Tanto per evidenziare una volta di più la spocchia femminile, mista ad idiozia, anche in ambito sportivo.
https://www.wpdworld.com/news/donne-e-pallanuoto-miceli-noi-con-una-marcia-in-piu/Donne e pallanuoto, Miceli: “Noi con una marcia in più”
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Mai pensato di allenare una squadra maschile?
No, perché allenando le giovanili mi sono resa conto che una ragazzina ha una marcia in più rispetto a un maschietto della stessa età: parlo della testa, dello spirito di sacrificio. Con le ragazzine bisogna parlare da adulte.
Vedremo mai una squadra maschile allenata da una donna in A1?
No, ma la ragione sta principalmente nel fatto che è una pallanuoto diversa, sicuramente molto più tattica.
Se è una pallanuoto più tattica, le donne allenatrici allora sono più preparate tatticamente?
Non so se sono più preparate tatticamente, ma di sicuro sono più attente alla tattica, proprio come gli allenatori maschi che allenano le donne. Prendete Formiconi, ancora oggi è una spanna superiore agli altri per attenzione tattica.
Le donne dello sport italiano sono più avanti rispetto ai maschi, spesso ce lo dimentichiamo. Naturalmente con Tania non ho assolutamente parlato di questa cosa, dato che ai Giochi il Setterosa deve ancora qualificarsi e lei è molto scaramantica. A parte ciò, penso che le farebbe piacere, anche se non è quello a cui aspira, è concentrata su altro.
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http://www.agenziaradicale.com/index.php/i-nostri-blog/434-la-marcia-in-piu-del-rugby-femminile
Certo che esiste il rugby femminile, ci mancherebbe altro. Il rugby, in realtà, è più femminile di quanto non si pensi: lo spirito comunitario di unione empatica che lega le donne tra loro, la forza, la caparbietà e la determinazione che caratterizzano largamente il carattere femminile, sono elementi chiave (se non proprio gli elementi chiave) per uscire indenni o quasi da un campo da rugby; nessun uomo in terra può vantare la tenacia di una donna determinata a raggiungere uno scopo, una tenacia che può sfociare persino nella testardaggine.
E allora si, il rugby va bene per tutti: uomini, bambini, donne. Anche gli “anziani” hanno le loro squadre, ho visto personalmente settantenni incattiviti come ventenni all'esordio di campionato. Ma il rugby femminile per certi versi ha una marcia in più, uno spirito che solo osservando, ascoltando e misurandosi contro una donna, in un campo di rugby, si può comprendere e, per forza di cose, rispettare. E se proprio non riescono a farti male sul campo, sanno come metterti in difficoltà al terzo tempo: cosa non da poco.
Insomma, come ti descrivo il mondo alla rovescia e al tempo stesso come evito di sottolineare che io, femmina umana, esisto e posso esistere in ambito sportivo, solo in virtù della separazione dei sessi.
Altrimenti di me non resterebbe nulla.
Un esempio...
http://www.corriere.it/sport/16_maggio_27/calcio-femminile-l-australia-battuta-7-0-ragazzini-under-15-cf073d78-2417-11e6-b229-67fb25338505.shtmlNon a caso alle prossime Olimpiadi mi guarderò bene dal tifare per le atlete italiane.
Anzi, ogni loro sconfitta sarà per me una gioia.
Tiferò ed esulterò solo ed esclusivamente per gli atleti italiani - quindi per i cosiddetti "maschi".
Queste ritardate non meritano un minimo di attenzione e di rispetto.
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Per inciso: nessun allenatore di sesso maschile, di qualsiasi disciplina sportiva, denigra gratuitamente le donne, mentre il contrario è la norma.
E lo è pure tra le atlete.
Del resto complessate si nasce e successivamente si muore.
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Il rugby, in realtà, è più femminile di quanto non si pensi: lo spirito comunitario di unione empatica che lega le donne tra loro, la forza, la caparbietà e la determinazione che caratterizzano largamente il carattere femminile, sono elementi chiave (se non proprio gli elementi chiave) per uscire indenni o quasi da un campo da rugby; nessun uomo in terra può vantare la tenacia di una donna determinata a raggiungere uno scopo,
Certo, come no.