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Torniamo a parlare di femminicidio, violenza di genere e violenza domestica. I mass media insistono talmente tanto su questi temi che ormai pure nella vita quotidiana se qualcuno prova a contestare l’ideologia femminista sottesa a tutto ciò, viene bollato come maschilista e quasi escluso dal consesso sociale.
Ebbene, a beneficio dei nostri Lettori, visto anche che repetita juvant, sintetizziamo alcuni dati oggettivi e inoppugnabili, in quanto forniti da fonti assolutamente non sospettabili.
Primo. Stando all’ultima “Relazione al Parlamento del Ministero dell’Interno sulle attività delle forze di Polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata” (riguardante l’anno 2014), si vede che nei cosiddetti reati di genere il numero di vittime maschili è maggiore del numero di vittime femminili: 51,11% contro 48,89%. Ma non finisce qui. I numeri dicono pure che ad esempio dal 2013 al 2014 i casi di femminicidio sono diminuiti (dal 49,33% al 48,89%). Sono invece aumentate le violenze di genere sugli uomini: si è passati dal 50,67% del 2013 al 51,11% del 2014.
Ma perché questo non viene detto? Di cosa si ha paura?
Peraltro, la violenza e l’omicidio, da chiunque siano commessi e chiunque sia la vittima, sono sempre esecrabili e da condannare. E non è vero che l’uomo è sempre carnefice per il solo fatto di essere di sesso maschile e la donna sempre vittima per il solo fatto di essere di sesso femminile (come ad esempio lascia intendere la legge spagnola).
E poi, altro fatto mai menzionato, non è forse una violenza sulle donne il lasciarle sole di fronte ad una gravidanza e costringerle, implicitamente o esplicitamente, ad abortire? E perché nessuno protesta contro gli aborti selettivi di bambine in Cina e altrove?In realtà, aborto, violenza domestica e sfruttamento sessuale hanno molto in comune…
Secondo. Abbiamo già scritto che il Washington Post ha pubblicato un articolo di commento ad uno studio riguardante le donne vittime di violenza domestica, “violenza di genere” e femminicidio.
Ebbene, risulta che i Paesi europei con i più alti standard in materia di tutela dei “nuovi diritti” e di “gender equality” hanno anche gli indici più elevati di violenza domestica contro le donne.
I professori Enrique Gracia, dell’Università di Valencia, e Juan Merlo, dell’università di Lund hanno rilevato che Danimarca, Svezia e Finlandia detengono il triste record del più alto numero di episodi di violenza domestica sulle donne in Europa. Le donne in quei Paesi subiscono molto di più che in Polonia, Croazia e Slovenia, per esempio. Gli studiosi hanno anche fatto i calcoli con l’eventualità che nei Paesi più “evoluti” le donne più “libere” denuncino più facilmente gli abusi rispetto alle donne più “represse” dei Paesi “bigotti e arretrati”. Non c’è niente da fare: i risultati non cambiano.
I ricercatori sostengono infatti che la violenza domestica sulle donne è scatenata principalmente da altri fattori, come l’abuso di alcol e sostanze [o la diffusa percezione di certi valori? O la pornografia – anche quella soft?].
Il giornalista del Washington Post è davvero sorpreso. Chi l’avrebbe detto che la condizione delle donne è migliore in Paesi “arretrati” come la Grecia e l’Italia rispetto a quelli che il politicamente corretto porta ad esempio e modello per le leggi, la mentalità e la cultura permeate di “uguaglianza di genere”?
Ci hanno insegnato – e la propaganda continua a martellare – che libertà e spregiudicatezza nei costumi sessuali, educazione sessuale completa, fin dai primi anni di scuola, contraccezione e aborto liberi e a richiesta, servono anzitutto soprattutto alla “liberazione delle donne”…
A quanto pare, le cose stanno diversamente…
Redazione