Autore Topic: Vi presento Robert Hunt  (Letto 4957 volte)

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Offline giuspal

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Re:Vi presento Robert Hunt
« Risposta #30 il: Settembre 01, 2017, 23:56:22 pm »
Dodicesimo Capitolo. Buona lettura.

XII –  I tunnel

Appena voltate le spalle a Maggie Epsilon, Steven fu nuovamente colto dal solito fastidioso fischio alle orecchie.
Chiuse quindi gli occhi per un istante e, quando li riaprì, vide la propria immagine riversa nuovamente a terra e quella di lei inginocchiata accanto nel tentativo di soccorrerlo.
“Steve, Steve! Rispondi, ti prego. Steve! Bisogna che chiami un’ambulanza”.
Maggie Epsilon si diresse verso il telefono posizionato in cucina e, sollevata la cornetta, compose il numero dell’emergenza proprio mentre Maggie Alpha si trovava a telefonare da casa di sua sorella per denunciare la scomparsa di Steve.
Una crepa nell’aria si aprì dinanzi agli occhi dell’ectoplasma di Steven, che ebbe in tal modo la possibilità di vederle entrambe contemporaneamente.
Istintivamente chiamò: “Maggie!”, allungando un braccio verso di lei.
L’immagine Epsilon non se n’accorse nemmeno, mentre Maggie Alpha, sentita la sua voce, si voltò e, spalancati gli occhi sorpresi e sgomenti, lo vide.
“Steve! Steven! Torna da me!”
Immediatamente la crepa si richiuse, lasciando il vuoto dietro di sé.
All’udire quelle grida, Jenny corse da sua sorella e la trovò nuovamente in un mare di lacrime.
“Lì, Steven era lì, adesso! Mi chiamava!”
Proseguì indicandole il punto vuoto della stanza.
Jenny abbracciò sua sorella, depose la cornetta del telefono e l’accompagnò in camera da letto.
“Va bene Maggie, va bene, calmati, ssshhhh … no, non fare così, adesso stenditi e riposa. Andrà tutto per il meglio, stai tranquilla”.
Le rimase quindi accanto finché non ebbe smesso di singhiozzare e non si fu addormentata.
Pure l’ectoplasma di Steven rimase turbato da quella visione, Maggie lo aveva visto e stavolta lo cercava, non poteva essere la stessa che aveva perduto e che ormai viveva con un altro da tempo.
Quella doveva essere la sua Maggie, ancora sposata con lui, quella che tutte le mattine lo lasciava chiuso fuori dal bagno e beveva l’odiatissima spremuta d’arancia.
Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto berne una in quel momento con lei.
“Era a casa di Jennifer, ne sono certo, devo andare da lei, subito!”
Si era fatta sera nel frattempo e Steven si ritrovava nuovamente a sperimentare i suoi “superpoteri” con spostamenti chilometrici veloci e passaggi attraverso mura domestiche, cercando di restare nella più assoluta discrezione e sperando sempre di non tornare visibile all’improvviso, dato che si trovava ancora a girovagare in mutande.

Diverse ore dopo, in dimensione Beta, Jeremy cominciò a sentire l’immagine di Jasmine pesargli addosso.
Ciò dipendeva dal fatto che, mentre l’ectoplasma non risentiva dei bisogni fisiologici, al contrario le immagini introdotte nel loro ambiente proseguivano la loro ipotesi come fosse una vita reale, con tutti gli annessi e connessi, compresa l’esigenza di doversi coricare per dormire.
La vide perciò staccarsi letteralmente da lui e crollare sul letto, sfinita, senza nemmeno svestirsi.
“E adesso che faccio? Sono di nuovo al punto di partenza. Sono nuovamente il fantasma di prima. Aspetto che crepe suzette si risvegli? Dormi pure, bambina. Ci siamo divertiti un mondo io e te, oggi. Ora vado a fare un giretto. Passerò a riprenderti domattina”.
La New York notturna, a qualunque dimensione appartenesse, conservava sempre il fascino di luci e colori della cosiddetta città che non dorme mai, come recitava una canzone ad essa intitolata.
Jeremy la perlustrò lentamente e, una volta tanto, tutte le sue manie di possesso, violenza e dominio della realtà furono sopraffatte dall’incanto per la Grande Mela.
Conosceva a menadito la sua città eppure, in quella notte, ebbe modo di osservarla con il medesimo stupore di un turista qualsiasi, giuntovi per la prima volta in vita sua.
Se ne stava affacciato a contemplare il ponte di Brooklyn, quando un soffio di vento lo colse alle spalle.
Si voltò e, nella semioscurità in cui si trovava, poté distinguere una fessura nell’aria che emanava ciò che pareva essere una luce e che, invece, era l’oscurità invertita in negativo. Vi si fece incontro, tenendo una mano appoggiata sulla fronte per non essere abbagliato.
Un altro ectoplasma lo afferrò, gettandolo a terra.
Jeremy non ebbe modo di capire chi era stato, poiché subito dopo un flash di macchina fotografica lo colse in pieno negli occhi, al punto quasi da accecarlo.
Un altro lampo si propagò subito dopo accanto a lui e Peter, dopo averlo salvato da un risucchiamento in Omega trasferendolo in Epsilon, fece immediatamente ritorno al suo posto in laboratorio nella vita reale.
Jeremy si rialzò da terra imprecando: “Ma che diavolo! Scommetto che è un altro dei tuoi maledetti trucchi, Bob! Pagherai anche questa, mi hai sentito? Troverò il modo di tornare a casa e, allora, ne vedremo delle belle!”
Peter, il quale nel frattempo lo seguiva dal monitor, si fece una sonora risata e pensò: “Virtuality è veramente uno spasso! I videogames più avanzati sono preistoria al confronto”.
Si voltò quindi verso il monitor sintonizzato su Delta, a contemplare per l’ennesima volta l’evento da lui congelato alcune ore prima ritraente Hunt, Sally e Bowen con le loro espressioni sgomente e i con tutti i colori che tendevano ad invertirsi.
Non li aveva ancora fatti rientrare. Semplicemente aveva messo la circostanza in pausa.
Si stava proprio divertendo parecchio, Peter. Si sentiva un semidio, in grado di interagire con la storia e con il potere di determinarne gli esiti.
“Smettila di giocare, ora!” lo ammonì la Voce, “Se proprio ti piace vedere Hunt sottomesso al tuo volere, scatta un’istantanea e salvala sul tuo terminale, dopodichè fallo rientrare subito! Abbiamo bisogno di lui almeno quanto te!”
Spalancò gli occhi e urlò: “No! Hunt sta benissimo dove si trova adesso! Basto io per ciò che dovete compiere!”
“Non osare sfidare gli eventi, Kosicki! Te ne pentiresti amaramente!”
“Mi rimandate in Omega? Ormai so tutto di come ci si sente là e poi probabilmente sarei anche felice. Voi sapete come sono stato bene con Ulla. Mi è stata guida accogliente e sincera, oserei dire la madre che mi è sempre mancata in vita”.
“Potresti non rivederla più, ma non è una minaccia, è un dato di fatto. Lei stessa ti ha detto chiaramente di avere bisogno di entrambi!”
Rimase a fissare il vuoto per alcuni secondi, poi rispose: “Va bene, ma lo faccio solo per lei”.
Premette il tasto necessario a consentire ai tre il rientro a casa.
Il corpo di Bowen, disteso sul lettino in obitorio, s’illuminò di una luce verde molto intensa e tutte le sue ferite si cicatrizzarono all’istante.
Una volta aperti gli occhi e resosi conto di dove si trovava, sentì un brivido lungo la schiena, in quanto non riusciva a realizzare se fosse nuovamente vivo o ancora morto.
Riapparvero accanto a lui Robert e Sally, i quali tirarono un sospiro di sollievo.
“Ce la siamo vista veramente brutta: se Omega ci avesse inghiottito con il resto dell’evento forse non saremmo mai più tornati indietro. Quando rientrerò in laboratorio Peter mi sentirà, avrebbe dovuto prelevarci all’istante, invece di temporeggiare come sento che ha fatto. Dovrà darmi delle spiegazioni esaurienti, questa volta”.
Sally intanto osservava stupita David Bowen: rivedere vivo e vegeto un uomo dopo tutto il lavoro compiuto su ciò che era rimasto di lui non era certo cosa di tutti i giorni.
“Robert, dimmi, come potremo spiegare l’accaduto al mondo intero, adesso?”
Bob le sorrise alla sua solita maniera: “E’ molto semplice Sally, lo spiegheremo per quello che è: un fatto inspiegabile”.
“Sono le dieci di sera, pensi che per mezzanotte riusciremo ad esserci liberati dei giornalisti e a cenare al Valentine?”
“Diciamo per l’una Sally. Devi anche calcolare il tempo per cambiarci d’abito. Penso io a prenotare il tavolo, d’accordo?”
Bowen non poté resistere oltre: “Un momento. Si può sapere che storia è questa? Mi sveglio su un lettino d’obitorio e mi ritrovo con voi due che discutete su come liberarvi della stampa e andare a cena insieme senza nemmeno dirmi cosa mi sta succedendo? Ricordo vagamente rottami di un aereo e corpi carbonizzati, un vero inferno, poi vi ho visti arrivare, mi avete ordinato di seguirvi … si può sapere almeno chi siete?”
Bob e Sally si diedero un ennesimo cenno d’intesa, Hunt giunse alle spalle di Bowen e gli fece annusare del cloroformio con nano particelle dispositive.
Da quel momento il signor Bowen di Detroit non ricordò più nulla di tutto ciò che aveva vissuto quel giorno.
Non riuscirono in ogni modo a cenare al Valentine prima dell’una e mezza e, quando giunsero a casa di Sally, erano già quasi le quattro del mattino.
“Vuoi fermarti da me a bere qualcosa, Bob?”
“Credo che accetterò volentieri, Sally. Non intendo crollare per strada, sono distrutto”.
S’introdussero nel suo appartamento, Sally gli indicò il divano del soggiorno e l’angolo bar mentre si sfilava gli orecchini.
“Accomodati e serviti pure, Bob. Prepara uno scotch anche per me, mi do una rinfrescata e arrivo”.
Bob non riuscì a compiere quanto richiesto da Sally: appena appoggiata la testa allo schienale del divano si ritrovò proiettato non in una delle varie dimensioni alternative da lui scoperte, bensì in quella da tutti conosciuta con il nome di “mondo dei sogni”.
Al suo ritorno, trovando quell’uomo tanto forte e deciso da sveglio già addormentato, Sally provò un disarmante moto di tenerezza.
Lo fece pertanto distendere lungo il divano, quindi lo coprì al meglio, lo salutò con un bacio sulla fronte e accarezzandogli i capelli bisbigliò: “Buonanotte Dottor Hunt, sogni d’oro, a domani”.

Il mattino seguente Bob fu risvegliato dal fragrante aroma di caffé e pane tostato e dalla voce di Sally che lo chiamava. “Sveglia dormiglione, sono le undici passate, certo che abbiamo proprio tirato tardi stanotte. Il caffé è sul tavolo in cucina. Io vado a farmi una doccia”.
Spalancò un occhio di scatto e scrutò intorno.
“Le undici passate? Devo assolutamente sapere come procedono le cose in 6D!”
Consultò il proprio telefono, vi trovò due messaggi di Peter: il primo notificava il ritrovamento di Tanner e il suo “misterioso” spostamento in Epsilon; il secondo rendeva note le reazioni tenute da Margaret Lowry circa la scomparsa di suo marito definendole alquanto tristi e domandando se non fosse il caso di sospendere l’esperimento.
Un messaggio di Jasmine lo invitava a pranzo da Giovanni’s per farsi perdonare l’ultima scenata. 
Infine, un messaggio di Lucy Tanner lo informava circa le decisioni tenute dal Consiglio d’Amministrazione della 6D Research, riguardanti il conferimento temporaneo dei pieni poteri alla medesima nell’attesa di successivi sviluppi circa il ritrovamento del Presidente.
“Qui le cose si complicano parecchio. Se come temo Lucy punterà in seguito ad ottenere i poteri definitivi, la 6D non vivrà ancora a lungo. Devo rischiare e affrontare Jeremy sperando di riuscire a farlo ragionare. Come diavolo c’è finito in Epsilon? A Jasmine intanto non rispondo. Meglio non coinvolgerla, per ora”.
Selezionò il numero del laboratorio per contattare Peter.
“Buongiorno dottore. Ben alzato. Vedo che è andata bene con Bowen e anche con la Dottoressa Giller, presumo”.
“Non sei spiritoso e nemmeno un po’ discreto, Peter. Ascoltami bene, ora. Cerca di attirare in qualche modo i due coniugi dinanzi ad uno specchio: se potranno vedersi e parlarsi perlomeno intuiranno quello che sta succedendo e la cosa, vista sotto quest’aspetto, dovrebbe dissuaderli dal coinvolgere le vie di soccorso convenzionali poiché difficilmente sarebbero creduti. Valuta le loro reazioni, se denoti che la situazione ci sfugge di mano allora cerca di far rientrare Kent quanto prima. Ora sincronizzami nuovamente con Virtuality e trasferiscimi in Epsilon”.
“E’ troppo pericoloso per lei, Dottore. Ha letto il mio messaggio? Rischia di ritrovarsi faccia a faccia con Tanner”.
“Non ho altra scelta, Peter: sua figlia sta prendendo pieni poteri sulla 6D e, con tutto il rispetto, temo che non sia in grado di portare avanti a lungo un progetto di tale portata. Dovrò parlargli e fargli aprire gli occhi sulla questione”.
“Già. Sempre che lui non li chiuda a lei per primo e per sempre! Le propongo in alternativa di rimanere qui e di mandare me al suo posto. Che ne dice, Dottore?”
Rimase in attesa di un ennesimo intervento della Grande Voce ma quest’ultima non proferì parola lasciandogli piena libertà di decidere.
“Sei sicuro di quello che dici, Peter? Ti toccherà stare molto attento e soprattutto dovrai essere meno impulsivo e seguire le mie indicazioni senza discutere. Sei disposto a farlo?”
Anche la Voce si rivolse a Peter: “Glielo devi, ragazzo. Tieni in considerazione tutto quello che ha fatto per te e capirai che ti sta formulando una richiesta giusta e meritevole di rispetto”.
“D’accordo, Dottore. Le prometto che da questo momento farò il bravo. Mi preparo a partire”.
“Sarò da te tra circa mezz’ora”.
“Oh, no! Lasci fare a me: ho scoperto un trucchetto veramente fenomenale in Virtuality. Non si muova di lì e stia a vedere!”
Una crepa nel vuoto si dilatò dinanzi a Hunt, mettendolo in comunicazione diretta con il laboratorio, pur mantenendolo nella stessa dimensione.
Robert spalancò la bocca, stupito. Raccolse scarpe e vestiti, attraversò il tunnel e prese posto dinanzi ai propri monitor.
“Accidenti a te, Peter. Come hai fatto questa scoperta?”
La spaccatura si richiuse alle loro spalle, lasciando il vuoto nel soggiorno della dottoressa Giller.
Una voce proveniente dal bagno chiamava insistentemente Hunt  senza ottenere risposta.
“Bob, Bob! Ho dimenticato l’accappatoio in camera. Saresti così gentile da portarmelo tu? Brrr … che freddo! Non ce la faccio ad andarci io così. Meglio che rimanga qui sotto il getto d’acqua calda, sei d’accordo? Ehi! Non starai ancora dormendo, spero”.
Quando infine Sally giunse in soggiorno asciugandosi i capelli, non poté che constatare l’assenza di Robert.
Storse la bocca in una smorfia di disappunto, poi osservò: “Non chiedevo molto, mi serviva giusto che mi porgessi l’accappatoio”.

“Allora, Peter. Te lo chiedo per l’ultima volta: sei sicuro di volerci andare? Epsilon è la dimensione dei desideri e delle paure, potresti vedere cose o incontrare persone, insomma vivere situazioni completamente diverse da come sei abituato nella realtà e questo potrebbe comportarti degli sconvolgimenti di varia natura, soprattutto emotiva. Ti senti pronto ad affrontare anche questo?”
Peter lo fissò dritto negli occhi e rispose: “Sto aspettando solo lei Dottore, procediamo”.
Hunt gli porse un bicchiere d’acqua.
“D’accordo. Bevi questo, vi sono nano particelle sensoriali: esse mi permetteranno di osservare i tuoi movimenti anche in caso tu non possa comunicare con me via terminale”.
Dopo pochi secondi era già possibile esaminare, attraverso i monitor, tutto ciò che gli occhi di Peter fissavano.
“Ora tieni la mia fotocamera sempre con te. Usa ancora questa come cancello per entrare e per uscire. L’utilizzo dei tunnel va considerato come un diversivo d’emergenza. Vai nel salone ora e puntala verso di te. Mi raccomando, sii prudente”.
“Si fidi, Dottore. Questa volta non la deluderò”.
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"Poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità" (Alexis Carrel)

Offline Vicus

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Re:Vi presento Robert Hunt
« Risposta #31 il: Settembre 02, 2017, 03:03:55 am »
Citazione
l’oscurità invertita in negativo
Notevole, mi fa pensare a certe trasmissioni buoniste su come risolvere i problemi del mondo a suon di ONG, mediatori culturali e missioni finto-umanitarie varie.

Nanoparticelle:
Non è più fantascienza, Marco Della Luna sostiene che esistono nanoparticelle spia piccole come un granello di polvere.* Parere confermato da un amico ricercatore che ha lavorato in una multinazionale biomedica.

* Ho detto che esistono, non che siano nella polvere di casa! :lol:
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline giuspal

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Re:Vi presento Robert Hunt
« Risposta #32 il: Ottobre 21, 2017, 12:09:40 pm »
Capitolo 13. Buona lettura  :)

XIII –  Le paure di Jeremy

Jeremy era dunque passato dalla dimensione Beta ad Epsilon e, da quel momento, anche lui avrebbe assistito a notevoli cambiamenti circa l’andamento della sua vita e di quella di chi gli stava intorno.
Si accorse innanzi tutto che New York non era più la stessa, pur conservando parecchie similitudini con quella reale, veramente ebbe più volte l’impressione di essersi perso.
Scoprì in seguito la mancanza dell’esistenza della 6D e questa fu una delle cose che più lo fece sentire smarrito interiormente.
“Che accidenti è successo alla mia azienda? Dove diavolo l’hanno portata? Qui è tutto cambiato ora. Hunt mi sta rendendo le cose più difficili, ma questa faccenda non potrà durare in eterno, lo sa benissimo anche lui, prima o poi dovremo risolverla faccia a faccia!”
Si aggirò per la New York Epsilon in lungo e in largo cercando mentalmente di mapparla e compararla con quella reale che aveva ben presente.
“Accidenti! Qui c’era Augustin, il mio negozio di scarpe preferito e adesso mi ritrovo la pizzeria Da Alfonso e che dire di questa  gioielleria al posto del night club che ero solito frequentare con gli amici?”
Non fosse stato altro per il fatto che alcune cose erano rimaste pressoché identiche, come Central Park e la Statua della Libertà, chiunque al suo posto avrebbe pensato di ritrovarsi altrove, identica sensazione già sperimentata da Steven e che ora si accingeva a provare anche Peter, ma con il vantaggio del supporto remoto da parte di Hunt.
“Puoi sentirmi Peter? Posso vedere tutti i tuoi movimenti ora, quindi non temere anche se tutto ti sembrerà diverso, io ti guiderò in base alla nostra cartografia originale, non ti perderai”.
“La sento Dottore, ma dove mi trovo? Non vedo il salone. Mi sono forse anche spostato come posizione geografica?”
“No Peter, semplicemente in Epsilon la 6D non esiste, la tua posizione è la medesima di partenza, ora attendi mie istruzioni: sto cercando Tanner. Eccolo, non è molto lontano da te, devi voltarti alla tua destra e procedere dritto per pochi secondi, tieni presente che nello stato d’ectoplasma in cui ti trovi ti sembrerà di avere le ali ai piedi”.
“Ricevuto, gli vado incontro”.
Seguì diligentemente le indicazioni fornitegli da Hunt passando anche attraverso muri, giusto per godersi un poco la sensazione di essere un fantasma.
Hunt non mancava di richiamarlo ogni qual volta lo ritenesse necessario.
“Non perderti troppo a giocare Peter, insegui il tuo obiettivo e raggiungilo quanto prima, ora si è spostato verso il ponte Williamsburg. Che succede Peter? Perché ti sei fermato ora? Peter, rispondi!”
Quel volto incrociato in una frazione di secondo sembrava proprio lei, sentiva che le era famigliare e si avvicinò per osservarla meglio.
“Avessi un qualunque strumento per filtrare i colori e compararla con un’immagine in negativo, giurerei che si tratti di Ulla. Non posso nemmeno attirare la sua attenzione, non mi vede e non mi sente”.
Hunt vide ciò a cui puntava Peter e rimase anch’egli scioccato da quel volto di donna.
“Non è possibile. Non può essere lei. Quella non può essere la persona con cui hai parlato in Omega. Quella è Sarah: la donna che non ho più rivisto per oltre venti anni, da quando fuggì via da me, senza fornirmi spiegazioni”.
“Eppure ha una forte somiglianza con Ulla. Non riesco a lasciarla andare, mi sento come attirato da lei, come se mi chiamasse, la sento pronunciare insistentemente il mio nome … Ah! Che fischio assordante alle orecchie!”
L’ectoplasma di Peter divenne visibile agli occhi dei presenti e anche la donna in questione lo vide.
Con fare noncurante lei attraversò la strada, tuttavia il passo svelto che prese ad assumere tradì il suo improvviso stato d’inquietudine interiore.
Il fischio cessò poco dopo, Peter riaprì gli occhi e si tolse le mani dalle orecchie, riprese a cercarla ma di lei non vi era più traccia.
Hunt cercava di interfacciare Virtuality con tutte le webcam stradali presenti nella zona circostanze, ma alla sua richiesta rispondevano soltanto quelle appartenenti alla dimensione reale. Chinò il capo in segno di resa, quindi rivolse nuovamente il suo sguardo ai monitor sussurrando quel nome che per tanti anni lo aveva tenuto in scacco nei propri sentimenti: “Sarah …”.
“Accidenti se n’è andata! Non la vedo più!”
“Lasciala perdere adesso, Peter. Prosegui con la ricerca di Tanner: deve essere informato al più presto di ciò che sta combinando qui sua figlia”.
Peter non si decideva. Continuava a guardarsi intorno senza muoversi nell’intento di ritrovare la donna avvistata poc’anzi. Dovette intervenire nuovamente la Grande Voce in soccorso di Hunt.
“Segui le istruzioni di Hunt, Peter. Lascia stare quella donna”.
“Era lei, vero? Era Ulla! Perché volete impedirmi di incontrarla?”
“Peter, sono qui. Mi riconosci?”
La voce di Ulla si fece sentire accanto a quella della Grande Voce.
“Ulla, sei tu! Mi manchi tantissimo!”
“Ti prego, Peter. Obbedisci a Hunt. Non perdere tempo in discussioni inutili … a tempo debito avremo occasione di rivederci. Io ti sono sempre vicino”.
Hunt non ebbe modo di seguire la conversazione tuttavia intuì che stava accadendo qualcosa dallo sguardo che Peter manteneva fisso nel vuoto.
“Stai bene, Peter? Se non te la senti di andare avanti, dimmelo senza farti problemi, ti faccio rientrare immediatamente”.
“Va tutto bene, Dottore. Mi dica dove si è spostato Tanner. Cercherò di raggiungerlo al più presto”.

Tanner si trovava in Roosevelt Avenue proprio all’incrocio con Broadway e la sua attenzione fu richiamata da una lunga limousine nera transitante accanto a lui.
Vi s’introdusse attraversandola, mosso dalla curiosità che lo spingeva a scoprire chi fosse il passeggero.
Quasi non riconobbe in quel pezzo di figliola, comodamente appollaiata sul sedile di pelle nera, colei che da sempre considerava la sua bambina, la sua piccola Lucy.
Stette accanto a lei tenendo il passo della limousine senza alcuna fatica, osservandola stupito.
“Non può essere lei: non l’ho mai vista indossare certi abiti così vistosi. Come diavolo si è conciata? Cos’è quella pettinatura e tutto quel trucco? Sembra una di quelle manager arriviste e mangiauomini senza scrupoli! Da un lato confesso che la cosa m’inorgoglisce: sembra tutta suo padre, ma dall’altro m’inquieta parecchio, non è mai stato nel suo stile presentarsi così”.
Lucy premette il pulsante di un interfono per comunicare con il proprio autista.
“Accosta qui, torno tra dieci minuti”.
Scese dalla macchina, attorniata dalla solita sequela di guardie del corpo.
Era alla ricerca di quell’insolente di Steven, il quale aveva osato lasciarla da sola in balìa dei giornalisti, provocando un pandemonio tale da scuotere mezzo mondo e da far precipitare in borsa le azioni del Tanner Fashion Magazine.
“Scommetto che lo hanno visto passare di qui. Sicuramente starà cercando qualche vecchia conoscenza per farsi aiutare, ma non andrà lontano. Stavolta la pagherà cara: non sono mai stata umiliata tanto in vita mia”.
Jeremy fu assalito nuovamente dal fischio alle orecchie e apparve dinanzi a Lucy Epsilon, che fu colta di sorpresa più per il fatto di vederlo vestito elegante e ben curato, sapendo che, proprio a causa sua, era ridotto a vivere per strada.
Lucy non riservò nei confronti di suo padre l’accoglienza che lui di certo si attendeva.
“Che diavolo ci fai tu, qui? Tommy, levami subito dalla vista questo vecchio pezzente! Non abbiamo altro tempo da perdere!”
Jeremy, proprio nell’istante in cui la figlia pronunciava quella frase, fu risucchiato dall’immagine di Tommy, il quale aveva già estratto la pistola e si stava per dissuaderlo dall’idea di avvicinarsi ulteriormente a Lucy.
Nonostante il forte scossone subito, l’immagine del capo delle guardie del corpo di Lucy rimase in piedi, già perfettamente in grado di rispondere ai comandi dell’ectoplasma di Jeremy, i quali non tardarono a farsi sentire.
Un primo schiaffo colpì Lucy Epsilon in pieno volto, facendole cadere a terra gli occhiali neri, seguito immediatamente da un secondo più potente del precedente, al punto da procurarle un taglio al labbro inferiore.
“Come osi dare del pezzente a me? A tuo padre!”
Lucy giaceva a terra stordita a gambe aperte e piegate. Persino un tacco delle sue scarpe aveva ceduto a causa della torsione improvvisa del suo corpo.
Era inoltre spaventata, poiché aveva riconosciuto in Tommy la voce di Jeremy e si domandava di quale razza di stregoneria era divenuta improvvisamente vittima.
Nel frattempo una calca di gente andò formandosi intorno all’accaduto, bloccando persino il traffico.
Hunt chiamò Peter: “L’ho perso di nuovo, non ho più il suo segnale, l’ultima cosa che ho potuto vedere è stato l’interno di una limousine nera”.
“So perché ha perduto il segnale, Dottore, succede sempre quando si realizza un incorporamento: l’ectoplasma di Tanner deve essersi introdotto nell’immagine più prossima a lui in quel determinato istante. Vedo una limousine parcheggiata e un po’ di ressa intorno, c’è gente innervosita che suona clacson, li vede anche lei? Se mi conferma che la limousine è quella, provo ad accostarmi”.
“Non ne sono sicuro Peter, dai pure un’occhiata mentre io controllo se recupero il segnale”.
Il ragazzo si fece largo tra la gente per vedere meglio e fu in grado di distinguere l’ectoplasma di Tanner dentro l’immagine di Tommy.
Tentò immediatamente di comunicare con lui.
“Presidente, Presidente Tanner, sono qui, sono Peter, riesce a vedermi? Mi sente?”
Jeremy lo fissò con rabbia.
“Cosa diavolo vuoi, Peter? Non vedi che sono occupato, ora?”
Lucy Epsilon da terra replicò: “Peter? E chi è Peter? Con chi stai parlando?”
Anche la gente intorno osservava nella stessa direzione di Tommy, scrutando nel vuoto.
“Il Dottor Hunt mi ha mandato a parlarle, Presidente: si tratta di sua figlia”.
Tanner digrignò i denti e gli puntò l’indice contro. “Riferisci a Bob quanto sto per dirti, ragazzo: giuro che non appena sarò rientrato a casa, dovrà fare i conti con me e ti assicuro che pagherà anche per tutto ciò che sto vivendo qui. Quanto a mia figlia, sta già ricevendo quello che si merita”.
Le persone intorno, convinte di avere a che fare con un pazzo, cominciarono ad allontanarsi facendo il vuoto intorno a lui.
Lucy Epsilon, invece, gli inveì contro: “Stavi per rovinarci tutti, lo sai? Tu e le tue manie sulle ricerche scientifiche! In qualche modo bisognava fermarti, ecco perché ora sei soltanto un barbone. La colpa in fondo è soltanto tua, caro papà!”
“Più ti vedo e ti ascolto e meno ti riconosco. Io ti rinnego come figlia e pertanto ti diseredo!”
La risposta di Lucy Epsilon fu eloquente: gli rise sonoramente in faccia.
“Chi o che cosa credi di poter diseredare? Tu non puoi nulla. Non sei più nulla, ormai!”
D’istinto Jeremy le puntò in faccia la pistola che Tommy stringeva ancora in mano prima di risucchiarlo.
Il fischio che lo raggiunse alle orecchie fu più che mai provvidenziale ed egli, rendendosi conto che l’immagine di Tommy si stava staccando da lui, con quel minimo di senso tattile che gli era rimasto in quei pochi istanti la spinse, scaraventandola addosso a quella di Lucy e urlando “Maledetta!”, ma stavolta lei non lo sentì.
Ritrovatosi nuovamente sotto forma d’ectoplasma, si avventò su Peter, lo afferrò per le braccia e iniziò ad urlare fissando in alto.
“E adesso, Hunt, riportaci a casa, se non vuoi che il ragazzo finisca male! Sbrigati!”
Jeremy si sentì toccare una spalla e si voltò, un calcio lo colpì in pieno viso, facendogli mollare la presa.
Hunt stava ancora decidendo sul da farsi quando si ritrovò ad assistere all’intervento improvviso dell’ectoplasma di Jasmine atto a liberare Peter.
Tutti furono sorpresi da quell’entrata alquanto inattesa. “Come accidenti ha fatto a trasferirsi Jasmine? Io di certo non l’ho mandata!”
Vide che il monitor sintonizzato su Epsilon si era annerito in modalità terminale e impartiva continuamente istruzioni.
Virtuality aveva, come si suole dire, inserito il pilota automatico e qualcuno doveva aver preso in mano il controllo della situazione, coinvolgendo Jasmine e convincendola ad intervenire in quella forma.
“Comincio a domandarmi che ruolo svolgo in tutta questa faccenda, dato che anche il software da me sviluppato agisce per conto proprio!”

Jeremy sorrise all’indirizzo della bella francese, quindi la salutò da par suo.
“Benvenuta, crepe suzette! È un piacere averti qui. Devo esserti mancato parecchio dal nostro ultimo incontro ravvicinato, molto ravvicinato”.
“Allontanati alla svelta, Peter. Penso io a questo lurido verme!”
Tanner scoppiò in una fragorosa risata.
“Credi davvero di spaventarmi, madamoiselle? E pensare che io e te potremmo andare così d’accordo, basterebbe che tu fossi solo un pochino più arrendevole!”
La attaccò in maniera fulminea, ma non abbastanza da sorprenderla: Jasmine era una lottatrice esperta e non le fu difficile respingerlo.
Intorno a loro, intanto, si andava delineando una scena con Lucy e Tommy soccorsi dalle altre guardie del corpo e da un’ambulanza giunta nel frattempo sul posto e, contemporaneamente, sommersi da flash di fotografi, i quali già fantasticavano notizie sensazionali da dare in pasto all’opinione pubblica.
Peter emise un urlo per attirare l’attenzione di Jeremy e Jasmine: “Omega!”
Una crepa nell’aria si dilatava a vista d’occhio come la bocca di una belva affamata e tutto ciò che stava intorno a loro era in procinto di essere inghiottito nel vuoto.
Peter e Jasmine si erano già stretti l’uno contro l’altra, pronti a rientrare, mentre Tanner tardava, preso a fissare la sparizione del luogo della scena con l’immagine di sua figlia.
Peter si protese per afferrarlo e unirlo a loro due: occorreva far presto.
Tanner piangeva disperato e continuava a chiamare sua figlia. “Lucy! Perdonami! Non lasciare il tuo papà! Lucy! Piccola mia! Torna da me, ti prego!”
Peter tentò per l’ennesima volta: “Presidente, si aggrappi a me, presto! Quella non è la vera Lucy, è solo un’ipotesi di evento mai realizzato!”
Niente da fare, Jeremy non lo ascoltava nemmeno, anzi, sembrava allontanarsi sempre più rapidamente da loro.
La scena era ormai quasi totalmente risucchiata dall’Omega, mancavano solo Jeremy, l’immagine di Lucy e delle guardie e la lunghissima lussuosa limousine nera.
Jasmine risolse il problema colpendo Tanner alla nuca con la mano e facendogli perdere i sensi, quindi lo strinse a sé alzando gli occhi al cielo e sospirando: “Ti avrei lasciato qui volentieri, vecchio cochon, prega che non ricapiti perché non sarò ancora così comprensiva!”
"SANTO DIO! PERCHE' SI BEFFANO COSI' DELLA GENTE?" (Enrico V)

"Poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità" (Alexis Carrel)

Offline Vicus

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Re:Vi presento Robert Hunt
« Risposta #33 il: Ottobre 21, 2017, 22:59:35 pm »
Un tema simile a quello della Grande Voce è presente in Mr e Mrs Smith, con Brad Pitt e Angelina Jolie.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.