Autore Topic: Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo  (Letto 2295 volte)

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Offline Rita

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http://ragionimaschili.blogspot.it/2016/03/che-ce-di-sbagliato.html

Se mai un argomento ha presentato difficoltà veramente grandi per poter essere discusso senza patemi d’animo o timori reverenziali, quello che stiamo per affrontare lo supera davvero di diverse lunghezze.
Tuttavia, nonostante la ripidissima e impervia salita che vogliamo intraprendere, vale la pena affrontare il rischio di qualche scivolone, come si spera di dimostrare.


La domanda cruciale è presto detta: che c’è di sbagliato nel pensare che una parte del mondo possa vivere delle elemosine dell’altra parte del mondo?
Diamo qualche spiegazione.
Esci di casa e sei braccato da stranieri di ogni etnia e colore che ti chiedono soldi; rientri in casa e accendi la tivvù per essere inseguito da innumerevoli e lacrimevoli pubblicità che ti implorano di mandare 9 euro al mese per l’affido a distanza, per le malattie rare, per gli aiuti alimentari transnazionali e addirittura per i bambini poveri italiani della porta accanto; segui una partita e ti si chiede di mandare un sms per il cancro, per la violenza sulle donne (che c’entra…?), per la sclerosi amiotrofica eccetera (e per ogni gara di campionato o di coppa c’è una campagna differente); vai al supermercato e trovi l’iniziativa del “banco alimentare” per fare la spesa agli indigenti; vai in farmacia e trovi il “banco farmaceutico” allo stesso modo; per finire, a sera apri la posta elettronica e sei inondato di richieste di aiuto, soldi e sostegno provenienti dai quattro angoli del web.
A questo punto vai a dormire con un peso sull'anima in quanto, inevitabilmente, non hai potuto (e neanche voluto, in alcuni casi) soddisfare tutte le richieste urgenti di un’umanità rappresentata perennemente in bilico sul ciglio di un burrone (ma anche a favore di telecamera, in quei casi).
Con un simile peso nel cuore non stai più neanche a chiederti quante risorse già mandi con le imposte e le gabelle e i balzelli vari per la sanità, le assistenze e le azioni umanitarie che i tuoi governanti hanno già deciso di mettere in campo in tuo nome e per tuo conto. Dai per scontato che tu esisti per mandare i tuoi soldi in aiuto a qualcuno, sei tirato per i capelli nel modello filantropico che domina il bel civismo contemporaneo e non stai neanche più a chiederti se sia giusto, sbagliato, o un po’ l’uno e un po’ l’altro.
Qui, invece, abbiamo deciso di mettere l’interrogativo all'ordine del giorno.
Chiariamo quindi subito una cosa fondamentale: un buon cristiano è tenuto alla “Carità” e ci mancherebbe altro. Si tratta però di capire se sia anche tenuto a foraggiare l’industria della carità che si è sviluppata in misura abnorme e che ormai coinvolge un oceano incontrollato di ONG, ONLUS, enti benefici, centri ricerca e fondazioni varie che di questa filantropia diffusa e semi-obbligatoria (pena l’iscrizione nelle liste dei mostri insensibili) fanno il loro lavoro (nel senso che ci campano).
Il secondo aspetto che meriterebbe un approfondimento è che, mentre ci asciughiamo le lacrime per tanti fratelli sofferenti che meritano tutto il nostro rispetto e comprensione, veniamo anche a sapere che non sono mai stati raggiunti, storicamente, risultati tanto positivi nella lotta alla fame nel mondo, che interi continenti come quello asiatico viaggiano verso standard di benessere di tipo americano, che i fiumi di denaro inviati, filantropicamente, in Africa servono a finanziare signori e signorini della guerra, i quali della miseria della loro gente se ne strafregano bellamente mentre noi stiamo qui a strapparci i capelli in modo tanto caritatevole, equo e solidale, appunto.
Il terzo aspetto ragguardevole è che la Storia – non l’ideologia – dimostra in modo inequivocabile che la miseria (quella materiale, quella morale è tutt'altra questione, sia chiaro) è stata sconfitta dall'economia di mercato, quella che secondo certe dottrine tuttora farneticanti sarebbe alla base delle disuguaglianze planetarie ma che, in realtà, sta a tutt'oggi sollevando e affrancando dal bisogno paesi tradizionalmente poveri come la Cina, il Brasile, l’India eccetera. Non staremo a disturbare Friederich Von Hayek o la vecchia scuola di Chicago, a questo proposito, andatevele a studiare le cose prima di farneticare.
Quindi che c’è di sbagliato in tanta elemosina caritatevole che sprizza - come soluzione ai mali - dai media, dai convegni, dalle opinioni diffuse e dal modello stilizzato del buon cittadino che ci viene propinato in ogni forma, luogo e contesto?
Innanzitutto comincerei con l’osservare che qualunque principio – compresa la solidarietà – venga assolutizzato finisce per divorare gli altri principi esistenti – il principio di ragionevolezza, ad esempio – creando comportamenti afflitti da mostruosità sbilenche d’interpretazione dei fatti e dalla totale mancanza di equilibrio. Già questo basterebbe a ricollocare la solidarietà all'interno di limiti più appropriati, accanto alla libertà, al principio di realtà ed a quello di ragionevolezza, appunto.
Ma c’è anche un altro principio, che è quello del merito, che non viene preso in seria considerazione a questi riguardi. Perché nessuno si chiede come mai il bambino africano è povero e diventerà cieco, per mancanza di cure, mentre è circondato da adulti che dovrebbero prendersene cura? Perché nessuno si chiede come mai un continente, come quello africano, ricchissimo di materie prime – dal petrolio all’oro ai diamanti al platino ai metalli pesanti eccetera – condanna le sue popolazioni alla miseria ed al sottosviluppo? Non è forse finita l’epoca coloniale e non si autodeterminano i popoli africani? Lo fanno bene, lo fanno male?
Domandine semplici semplici ma che nessuno pone – probabilmente per il timore di essere preso per razzista, che è uno dei modi più rapidi, e caritativamente repressivi, di tacitare interrogativi scomodi – preferendo il balsamo della coscienza dell’elemosina equa e solidale. Sicché i poveri restano poveri, tanto saranno assistiti da qualche buon occidentale pietoso e dall'anima bella linda da mettere in piazza, e le cose restano come sono sempre state.
Gran bella soluzione.


Una soluzione che ci porta direttamente al nodo gordiano dell’intera questione: la dissociazione tra sentimento e ragione o, meglio, tra sentimentalismo e razionalità (magari ancora meglio, tra principio femminile e principio maschile).
E non c’è bisogno di troppe spiegazioni contorte.
Basti pensare che stamattina, all'indomani degli attentati di Bruxelles, la reazione della Mogherini davanti alle telecamere è stata il pianto commosso; quella di Saviano, su Facebook, è stata - “il terrorismo si batte con l’integrazione”.
Ecco, forse il modo di affrontare le cose solidaristico ad oltranza, caritatevole senza prospettive, sentimentale senza razionalità – un modo devirilizzato e castrante, si potrebbe e dovrebbe dire – non porta a nessuna soluzione vera ma a tanta, tanta, tanta elemosina.
Pubblicato da Gibbì 
mercoledì 23 marzo 2016
L'esperienza è un pettine che la vita ti dà dopo che hai perso i capelli

Offline COSMOS1

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #1 il: Marzo 23, 2016, 16:45:19 pm »
mah, io non capisco il problema!

c'è la giustizia: a ciascuno ciò che gli spetta. Possiamo discutere di cosa spetta a ciascuno, io onestamente faccio fatica a capire come possa qualcuno con la nascita acquistare il diritto ad una eredità 1.000 o 1.000.000 di volte superiore alla media. E si potrebbe andare avanti.

poi c'è la solidarietà, la compassione. A questa nessuno può dire di avere diritto e nessuno può percepirlo come un dovere. Se io sono onesto, ho acquistato onestamente ciò che possiedo e guadagno onestamente, di ciò che ho posso fare quel che voglio senza sentirmi in colpa. SE, ovviamente. Poi le multinazionali del senso di colpa sono ovviamente sempre in agguato, ca va sans dire.
Dio cè
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Offline Vicus

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #2 il: Marzo 23, 2016, 23:45:20 pm »
Per qualche ragione la mente o intelligenza dovrebbe essere la sede di ogni impulso disumano. Ma il cuore o le emozioni dovrebbero essere dalla parte dell'umanità.
La divisione tra testa e cuore fa parte della cultura popolare almeno dal 19° secolo, che vida la diffusione della civiltà industriale: si pensi a Sherlock Holmes e a Charles Darwin, con il quale la scienza divenne apertamente antiumana.
Oggi stiamo tornando rapidamente a una cultura organica, con una visione più integrata dell'essere umano.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Angelo

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #3 il: Marzo 24, 2016, 00:04:28 am »
http://ragionimaschili.blogspot.it/2016/03/che-ce-di-sbagliato.html

Se mai un argomento ha presentato difficoltà veramente grandi per poter essere discusso senza patemi d’animo o timori reverenziali, quello che stiamo per affrontare lo supera davvero di diverse lunghezze.
Tuttavia, nonostante la ripidissima e impervia salita che vogliamo intraprendere, vale la pena affrontare il rischio di qualche scivolone, come si spera di dimostrare.


La domanda cruciale è presto detta: che c’è di sbagliato nel pensare che una parte del mondo possa vivere delle elemosine dell’altra parte del mondo?
Diamo qualche spiegazione.
Esci di casa e sei braccato da stranieri di ogni etnia e colore che ti chiedono soldi; rientri in casa e accendi la tivvù per essere inseguito da innumerevoli e lacrimevoli pubblicità che ti implorano di mandare 9 euro al mese per l’affido a distanza, per le malattie rare, per gli aiuti alimentari transnazionali e addirittura per i bambini poveri italiani della porta accanto; segui una partita e ti si chiede di mandare un sms per il cancro, per la violenza sulle donne (che c’entra…?), per la sclerosi amiotrofica eccetera (e per ogni gara di campionato o di coppa c’è una campagna differente); vai al supermercato e trovi l’iniziativa del “banco alimentare” per fare la spesa agli indigenti; vai in farmacia e trovi il “banco farmaceutico” allo stesso modo; per finire, a sera apri la posta elettronica e sei inondato di richieste di aiuto, soldi e sostegno provenienti dai quattro angoli del web.
A questo punto vai a dormire con un peso sull'anima in quanto, inevitabilmente, non hai potuto (e neanche voluto, in alcuni casi) soddisfare tutte le richieste urgenti di un’umanità rappresentata perennemente in bilico sul ciglio di un burrone (ma anche a favore di telecamera, in quei casi).
Con un simile peso nel cuore non stai più neanche a chiederti quante risorse già mandi con le imposte e le gabelle e i balzelli vari per la sanità, le assistenze e le azioni umanitarie che i tuoi governanti hanno già deciso di mettere in campo in tuo nome e per tuo conto. Dai per scontato che tu esisti per mandare i tuoi soldi in aiuto a qualcuno, sei tirato per i capelli nel modello filantropico che domina il bel civismo contemporaneo e non stai neanche più a chiederti se sia giusto, sbagliato, o un po’ l’uno e un po’ l’altro.
Qui, invece, abbiamo deciso di mettere l’interrogativo all'ordine del giorno.
Chiariamo quindi subito una cosa fondamentale: un buon cristiano è tenuto alla “Carità” e ci mancherebbe altro. Si tratta però di capire se sia anche tenuto a foraggiare l’industria della carità che si è sviluppata in misura abnorme e che ormai coinvolge un oceano incontrollato di ONG, ONLUS, enti benefici, centri ricerca e fondazioni varie che di questa filantropia diffusa e semi-obbligatoria (pena l’iscrizione nelle liste dei mostri insensibili) fanno il loro lavoro (nel senso che ci campano).
Il secondo aspetto che meriterebbe un approfondimento è che, mentre ci asciughiamo le lacrime per tanti fratelli sofferenti che meritano tutto il nostro rispetto e comprensione, veniamo anche a sapere che non sono mai stati raggiunti, storicamente, risultati tanto positivi nella lotta alla fame nel mondo, che interi continenti come quello asiatico viaggiano verso standard di benessere di tipo americano, che i fiumi di denaro inviati, filantropicamente, in Africa servono a finanziare signori e signorini della guerra, i quali della miseria della loro gente se ne strafregano bellamente mentre noi stiamo qui a strapparci i capelli in modo tanto caritatevole, equo e solidale, appunto.
Il terzo aspetto ragguardevole è che la Storia – non l’ideologia – dimostra in modo inequivocabile che la miseria (quella materiale, quella morale è tutt'altra questione, sia chiaro) è stata sconfitta dall'economia di mercato, quella che secondo certe dottrine tuttora farneticanti sarebbe alla base delle disuguaglianze planetarie ma che, in realtà, sta a tutt'oggi sollevando e affrancando dal bisogno paesi tradizionalmente poveri come la Cina, il Brasile, l’India eccetera. Non staremo a disturbare Friederich Von Hayek o la vecchia scuola di Chicago, a questo proposito, andatevele a studiare le cose prima di farneticare.
Quindi che c’è di sbagliato in tanta elemosina caritatevole che sprizza - come soluzione ai mali - dai media, dai convegni, dalle opinioni diffuse e dal modello stilizzato del buon cittadino che ci viene propinato in ogni forma, luogo e contesto?
Innanzitutto comincerei con l’osservare che qualunque principio – compresa la solidarietà – venga assolutizzato finisce per divorare gli altri principi esistenti – il principio di ragionevolezza, ad esempio – creando comportamenti afflitti da mostruosità sbilenche d’interpretazione dei fatti e dalla totale mancanza di equilibrio. Già questo basterebbe a ricollocare la solidarietà all'interno di limiti più appropriati, accanto alla libertà, al principio di realtà ed a quello di ragionevolezza, appunto.
Ma c’è anche un altro principio, che è quello del merito, che non viene preso in seria considerazione a questi riguardi. Perché nessuno si chiede come mai il bambino africano è povero e diventerà cieco, per mancanza di cure, mentre è circondato da adulti che dovrebbero prendersene cura? Perché nessuno si chiede come mai un continente, come quello africano, ricchissimo di materie prime – dal petrolio all’oro ai diamanti al platino ai metalli pesanti eccetera – condanna le sue popolazioni alla miseria ed al sottosviluppo? Non è forse finita l’epoca coloniale e non si autodeterminano i popoli africani? Lo fanno bene, lo fanno male?
Domandine semplici semplici ma che nessuno pone – probabilmente per il timore di essere preso per razzista, che è uno dei modi più rapidi, e caritativamente repressivi, di tacitare interrogativi scomodi – preferendo il balsamo della coscienza dell’elemosina equa e solidale. Sicché i poveri restano poveri, tanto saranno assistiti da qualche buon occidentale pietoso e dall'anima bella linda da mettere in piazza, e le cose restano come sono sempre state.
Gran bella soluzione.


Una soluzione che ci porta direttamente al nodo gordiano dell’intera questione: la dissociazione tra sentimento e ragione o, meglio, tra sentimentalismo e razionalità (magari ancora meglio, tra principio femminile e principio maschile).
E non c’è bisogno di troppe spiegazioni contorte.
Basti pensare che stamattina, all'indomani degli attentati di Bruxelles, la reazione della Mogherini davanti alle telecamere è stata il pianto commosso; quella di Saviano, su Facebook, è stata - “il terrorismo si batte con l’integrazione”.
Ecco, forse il modo di affrontare le cose solidaristico ad oltranza, caritatevole senza prospettive, sentimentale senza razionalità – un modo devirilizzato e castrante, si potrebbe e dovrebbe dire – non porta a nessuna soluzione vera ma a tanta, tanta, tanta elemosina.
Pubblicato da Gibbì 
mercoledì 23 marzo 2016

Un grande della Qm, che piacere rileggerlo.
Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro.

Gilbert Keith Chesterton

Offline ilmarmocchio

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #4 il: Marzo 26, 2016, 09:53:29 am »
anche io apprezzo molto che Ragioni Maschili  abbia ripreso  l'attività

Offline ilmarmocchio

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #5 il: Marzo 26, 2016, 09:54:17 am »
Per qualche ragione la mente o intelligenza dovrebbe essere la sede di ogni impulso disumano. Ma il cuore o le emozioni dovrebbero essere dalla parte dell'umanità.
La divisione tra testa e cuore fa parte della cultura popolare almeno dal 19° secolo, che vida la diffusione della civiltà industriale: si pensi a Sherlock Holmes e a Charles Darwin, con il quale la scienza divenne apertamente antiumana.
Oggi stiamo tornando rapidamente a una cultura organica, con una visione più integrata dell'essere umano.

Perchè Sherlock Holmes e Darwin avrebbero disumanizzato la scienza ? :hmm:

Offline ilmarmocchio

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #6 il: Marzo 26, 2016, 14:52:41 pm »
@ Vicus

Sherlock Holmes è un investigatore che cerca di portare il metodo scientifico nell'indagine penale. Indubbiamente ha dei tratti caratteriali atipici, infatti è anche un cocainomane ( o morfinomane ) , ma ciò che è importante è il suo metodo di analisi, mutuato dalla clinica medica  ( Conan Doyle era un medico allievo di un famoso e innovativo clinico del tempo, il prof Bell ).
La parte su Darwin mi fa invece persare che tu non abbia mai letto qualcosa di Darwin, per es l' origine delle specie.
In Darwin non c'è nè razzismo nè eugenetica.
 c'è  la descrizione del meccanismo di selezione naturale e di evoluzione  , meccanismo che mi pare difficile poter mettere in discussione.
Collegare Darwin all' eugenetica e al razzismo è come collegare Gesù allo sterminio degli indios o all'inquisizione.
Darwin non ha mai inteso trattare di come la vita è nata , nè tantomeno di accennare a razze superiori. Nell'evoluzione non c'è spazio per considerazioni di tal tipo, come non esiste la nozione di progresso.
La legge della giungla esiste e non la ha certo inventata Darwin, anzi direi che nella Bibbia, se la si vuol trovare ,  ce ne è di più che nei testi di Darwin
intendiamoci, io parlo di Darwin, non di alcuni evoluzionisti alla Telmo Pievani : quelli stanno a Darwin come el Papa sta a S. Pietro :D

Offline Vicus

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #7 il: Marzo 26, 2016, 15:45:23 pm »
Qui parliamo del personaggio Holmes, non di come Conan Doyle abbia anticipato di decenni l'indagine scientifica.
Il termine selezione naturale, con annessa sopravvivenza del più adatto, l'ha inventato Darwin. Che scrivesse in modo pacato è secondario.
La comunità scientifica mette sempre più in discussione il concetto di evoluzione per selezione naturale, se non di evoluzione tout court, ma questo è OT.
Kipling, il cantore dell'impero britannico, riprese questa ipotesi e ne fece un'ideologia: la legge della giungla, "zanna e artiglio", che fu esportata nel resto del mondo occidentale, Germania compresa con le conseguenze che sappiamo.
Cito dalla Sposa Meccanica di McLuhan (SugarCo, 1984):

Il sistema più veloce per avere una panoramica della questione è tramite Holmes, Kipling e Darwin. Tuttavia, il Mowgli di Kipling e « il granitico credente nella legge della giungla » di Edgar Queeny, una volta esaminati assieme, rivelano alcune correlazioni fra punti di vista familiari.
Nel primo paragrafo di A Scandal in Bohemia di Conan Doyle, Holmes viene descritto come segue:

Egli era, per quanto ne so, la più perfetta macchina per ragionare e osservare che il mondo abbia mai visto; ma come amante sarebbe stato fuori posto. Egli non parlava mai delle passioni più tenere, salvo che con scherno e sarcasmo... Un grano di sabbia in uno strumento delicato o un'incrinatura nelle sue lenti potentissime non avrebbero turbato la sua natura più di una forte emozione.

Ci troviamo di fronte al tipo d'uomo diviso fra mente e cuore, pensiero e sentimento, com'era comune all'inizio del secolo XVII. Ma soltanto da Darwin in poi la mente (scienza) divenne inequivocabilmente e consapevolmente antisociale.
Esiste qualcosa che vada oltre il sentimentalismo o la profusione di emotività con cui Doyle (e, come lui, tutti gli altri autori di racconti del crimine) abbellisce la figura del detective? È attraverso gli occhi di Watson, infatuato e corto di mente, o attraverso gli occhi languidi di una segretaria in assorta adorazione, che il supe-ruomo viene visto e sentito dal lettore. Questa figura nietzschiana consegue la sua auto-drammatizzazione non in modo diretto, come il malcontento nichilista del teatro elisabettiano, ma sul palcoscenico interiore di un sogno collettivo.

Un uomo, credo, ha avuto un'educazione liberale se è stato addestrato in gioventù a tal punto che il suo corpo diventa il servo zelante della sua volontà, e compie con disinvoltura e piacere tutto il lavoro di cui sia capace come meccanismo; il suo intelletto è un motore lucido, freddo e logico, con tutte le parti funzionanti, ordinate in modo efficiente e di pari forza, come una macchina a vapore, pronta a qualsiasi tipo di lavoro...

A molte persone nel 1868 questo robotismo sentimentale non sembrava particolarmente comico, come ideale « umano ». Forse, ancor oggi, non tutti sarebbero pronti a riconoscerlo nella formula mortale che rappresenta.

Le connessioni fra « la legge della giungla », « lo spirito di intraprendenza » e « i primi posti dal ring » per lo spettacolo del motore diesel, diventano evidenti. Il rapporto fra lo spirito pedagogico e sociale di « Il Passero contro il Falco » e il circuito Holmes-Huxley-Kipling risulta chiaro dalle opinioni di Conan Doyle sull'educazione, espresse nell'inventario degli attrezzi intellettuali di Holmes:

1. Conoscenza della Letteratura - Zero
2. Conoscenza della Filosofia - Zero
3. Conoscenza dell'Astronomia - Zero
4. Conoscenza della Politica - Scarsa
5. Conoscenza della Botanica - Variabile; ben preparato in
belladonna, oppio e veleni in genere
6. Conoscenza della Geologia - Pratica ma limitata
7. Conoscenza della Chimica - Profonda
8. Conoscenza dell'Anatomia - Accurata
9. Conoscenza della Letteratura sensazionalistica - Vastissima. Sembra conoscere tutti i dettagli di ogni orrore perpetrato in questo secolo.

Si noti con quanta bava alla bocca viene messa in risalto l'« immensa » erudizione di Holmes in stragi e delitti. Questo è, a quanto pare, il prezzo che il nostro mondo ha pagato per sviluppare una mente che considera, da un punto di vista sentimentale, una fredda macchina logica. E il lettore curioso troverà proficuo consultare Art o f Being Ruled (L'arte di essere governati) di Wyndham Lewis sulla natura dell'ossessione dello scienziato moderno per il « romance » della distruzione.

Abituiamoci ad esaminare molto attentamente l'imparziale mente scientifica: vediamo se il suo tanto vantato distacco comporti molto di più della semplice scelta di non legare il significato di una parte delle sue azioni ad altre parti. In breve, il suo «distacco » non è forse nient'altro che una mancanza di responsabilità?
Niente potrebbe essere meno simile al detective aggressivo e pieno di risorse di queste figure familiari provenienti dalla narrativa romantica del passato e del presente. Queste ultime subiscono la violenza; il detective moderno la evoca. Vi sono dunque solide basi nell'affermazione che la narrativa poliziesca è scientifica, poiché la nozione popolare dello scienziato, inteso come fulcro di un mondo di violenza e malvagità fantastiche, non solo coincide con il mondo di violenza ritratto dalla narrativa poliziesca ma con il livello qualitativo di molta parte della visione e della speculazione scientifica.
Il superuomo del romanzo giallo, quindi, rappresenta un atteggiamento verso cui tutte le classi e i ceti della nostra società nutrono un'ammirazione dichiarata o segreta. Il suo albero genealogico perciò deve essere considerato con una certa curiosità. Fra i tratti comuni di tutti i detective vi è, prima di tutto, il loro individualismo e orgoglio solitario; poi la loro mondanità; in terzo luogo la loro cultura eclettica ma specializzata; e infine la loro passione per l'azione e il brivido.
 
Il nobile selvaggio, completamente al di sopra della società e del commercio, con le sue facoltà intatte tipiche di una perfezione e di un acume sovrumani, con il naso per il pericolo, l'occhio per l'indizio, lo stomaco per lo scalpo: si presenta così la complessa immagine costruita sentimentalmente da Rousseau, assimilata da Darwin, ed espressa da Conan Doyle con il tipo del segugio e della mente scientifica assieme.

L'enfasi organica produce gli ideali totemici che si riscontrano in Mowgli e nel Libro della Giungla di Kipling, che a sua volta produsse il mondo dello scoutismo all'aria aperta di Baden-Powell e delle truppe giovanili organizzate in branchi di lupi e lupetti. Lo scrittore inglese Harold Stovin, nel suo Totem: the Exploitation of Youth, dà un eccellente resoconto della propagazione di questo primitivismo darwiniano non solo con lo scoutismo, ma pure attraverso una dozzina di altri schemi primitivistici di cameratismo organizzato, sperimentati in Inghilterra. Egli vede chiaramente come tali schemi non siano radicati in alcun concetto di società civile, bensì costituiscano un impulso cieco verso la sicurezza illusoria del collettivismo sub-razionale.

James Aldridge, scrivendo nel « New York Times » del 24 giugno 1942, dà una popolare descrizione alla Raymond Chandler dello stampo post-darwiniano della durezza astratta. Il darwinismo si è sbarazzato della qualità umana dell'omicidio.

Nel definire « l'educazione liberale » nel 1868, Thomas Henry Huxley, divulgatore di Darwin, fece la famosa dichiarazione, a proposito della mente educata liberalmente come « un motore lucido, freddo e logico, con tutte le sue parti funzionanti, ordinate in modo efficiente e di pari forza, come una macchina a vapore pronta a qualsiasi tipo di lavoro... ecc. ». Sherlock Holmes fu inventato solo pochi anni dopo.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline ilmarmocchio

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #8 il: Marzo 26, 2016, 18:11:40 pm »
senza offesa, ma il testo che hai citato tratta Sherlock Holmes in modo a dir poco caotico.
Holmes è un investigatore che conosce le branche del sapere che più strettramemte sono attinenti alla sua attività, non pretende certamente di essere un erudito universale.
Lui cerca di risolvere i casi, ed è quelo che fa.
Riguardo a Darwin, il cui peso è ben più importante, ripeto che è completamente arbitrario collegarlo alle derive autoritarie del 20 secolo.
Certo, lui ha coniato i concetti di " sopravvivenza del più adatto " e di " selezione naturale ".
Infatti, è ciò che in natura avviene.
La legge della selezione naturale è attinente alla biologia , non alla sociologia o alla politica.
Darwin non ha mai allargato il suo concetto alla politica, morale, ecc
Tra l'altro, le principali ideologie autoritarie sono profondamente antievoluzionistiche.
Non parliamo dell' ideale del progresso, assente nell'  evoluzionismo.
UNa precisazione importante : il mondo scientifico non mette minimamente in dubbio l'evoluzionismo che, nelle sue applicazioni corrette , acquista sempre maggiori conferme.
L' evoluzionismo peraltro era un concetto già noto, in forma più grezza, nell'antichità, basti pensare a Leucippo e Lucrezio.
Purtroppo, gli equivoci sull' evoluzionismo sono molti, e spesso interessati.
Ma nessun scienziato mette oggi in dubbio l'evoluzionismo

Offline ilmarmocchio

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #9 il: Marzo 26, 2016, 18:29:40 pm »
Tra l'altro, l'evoluzionismo annette grande importanza al maschio.
L' evoluzione si esplica attraverso piccole variazioni ed è proprio ilmaschio, con l'altissimo numero di spermatozoi, a farsi promotore dell' evoluzione. Anzi, si può senz'altro dire che , a fronte dei circa 400 ovociti, i milioni di spermatozoi sono il vero vettore dell' informazione e , fatto capitale, della sua variazione, il che è il motore dell'evoluzione.
Il femminismo, cosi come il comunismo e il nazismo, è fortemente antievoluzionistico.
Il maschile è cambiamento, il femminile è stasi

Offline Vicus

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Re:Elemosina e dei problemi affrontati con razionalità o sentimentalismo
« Risposta #10 il: Marzo 26, 2016, 23:41:34 pm »
McLuhan aveva una preparazione che né io né te potremmo acquisire in 10 vite (parlando di evoluzione: aveva anche, fatto rarissimo, una 2° arteria cerebrale).
Ripeto: qui parliamo del carattere di Holmes, non del suo mestiere.
Le implicazioni delle ipotesi di Darwin sono politiche.
La comunità scientifica non mette in dubbio l'evoluzionismo? Lo fa da decenni con dozzine di testi, solo Piero Angela e National Geographic non se ne sono resi conto.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.