia visto l’alba un bel po’ di tempo fa, ma sortisce ugualmente l’effetto sperato.
“Ho parlato di te al mio collega, del fatto che sei venuto dall’Italia per fare l’operazione. Dice che è la storia migliore sulla vasectomia che abbia mai sentito”. Il dottore è loquace ma intanto procede sicuro. “Hai l’anatomia perfetta per questo tipo di intervento!”
Il primo testicolo è finito. C’è un momento preciso, questione di un secondo, in cui sente un po’ di dolore. Poi più nulla. Non ci sono punti. Si tratta di un forellino grande come la punta di un ago, effettuato tramite la pinza chirurgica. Ad occhio nudo si vede e non si vede.
L’operazione è finita: sono passati tredici minuti. Mio marito farebbe volentieri altre due chiacchiere ma il dottore lo lascia da solo, deve continuare con le visite.
L’infermiera esce per dirmi che va tutto bene e che tra poco potrò rivederlo. Non sono nemmeno riuscita a finire un capitolo del nuovo libro di Nick Hornby. Nella mia testa avevo immaginato la scena di mio marito che a passo incerto, claudicante, esce dall’ambulatorio, un po’ come dopo il parto si ritorna in camera sulle proprie gambe.
Ma quando la porta si apre mio marito è identico a prima, cammina come prima, si muove come prima, è bello come prima. E sorride compiaciuto. Nei due giorni che seguono resta in poltrona a guardare più Nba di quanta ne vede in tutta la stagione, mentre io servo pasti caldi, birra ghiacciata, vino al calice.
Quanto mi sarebbe piaciuto avere lo stesso trattamento dopo i parti! C’è un piccolo livido su un testicolo ma nessun gonfiore, né dolore. L’aspetto sessuale è rimasto inalterato.
Dopo una ventina di eiaculazioni si potrà effettuare uno spermiogramma per attestare l’assenza di spermatozoi nel liquido.
Mia figlia mi prende da parte, vuole avere anche lei una confezione di piselli da mettere “sulla pancia”. Riesco a convincerla che non è una buona idea.
Un giorno le spiegherò meglio cosa è successo, e spero che per allora anche suo marito sarà così illuminato da ripetere – in Italia – la gentilezza che suo padre ha fatto a me.